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Autore: july29i    13/03/2016    2 recensioni
- “Quel che dici è inesatto. Il marito era in casa con lei ma non ha alzato un dito per aiutarla.”
Molly assunse un'espressione contrariata.
Calò qualche istante di silenzio.
- “E tu cosa avresti fatto?” - Chiese lei a fil di voce.-
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia pensata e scritta con la carissima Saku13. Dite che possiamo aprire una casa editrice per pubblicare sherlolly? :D Buona lettura e lasciate un commentino!

 

 

 

 

E tu cosa faresti?

 

 

Il cadavere di una donna di bell'aspetto, di circa trent'anni, giaceva sul tavolo della sala autopsie, sottoposto all'attenzione di Molly Hooper.

Sherlock entrò in fretta ma quasi di soppiatto, sorprendendola. La patologa, infatti, tanto era assorta ad esaminare il cadavere che quasi non fece caso alla figura che si apprestava ad entrare nella stanza.

- “Mi hai spaventata.” -Gli disse portandosi una mano all'altezza del cuore. -

- “Cosa abbiamo?” -Chiese lui risoluto. -

- “Come avevamo sospettato la causa del decesso è stato un fendente dritto al cuore. Non ci sono segni di altre ferite. L'unico altro dettaglio degno di nota è la presenza di numerosi lividi all'altezza dei polsi, segno di una colluttazione, probabilmente con l'assassino. Ha cercato di difendersi.” -Spiegò Molly. -

- “Secondo i primi rilievi sul posto si è trattato di una rapina finita male. Bisogna solo capire come ritrovare il rapinatore.”

- “Povera donna.” -Sospirò Molly. - “Si sarà trovata da sola ad affrontare il ladr-”

Sherlock la interruppe, correggendola.

- “Quel che dici è inesatto. Il marito era in casa con lei ma non ha alzato un dito per aiutarla.”

Molly assunse un'espressione contrariata.

Calò qualche istante di silenzio.

- “E tu cosa avresti fatto?” -Chiese lei a fil di voce. -

- “Riguardo a?” -Questionò lui. -

- “Avresti cercato di salvarmi, se fossi stata io al posto di quella donna?”

Sherlock distolse lo sguardo

- “Non ha senso navigare nell'universo delle possibilità, Molly. La tua è una domanda priva di alcun senso. Io sono qui, tu sei qui, il cadavere è sul tavolo e il marito del cadavere è sotto interrogatorio. Questa è la realtà, il resto sono fantasie. Non mi piace fantasticare.”

- “Non è difficile, per l'amor del cielo, rispondimi! Sì o No?”

- “Pensa al lavoro, ok?” -Disse picchiettandole la spalla con la mano. - “Sii razionale!” -Concluse uscendo dalla stanza. -

Molly restò con un marcato cipiglio in volto. Questa volta non gliel'avrebbe fatta passare liscia. L'aveva fatta davvero grossa. In un giorno come quello poi. Avrebbe dovuto interpretare la sua risposta come un “Ti avrei lasciata morire anch'io, mia cara...” o no?

La patologa ritornò al suo lavoro, in fin dei conti, quella donna assassinata non era l'unico cadavere che meritasse di essere esaminato.

Verso metà mattinata il telefono della giovane dottoressa si illuminò ed iniziò a vibrare. Vide sullo schermo il nome di Sherlock, lo afferrò tra le mani e con espressione seccata premette il tasto rosso, “rifiuta chiamata”. Ripose il telefono sul tavolo e tornò a scrivere, concentrata. Fu nuovamente interrotta, nella stesura della relazione da una nuova vibrazione. Era sempre lui ma si trattava di un messaggio, questa volta.

Ha chiamato il proprietario del ristorante, ha avuto problemi con la seconda portata, che facciamo?”

Molly si arrabbiò ancora di più. Sperava si trattasse di un messaggio di scuse, visto com'era degenerata la loro discussione poc'anzi e invece la contattava solo per chiederle di questioni pratiche. Anche questa volta non gli rispose. Spense il cellulare e tornò al lavoro. Una voce dentro di lei sembrava quasi suggerirle di non presentarsi, nel pomeriggio.

Ma chi me lo fa fare?” -Si ripeteva.

Dopo qualche ora Sherlock varcò la stanza della sala dov'era Molly.

- “Perché non rispondi alle mie chiamate?” -Le disse.

Lei non rispose, limitandosi a voltare il capo dall'altra parte e a borbottare qualcosa di indistinto.

- “Sai, ci sono novità sul caso della donna di stamattina. È stato abbastanza facile da risolvere. L'assassino è già in cella. Si trattava di un professionista già colpevole di numerosi altri casi di furto, nell'ultimo anno.” -

Molly annuì, mantenendo ancora una marcata smorfia di arrabbiatura.

- “E giusto perché tu lo sappia, non c'era assolutamente nulla che il marito, uomo di mezza statura e piuttosto gracilino, potesse fare per salvarla. Se anche avesse voluto non avrebbe potuto far nulla, per lei.” -

Molly non poté più tacere.

- “Non era quello che intendevo quando ti posi la domanda, e lo sai bene!” -Sbottò-.

Lui parve non sentirla nemmeno e continuò nella sua spiegazione del caso.

- “Ad ogni modo, la vera ragione per la quale ha lasciato morire la propria consorte risiede in un'intricata storia di soldi ed eredità. Per dirla in parole povere: ha assoldato lui stesso lo scassinatore per far uccidere la donna e far sembrare il tutto nient'altro che una rapina finita in tragedia.”

Molly non disse una parola.

