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Autore: Ramona_Bubble    17/03/2016    2 recensioni
Vi propongo la mia tipologia preferita di fan fiction, ovvero quella ad immedesimazione. Scritta in terza persona, lascia vaga la descrizione del personaggio principale, consentendo alla lettrice di immedesimarsi nella storia. Quindi non vi saranno le solite coppie canon, ma la coppia Lettrice x Ace, Zoro, Law o chiunque vogliate. Tratterò la tematica dell'apocalisse di zombies in più one-shots, ognuna con personaggi differenti. Accetto richieste riguardo i particolari personaggi da trattare, anche consigli sulla trama da svolgere nei diversi capitoli. Vi auguro una buona lettura.
Sperando di non sembrare troppo seria,
Ramona :D
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Mugiwara, Portuguese D. Ace, Roronoa Zoro, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Nota bene: in questa prima one-shot tratto temi un po’ delicati ma senza approfondire. Quando vedrete (N), significa che dovete inserire il vostro Nome. Può infastidire la lettura le prime volte che lo si incontra, perciò l’ho messo dove era strettamente necessario. Spero sia di vostro gradimento l’opera, intanto io mi sono divertita a scriverla. Siete libere di esprimere il vostro parere <3
-Ramona
 
 
 
Seduta sulla piazzola più alta del campanile, avvolta in un cappotto caldo un po’ troppo abbondante per lei, scrutava il panorama freddo che la circondava. Il cielo bianco sembrava promettere un’imminente nevicata, come se i dieci centimetri di neve già presenti non fossero abbastanza. Il silenzio era diventato una grigia presenza in quel mondo, dove la morte ormai era il pane quotidiano per chiunque. Uomini non morti, vuoti di ogni sentimento, popolavano la terra col loro passo strascicato e i loro versi di fame animalesca e incontrollata.  Al loro passaggio, ciò che di vivo incontravano, diveniva vittima del loro insaziabile appetito. Nell’aria un nauseante odore di  sangue e carne marcia.
 A volte riusciva a vederne qualcuno che vagava non troppo lontano, ma nulla di minaccioso finchè da solo. Pensò a quanto erano fortunati ad essere al sicuro, nascosti in una vecchia chiesa, circondata da mura abbastanza alte da poterli nascondere alla vista dei vaganti. Ma chissà per quanto.
Lei e i suoi amici erano fra i pochi che, decisi e coraggiosi, non disperavano e continuavano a battersi per la sopravvivenza, andando incontro alle loro peggiori paure e compiendo sacrifici non di poco conto per guadagnarsi con le unghie e con i denti un futuro  in quell’inferno che vedevano ogni giorno.
Luffy, il ragazzino sorridente dal cappello di paglia, aveva già perso molti amici durante l’apocalisse, ma forte come pochi, era la calamita che teneva unito il gruppo. Erano legati come fratelli ma non dal sangue.
La giovane dallo sguardo sereno, aveva sempre provato ammirazione per i suoi compagni, l’unica cosa che la spingesse ad andare avanti a combattere per la propria vita.
I non morti erano una costante spaventosa nella mente della ragazza, ma come il suo amico dal sorriso sornione, voleva mantenere quella gioia di vivere che permetteva loro di andare avanti. Infilò le mani più a fondo nelle tasche, con la speranza di scaldare le dita infreddolite e arrossate. Il naso era a malapena coperto dalla sciarpa di lana che Zoro le aveva prestato qualche ora prima per il turno di guardia, privandosene per assicurarsi che lei stesse al caldo. Inspirò a fondo l’odore piacevole che apparteneva all’amico fidato. Per quanto potesse sembrare freddo e scontroso, sapeva che non ci si poteva fermare all’apparenza quando si parlava dello spadaccino. A volte, quando si svegliava di soprassalto in mezzo alla notte a causa degli incubi, il giovane dai capelli verdi le si metteva accanto, non curante della propria stanchezza, ma solo del benessere della compagna. In quei momenti, lui era lì.
