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Autore: Hisokagirl    29/03/2009    5 recensioni
« Il nome della persona scritta su questo quaderno morirà entro quaranta secondi...
Ti va di provare, Mel? »

Sapevo quello che stava succedendo.
Sapevo perchè quel corpo stava cadendo a terra:
non era scivolato dopo uno dei suoi soliti gesti goffi,
non stava giocando come a volte aveva fatto durante quell'anno.
Questa volta no.
Questa volta il segreto non era solo un titolo prestampato su un fumetto.
Questa volta lui stava morendo sul serio.
[Prima classificata al contest As luck would have it del writer's Zone]
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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›› Still raining

La pioggia non accennava a smettere; il cielo era blu scuro: uno specchio perfetto per quella giornata”



Monitor accesi, dai quali si poteva osservare una vita spiata da lontano.

E in mezzo ai giochi di luce lui, gambe rannicchiate contro il petto, il pollice che lento percorreva le labbra screpolate, occhi grandi sottolineati da segni scuri.

Potevo perfino vedere del rimasuglio di dolce colare sull'angolo destro della bocca sottile – dannatamente invitante - e il dito della mano sinistra andare furtivamente ad accarezzare la fragola che ancora svettava tra il bianco della panna.

Era come lo avevo sempre visto sullo schermo della televisione.

Come lo avevo immaginato nella testa, mentre scrivevo di lui.

Era semplicemente L Lawliet.

Niente di più, niente di meno; ma per quanto mi riguardava era abbastanza.

Accanto a lui una sedia vuota, di tessuto azzurro come la gemella, il cuscino leggermente deformato forse a causa di Soichiro Yagami.

- Light Yagami – sussurrò all'improvviso alzandosi dalla sedia – Troppo perfetto per essere reale. -

Fu un momento e mi ritrovai ad osservarlo dritto negli occhi.

Occhi grandi e sorpresi - per la prima volta - da un avvenimento non previsto.

-Come hai fatto ad entrare? -

Solamente cinque minuti fa ero in Italia, a più di mezzo mondo di distanza, mentre ora...

Mi trovavo in Death Note.

Tra le pagine di un comune fumetto che si leggeva al contrario.

Come facevo a spiegargli un fatto che nemmeno io sapevo?

- Con tutto il cuore, non ho una spiegazione razionale... Lawliet. -

Mi accorsi troppo tardi di ciò che avevo detto: avevo pronunciato il suo nome.

-Come fai a sapere il mio nome? - chiese avvicinandosi lentamente.

Il suo sguardo mi incatenava, mi bloccava.. Ma io non risposi, indietreggiando.

Poi sussurrò qualcosa; sillabe lontanamente somiglianti alla parola “Kira”.

Stava... sospettando di me.

- Come ti chiami? - parlò, poi, a voce più alta.

- Melanie – sussurrai mentre delle manette strinsero i polsi delle braccia, improvvisamente divenute deboli.

Conoscevo lo sguardo che aveva in quel momento. E come dimenticarlo?

Lo usava quando guardava Light o un presunto criminale.

Credeva che io fossi Kira.

Con la sua forza, mi trascinò per la camera d'albergo, rinchiudendomi nella prima stanza capitatagli sotto mano: quattro mura bianche – ormai tendenti al grigio -, e una sedia troppo lontana per essere raggiunta.


Tic Tac

Tic Tac

Il tempo passava lento, in prigione.


- Tu non esisti – una voce pacata all'improvviso mi risuonò in testa. - Ho controllato in tutti database, in tutti i censi del mondo, ma del tuo nome non c'è traccia. -

Con un gesto abile, Elle entrò nella prigione improvvisata, saltando sulla sedia che si era appositamente portato e sistemandosi nella sua posizione abituale: un piatto di torta in una mano, una forchetta nell'altra.

- Chi sei Melanie?-

- Una tua grandissima fan - sibilai trattenendo una risata amara.

Mi osservò per qualche secondo, poi prese la fragola in mano, avvicinandola alle labbra.

Ad' un tratto gli tolsi il frutto e, sorpreso, mi guardò nuovamente.

- Anch'io adoro le fragole – sussurrai sistemandomi accanto a lui.

Avevo l'opportunità di stare vicino al mio personaggio preferito degli anime – certo non era una cosa di tutti i giorni – dovevo approfittarne.

