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Autore: thefede003    16/03/2016    0 recensioni
Toccando il suo corpo privo di vita, un brivido freddo mi percorse, notai che qualcosa era cambiato…
Genere: Introspettivo, Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Madness    
Quando mi svegliai, trovai il lato destro del letto freddo. Mia moglie stava preparando una delle sue colazioni tipiche della domenica. Mi alzai e mi recai in cucina per darle il buongiorno. Era davanti ai fornelli che cucinava quelle magnifiche uova strapazzate con i wurstel. -Buongiorno amore.- le dissi, lei ricambiò con un bacio e poi mi servì quella magnifica colazione. Finimmo di mangiare e uscimmo per fare una passeggiata per le vie di Londra. Nonostante fosse inverno, la città era fantastica. Il sole ci riscaldava come in una calda giornata di primavera. Le strade brulicavano di persone che, come noi, avevano approfittato della magnifica mattinata per uscire con gli amici. Quando si fece mezzogiorno decisi di portare mia moglie a mangiare in un magnifico ristorante. Tutto pareva perfetto come nel giorno in cui ci siamo conosciuti: eravamo solo io e lei coricati sulla spiaggia bianca a guardare le stelle, mentre l’infrangersi delle onde sulla costa faceva da accompagnamento musicale. Una delle cose che ci univa di più era la pittura; amavamo prendere ispirazioni dall’universo o dalla natura, era una cosa che ci affascinava. Trascorrevamo giornate intere a dipingere, attraverso le nostre opere riuscivamo a capirci alla perfezione, le usavamo  per esprimere i nostri sentimenti. Il ristorante nel quale andammo a mangiare era magnifico, tutto era squisito e il personale fantastico. Notai, nonostante tutto, che qualcosa non andava: Jodie non era felice. Non accennava un sorriso, non scherzava e le frasi che componeva erano corte e secche. Era piuttosto strano, di solito non faceva così, era stata una donna sempre scherzosa, dolce e difficilmente si deprimeva.  –Ti piace il ristorante?- le chiesi –Si!- mi disse alzando la voce, quasi come se fosse arrabbiata. –Che hai?- le domandai con voce preoccupata. –Niente- rispose. Decisi di non farle altre domande, magari era solo un po’ nervosa. Tornammo a casa, lei fece le scale ed entrò in camera da letto senza degnarmi di una parola. Forse era colpa mia, in fondo non l’ho mai resa veramente felice; purtroppo non sono mai stato fortunato, né da ragazzo né da adulto. Da adolescente sono stato vittima di bullismo e  cyber bullismo, ogni mio coetaneo mi prendeva in giro, mi sminuiva e si prendeva gioco di me. Ricevevo pugni ogni giorno, mi rubavano la merenda e i soldi. Mi hanno reso l’adolescenza un vero incubo. Io mi chiedevo che gusto ci trovassero a farlo, perché  non se la prendevano con altri? A questa domanda non ho mai trovato una risposta. Per piacere a qualcuno cercavo di cambiare, ma non funzionava. I miei coetanei continuavano imperterriti a prendersi gioco di me. Mi chiudevo ogni giorno in camera mia a piangere e, a volte, pensavo al suicidio. Non ne parlai mai ai miei genitori, avevo paura. Questo compromise tutta la mia vita: diventai un’asociale che aveva paura di uscire, iniziai a non parlare con altri e mi isolai da quella società che mi odiava e da tutto il mondo. Una persona che mi aiutò molto fu mio fratello Allen. Lui è più grande di me di otto anni. Ricordo quando mi prendeva sulle spalle e mi faceva fare il giro della casa: partivamo dalla cucina fino ad arrivare in camera mia, poi mi faceva scendere e mi faceva giocare con lui. Era veramente forte, non come me: un ragazzo debole, basso, con dei capelli orribili e dei vistiti penosi. Purtroppo non vivevamo nella ricchezza e nella lussuria; anche i miei genitori erano poveri proprio come me. L’unica cosa che mi sono potuto permettere sono state: una piccola casa con la muffa sui muri e due biciclette arrugginite. Forse mia moglie era triste per questo, magari era stufa di me e di tutto, in fondo chi vorrebbe fare questa vita, chi vorrebbe fare la mia vita?  