“Tesoro, ti ho portato del caffè caldo…” la voce di Nami, la sua giovane amica dai capelli tramonto e il sorriso furbo la riportarono alla realtà, mentre si chinava a prendere la tazza calda dalle mani della rossa, che spuntava dalla botola per accedere al luogo panoramico della chiesa.
“Grazie, cominciavo a non sentire più le narici..” sorrise appena, arricciando il naso intorpidito mentre le tendeva una manina guantata per aiutarla ad uscire dalla scomoda entrata.
“Figurati!” le si affiancò sorridente, perdendo lo sguardo nel panorama che le si parava davanti.
“Notato niente di strano?” Nami la interloquì, osservandola sorseggiare la sostanza amara che subito le diede sollievo al corpo intero. Non appena ebbe finito i primi sorsi, scosse il capo e alzò le spalle.
“Fortunatamente solo un paio di vaganti. Oramai ne vedo sempre di meno. Chissà, magari l’inverno li sta sterminando..” una luce di speranza parve accendersi nelle iridi nocciola dell’amica, che tornò ad osservare i boschi innevati.
“Sarebbe un sogno..”
L’altra acconsentì col capo, finendo il liquido scuro e restituendo la tazza a Nami.
“Ti conviene rientrare prima che ti si geli il culetto..” ridacchiò, sentendosi già più vivace grazie alla caffeina e al calore acquisiti. Nami scosse il capo sorridendo e prese la tazza.
“Mi fa piacere tenerti compagnia, sei qui dalle nove di stamattina… quant’è passato, sei ore?” borbottò la rossa, dispiaciuta per i lunghi turni coperti dall’amica.
“Per me non è un problema. Inoltre Zoro si rifiuta di farmi fare il turno di notte.. almeno do una mano di giorno, come posso..” non appena nominò il verde, lo sguardo di Nami si fece furbo ed ella si avvicinò a (N), dandole delle leggere gomitate di intesa al braccio.
“Sbaglio o Zoro sta diventando sempre più mamma orso nei tuoi confronti?” ridacchiò, causando un piccolo rossore sulle guance della ragazza, che accentuò quello già presente per il freddo.
“M-ma che dici! Io e Zoro siamo solo amici.. e poi è più grande di otto anni..” borbottò imbarazzata, cercando di nascondere il viso nella sciarpa blu. Lei aveva appena 17 anni, compiuti chissà quando. Era solo una “mocciosa”, come la definiva l’uomo dai tre pendenti. Cosa avrebbe mai potuto vedere in lei? Specialmente con donne belle come Nami e Robin nei paraggi.
Nami alzò gli occhi al cielo, per nulla d’accordo.
“Come se nella nostra situazione l’età conti! Dobbiamo ripopolare il pianeta in qualche modo, tesoro..”  ammiccò Nami, che in risposta ricevette uno sguardo allibito dall’altra.
Dopo poco le loro risate divertite rimbombarono ber il cortile della chiesa.

+*+*+*+*+*+*

Finalmente, tremante e stanchissima, la ragazza scese dal campanile e rientrò nell’edificio principale, pronta a dare il cambio ad Usopp che si dimostrò felice di vederla, anche se la presenza di lei gli ricordò che toccava a lui fare la guardia per la notte. Le diede una pacca sulla spalla ed uscì, mentre lei toglieva il cappello, potendo sentire il calore pervaderle il corpo minuto. Percorse la navata centrale dell’edificio che portava al focolare acceso dove un tempo sorgeva l’altare. Intorno ad esso, seduti su vecchie casse da frutta, Franky spiegava a Luffy, Robin e Chopper nuovi metodi per produrre calore senza bisogno di elettricità o fuoco.
