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Autore: _Pulse_    16/03/2016    2 recensioni
«Kono ce l'ha fatta».
«Ne dubitavi?».
«No. Quello che voglio dire è che non si è mai arresa: ha seguito ogni pista, senza perdere mai la speranza, e alla fine è riuscita a ritrovare Adam».
«Sì, e allora?».
Danny sospirò, chiedendosi perché dovesse perdere tempo con uno lento di comprendonio come Steve. «Nessuno ha mai fatto una cosa del genere per me».
«Ah no? Ne sei sicuro?», gli chiese il comandante, sorridendo.
[McDanno - Post 4x12 - Segue i fatti di Blurryface]
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Danny Williams, Steve McGarrett, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Hidden track'
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Buonasera a tutti!
Finalmente sono tornata, come promesso. Il lavoro è stato impegnativo ultimamente e non ho avuto molto tempo per pubblicare, mi dispiace per il ritardo.
Anyway, la OS che state per leggere è ambientata dopo la 4x12 e, come anticipavo, è collegata ai fatti di Blurryface.
Lo so, sono passati anni dagli eventi narrati nella long, ma al tempo ero già arrivata a questo punto della serie tv e ho ripreso da qui. Spero di avere il tempo necessario per riempire un po' questo enorme buco temporale, prima o poi... Quando sarò in pensione, quindi.
Concludendo, non vedo l'ora di sapere che cosa ne pensate, dato che la conclusione di Blurryface non ha convinto molti di voi xD
Buona lettura!

Vostra,
_Pulse_




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TOO LONG WAITING



Danny gettò un'occhiata ai sedili posteriori, dove Grace si era stesa a sonnecchiare dopo l'abbuffata di chili a casa di Grover. Quindi iniziò a fissare Steve, in quel modo insistente con cui sapeva ne avrebbe attirato l'attenzione.

«Che cosa c'è?», gli chiese infatti il SEAL, ricambiando lo sguardo per quanto la strada glielo permettesse.

«Kono ce l'ha fatta».

«Ne dubitavi?».

«No. Quello che voglio dire è che non si è mai arresa: ha seguito ogni pista, senza perdere mai la speranza, e alla fine è riuscita a ritrovare Adam».

«Sì, e allora?».

Danny sospirò, chiedendosi perché dovesse perdere tempo con uno lento di comprendonio come Steve. «Nessuno ha mai fatto una cosa del genere per me».

«Ah no? Ne sei sicuro?», gli chiese il comandante, sorridendo.

«Assolutamente».

«Io ho aspettato sei mesi prima di darti il primo bacio. E da allora sto ancora aspettando che tu ti decida a lasciare che il mondo sappia di noi e a farla finita con questa storia della coppia aperta».

«Fa parte della copertura, Steve», mormorò Danny, evitando accuratamente il suo sguardo voltandosi verso il finestrino.

«Lo so. Sto solo dicendo che sono già trascorsi quattro anni e io sono ancora qui, che ti aspetto». Raggiunse una mano di Danny, abbandonata in grembo, ed intrecciò le loro dita prima di concludere: «Se non è vero amore questo...».

Il detective si irrigidì e come suo solito innalzò le proprie difese con l'aiuto del sarcasmo: «Amore, dici? Ti rendi conto che è un sentimento che implica l'avere un cuore, Steven?».

«Pensavo avessimo appurato che ce l'ho», ribatté il marinaio. «In queste ultime settimane mi hai rimproverato più volte di essere diventato un tenerone...».

Danny non trovò nulla di abbastanza intelligente da dire, dato che per una volta il partner aveva ragione, quindi restò in silenzio. Allora fu Steve a fissarlo fino a quando non ebbe di nuovo i suoi occhi azzurri in cui tuffarsi.

«Dammi un bacio, Bubu», gli ordinò, allungandosi un poco verso di lui con le labbra arricciate.