Ma lui mi sorprese. Conoscevo ogni suo pensiero... ma in quel momento - in quel gesto - vidi un nuovo Lawliet. Non più il criptico investigatore. Rise, una risata innocente come può esserla quella di un bambino, che ancora non aveva conosciuto il mondo degli adulti.

Ma con i suoi tremila casi risolti, commessi da assassini sanguinari, potevo dire - con certezza - che la violenza lui la conosceva fin troppo bene.

- Io non sono Kira – dissi subito dopo, tornando seria.

- Per qualche strana ragione, me ne sto convincendo sempre di più Mel -



[Un anno dopo]


Un anno di indagini.

Un anno di notti insonni.

Un anno di piogge che lente portavano

via ogni residuo della mia vita passata.


Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato, lo temevo, lo ripudiavo, ma prima o poi... sarebbe arrivato.

Doloroso, come una pugnalata al petto.

Se solo avessi potuto rivelargli il segreto che mi portavo dentro, la verità che avrebbe condannato quel dannatissimo Light... Avrei evitato la sua morte.

Quello era l'episodio venticinque di Death Note o per la precisione era il cinque novembre del 2004.

Inaspettatamente, una lacrima percorse la guancia ancora infreddolita dal mattino, mentre una mano stringeva le lenzuola del letto, con un misto di rabbia e tristezza.

Sarebbe... morto quella sera. E io non potevo fare nulla per impedirlo.

- Ti sei svegliata? - Mi trattenni dal sussultare e alzai lo sguardo, asciugandomi la lacrima con un gesto quasi invisibile. I capelli morbidi ancora arruffati dal sonno, occhi limpidi nonostante le abituali occhiaie: Ryuzaki era lì - come ogni mattina - appoggiato dolcemente allo stipite della porta, a fissarmi durante il mio risveglio.

- Ancora cinque minuti - Misi una mano tra i capelli, coprendomi il viso con il braccio, sperando in una risposta positiva.

Era passato poco meno di un anno da quando Ryuk decise di cambiarmi la vita.

Ed io, come una bambina, mi ero innamorata di un ragazzo che sapevo di non poter avere.

- Non questa mattina , abbiamo del lavoro -

Già, sempre lavoro.

- Mmm... -

Con lui non potevo scherzare; non potevo abbracciarlo come può fare una normale ragazza.

Ma sapendo di poter stare con lui accettavo tutto, perchè era semplicemente perfetto ai miei occhi.

Quanto può essere banale l'amore.

-Oggi libererò Misa e Light . - decretò infine voltandosi di spalle. - Sono stati troppo a lungo rinchiusi -

- Sei sicuro? -

- No, ma va bene così Melanie. -

La voce gli tremò.

Da quella posizione non potevo vederlo in faccia, ma c'erano. Nessuno poteva vederle ma lente e amare delle lacrime gli solcavano il viso come consapevolezza della propria sconfitta.

Elle sapeva di dover morire, lo aveva sempre saputo fin dal principio.

Mi alzai dal letto, e lo raggiunsi.

Posai le mie braccia sulle sue spalle, chiudendole in un abbraccio sul petto: il volto sulla schiena nobile. - Elle... - inspirai l'aria assaporando quell'odore che riempì le mie narici; sapeva di... dolce. - Stai attento -

Non rispose, dirigendosi silenziosamente verso la porta.

- Grazie...- sussurrò, lanciandomi un ultimo e doloroso sguardo.

E potevo giurarlo.

Quella volta piangeva davvero.


All'improvviso un rumore ruppe il silenzio del pomeriggio: un ticchettio pesante – fitto- che batteva insistentemente sul tetto dell'edificio.

Stava piovendo.

- E' giunta l'ora – sussurrai, lasciando cadere il volto nelle mani aperte.

Mancava poco.

Allungai il braccio prendendo il telefono sul comodino e appesi la chiamata in atto allo zigomo.

- Pronto? - rispose una voce dall'altra parte della cornetta.

- Sono Mel... Dove sei? -

- Sul tetto... -

- Arrivo... Tu... - Sul tetto. Su quel tetto... - Aspettami -

Chiusi la chiamata senza dargli il tempo di rispondere, e cominciai a correre verso il luogo in cui ero sicura di trovarlo.