L’uomo in questione era un carpentiere dai capelli rasati color del cielo in estate. Teneva sempre una vecchia lama da barbiere nel borsello legato alla vita, con cui manteneva impeccabile il proprio taglio. Non appena la vide avvicinarsi, dato che gli altri tre le davano le spalle, sorrise largamente e alzò una manona in saluto.
“Hey, ben tornata raggio di sole!” all’amichevole saluto, anche gli altri tre si voltarono verso di lei e le batterono il cinque, mentre si dirigeva dal carpentiere per un saluto più stretto.
Si abbracciarono e Franky le scompigliò i capelli, leggermente schiacciati dalla costrizione del cappello.
“Sei un ghiacciolino. Resta con noi accanto al fuoco, Sanji sta preparando della minestra solo per te!” le sorrise, mentre Robin la osservava  tranquilla.
“Oppure potrebbe andare dallo spadaccino a farsi scaldare..” la guardò innocente, mentre la ragazza incrociava le braccia, dopo aver tolto i guanti umidi.
“Nami non sa tenere la bocca chiusa.” Sbuffò e poi sorrise, scuotendo il capo, e la mora le afferrò la mano quando le fu di nuovo vicina.
“Comunque seriamente, era piuttosto preoccupato, forse è meglio se vai a fargli vedere che non sei morta di freddo. È al solito posto.” Le consigliò l’archeologa dagli occhi color del mare, che ricevette un sorriso dalla ragazza più piccina.
“Va bene, devo anche riportargli la sciarpa..” li salutò di nuovo e se ne andò verso una porta ai lati dell’altare, che portava ad una piccola stanza che era stata adibita ad infermeria. Il fatto che più volte le amiche le avessero ripetuto di come ci fosse del tenero fra lei e Zoro, la stava quasi convincendo che potesse essere vero.
Aprì lentamente la porta e subito il suo sguardo ricadde sulla figura dello spadaccino, avvolto in un grosso cappotto nero e appisolato su un materassino di fortuna.
Il verde pareva sempre a suo agio con le basse temperature. Quando uscivano non indossava mai un cappello, a volte nemmeno la sciarpa. Lo osservò curiosa, chiedendosi se servisse svegliarlo. D’altra parte era ancora debole a causa di una ferita infertagli da un nemico incontrato di recente.
“Oi, per quanto hai intenzione di rimanere lì imbambolata?” lo spadaccino aprì l’unico occhio buono con un leggero sorrisetto ad adornargli il viso squadrato e mascolino. La ragazza, che aveva sussultato per la sorpresa, sbuffò per l’ennesima volta quella sera e andò a sedersi per terra, accanto al materasso su cui stava Zoro.
“Pensavo dormissi e non ero sicura di volerti svegliare… l’altra notte non hai praticamente dormito per colpa mia..” sussurrò appena, sentendosi un poco in colpa per il fatto che uno dei suoi soliti incubi l’avesse tenuta sveglia e, di conseguenza, Zoro era lì per lei.
“Sai che non è un problema per me tenerti compagnia..” le ricordò con lo sguardo nuovamente serio, osservandola mordicchiarsi il labbro screpolato per il nervosismo, cosa che aveva notato succedeva spesso.
“voglio solo che tu ti riprenda in fretta… così puoi ricominciare ad allenarmi col coltello..” spiegò lei, togliendosi la sciarpa e porgendogliela. Il collo candido ora scoperto all’aria leggermente rigida dello stanzino.
“Grazie per avermela  prestata...”
Quasi come se se ne fosse ricordato ora, Zoro sbattè la palpebra, sorpreso, e la prese sfiorando appena le dita congelate di lei con le proprie callose e calde.
“Tch. perché me la ridai se stai ghiacciando, mocciosa?” e sedendosi senza problemi, gliela rimise al collo, provocandole un leggero imbarazzo.
“Ho freddo solo alle mani!” si giustificò lei, sfregando le manine sottili fra loro per creare un minimo di calore, sotto lo sguardo attento del verde.