All’età di 16 anni un’altra disgrazia mi colpì: vidi mia madre morire e ricordo ancora quel giorno alla perfezione. Stavo tornando a casa dopo una lunga giornata di studio, il pullman arrivò alla fermata e io andai a piedi fino a quel condominio dove vivevamo. Quando entrai in casa mia madre mi chiese come fosse andata la giornata (come faceva sempre). Dopo dieci minuti dal mio arrivo mi disse che si sentiva male, che le girava la testa, le faceva male il braccio sinistro e il cuore. Cadde a terra come se le gambe le fossero diventate di gelatina. Mi alzai di scatto dalla sedia e chiamai mio padre e un’ambulanza. Durante l’arrivo dei soccorsi io cercai di rianimarla, purtroppo non riuscii a fare molto. Con le lacrime agli occhi e il cuore spezzato a metà la vidi fare il suo ultimo respiro. Una parte di me era morta. Mi chiedevo come facesse una persona a sparire nel nulla e lasciare sulla Terra solo un cumulo di cellule destinato a decomporsi, mi chiedevo come fosse possibile tutto ciò e non mi capacitavo, non potevo pensare che non si potesse avere una risposta. Raggiunsi mia moglie in camera per vedere come stava, dormiva e decisi di non disturbarla. Il giorno dopo mi svegliai prima di lei, le diedi un bacio sulla fronte e andai a lavorare. Arrivato sul  posto di lavoro salutai i miei colleghi, poi mi misi dietro la cassa di quel ferramenta: un lavoro misero che mi permetteva a malapena di vivere. La giornata non prometteva nulla di buono, dopo ben 3 ore non arrivava nemmeno un cliente. Mi avvicinai ad un collega che stava prendendo un caffè e lui mi salutò
-Ciao- mi disse
-Ciao- risposi io
-Hai sentito la notizia di quella signora che ha visto un fantasma?- mi domandò
-No, non seguo molto il notiziario. Sono molto scettico sulle notizie che danno, molte di queste sono false- risposi
-Io credo sia possibile, non conosciamo veramente tutto, magari è vero!- ribatté lui. Non credevo fosse possibile, mi sembrava una cosa da film horror , qualcosa che fosse inventato. Tornai a casa, ponendomi ancora delle domande su ciò che mi aveva detto Franklin. Entrai e notai che tutto  era come lo avevo lasciato, nulla era fuori posto. Salii in camera per cambiarmi e indossare qualcosa di più comodo e Jodie era ancora sdraiata sul  letto.
-Sono tornato- le dissi, ma lei non mi rispose. Mi avvicinai a e mi accorsi che non respirava. Tutto stava succedendo di nuovo, perché a me? Toccando il suo corpo privo di vita, un brivido freddo mi  percorse, notai che qualcosa era cambiato…
La buttai dal letto, presi un seghetto nella mia valigetta degli attrezzi e iniziai a mozzargli la testa, le braccia e le gambe, in modo che restasse intatto solo il suo cuore. Tirai dalla cassa toracica quest’ultimo e lo mangiai. Nascosi i suoi arti e il busto sotto al materasso, infine appesi la testa  al soffitto con del filo spinato. Ciò che stavo facendo mi piaceva e volevo continuare. Non sapevo cosa mi fosse successo ma ciò che ero diventato mi rendeva felice come non mai. Non potevo uscire di casa e uccidere persone, mi avrebbero arrestato o, peggio ancora, ammazzato. La situazione stava diventando insopportabile, avevo bisogno di uccidere, scuoiare e mangiare. Iniziai ad avere dei miraggi o allucinazioni. Degli spiriti mi parlavano e mi dicevano di mangiare la carne e bere il sangue delle prede. Mi convincevo, ogni giorno sempre di più, che le persone erano il mio bottino. Le voci e le visioni si facevano sempre più frequenti, stavo impazzendo. Sentivo le loro mani che mi strozzavano e le loro unghie che mi graffiavano. Si prendevano gioco di me, come quei mostri che mi hanno rovinato l’adolescenza. Non ce la facevo più. Sfinito, arrabbiato ed esausto mi guardai allo specchio. Avevo le mani, la faccia, i vestiti e i denti sporchi di sangue umano. Loro mi stavano guardando, mia madre e mia moglie erano dietro di me che mi osservavano senza muovere un muscolo. Presi un coltello da cucina, lo puntai alla giugulare e tagliai senza pensarci. Un brivido mi percorse, ebbi un secondo per vedere il mio sangue zampillare dal mio collo poi caddi a terra e sentii un voce:
-Perce, amore, alzati. È solo un sogno!- disse mia madre.
   
 
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