Kougami sa che è un errore. Sa che non dovrebbe mettere le mani addosso a Gino, non dovrebbe stringerle attorno ai suoi fianchi con tanta forza da sentire le ossa del bacino premere sotto le dita. Non dovrebbe farle scorrere sul suo torace, sollevando lembi di vestiti nella smaniosa ricerca del calore della sua pelle, del pulsare del suo sangue. Non dovrebbe alzare lo sguardo e incantarsi a fissare il suo viso, incorniciato dai ciuffi neri che ardono dei riflessi del tramonto che squarcia il cielo con strie di un rosso quasi violento e che incendia i tratti cesellati del suo viso, dipingendoli di luce aranciata e dando colore alle guance altresì pallide.
Non dovrebbe commettere l’errore di guardare quello splendore e trattenere il fiato, perché per lui –per loro- non c’è più speranza di salvezza.
Eppure non si trattiene – e compie l’ultimo passo verso la dannazione, chinandosi su di lui e premendo con foga le labbra sulla sua bocca, rubandogli il fiato e l’anima e il cuore.

Non di solo pane vive l’uomo
Ma della tua anima
e del tuo amore.