“Dà qua..” non le diede un secondo per intendere, che le sue manine furono avvolte da quelle grandi e calde di lui, mentre Zoro manteneva un’espressione di apparente disinteresse in viso. Lei, invece, era grata di aver di nuovo la sciarpa al collo con cui nascondere il viso arrossito.
“Sei stata fuori troppo tempo. Ne parlerò con Luffy.” sentenziò, sfregando dolcemente le mani per trasferire calore alla ragazza, che scosse subito il capo.
“Non è un problema per me! L’ho già detto agli altri! Almeno così mi rendo utile..”  Zoro era sul punto di ribattere, quando la piccola renna dalla pelliccia calda entrò nella stanza, un po’ impacciata per il pesante scatolone che si portava in spalla. Subito, la giovane tolse le mani da quelle dell’uomo, anche se a malincuore e le mise in tasca.
“Ciao ragazzi, sono venuto per cambiare le bende di Zoro!” spiegò Chopper con una vocina a dir poco adorabile, mentre poggiava sul vecchio tavolo lo scatolone.
La ragazza dai capelli un poco scompigliati, si alzò da terra e si fece da parte per permettere a Chopper di operare.
“Torno più tardi..” già nei giorni passati le era capitato di ammirare i muscoli definiti e gonfi di Zoro, ma ogni volta la strana sensazione al basso ventre ritornava. Lo strano calore che la spingeva a guardare attentamente ogni curva di ogni muscolo. Zoro era proprio un bell’uomo, specialmente con quell’unico pettorale scoperto dalle bende e il piccolo capezzolo abbronzato, turgido per il freddo. La voglia di accarezzare il corpo di lui era sempre forte, ma purtroppo non era uno dei vantaggi di cui lei disponeva. Anche se approfittava sempre di ogni occasione per avere un contatto con lui. Perciò preferì uscire ed evitare di restare delusa, una volta che si fosse coperto di nuovo.

*+*+*+*+*+*+*+*+

Giorni dopo Zoro era di nuovo in forze e ne aveva approfittato per ricominciare ad allenare la ragazza perchè almeno riuscisse ad estrarre il coltello dal cranio degli zombies, una volta uccisi, cosa che per quanto banale, lei non riusciva a fare.
“Smetto di tenerti allenata per qualche giorno e diventi più schiappa di prima…” commentò a braccia incrociate e con una mano sul mento, osservandola mentre tentava con tutte le proprie forze di sfilare un coltello da una trave di legno. Il viso rosso dallo sforzo.
Scosse poi il capo, mantenendo uno sguardo serio, mentre la guardava cedere e riprendere fiato. Era così accaldata dagli sforzi –a suo parere minimi- che aveva tolto il giubbotto ed era rimasta con un maglione troppo grande per lei. Poteva notare con piacere che, per quanto lei cercasse di sistemarselo al meglio, le spalle venivano sempre scoperte dal tessuto e restavano lì, piccole ed invitanti, volendo alla sua portata.
“Mi sono tenuta in allenamento! Ho fatto le flessioni!” protestò lei, cercando nuovamente di estrarre il coltello, mentre l’uomo spostava lo sguardo dalle spalle nude della ragazza e tornava a guardarla in azione,  finchè l’arma non si sfilò dal legno e lei si ritrovò ad atterrare di sedere.
“Ah, sì? Quante flessioni?” la prese da sotto le braccia e la aiutò ad alzarsi.
“Uhm.. cinque!” ammise poi ridacchiando imbarazzata, pulendosi il sedere impolverato.
E Zoro dovette ammettere a se stesso, la sua risata era un suono di cui non si sarebbe mai stancato.

+*+*+*+*+*+*

Qualche giorno passò e Sanji  ammise che sarebbe stato meglio cercare di catturare qualche animale per i pasti, dato che le riserve in lattine cominciavano a scarseggiare e sarebbe stata cosa saggia cercare di limitare gli sprechi. Fu così che Zoro si propose di andare a caccia nei dintorni.
