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Autore: ValeriaLupin    14/03/2016    3 recensioni
Cosa succederebbe se il destino di Merlin e Arthur fosse diverso da quello che invece conosciamo?
Come evolverebbero gli eventi se la morte colpisse in tempi e modi differenti?
Una what if? grande come una casa.
Dal testo:
I ceppi lo inchiodavano al muro umido delle segrete, il respiro affannoso che si condensava nell'aria stantia eruttava tremante e bruciante dalle sue labbra aride e rotte.
Prima classificata al contest "Two sides of the same coin" indetto da katniss_jackson sul forum di efp.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Uther
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Dopo il tramonto, sorge sempre la luna

 
I ceppi lo inchiodavano al muro umido delle segrete, il respiro affannoso che si condensava nell’aria stantia eruttava tremante e bruciante dalle sue labbra aride e rotte. Erano catene d’odio quelle ai suoi polsi pesti eppure di altro tipo erano quelle che legavano indissolubilmente i loro occhi fragili.
Di quelli del principe, turchesi come un cielo sereno, non erano rimasti che due soli spenti, celati da una spessa coltre di nubi grigie. Non erano tramontati, quei due soli, di questo si rincuorava il prigioniero senza sapere che i suoi, di occhi, erano ormai due cavità scure di rassegnazione in cui sopravviveva esclusivamente un lieve barlume angoscioso di speranza.
Arthur aveva sempre visto gli occhi di Merlin come lune luminose e umili che non pretendevano di illuminare di luce propria ma si accontentavano di essere il riflesso di un bagliore più potente, si accontentavano di lasciarlo credere in silenzio senza mai chiedere.
Arthur lo sapeva: la speranza che ancora viveva nel suo sguardo era quella sbagliata; l’indomani, senza che lui in alcun modo potesse salvarlo, sarebbe arso vivo con la testa alta e la fierezza a dominare le sue reazioni. Arthur lo sapeva, quella era la speranza che in lui aveva sempre riposto, quel valore che gli aveva sempre dato, quella fede incondizionata che, da sempre risiedente nelle sue lune, persino in quel momento ancora era stata sopraffatta.
Forse sarebbe morta con lui.
La fiamma scarlatta stringeva Merlin fra le sue fauci insanguinate come una bocca vorace i cui denti aguzzi impregnati di crudeltà squarciavano il cielo nel folle tentativo di divorare l’aria. Il riflesso del falò danzava rapente sugli occhi lucidi e annebbiati del principe.
Ancor prima di suo padre, era stato il destino a strapparglielo: la profezia era stata fin troppo chiara.

“Liberate i mastini dell’ira,

Arthur fece scorrere vacuamente lo sguardo sulle maschere d’odio e di rancore che lo circondavano.
che il fuoco terribile dell'ultima sacerdotessa
piova dai cieli infuriati.

Le urla di Merlin riempivano l’aria, trafiggevano il silenzio, laceravano l’anima e, nuovamente, quelle parole maledette marchiavano la sua pelle e giungevano più in profondità, incisioni indelebili sul suo cuore annegato.
Perché la fiamma del pregiudizio truciderà il fratello,

Così come Merlin annegava e annaspava per quel mare vermiglio che lentamente lo stava soggiogando, annientandolo, brutale, senza trovare ostacolo.
 
la paura ucciderà l'amico,

Si rifiutava di crederlo, di pensare davvero che l’unica cosa a legarli fosse stata quella profezia ingiusta, brandelli di parole che, poco alla volta, gli scucivano gli occhi sanguinanti dal viso.
No! La voce lo raggiungeva anche nella testa affollata di ricordi.
Merlin era stato molto di più che la pedina di un gioco o il personaggio di una storia. Merlin era stato suo amico, suo fratello, suo confidente, suo protettore, suo servo, suo come si può sentire solo una parte indispensabile e insostituibile, che ci appartiene nel modo più naturale che esista: famiglia. Se c’era una parola per descrivere ciò che era stato, era proprio quella.
al suono delle regali condanne

Eppure ognuno di quegli uomini sembrava aver dimenticato quanto Merlin fosse puro, semplice e genuino. Nemmeno i suoi cavalieri, che avevano sempre seguito i suoi ideali, ora rimembravano i sorrisi del suo garzone e i suoi servigi silenziosi e gentili. Né ricordavano il sorriso furbo e la sua predisposizione a parlare a sproposito, prendendosi gioco di loro tanto quanto loro di lui.
Arthur attorno a sé vedeva solo pregiudizio e disgusto ma lì, su quello scranno lussuoso, suo padre osservava la sua paura bruciare viva e non lasciare traccia. E lasciarla consumare davanti alla sua debolezza quasi lo faceva sentire più forte, comprese Arthur.
in una fredda alba a Camelot.”