La pioggia non accennava a smettere, il cielo era blu scuro: uno specchio perfetto per quella giornata.

Voltai lo sguardo e vidi la sua mano sventolare goffamente in aria.

- Sono qui Mel – urlò, la voce soffocata dalla pioggia.

Lentamente mi avvicinai a lui, chiudendo le braccia in un abbraccio personale – faceva freddo -.

Forse le maniche corte non erano la scelta migliore.

- Hai freddo?- mi chiese dopo l'ennesimo tremore.

- No.. Stai tranquillo. - E la distanza diminuiva.

- Sai Melanie... - Girai la testa e incontrai il suo sguardo, vicino. Troppo... - Non avevo mai notato i tuoi occhi. Sono della stessa tonalità di questo cielo: un blu troppo scuro e senza stelle. -

I colori svanirono e tutto il mondo intorno sembrò bloccarsi.

Non sentivo più la pioggia, no.

Quello che sentivo era un rumore più delicato, più soave, ma lontano.

Erano delle campane.


[-Ascolto le campane-

- Le campane? -

- Sì, oggi stanno suonando in maniera davvero assordante -

- Io non sento niente-

  • Eppure non hanno smesso un minuto. Mi stanno quasi ossessionando... Dev'essere una chiesa. Forse un matrimonio, oppure... -*]



- Le senti? - riuscii a sussurrare, rompendo il contatto di quello sguardo.

- Cosa? -

- Le campane Elle, sono lontane ma si sentono. -

Ora capivo quello che lui provava in quella maledetta puntata, mentre parlava con Light.

Quelle campane stavano suonando per il suo funerale.

Crudele da pensare, ma per una ragazza che ha visto la morte della stessa persona centinaia di volte, era solo un altro ago nel cuore: una sciocchezza visto singolarmente; ma riuniti in un solo petto - già lacerato – erano un dolore che ero stanca di sopportare.

- Sì, le sento – alzò lo sguardo, le gocce che gli scivolavano leggere sulle guance.

Ora il cielo non sembrava voler altro che cadere su di noi, opprimendoci più del solito: uno squarcio aprì il buio rischiarando il suo sguardo di vetro.

E finalmente la vidi quell'angoscia che stremava il suo viso, come se non ce la facesse più a lottare.

Quella era sua prima sconfitta.

- E adesso che succederà Melanie? -

Mi trattenni dal sussultare; così mi sarei tradita da sola.

Aveva capito: prevedibile.

Lui era il numero uno.

- Non posso dirtelo – parole intrappolate tra un labbro torturato.

- Ho capito. Mi sa che è giunta l'ora di dirci addio. -

All'improvviso due braccia mi cinsero la schiena riscaldando il mio corpo.

Non mi aveva mai abbracciata prima d'ora, ma sapevo che quello era più che un abbraccio.

[Che volesse essere...]

- Melanie? - disse a pochi centimetri dal mio orecchio – Addio -

E – come previsto – le lacrime riempirono i miei occhi, offuscando la vista.

Avvinghiai le braccia al suo collo, posando la testa nell'incavo della scapola.

- Non voglio – sibilai a denti stretti – Non dirmi addio -

- Addio Melanie – ribadì più convinto staccandosi dalla presa.

[Addio Elle]

Pensai correndo verso l'asciutto, verso quel posto che potevo chiamare casa.

E fu in quel momento, mentre il mio pensiero si era come congelato, che presi la scelta più importante della mia vita.

Corsi in camera – la porta accuratamente chiusa dietro di me – e mi sedetti in un angolo.

La muffa alle pareti, portava un odore sgradevole nell'ambiente, accompagnato dalle quattro mura candide – e vuote - che avvolgevano i pochi mobili contenuti nella stanza.

La scelta era semplice.

Dannatamente crudele, ma semplice.

O la mia vita o la sua.


[- E cosa mi impedisce di rivelare tutto a Elle? -

- Il semplice fatto che se provi ad accennare agli eventi futuri, e alla vera identità di Kira, il tuo nome finisce sul Death Note. -

- Se salvo la vita ad Elle... -

- Tu perdi la vita... Divertente vero? -

Una risata acuta, di uno Shinigami nero, seguì le sue parole, scandite con cura. ]


Mancavo da casa mia, da più di un anno... Ormai non c'era più nessuno ad aspettarmi.