“perché devi andarci da solo?” chiese per l’ennesima volta, osservando preoccupata il verde, mentre infilava la spada al fianco.
“Perché sì.” Rispose semplicemente senza nemmeno guardarla e mettendo una bottiglia d’acqua nello zaino.
“Ma perché tu?” insistette ancora, in modo assillante.
“Perché sono forte.”
“Anche Sanji è forte. Chiedi a Sanji di venire con te!”
“No.”
“Perché no, Zoro?”
“Sei fastidiosa ragazzina.” Concluse lui, mettendosi lo zaino in spalla e guardandola in modo accigliato e infastidito. In risposta, lei abbassò il viso dispiaciuta, mordendosi il labbro. Sospirò appena il verde, temendo di averla offesa e le alzò il viso per il mento, lasciandola stupita da quel gesto.
“Me la caverò, non devi preoccuparti troppo.” la rassicurò, ma non parve abbastanza perché la giovane scosse il capo e lui riabbassò la mano.
“Non puoi andare da solo! Potresti soffrire per la ferita! Vengo con te!” protestò, aggrappandosi alla manica del suo cappotto. Zoro corrucciò subito lo sguardo, quasi minaccioso tanto era serio.
“Assolutamente no. Non sei in grado di uscire allo scoperto, con questo clima soprattutto.” Se la scrollò di dosso, lasciandola leggermente interdetta, ma durò poco, perché subito la ragazza si mise fra lui e l’uscita. Zoro cominciava seriamente a perdere le staffe.
“Voglio venire con te! Sono brava con la pistola!!” si lamentò, attirando l’attenzione degli altri, che non osarono schierarsi e cercarono di concentrarsi sulle loro mansioni.
“Smettila mocciosa. È pericoloso.”  E la scostò con poca grazia, aprendo finalmente la porta e girandosi un’ultima volta verso Luffy.
“Luffy, tieni d’occhio la nanetta finchè non torno.” e se ne andò.

*+*+*+*+*+*+

Per tutto il giorno  fu in pensiero per  Zoro. Era riuscita a liberarsi dell’amico dal cappello di paglia solo dopo ore e ora, in cima al campanile, controllava con ansia che da qualche albero spuntasse la zazzera verde che tanto adorava.
Dio, fa che stia bene…
Tornò al caldo, imbacuccata per il turno appena finito anche quella sera e diede il cambio a Robin. Poi, stanca, si diresse verso la sua cuccetta situata in un angolo buio e piuttosto privato di quella che un tempo era una cappella laterale. Non potè non tendere l’orecchio, quando sentì Luffy e Sanji parlare di Zoro.
“Aveva detto che sarebbe tornato prima del buio, Luffy, forse dovrei andare a cercarlo. Ci scommetto che si è perso, quell’imbecille.” commentò a bassa voce, per non attirare l’attenzione degli altri. Nel sentirlo, però, sentì un groppo alla gola e già si era convinta che avrebbe dovuto andare a cercare lei l’uomo.
“No, io mi fido di Zoro, vedrai che tornerà tutto intero.”
Non finì di ascoltare Luffy che era già uscita il più silenziosamente possibile, con lo zainetto caratteristico in spalla e il pugnale tagliente in una mano, nell’altra la torcia. I piedi che calzavano gli stivali da neve sprofondarono nel candore fino a metà del polpaccio e si arrampicò sul muro scivoloso come aveva fatto molte volte, mentre Robin, dalla cima del campanile, la chiamava preoccupata per impedirle di fare ciò che temeva stesse per fare. La ignorò e non appena riaffondò nella neve, accese la torcia e con orecchio teso ad ogni rumore si incamminò nel bosco a passo svelto. Il buio era tutto intorno a lei e non percepiva altro rumore se non quello della neve che veniva calpestata e i richiami di Robin.