Il sole sorgeva lento, quasi adesso gli costasse molta fatica alzarsi e incastrarsi fra le nuvole come ogni dì. Il sole sorgeva su quel giorno d’orrore e di morte ma le stelle di Arthur non riuscivano a sollevarsi, tanto erano pesanti, bagnate e salate come il suo volto.
I cavalieri lo circondavano, lo fissavano con apprensione assieme al popolo tra cui si era rifugiato, sperando che sarebbe stato diverso vedere quell’assassinio lontano dall’assassino, lontano da suo padre e dalle ripercussioni del suo terrore.
I cavalieri lo circondavano, lo proteggevano.
«Vi proteggiamo dalla vostra bontà, Sire» avevano detto. «È pericoloso» avevano ripetuto mentre lo sorvegliavano giorno e notte.
Avrebbe voluto urlare che di loro ora non aveva più bisogno, che adesso il pericolo era morto, che dovevano lasciarlo andare, che non gli avrebbero più impedito di incontrare le sue lune. Invece aveva corso, sentendosi volare, perché il fuoco si era spento e era rimasto solo fumo e cenere e le lacrime appannavano la vista ma non cadevano più.
Aveva incontrato cenere, aveva incontrato fumo ma delle sue lune non vi era più traccia.
Urlò silenziosamente tutto il vuoto che Merlin aveva lasciato, solo, nella piazza colta nel tramonto. Avrebbe voluto lasciare che le lacrime gli bruciassero il volto per tutta la notte con il respiro bloccato in gola, abbracciato con tutte le sue forze alle ceneri di ciò che era stato un fratello, invece rimase pietrificato, gli occhi vacui e la mente passiva, avvolto da un silenzio che avvertiva anche dentro.
La profezia prometteva che sarebbe risorto, ricordò Arthur. Merlin sarebbe tornato e, per quel giorno, lui avrebbe fatto in modo che vedesse un mondo dove la fame, la povertà, l’ingiustizia, gli orrori della guerra fossero sconosciuti, un mondo dove quello che era, non lo avrebbe condotto a morire giovane con le guance infossate, gli occhi incavati e i segni sui polsi. Un mondo dove non sarebbe stato costretto a nascondersi, mentire, fuggire.
Non avrebbe rifiutato e diffidato della magia, non quando l’ultimo riflesso lo aveva visto negli occhi fiduciosi di Merlin che gli avrebbero tormentato le notti e corrotto i sogni. Di quegli incubi, ne era certo, se ne sarebbe liberato solo quando i suoi pallidi soli celesti sarebbero tramontati definitivamente, perdendosi oltre l’orizzonte.
Solo allora Merlin sarebbe tornato davvero.
In fin dei conti, dopo il tramonto, sorge sempre la luna.






Note dell'Autrice: Storia partecipante al contest "Two sides of the same coin" indetto da katniss_jackson sul forum di efp.
Devo ammettere che è stato particolarmente bello scrivere questa OS. L'atmosfera astratta è assolutamente voluta perchè la storia è dal punto di vista di Arthur e lui è logorato dal dolore e da questo senso d'impotenza.
Passiamo a dire qualcosa di utile: la profezia che ho scritto è una rivisitazione di quella originale, che ho adattato ai cambiamenti della storia. Volevo aggiungere che è una visione molto pessimistica quella di Arthur ma ricordiamoci che ha appena perso il suo migliore amico, credo comunque che si riprenderà. Volevo dire qualcos'altro ma ho dimenticato come sempre.
Se avete voglia recensite e bacioni,
Fangirl23
   
 
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