Where do I go? Follow
the river
Where do I go? Follow
the gulls
Where is the something
Where is the someone
That tells me
why I live and die?
Il
silenzio era totale.
Il
fruscio dei rami degli alberi, il rumore del vento che accarezzava le mura del
tempio Jedi, l’eco lontana delle onde del mare, tutti
i suoni che avevano accompagnato Rey da quando era
arrivata su quel pianeta sembravano essere scomparsi nel momento in cui quell’uomo
aveva poggiato i suoi occhi di lei, e sulla spada laser che gli stava mostrando.
Quell’uomo
era Luke Skywalker.
Senza
averlo mai visto, sapeva che era lui: quello era il pianeta indicato dalla
mappa di R2-D2 e BB-8, e il generale Leia Organa le
aveva descritto l’uomo che avrebbe trovato, a partire dalla sua mano meccanica,
una mano che ora sembrava quasi uno scheletro di ferraglia arrugginita,
adeguata al volto smagrito e stanco del cavaliere Jedi
che la fissava.
Ma
anche se non avesse avuto quegli elementi per riconoscerlo, se anche non avesse
saputo com’era fatto il vestito di uno Jedi, Rey avrebbe comunque saputo chi aveva di fronte: lo sentiva.
Passarono
lunghi istanti in cui i due si fissarono, senza parlarsi. Il primo a rompere quel
silenzio fu Luke.
“Eccoti,
dunque.”
Sapevi che sarei
arrivata? Mi aspettavi? Avrebbe voluto dire Rey, e invece, mentre abbassava la spada, l’unica parola
che disse fu: “Sì.”
“Il
cambiamento è nell’aria. Qualche tempo fa – quanti giorni sono passati? Mi è
difficile tenere il conto... Qualche tempo fa, dicevo, ho sentito una perturbazione
nella Forza: migliaia di voci urlare tutte insieme, per poi ammutolirsi. Una
sensazione nuova, per me, ma non ignota: queste stesse parole me le aveva
pronunciate il mio maestro, quando l’Impero distrusse Alderaan.
Sai a cosa mi riferisco?”
“Temo
di sì... Il Primo Ordine ha distrutto il sistema stellare di Hosnian.”
“Non
mi ingannavo, dunque” commentò Luke, con un tono quasi indifferente che suscitò
una punta di sconcerto in Rey.
“Ma
quella non è stata l’unica vibrazione che ho sentito” continuò lo Jedi “Un’altra, più recente, più sottile, ma acuta e
dolorosa come la puntura di uno spillo sul collo, come quei dolori che anche
quando passano ti lasciano vivido nella mente il ricordo di cosa hai provato.
Quel tipo di dolore che solo quando perdi una persona a te cara puoi
comprendere davvero.”
Stavolta
nessuna indifferenza: nelle ultime parole di Luke percepì un’ansia dolorosa.
“Ma...
Maestro Skywalker; il sistema stellare di Hosnian è stato distrutto dalla Base Starkiller,
una sorta di orribile arma-planetaria. Io ero prigioniera al suo interno quando
la Resistenza l’ha attaccata; in quell’attacco, che pure ha avuto successo, il
generale Han Solo è stato ucciso da suo figlio, Kylo Ren.”
Luke
si coprì il volto con le mani, soffocando un singhiozzo. Per qualche secondo
non si mosse, e solo il leggero tremolio delle spalle rivelava il suo dolore.
Poi tornò a guardare Rey.
“Mi
hai chiamato Maestro?”
“Sì...
io voglio... in realtà credo che sappiate benissimo perché sono arrivata sin
qui.”
“Dici
bene, mia giovane ospite. Tu hai già aperto i tuoi occhi sulle vie della Forza,
non vedo scetticismo in te. Han, lui sì,
inizialmente era scettico” Luke alzò gli occhi al cielo “Credeva fossero tutte
superstizioni, prima di vedere con i suoi occhi... ma anche dopo, preferiva
sempre e comunque fare affidamento solo su se stesso. Mai la Galassia ha visto
un pilota più testardo e arrogante, né un amico più generoso di lui. Ho
desiderato tanto rivederlo, in questi anni, e ora non potremo più incontrarci,
se non come pura energia nel flusso eterno della Forza. Non che manchi molto,
ormai...”
“Che
vuol dire, non manca molto?” esclamò Rey.
“Guardami
in volto: non vedi la malattia che mi corrode? Poco tempo mi resta da vivere,
forse meno di un anno. La Forza dona al Jedi la possenza, ma a volte il prezzo può essere molto alto.”
Quella
notizia sconvolse Rey: Luke Skywalker
era dunque vicino alla morte? E allora a cosa era servito quel viaggio, quali
speranze si potevano riporre nel suo ritrovamento? E lei... cosa avrebbe fatto
lei?