Se continua così attirerà dei vaganti..
E non appena questo pensiero le balenò in testa, Robin si azzittì, quasi avesse avuto il suo stesso pensiero.
Col cuore in gola, camminò per qualche minuto, immersa nel buio interrotto a tratti dal raggio debole della torcia.
Sentiva il freddo infilarsi nei vestiti e ogni tanto dovette rinforzare la mano guantata e rigida dal freddo intorno al coltello perché non le scivolasse. L’aria calda usciva in nuvolette dense dalle sue labbra infreddolite. Nella fretta si era scordata la sciarpa, ma al momento l’unica salute che aveva a cuore era quella dell’uomo.
Dove diavolo sarà finito?
“Zoro!” provo a chiamarlo in un sussurro deciso, avanzando lentamente nella neve. “Zoro..?” osò chiedere, quando fra gli alberi le parve di sentire il rumore di passi. La paura fece accelerare il suo cuore e afferrò il coltello in posizione d’attacco, puntando la torcia tutta intorno a sé. Quando poi sentì un gemito terrificante, il tipico verso emesso dai vaganti, deglutì terrorizzata dal buio e dalla possibilità di essere uccisa. E quando vide spuntare il volto putrefatto e il corpo a malapena coperto dello zombie, si ritrovò impietrita dall’orrore, guardando quegli occhi vitrei, e la disgustosa mascella dislocata, cascante.
Non appena però la creatura tese le mani verso di lei e si getto in avanti, pronta a sbranare la carne pulsante, la ragazza afferrò saldamente il coltello e lo alzò in aria.
“No!” esclamò in preda alla paura e all’adrenalina, spingendo con tutte le sue forze la lama nel cranio del vagante, ignorando le mani insanguinate e putrefatte che le afferravano il giubbotto e gli schizzi di sangue che la colpirono in viso. In un secondo gli arti marci caddero privi di qualsiasi energia. Col fiato corto, lasciò andare il coltello e il corpo stavolta seriamente morto dello zombie cadde a terra, davanti ai suoi occhi, mentre il sangue nero sporcava la neve candida. Col fiato corto, scosse il capo per riprendersi e raccolse velocemente la torcia che le era caduta nella foga e sentì una strana soddisfazione nel constatare che era riuscita da sola ad uccidere un vagante.
“E poi Zoro dice che non sono-“ sgranò li occhi, sentendo qualcosa afferrarla da dietro e tirarla a terra. L’urlo che le sfuggì era sicura avrebbe attirato molti altri zombie, oltre a quello che non aveva notato esserle arrivato da dietro e che ora la sovrastava, pronto a strapparle la carne tenera dalle ossa.
Se solo avesse recuperato  il coltello dall’altro cadavere!!
Si maledì mentalmente e per una qualche fortuna, riuscì a colpire il cranio già sfondato del vagante con la torcia, mettendoci abbastanza forza da spappolarne il cervello. Si levò il cadavere pesante di dosso e strisciò verso l’altro corpo abbandonato, facendo forza sul coltello che, ovviamente, era incastrato fra le ossa della scatola cranica.
“Merda! Merda!” sussurrò a se stessa, con gli occhi appannati dalle lacrime, maledicendo di aver disubbidito a Zoro e di aver ignorato Robin. Poteva sentire i gemiti di un numero non identificato di vaganti e presa dal panico, abbandonò l’arma e cominciò a correre a fatica nella neve, lontana dai vaganti. Il freddo in secondo piano oramai. Corse, mentre frugava nello zaino alla ricerca della pistola. Proseguì finchè le gambe non rallentarono per la fatica e si ritrovò ad inciampare in un cadavere nascosto dalla neve. Pregò mentalmente che non si trattasse del suo amato spadaccino e si rialzò a fatica, scoprendo però con orrore che il piede le si era incastrato fra le ossa della cassa toracica. Dietro di lei, ormai una decina di vaganti.