«Bubu?», ripeté Danny con espressione schifata. «Ti ho già detto che non sopporto questo soprannome, devi cancellarlo dal tuo vocabolario. Una parola in meno da ricordare dovrebbe farti comodo, no?».

«Vuoi stare zitto e baciarmi?».

Il detective gettò una nuova occhiata a sua figlia, sempre addormentata sui sedili posteriori, e poi diede un bacio fulmineo a Steve, così leggero che il SEAL nemmeno se ne accorse.

«Dovrai fare molto meglio di così perché mi dimentichi di quel soprannome... Bubu».

«Non puoi fermarti da me, lo sai. Grace non è stupida».

«No, infatti. Credi che non l'abbia già capito?».

Danny scosse il capo, terrorizzato solo all'idea, e pose fine alla discussione: «Vengo io da te questa sera».


*


Danny parcheggiò di fronte al cancello della villa di Stan e Rachel e sorrise alla figlia, indicandole la guancia per avere un bacio.
«Fai la brava, okay? Ci vediamo presto».

Grace gli rispose con un sorriso più birichino del solito. «Okay, Bubu. Buonanotte».

Il detective non riuscì a controllare la mascella e rischiò quasi di far andare via sua figlia, talmente tanto era lo shock. Se aveva sentito Steve chiamarlo in quel modo... cos'altro aveva raggiunto le sue orecchie?
Alla fine urlò un «Ehi!» e scese di corsa dall'auto prima che Grace potesse suonare al citofono. La ragazzina si voltò e lo guardò con espressione candida.

«Che cosa...? Voglio una spiegazione, subito».

Grace fece sparire il collo tra le spalle e si fissò le scarpe. «Mi dispiace papà, non volevo origliare».

Danny si avvicinò e si inginocchiò di fronte a lei, accarezzandole le braccia. Non trovava la forza di guardarla negli occhi, tanta era la vergogna che provava in quel momento. Non voleva che lo scoprisse così, non voleva che lo scoprisse... ora.

«Danno, se vuoi che rimanga un segreto...», iniziò a dire Grace, ma il detective scosse il capo.

«No, scimmietta. Sono stanco che sia un segreto, davvero. Allo stesso tempo, però... ho paura di quello che potrebbe pensare la gente, di quello che potresti pensare tu. Insomma, tu che cosa ne pensi? La verità».

«Io penso che tu e zio Steve siate una bella coppia», rispose sorridendo. «Vi voglio bene e voglio che siate felici».

Danny finalmente alzò gli occhi umidi in quelli della figlia e lei gli strinse le braccia intorno al collo.

«Una mia compagna di scuola si vanta sempre di avere due mamme. Non vedo l'ora di dirle che il mio papà ha un fidanz-!».

«No», la interruppe bruscamente il detective, posandole un dito sulle labbra. «Sarebbe meglio se... se tu mantenessi il segreto, ancora per un po'».

«Okay, Danno».

«Grazie». Si sollevò, sentendo le gambe intorpidite, e le accarezzò i capelli prima di fare cenno all'immensa proprietà di Stan. «Vai, prima che tua madre pensi che ti abbia rapita».

Guardò Grace raggiungere la porta e salutò Rachel con la mano, senza venire ricambiato, poi tornò in auto e scrisse un sms a Steve per avvisarlo che stava arrivando.
Il comandante gli rispose immediatamente, con un semplice: “Via libera”, e Danny si sentì peggio di un verme.
Lo aveva detto a Grace e lo pensava: era stanco di doversi nascondere, stanco di far finta di interessarsi alle donne che incontrava per non creare sospetti, stanco di vedere Catherine incollata a Steve sia al lavoro che a casa; era arrivato al limite. Finalmente era pronto ad uscire allo scoperto.


*


Steve gli aprì la porta e lo attirò dentro prendendolo per la cravatta, per poi impossessarsi subito delle sue labbra mentre con le mani gli sbottonava freneticamente la camicia.

«Ehi, datti una calmata», lo rimproverò Danny, tentando di ottenere un minimo di controllo, ma il comandante si appropriò nuovamente della sua bocca.

