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Autore: SonLinaChan    12/03/2016    5 recensioni
"Sylphiel mi aveva parlato, prima che ci separassimo. Mi aveva detto che Gourry le era parso molto turbato del fatto che invocando Lord of Nightmares io avessi scelto di sacrificare me stessa per lui. Non avevo saputo cosa risponderle. Non era stata una scelta. Non c’era stata scelta. "
Collocata fra Next e Try. Grazie a un sogno, Lina ricorda quanto è avvenuto nel Mare del Caos.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mi sono sempre detta che, durante la Try, “gatta ci covava”, fra Lina e Gourry. O almeno, mi piaceva pensarlo, dopo quello che era successo alla fine di Slayers Next. Questa one-shot è la mia ipotesi su come possano essere andate le cose fra Lina e Gourry, nell’arco di tempo che separa le due serie. Come sempre, commenti e critiche sono graditi! E grazie ancora una volta a Raffy, ispiratrice e beta! (qualcuno mi fermi dallo scrivere, ahah)
 
 
La forza che mi sta attirando mi schiaccia. Mi muovo, ma non sono io a muovermi.
Non volevo questo. Ho accettato di perdermi, di dormire, per sempre, in pace. Non dovrei sentire questa forza che mi lacera da dentro. Non dovrei essere costretta a osservarlo, impotente, mentre mi segue nel nulla.  
‘Torna indietro!’ vorrei gridargli, ma non posso. Le mie labbra non sono più mie.
‘Non stai rispettando i patti.’ Posso solo ripetere, ancora e ancora, nella mia mente. ‘Non stai rispettando i patti, lui dovrebbe essere in salvo, per questo ho accettato di sparire.’
O sono io che mi sto aggrappando alla sua immagine, e resistendo? Sono io che non mi rassegno ad andare, e così facendo condanno anche lui?
Mi chiama, mi parla, ma le sue parole mi giungono ovattate. Sono confuse, gli echi di un’altra dimensione. Lo vedo, ma come attraverso un velo, che arranca, che lotta, che mi cerca con i suoi occhi, normalmente limpidi, ora cupi e disperati. Vorrei prendere la sua mano, rassicurarlo, proteggerlo, ma nemmeno questo mi è concesso.
‘Rimandalo indietro.’ prego. ‘Rimandalo indietro, ti prometto che mi lascerò andare.’  
Ci provo, a mantenere quella promessa, ci provo con tutte le forze. E sento di avercela quasi fatta, ma poi una frase irrompe nella nebbia della mia mente.
“Ho bisogno di te!”
Lo guardo. E ora so che lo sto vedendo. Sono io, davvero io, di fronte a lui. Provo a muovere le dita della mano destra, e quelle rispondono al mio comando. Sono pronta a correre, ad andargli incontro.
‘Lascia andare.’ La voce che mi risuona in testa, gelida, è la mia e non è la mia. ‘Sono questi i patti. Lascia andare e io lascerò andare lui. È questo l’ordine che l’universo richiede.’
La disperazione è tanto più amara, dopo la speranza, e si abbatte su di me come un’onda di mareggiata.
Mi rendo conto che non gli ho mai detto addio.
Obbedisco, però, e mi abbandono. Chiudo gli occhi, per non vederlo più. Non ho scelta, se la sua salvezza è in gioco.
Il nulla mi accoglie, e il nulla mi rilascia. Non capisco, ma sento di esserci ancora. Apro gli occhi, e Gourry ora è di fronte a me.
Diamo per scontato il risveglio, noi umani. Siamo così fragili, che non possiamo permetterci di pensare a come ritrovare il mondo, ogni mattina, sia una coincidenza indescrivibile, in una realtà in cui tutto è destinato a morire.
Stavolta, però, la gratitudine mi invade, insieme all’incomprensione.
‘Non se ne sarebbe andato, senza di te.’ Non so se sono io a pensarlo, o se qualcuno mi stia dando una spiegazione. Non so nemmeno se possa essere una spiegazione sufficiente. Non mi importa.
“Gourry.” Tutti i miei sensi si riempiono di quel nome.
“Lina.” Mi sento attirare e mi abbandono, stavolta senza sforzo. Non mi importa del mondo, del terrore della lotta con Fibrizo, del fatto che siamo ancora prigionieri nel Caos. Mi importa solo di toccarlo, finalmente, di essere avvolta nel suo odore.
Si allontana da me, e le mie mani di riflesso lo afferrano con più forza. Ma non ha intenzione di lasciarmi andare.
Non so se sono io a cercare le sue labbra, o lui le mie. Credo che avvenga, semplicemente, come qualcosa di naturale. Lo assaporo, ed è il mio ritorno a casa.