Era spacciata, e in un ultimo tentativo disperato, tolse la sicura all’arma, come le avevano insegnato e sparò vari colpi, riuscendo ad abbattere un paio dei vaganti più vicini a lei.
Quando si scoprì senza proiettili, quella piccola speranza che le era nata nell’averne colpiti un paio si tramutò in terrore e, mentre vedeva i vaganti affollarsi davanti al loro pasto, cioè lei, si ritrovò a pensare che forse era giunto il momento di raggiungere mamma e papà e il suo vecchio amico Ace.
Chiuse gli occhi e attese di essere sbranata, col corpo scosso dai singhiozzi, finchè-
“MOCCIOSA!!!!” spalanco gli occhi appena in tempo e ciò che vide fu la lama lunga e letale della Wado infilarsi in contemporanea in due crani decomposti. Schizzi di sangue la colpirono in pieno viso e sui vestiti, ma non potè chiudere gli occhi, troppo grata alla vista di Zoro, che dopo averla chiamata a gran voce aveva fatto fuori tutti i vaganti in men che non si dica. Tornò il silenzio nel bosco buio, interrotto solo ogni tanto dai singhiozzi di terrore della ragazza.
“Z-Zoro..” singhiozzò, mentre l’uomo si chinava davanti a lei e la aiutava a liberare il piede dal cadavere, le lanciandole sguardi a dir poco penetranti. Dire che era incazzato nero era dire poco.
“Che ti è saltato in mente!? Si può sapere!?” non badò al tono di voce, se avesse attirato altri vaganti li avrebbe sistemati senza sforzi. 
Ora col piede libero, la ragazza sussultò al suo tono di voce e singhiozzò ancora più forte, scossa dalla paura e adesso anche dal tono brusco di Zoro.
“V-Volevo..V-Volevo s-solo t-t-trovarti..” balbettò disperata, con le lacrime che colavano a fiumi e portavano con loro il sangue di zombie. La rabbia di Zoro non parve diminuire a quella giustificazione e nonostante avrebbe voluto continuare con la ramanzina, visti i tremori della ragazza e il suo stato vulnerabile, si impose di avere pietà di lei e portarla al sicuro. La prese in braccio, seguendo le impronte fino al rifugio.
“A casa ne riparliamo.” Concluse stringendosela al petto, sentendola tremare per il freddo e per il pianto disperato. La sua rabbia era solamente la causa di un estremo terrore, provato nel momento in cui aveva sentito l’urlo di paura della ragazza e visto  l’orda di Zombies dirigersi in un solo punto. Fortuna che era arrivato appena in tempo. Non osava immaginare cosa le sarebbe successo se avesse tardato anche di un secondo.
Deglutì appena Zoro e la strinse ancora più forte, ignorando il fastidio provocatogli dalla ferita quasi del tutto guarita.
Poco distanti da loro, le voci dei loro compagni e il suono dei loro passi rimbombavano nell’aria.
“Avrai fatto disperare anche loro..” sospirò tenendola stretta. I singhiozzi ormai placati e ridotti a qualche tirata di naso ogni tanto.
“Siamo qui!” li chiamò Zoro, riconoscendo le sagome di Luffy e Sanji avvicinarsi a loro, armate di torce.
“Come sta (N)-chan!? È stata morsa?!” ansimò il biondo una volta raggiunti, la sigaretta a lungo abbandonata nella neve durante le ricerche disperate.
“No, è solo spaventata..” lo rassicurò, facendo cadere lo sguardo serio sulla donna minuta fra le proprie braccia, col viso nascosto nel suo petto.
“Scusa Zoro, l’ho persa di vista. Non volevo deluderti..”  si scusò Luffy, calandosi il cappello sul viso, dispiaciuto di aver lasciato che una cara amica si mettesse nei guai e di aver rotto una promessa fatta al suo migliore amico. Quest’ultimo scosse il capo, cominciando ad incamminarsi, superandoli.