- “Quindi la risposta alla tua domanda è 'no, non mi sarei mai comportato come quell'uomo e non ti avrei lasciata morire'. ”

La dottoressa spalancò gli occhi, ormai non sperava più di ricevere risposta.

Lui vide gli occhi di lei riprendere a brillare e l'espressione del volto rilassarsi.

- “Ma solo perché non sei in possesso di alcuna eredità e di conseguenza mancano i requisiti logici di base e...” -Fece lui ingannevole, vagamente in imbarazzo, fissando la parete-.

Molly scattò in avanti e, come presa da un impeto posò le proprie labbra su quelle del suo interlocutore, maledicendosi mentalmente per aver averlo perdonato così in fretta. Lui le cinse la vita con un braccio e rimasero così qualche istante.

- “Comunque non preoccuparti per il ristorante.” -Chiarì lei- “Ho già risolto tutto.”

 

 

Chiuse il rubinetto e asciugò il viso con una morbida tovaglia di cotone. L'orologio sulla mensola del bagno segnava le 15:30. Il sordo ticchettio non richiamò l'attenzione della donna, intenta a profumarsi il collo con il borotalco e a pensare alle vicende della mattina. Tuttavia, una volta posato il piumino, lei focalizzò l'attenzione sulle piccole lancette. Con un piccolo gridolino, corse in camera da letto. - “È tardi!” - esclamò, finendo quasi per calpestare il gatto. Lui, di tutta risposta, le soffiò infastidito e si allontanò dalla zona pericolosa.

Molly prese i collant e li arrotolò per poterli indossare più facilmente. Aveva quasi terminato di calzare la gamba sinistra, ma l'unghia si impigliò. Tirò e lacerò irrimediabilmente la calza. Ormai fuori controllo, le strappò via e prese dal cassettone un vecchio paio; tanto lui non ci avrebbe fatto caso.

Ritornò in bagno per truccarsi. Ombretto. Matita. Fard. Rossetto. Mancava solo il mascara. La mano tremante non aiutava. Infatti finì per sbagliare e sbavò l'occhio destro. Sbuffò e saltellò per il nervoso. Stava andando tutto storto, e per di più era anche in ritardo. Ma non era il momento di andare in iperventilazione. Lei era Molly Hooper, colei che manteneva la calma e il controllo in ogni situazione. E quel giorno non sarebbe stata da meno! Carica di una nuova energia, ritruccò nuovamente mezza faccia, indossò il vestito, aggiunse gli ultimi dettagli e fu pronta ad uscire.

 

A qualche kilometro di distanza, in un appartamento di Baker Street, l'agitazione non era da meno. La camera da letto dell’unico consulente investigativo al mondo era praticamente sottosopra. Era come se avessero organizzato una svendita di vestiti e un manipolo di donne avesse assaltato il negozio, lasciando, alla fine, gli abiti peggiori sparsi ovunque.  

Sherlock aveva svuotato interamente l’armadio. Non riusciva proprio a trovarlo. Dove diavolo era finito? Chiuse con forza le ante e, scavalcando la pila di vestiti, tornò in cucina. Affondò le mani tra i morbidi ricci e respirò a fondo, in cerca di concentrazione, e analizzò l'ambiente.

Divano. Macchia marrone: caffè versato da John l’ultima volta che era passato a trovarlo. Stipite della porta. Graffio: Molly che aveva provato a spostare i mobili.  Tavolo in cucina. Bigliettino di carta: messaggio dalla signora Hudson. “Caro Sherlock, ho spostato il tuo vestito nella vecchia camera di John. Cerca di non fare più esperimenti chimici in camera da letto."

Si disse che la sua infallibile mente non stesse funzionando a dovere e, sbuffando, seguì le istruzioni della padrona di casa.

Indossò gli abiti e si specchiò. Dei ciuffi ribelli non ne volevano sapere di stare al loro posto. Li lasciò stare così, lei li adorava. Infine, prese un fiore dal vaso e si affrettò a scendere la scale.

 

Poco dopo, sempre a Londra...

Scese dall'automobile.  Avrebbe voluto corrergli incontro, ma si limitò a camminare un po' più spedita. Entrò nell'edificio e aspettò, impaziente.

Poco dopo aprirono le porte e lo vide. Bellissimo e angelico, nel suo completo nero, la aspettava in fondo. E lei avanzò, i suoi occhi fissi in quelli dell'uomo, estranea a qualsiasi suono o persona intorno a sé. Gli occhi di ghiaccio di lui non smettevano di seguirla e, quando finalmente lei gli fu vicino, le sorrise e le porse il fiore.

- “Ora, se siamo tutti, direi di iniziare. Mancava tanto così e lo sposo sarebbe stato più in ritardo della sposa. Peccato, avrei potuto raccontare un divertente aneddoto” -, cominciò il prete. La platea rise.

- “Credevo di essere l'unica in ritardo” - sussurrò divertita Molly a Sherlock.

- “Diciamo che ho avuto un contrattempo...” -

- “Dì la verità, ci avevi ripensato” - scherzò lei.

- “Oh Molly, sono più sicuro adesso che in qualsiasi altro momento. Ovviamente non mi riferisco a quando risolvo i casi, quella è un'altra storia” -.

- “Ah, sì? Te la faccio passare solo perché ci stiamo per sposare, ma dopo faremo i conti” -

- “Silenzio voi due” - li rimproverò il prete – “avrete una vita per parlare. Adesso tocca a me” - la platea rise ancora.

- “Una vita” - sussurrò sorridendo Sherlock.

- “Una vita” - ripeté Molly, stringendo più forte il fiore tra le mani.

 

  
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