Quando rallentò il ritmo per recuperare un po’ di ossigeno, gli spiegò il perché della sua foga: «Cath ha saputo di Kono ed è andata a salutarla; ha detto che non si sarebbe fermata molto, al massimo un’ora».

«Per me hai un’ora e per Cath tutta la notte? Non è giusto, Steve», disse, mordendogli di proposito il labbro.

Lui non parve soffrirne – o lo mascherò abilmente – e con espressione infastidita disse: «Meglio di niente, no?».

«Ascolta, dobbiamo parlare».

Steve finì di sfilarsi la maglietta e lo guardò con una delle sue facce da aneurisma. «Adesso?».

«Sì... è importante», rispose Danny, anche se la visione degli addominali di Steve gli aveva quasi fatto rinunciare.

Il comandante scrollò le spalle, indicando il divano. «Okay. Prendo le birre?».

«No, per favore. Siediti e ascoltami. E rimettiti la maglietta, perché mi sto dimenticando il discorso che mi sono preparato in auto».

«Hai preparato un discorso mentre venivi qui? È una cosa seria, allora».

Danny sospirò e posò una mano accanto a sé sul divano. Steve si infilò la maglietta, come gli era stato chiesto, e si sedette circondandogli le spalle con un braccio.

Il detective respirò profondamente prima di esclamare: «Grace ha sentito quello che ci siamo detti in auto».

«Non stava dormendo?».

Danny scosse il capo ed ebbe voglia di prenderlo a pugni, perché era tutta colpa sua e ora stava sorridendo, come se lo trovasse divertente.

Quando finalmente si rese conto che il partner non era in vena di scherzare, gli chiese: «Che cosa vuoi fare?».

«Voglio che tu smetta di aspettarmi».

Steve, da buon uomo di Neanderthal qual era, impiegò qualche secondo di troppo per capire che cosa stessero a significare quelle parole. E quando finalmente ci arrivò, si ritrovò a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua, incredulo. Aveva aspettato così tanto che non credeva possibile che quel giorno sarebbe mai arrivato.
Danny gli rivolse un sorriso colmo di tenerezza e gli posò entrambe le mani sul viso, accarezzandogli gli zigomi con i pollici.

«Dio, questa mattina sono corso dietro a quella ragazza, Amber, per disperazione. Da quando Gabby se n'è andata, mi sono sentito così solo a volte... Mi sono affezionato davvero a lei, stavamo bene insieme e avremmo potuto continuare la nostra relazione a distanza, ma non ho voluto farle questo. Le ho detto che avevo bisogno di dare stabilità a Grace, ma in realtà, proprio perché le volevo bene, non riuscivo più a mentirle: non riuscivo più a guardarla, a desiderarla, perché sei tu tutto ciò che voglio e non voglio condividerti con nessuno. È giunto il momento che il mondo sappia che siamo una coppia, anche se probabilmente l'ha sempre saputo. Come spieghi altrimenti il fatto che tutti ci chiedano da quanto siamo sposati?».

Steve ormai aveva le lacrime agli occhi, confermando la tesi del detective: stava diventando un tenerone, un essere umano con un vero cuore.
«Non me ne frega niente del mondo», mormorò, avvicinando il volto al suo per far incontrare le loro fronti. «Ma mi hai reso l'uomo più felice di questa terra».

«Bene. Ora puoi toglierti la maglietta».

Steve si alzò e non ci pensò su due volte prima di spogliarsi. Danny gli prese l’indumento dalle mani mentre si dirigevano verso le scale, strappandosi qualche bacio o un morso, e quando fu davanti a lui gli diede una leggera frustata sul sedere.

«Vediamo se riesco a farti dimenticare quell'orribile soprannome».

Steve si voltò a guardarlo, con gli occhi attraversati da un luccichio di malizia, poi si mise a correre veloce verso la camera da letto, seguito dal detective.