Mentre Elle – per quanto strana poteva sembrare – aveva una vita, un padre.

Forse ero ancora in tempo a salvarlo, forse potevo ancora rivelargli tutto, nonostante mi costasse la vita. Mi alzai di scatto – un dolore mi percosse la nuca al violento contatto con una solitaria mensola – e scesi le scale verso quella porta rossa.

[Era del colore del sangue.]

La aprii, decisa in quello che facevo.

Ma nello stesso momento due cuori mancarono di un battito.

Quella scena, l'avevo vista e rivista centinaia di volte nel mondo esterno, ma dal vivo, in quella situazione... era tutta un'altra cosa.

Una lacrima accarezzò il mio volto e dopo di lei molte altre: trattenni il respiro in una morsa che mi pizzicava la gola, ma il cuore non sembrò voler ricominciare a battere.

Sapevo quello che stava succedendo.

Sapevo perchè quel corpo stava cadendo a terra: non era scivolato dopo uno dei suoi soliti gesti goffi, non stava giocando come a volte aveva fatto durante quell'anno.

Questa volta no.

Questa volta il segreto non era solo un titolo prestampato su un fumetto.

Questa volta lui stava morendo sul serio.

Senza pensarci corsi verso di lui, stringendolo tra le mie braccia come se fosse più delicato della ceramica. Le lacrime gli cadevano sul volto, amare e lente.

- Ti amo – sussurrai , posando leggermente le mie labbra sul suo naso.

Un ultimo sorriso, poi si spense come aveva voluto il destino.

Gli occhi vitrei, la bocca delicatamente socchiusa in quello che doveva essere – forse – un ultimo avvertimento per Light.

Intorno a noi un solo nome rieccheggiò nell'aria e due ali ossute – invisibili - si spiegarono avvolgendoci in un abbraccio crudele. Mi alzai di scatto, dirigendomi verso la porta e uscii sul tetto dell'edificio.

Pioveva ancora.

Avrei voluto urlare al cielo il dolore che provavo, avrei voluto uccidere Light con le mie mani... Volevo tante cose ma in quel momento potevo farne solo una.

- Ryuk? - chiesi al nulla, conscia che qualcuno mi stava osservando divertito.

- Dimmi -

Chiusi gli occhi, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e sussurrai poche parole prima cadere a terra, consapevole che non mi sarei più risvegliata lì.

- Riportami a casa -





Ci sono ferite alle quali sarebbe preferibile la morte.”

Napoleone Bonaparte.

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Ok... Ci tengo a precisare che questo racconto sta partecipando ad un contest del Writer's zone.

E come traccia c'era questa:


E' una giornata monotona come tante. Durante una situazione di completa normalità, vieni però catapultato/a nel tuo libro/film/manga/videogioco preferito. Descrivi in una breve oneshot il tuo incontro con uno dei personaggi. Sono vietati attori, cantati, scrittori e qualsiasi altro personaggio realmente esistente.

E io naturalmente ho scelto Elle ùù.

Un commento è sempre gradito ^O^
Bye.
Poo


EDIT DEL 06 APRILE:
*si mette ad urlare*
Primaaaaaaaaaaaa! *si rotola per terra*
Ce l'ho fatta! *O* xD
Appena imparerò - me è impedita xD - posterò anche il tesserino.
ByeBye!
Love.
Poo
Qui lo schema: <3

Forma: 5/5 Ottima la presentazione dell'elaborato. Non ci sono abbreviazioni. Piacevole la disposizione dei paragrafi nel testo.

Grammatica: 10/10 Non ci sono particolari errori di grammatica. La sintassi è fluida e il lessico semplice, chiaro e ricco.

Discorso diretto: 10/10 Molto d'effetto.

Punteggiatura: 9/10 Qualche virgola in più, qualche virgola in meno... Ma nel complesso ben curata.

Errori di battitura: 3/3 Non presenti.

Stile:
10/10 Hai uno stile versatile, ricco di sfaccettature, che colpisce immediatamente il lettore.

Gradimento personale: 2/2 Mi è piaciuto troppo. Non ho parole.

Totale: 49/50 Ottimo! Sei decisamente la vincitrice. Complimenti
  
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