“Non
c’è scetticismo in te, ma dubbi sì, e paure. Cosa temi, mia giovane amica?
Anzi, prima di ogni cosa, con quale nome posso chiamarti?”
“Rey... il mio nome è Rey, da
quando ho ricordi.”
“Bene,
Rey; sei arrivata qui da me, e hai portato la mia
spada laser. Sapevo che qualcuno stava arrivando, così come sapevo che eventi
terribili stavano sconvolgendo la galassia, ma i dettagli mi sono ignoti. Spero
che sarai così gentile da raccontarmi quanto più possibile. Avrai tempo
sufficiente per farlo, durante il tuo apprendistato.”
“Il
mio apprendistato?”
“Non
è per questo che sei qui? Non è solo la tua simpatia istintiva per la
Resistenza, non è solo l’affetto che provi per Han Solo e per i tuoi amici che
non conosco: sei arrivata qui perché senti che questa è la strada per trovare
le risposte sul tuo passato, per scoprire chi erano i tuoi parenti e chi sei
tu, per colmare questo vuoto che ti accompagna, per usare le tue parole, da
quando hai ricordi.”
Rey era rimasta
senza parole. Luke aveva letto dentro di lei, era entrata nella sua mente come
già aveva fatto Kylo Ren.
Ma il figlio di Solo aveva penetrato la sua mente con brutalità, ferocia e
irruenza, al punto che lei era riuscita a percepire la sua presenza come un’entità
solida, che era possibile afferrare, bloccare, ritorcergli contro. Invece non
si era nemmeno accorta dello sguardo di Luke nella sua coscienza; quella
scoperta la colpì quasi come uno schiaffo: dopo aver sperimentato i tentativi
di controllo di Kylo Ren,
credeva che quello fosse il modo in cui la Forza funzionava, e non immaginava
che esistessero altre forme; Luke le aveva appena mostrato che esistevano
eccome, e in un attimo le fu chiara l’enorme differenza di potere tra lui
e Kylo, una
differenza che la schiacciava e le faceva apparire ridicola e presuntuosa la
sua convinzione di avere un talento innato per le arti Jedi.
Allungò
di nuovo la spada laser verso Luke.
“Perché
lo fai? Quella spada è tua, ormai.”
“No,
Maestro; io non ne sono degna.”
“Sei
sincera quando dici questo di te stessa?”
“Sì.”
“Non
cercherò di farti cambiare idea. Non ancora, almeno. Ma se non ti ritieni
degna, vorresti diventarlo?”
“Sì.”
“In
tal caso, Rey, capisci anche tu qual è la tua strada;
quella di oggi, per lo meno: guardare nel futuro è un’arte che a volte sconfina
nel vizio, e tanti eccelsi Maestri Jedi hanno
commesso gravi errori indulgendo troppo in queste pratiche. Per questo io evito
di farlo; ma è del tuo presente che sto parlando. Non so quanto tempo ho ancora
a mia disposizione, ma so che la tua volontà, e nient’altro, può renderlo sufficiente
o inutile. Quindi sarò ancora più diretto: cosa vuoi fare?”
Rey respirò a
fondo.
“Capisco,
Maestro. Voglio diventare una Jedi, voglio apprendere
le vie della Forza, e voglio sapere chi sono. Mi accettate come vostra Padawan?”
I
lineamenti di Luke si rilassarono al punto che la giovane si aspettò di vedere
finalmente un sorriso su quel volto scavato; il Maestro non sorrise, ma la sua
voce sembrava ora meno distante.
“Sapevi
che sarebbe andata così da quando sei salita sulla tua nave, Rey. È il Falcon, non è vero?
Accompagnami, mia giovane Padawan: rivederlo sarà
come rivedere Han, e sento che ci sono anche altre vecchie conoscenze che ti
hanno accompagnato.”
Solo
allora Rey si ricordò che R2-D2 era di Luke, e che Chewbacca lo aveva conosciuto: durante il viaggio il wookie gli aveva raccontato molti aneddoti su di lui, e
delle sue peripezie con Hhan Solo. Ora, mentre si
incamminavano insieme verso il Falcon, la ragazza
cercava di decifrare quell’uomo che si commuoveva per la morte di un amico di
gioventù, e ciò nonostante sembrava estraneo a qualsiasi altra emozione, e per
il destino della galassia e per la sua stessa vita. A quanto pare, insieme a un
maestro aveva trovato un enigma, da aggiungere a tutti gli altri che portava
con sé da quando aveva ricordi.
Nota dell’autrice
È la mia prima fanfiction, spero che vi piaccia. ^^