“È qui che devi stare.” mormora, più e più volte, contro le mie labbra. “È qui che devi stare, nessuno ti porterà più via.”
Io, Lina Inverse, scettica e cinica per eccellenza, credo in poche cose. Ma in questo momento, senza ombra di dubbio, mi fido delle sue parole.    
 
Aprii gli occhi.
‘Molto bene, Lina Inverse. Ora spiegami che cosa diavolo significava quello.’
Ero sdraiata su un fianco, sul mio letto. Su uno dei tanti miei letti, che nei dormiveglia non riuscivo mai a collocare. Una città, una missione, una tappa, il cui nome mi sarebbe salito alle labbra appena i miei piedi avessero toccato le assi del pavimento, ma che ora mi sfidava, lasciandomi confusa.
Davanti a me, vedevo la cornice di una finestra. Un raggio di luna filtrava da imposte malmesse e illuminava un ragno, stagliato contro il vetro. Era lì, quell’impudente, mi fronteggiava, condivideva il segreto delle mie guance arrossate, del garbuglio di coperte in cui ero prigioniera, del calore sospetto sul fondo del mio ventre, l’effetto collaterale del sogno più assurdo che mi fosse mai capitato di fare.
‘Ho bisogno di un catino di acqua fredda.’
Allungai la mano dietro la schiena, nella direzione in cui speravo di trovare il mobile da letto. Qualcosa trovai, ma era caldo e morbido, ed emise un mugugno.
La realtà mi si rovesciò addosso, tutta in una volta.
Eravamo in una locanda nella periferia di Sailune. Avevamo riaccompagnato Amelia a casa, Sylphiel dai suoi parenti, e Zel se ne era partito dietro a una qualche improbabile traccia per la sua cura. Era la prima notte che trascorrevamo da soli dopo… tutto. E dato che non avevo la minima voglia di dormire da sola, mi ero inventata che l’oste avesse detto che gli era rimasta solo una stanza. Ero stata talmente convincente, spiegandolo a Gourry, che persino io mi ero praticamente convinta che fosse vero, in un meccanismo ormai ben oliato della mia coscienza. Nella mia magnanimità, gli avevo persino concesso di condividere con me il letto (rigorosamente restando sopra le coperte)
Ora era piena notte, lui era al mio fianco, la faccia affondata nel cuscino, e quello su cui la mia mano era posata era il suo…
La ritrassi, di scatto. Cercai di districarmi dalle coperte, e il bozzolo in cui ero rimasta prigioniera mi rilasciò con tanto entusiasmo da catapultarmi fra il letto e la parete, gambe all’aria.
“Lina?” Sentii chiamare una voce, impastata di sonno. Una testa di capelli biondi sbucò oltre l’orlo del letto. “Che stai facendo?”
“Raccolgo la polvere dal pavimento.”
“Oh. Va bene.” Fece per tornare a dormire.
“T… torna indietro, cervello di medusa! Cosa ti pare che stia facendo? Dammi una mano!”
Sentii cigolare le assi del letto. Qualche istante dopo, un’ombra oscurò la luna e Gourry torreggiò su di me. Lo vidi fare ogni sforzo per mascherare un sorriso.  
 “Ai tuoi ordini.” disse, più allegramente del necessario. Si piegò, sorreggendomi fra le braccia per tirarmi in piedi.
La frase tagliente che avevo avuto in mente mi si seccò in gola. Una delle sue mani posava sulla pelle nuda della mia schiena, esposta sotto la maglia scomposta del pigiama.
Il sogno di poco prima mi dilagò nella testa. Mani fantasma si sovrapposero alla mano reale, mani che mi avevano stretta, in un nulla dorato. Mani che si erano assicurate che nemmeno un filo d’aria ci separasse, mentre le mie dita affondavano nei suoi capelli, il mio volto nel suo odore familiare, mentre le sue labbra reclamavano le mie, promettendo, fra un bacio e l’altro, che nessuno mi avrebbe più portata via.
Un velo di pelle d’oca mi coprì le braccia.
“Lina?”
“Puoi… anche lasciarmi andare, adesso.” borbottai.
Gourry inclinò la testa, evidentemente confuso. Fece un passo indietro e quando la sua mano abbandonò la mia schiena mi parve che ci avesse lasciato impresso un marchio a fuoco.
“Tutto a posto?” Mi chiese, e io annuii. Lo osservai mentre si sedeva sul suo lato del letto, dandomi le spalle, grattandosi la nuca con fare assonnato.
Mi morsi il labbro. “Gourry.” Chiamai, prima di riuscire a fermarmi. “Hai… hai cominciato a ricordare qualcosa di quello che è successo nel Mare del Caos?”
