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Autore: primimesi    12/03/2016    1 recensioni
Dalla storia:
-Dean! Io ho paura di stare fuori! Ho paura delle gente! Non voglio soffrire ancora, lo capisci, vero? Perché nessuno lo capisce! Ho paura, tanta paura di vivere! Questa vita mi fa terribilmente paura! Non voglio vivere così, Dean! Non voglio! –
Dean si sentì avvolto da un’angoscia indescrivibile. Potevano davvero esistere persone con quei pensieri così complessi?
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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Ciaooo! :) so di avere in corso un'altra storia, ma ormai sto per concluderla! ho pensato di iniziarne un'altra, e questa volta sarò molto più concentrata sul rapporto "Destiel". Sarà composta comunque di pochi capitoli. Fatemi sapere cosa ne pensate! :) grazie! 

Dean aveva iniziato da poco a fare un tirocinio in un ospedale, però a causa di alcuni problemi, era stato trasferito in un centro psichiatrico. Fare l’infermiere non era il suo grande sogno, però non aveva avuto altra scelta. Suo padre John, pretendeva sempre tanto sia da lui, che da suo fratello Sam, che stava studiando per diventare un medico.
 
-Ospedale o psichiatria, cosa cambia? L’importante è svolgere il proprio lavoro. – gli aveva detto la sera precedente John, soddisfatto comunque del figlio.
 
Alla fine non importava dove andasse, ciò che contava era fare buona impressione. Perciò il primo giorno che era arrivato in psichiatria, era andato subito a parlare con il direttore. Si trattava di una donna di nome Ellen Harvelle, infatti la clinica prendeva il suo nome.
 
-Sei il tirocinante? – gli aveva chiesto, con sguardo serio. Mentre lui se ne stava come un’idiota, davanti a lei, in piedi.
 
-Sì, sono io. –
 
-Benissimo. –
 
La donna chiamò un altro infermiere, che condusse Dean nella loro apposita saletta. C’erano parecchi infermieri, non si potevano contare i medici, erano davvero troppi.
La clinica era grande, divisa in tre piani. Nel primo ci stavano i bambini, nel secondo le donne, nel terzo gli uomini. Fuori c’era un enorme giardino, con una fontanella a centro, che sembrava non dare segni di vita.
 
-Questo è il tuo camice. – gli disse un’infermiera dai capelli biondi.
 
-Oh, grazie. –
 
-Mi chiamo Jo comunque, piacere di conoscerti. –
 
-Piacere mio, sono Dean. –
 
Dean non poteva credere che ci fossero pazienti così gravi all’interno. C’erano dei bambini seriamente problematici, urlavano, sbattevano la testa, si picchiavano tra di loro, solo pochi erano i bambini che se ne stava tranquilli. Il peggio però stava nei piani superiori. C’erano donne che gironzolavano nude, con dietro delle infermiere che tentavano di farle rivestire.
 
-Ora ti mostro l’ultimo piano. – Gli aveva detto l’infermiere che lo stava accompagnando.
 
Quando arrivarono sembrava tutto tranquillo, alcuni erano seduti a giocare a dama, altri a vedere la tv, e c’era chi osservava fuori dalla finestra con lo sguardo perso nel vuoto.
 
-Non ti scandalizzare troppo, stare qua è difficile, ma ti abituerai. –
 
Dean stava cercando di farsi forza mentalmente, quando sentì delle urla. L’infermiere che lo stava accompagnando si allontanò velocemente, e lui lo seguì a ruota, ormai che stava lì, doveva sapere cosa stava accadendo.
 
-Non voglio entrare in quella stanza! Non voglio! –
 
-Invece lo farai! –
 
Un ragazzo dai capelli corvini, si stava agitando, dando calci e pugni agli infermieri che tentavano di tenerlo fermo. Dean si avvicinò di più per guardarlo meglio, notò immediatamente i suoi occhi blu, di un blu così intenso, che quasi lo lasciò senza fiato. Però, cominciò a spaventarsi seriamente, quando vide quel paziente dare un serio pugno in faccia a un infermiere.
 
-È meglio chiamare il dottor Benny! –
 
Alcuni degli infermieri ordinarono a Dean di allontanarsi, ma lui voleva rimanere ancora per guardare tutta la scena. Poteva anche essere pericoloso, ma chissà, magari un giorno avrebbe potuto lavorare seriamente in un posto del genere.
 
-E ora quel tizio chi è? – aveva urlato il paziente impazzito, puntando i suoi occhi blu verso Dean.
 
-Nessuno che ti riguardi! – Quella fu la risposta.
 