*


Danny scorse Steve e Catherine entrare insieme negli uffici della Five-0 ed ebbe un tuffo al cuore quando li vide scambiarsi un'occhiata e sorridere. Nel corso del tempo aveva imparato a tenere a bada la gelosia, ma dopo la confessione della sera prima aveva i nervi a fior di pelle.
Quella mattina Steve si era comportato come se nulla fosse con la squadra, come se la loro relazione non avesse fatto quell'enorme passo in avanti, e Danny si era sentito sia sollevato che deluso. Aveva immaginato ogni possibile scenario apocalittico quella notte, prima che riuscisse a prendere sonno, perciò era contento che Steve non ne avesse fatta una delle sue; al contempo però non pensava che avrebbe fatto ancora finta che tra loro non ci fosse qualcosa di più. Forse stava aspettando che facesse lui la prima mossa, ma dubitava che fosse così sensibile.
Lo guardò attentamente, mentre insieme a Catherine spiegava quello che Max aveva detto loro circa le cause della morte della loro ultima vittima, e quando finirono realizzò che non aveva appreso una parola, troppo concentrato sulle proprie teorie.
I membri della squadra si dispersero, con ognuno il proprio compito, e Steve e Danny rimasero da soli di fronte al tavolo touch-screen.

«Che cosa c'è che non va?», gli chiese alla fine, appoggiandosi col fondoschiena al computer ed incrociando le braccia al petto.

Steve lo guardò, con le mani ancora sui fianchi in quella sua posa plastica da macho-man. «Niente, perché?».

«Perché... insomma, pensavo che...».

«Non l'ho ancora detto a Catherine», lo interruppe, e fu come se con quella confessione si fosse tolto un immenso peso dalle spalle, che rilassò prima di piazzarsi di fronte a lui e far aderire i loro corpi, le mani sui suoi fianchi.

«In che senso tu...? Siete stati via quasi un'ora, più del tempo necessario per andare da Max e tornare qui. Pensavo ne avessi approfittato per farle il discorso!».

«Io stavo per dirle tutto, ma poi...».

«Poi che cosa?».

«Non mi è sembrato il momento giusto, ecco. D'altronde non è un discorso che si può fare da un giorno all'altro!», replicò Steve, non facendo altro che peggiore le condizioni in cui stava riversando Danny, col volto paonazzo e alcune vene del collo gonfie per la frustrazione.

Steve gli accarezzò il viso e poi percorse le sue labbra con un dito, prima di strappargli un bacio casto. Sorridendo, aggiunse: «Glielo dirò, tranquillo. Devo solo trovare l'occasione adatta, okay? Abbiamo aspettato a rendere questa cosa ufficiale per quattro anni... possiamo aspettare ancora un po'».

Il detective non poté far altro che annuire e lasciarsi baciare una seconda volta, mentre un'amarezza sconosciuta gli divorava l'anima.

«Andiamo, dobbiamo andare a fare una chiacchierata con la cameriera della nostra vittima», esclamò Steve prima di allontanarsi lungo il corridoio, sicuro al cento percento che Danny lo avrebbe seguito a ruota. Quest’ultimo però rimase fermo, appoggiato al tavolo, con gli occhi traboccanti di tristezza.

«Abbiamo aspettato a rendere questa cosa ufficiale per quattro anni... possiamo aspettare ancora un po’».

Danny non poteva fare a meno di chiedersi se non avessero aspettato troppo – se lui non avesse aspettato troppo a decidersi.
E se nel frattempo Steve si fosse affezionato più del dovuto a Catherine, tanto da non riuscire a lasciarla andare? Sarebbe stata tutta colpa sua e non se lo sarebbe mai perdonato, mai.

«Danny, ti vuoi sbrigare o no?!», esclamò spazientito il comandante, tornato sui suoi passi una volta accortosi di essere solo.

Il detective annuì e lo raggiunse con le mani nelle tasche e il suo caratteristico passo elastico, senza però riuscire a seminare il terribile presentimento che fosse ormai troppo tardi. 
   
 
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