La sua schiena si irrigidì. Si voltò a fissarmi, con uno sguardo che non seppi decifrare. “Perché me lo domandi ora?”
‘Come se fosse semplice, rispondere a questa domanda.’
Domandavo perché il sogno che avevo appena fatto mi era sembrato troppo reale per essere un parto della mia mente. Domandavo, perché, per quanto ci provassi, dopo tutto quello che era successo con Fibrizo non riuscivo a convincermi che una cosa del genere fra di noi non potesse accadere. Domandavo perché il nodo che sentivo allo stomaco mi diceva che non potevo più fingere di essere io sola contro il mondo, come quando me ne ero andata di casa. Perché Gourry si era insinuato sotto la mia pelle, e non c’era modo di tornare indietro, anche se questo rendeva lui un’arma contro di me e me un’arma contro il mondo.
“Lascia perdere.” replicai. Mi rintanai di nuovo sotto le coperte, dandogli le spalle.
Il cuore mi rimbalzava in gola. Fissai lo sguardo sul ragno, ancora appeso alla parete, ignaro di noi e delle nostre ansie da umani. Aveva l’aria placida di una creatura eterna, che sarebbe rimasta lì a tessere la sua tela sopravvivendo a divinità e signori dei demoni, sopravvivendo a me, alle mie rabbie e alle mie piccolezze, al mio timore di cedere finalmente a un’oscurità che per curiosità stuzzicavo da anni, e che ora mi rendevo conto che avrei potuto abbracciare, per proteggere qualcuno che amavo.
Gourry rimase in silenzio. Pensai che si fosse riaddormentato, ma poi il suo peso sul letto si spostò verso di me.
Stavolta fui io a irrigidirmi. Gourry, però, non mi toccò. Sentivo il suo calore irradiare contro la mia schiena.
“Mi è capitato di fare dei sogni.” disse, e non aggiunse altro. Forse, aveva capito che non ce ne era bisogno.
Avvampai. “Non pensi che avresti potuto parlarmene?” La mia frustrazione si espresse in rabbia, il che non fece altro che rendermi più frustrata.
Gourry non se ne fece spaventare. Non se ne faceva mai spaventare, era proprio questo il mio problema.
“Non ero certo che anche tu non avessi… sognato. Ho pensato che forse volevi evitare di discuterne.” Dita calde raggiunsero la mia guancia. Sussultai, e rabbrividii. “Ci vorrà tempo per fare i conti con quello che è successo, Lina.” mormorò, le labbra un po’ troppo vicine al mio orecchio. “Per entrambi.”
La stanchezza che trapelava dalla sua voce mi scatenò un immediato riflesso di colpa. Sylphiel mi aveva parlato, prima che ci separassimo. Mi aveva detto che Gourry le era parso molto turbato del fatto che invocando Lord of Nightmares io avessi scelto di sacrificare me stessa per lui. Non avevo saputo cosa risponderle. Non era stata una scelta. Non c’era stata scelta.
Il pollice di Gourry tracciò l’arco della mia mascella, inviando scariche elettriche lungo la mia schiena. “Il Mare del Caos non è stato qualcosa di così diverso da un sogno.” Parve costringersi a dire. “E alla fine di tutto, se vorrai che rimanga un sogno, lo capirò.”
Chiusi gli occhi, mi morsi il labbro. “Tu vuoi che rimanga un sogno?”
“No.” Non esitò, nemmeno per un momento.
Con le dita, fermai la sua mano contro la mia guancia e mi volsi a guardarlo. I suoi occhi erano privi di ombre. Era la cosa che mi aveva fatto subito fidare di lui, anni prima. Era disarmante, la sua sincerità. Ti lasciava in ginocchio, privo di difese.
“Nemmeno io.” dissi.
Come nel Mare del Caos, non seppi chi dei due si era mosso per primo.
Rimasi stretta a lui, quando le nostre labbra si allontanarono. Anche ora, le sue mani non volevano lasciarmi andare.  “Ho bisogno di tempo,” dissi, in tono quasi di scusa.
“Lo so.” replicò, semplicemente.
“Se si sapesse in giro…”
“Dici che i demoni non hanno ancora imparato la lezione?”
Sorrisi. Mi parve che un nodo mi si sciogliesse nel petto.
“Credo che ormai lo sapessero tutti, tranne noi.” Disse, baciandomi all’angolo della bocca. “Ma, se preferisci tacere, non sarò io a raccontarlo in giro. Non sarebbe da noi sbandierarlo, in ogni caso.”
Annuii, contro la sua fronte.
Quel ‘noi’ aveva un gran bel suono.    
  
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