Dean amava poter aiutare gli altri, quand’era bambino lo faceva spesso, però quell’abitudine l’aveva persa con l’andar del tempo, a causa di forze maggiori. Aveva preso troppe delusioni da persone che riteneva importanti, perciò aveva pensato di aiutare solo suo fratello Sam, perché era l’unica persona che lo amava veramente.
Però in quel momento, avvertì il bisogno di avvicinarsi a quel tizio; a lezione gli avevano spiegato che bisognava rapportarsi con i pazienti, perciò era quello che voleva provare a fare.
 
-Ciao, il mio nome è Dean Winchester. Devo dire di non aver mai visto degli occhi celestiali come i tuoi. –
 
A quella frase, tutti rimasero quasi scioccati, anche il diretto interessato, che si era buttato a terra, per non farsi portare in quella stanza, che odiava tanto.
 
-Vuoi dirmi il tuo nome? – aveva continuato imperterrito Dean, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
 
-So-Sono Castiel Novak. – rispose, subito dopo si nascose la testa in mezzo alle gambe, per paura di venire rimproverato o chissà cosa. Gli infermieri mollarono la presa che avevano su di lui.
 
-Bene Castiel, ti va di entrare nella stanza con me? –
 
Castiel alzò lo sguardo verso Dean, rimase incantato nel guardarlo, aveva degli occhi verdi stupendi, eppure non aveva il coraggio di fargli un complimento al riguardo.
 
-Hai un nome particolare. – continuò a dire Dean, speranzoso di non aver fatto un buco nell’acqua, perché era osservato da tutti, il suo primo giorno sarebbe stato un verso disastro, se quello strano tipo non l’avesse ascoltato.
 
-I miei erano fissati a dare ai propri figli nomi angelici. –
 
-Ah sì? ti si addice proprio. –
 
A quel punto Castiel, si alzò in piedi, afferrando un braccio di Dean, stava tremando, aveva una paura fottuta, ma insieme al nuovo “infermiere” entrò in quella stanza.
 
-Chi è quel ragazzo? – aveva chiesto il dottor Benny, che aveva assistito a quasi l’intera scena.
 
-Un tirocinante. – rispose un infermiere.
 
-Devo dire che mi piace parecchio, ci sa fare. Tienilo d’occhio, Chuck. –
 
Castiel si stirò sul letto, quella era la sua camera, ma ogni volta che doveva rientrarci erano seri problemi. Dean rimase con lui per qualche minuto, sentendosi un po’ in imbarazzo, però era contento di essere riuscito nel suo intento.
 
-Complimenti. – Gli fu detto dall’infermiere Chuck.
 
-Oh beh, ho pensato che alle volte non c’è bisogno di fare tutta quella pressione. –
 
-Hai ragione. Ma purtroppo con lui è difficile. È un tipo tosto. –
 
-Possiamo parlare un attimo fuori? – domandò Dean. L’altro annuì, perciò si recarono fuori dalla stanza di Castiel.
 
-Che cosa ha? –
 
-Non ti hanno insegnato che non bisogna farsi coinvolgere troppo? –
 
-Tutte cazzate! Perché, è impossibile. –
 
-Comunque non l’hanno ancora capito bene, è qui da un mese. Pensano si tratti di qualche forma di schizofrenia. –
 
-Perciò? –
 
-Perciò, vede cose che non ci sono, sente voci inesistenti, e ha terribilmente paura di stare fuori all’aperto. –
 
Dean abbassò lo sguardo, non voleva credere che esistessero persone messe così male, ma purtroppo era la dura verità.
 
-Prova a farlo uscire qualche volta, se ti ha ascoltato per entrare nella sua camera che odia tanto, potrebbe ascoltarti anche questa volta. Ma stai attento! Non hai a che fare con una persona normale. –
 
Dean rientrò nuovamente nella stanza di Castiel, lo trovò messo in ginocchio sul letto, con uno sguardo terribilmente perso.
 
-Ehi, amico! Come ti senti? – chiese, per sciogliere il ghiaccio, ma in realtà lui non era lì per fare il medico.
 
-Ho sentito sai… -
 
-Che cosa? –
 
-Non voglio uscire da questa struttura. Non voglio andare in giardino. Non voglio stare con la gente. –
 
-Oh, Castiel, ma non devi preoccuparti. –
 
-Ho detto di no! – strillò questa volta, mettendo paura a Dean, che sentì il bisogno di andare via.
 
-Dean, ti chiami Dean, giusto? –
 
-Sì… -
 
-Dean! Io ho paura di stare fuori! Ho paura delle gente! Non voglio soffrire ancora, lo capisci, vero? Perché nessuno lo capisce! Ho paura, tanta paura di vivere! Questa vita mi fa terribilmente paura! Non voglio vivere così, Dean! Non voglio! –
 
Dean si sentì avvolto da un’angoscia indescrivibile. Potevano davvero esistere persone con quei pensieri così complessi? Non rispose, preferì andarsene.
  
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