“è lei che doveva darmi retta, non è colpa tua Luffy.” Detto ciò si allontanò, sotto lo sguardo attento di Sanji, nell’atto di accendersi una sigaretta.
“Casa è dall’altra parte, marimo.”
“merda.”

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Due settimane.

Erano passate due settimane intere e Zoro non si era ancora sognato di rivolgerle la parola. Non aveva nemmeno ricevuto la strigliata che le era stata promessa nel bosco. In compenso l’aveva ricevuta da Nami e Robin, furiose con lei per la sua fuga. Alla fine però l’avevano perdonata, riconoscendo che per lei Zoro fosse importante e che la preoccupazione l’aveva spinta ad agire come pensava fosse più giusto.
E adesso l’uomo che amava si rifiutava addirittura di stare seduto vicino a lei durante i pasti.
Poteva chiaramente sentire un peso sul petto ogni qual volta pensasse che solo perché voleva assicurarsi che stesse bene, l’uomo dei suoi sogni non le rivolgeva nemmeno lo sguardo.
Le mancavano le sue attenzioni e il suo tenerla lontana dai guai. Sentiva di averlo profondamente deluso e che ormai aveva perso interesse nel cercare di tenere al sicuro una mocciosa che non faceva altro che finire nei casini.
Probabilmente è meglio così… ero solo un peso per lui…
Si ripetè per l’ennesima volta con gli occhi lucidi, mentre cercava inutilmente di prendere sonno, in quella fredda notte.
Quando si fu calmata e il bisogno di sfogarsi attraverso le lacrime fu superato, decise di alzarsi e cercare di sistemare il casino che aveva combinato.
Si strinse nel giubbotto caldo e abbondante e il più silenziosamente possibile si avviò dal lato opposto dell’edificio, nella zona appartata in cui dei vecchi tendaggi creavano un piccolo ambiente privato, dove Zoro dormiva da solo con Franky. (Zoro era l’unico col sonno abbastanza pesante da poter sopportare l’assordante russare del carpentiere).
Scostò leggermente la tenda e sbirciò dentro, permettendo ad un esile fascio di luce di entrare nella zona buia dove Franky, beatamente sdraiato su un lato, dormiva dandole la schiena.
Evidentemente Zoro era di vedetta quella notte.
Richiuse con cura la tenda e a passo svelto tornò alla propria cuccetta, indossò cappello e guanti e subito raggiunse l’uscita che portava al campanile e salì la serie di scale che la portarono fino alla botola. Il freddo si fece subito sentire, non appena ebbe alzata la copertura in legno e si fu issata sul posto di vedetta.
“Mi hai portato altra birra, Brook?” sentì la voce che le era tanto mancata, mentre la figura muscolosa dello spadaccino restava di spalle ad osservare il panorama. Non ricevendo risposta, egli si girò e quando la mise a fuoco, capì che il viso dai tratti dolci e gli occhi grandi non potesse appartenere all’amico. Tirò un grosso sospiro, che agli occhi della ragazza, così in ansia e intenta a mordersi il labbro in modo ripetitivo, significava che non la voleva fra i piedi.
“Sei tu..” sospirò di nuovo, quasi a confermare i suoi dubbi e si poggiò contro il muro con le braccia incrociate sotto il petto muscoloso, gli occhi chiusi come se stesse meditando.
“Volevo parlare con te..” sussurrò lei debolmente alzandosi dal pavimento. In risposta ricevette una specie di grugnito.
“Peccato io non voglia parlare con te.” La prima stilettata le fece male, dovette ammetterlo.
Soppesò per qualche minuto le parole, prima di chiedere ciò che da giorni le rodeva.
“Sei arrabbiato con me?” tentò, osservando il viso dell’uomo in cerca di una qualche reazione, che però non ci fu.
“Se per arrabbiato intendi deluso dal fatto che tu non mi dia mai retta e infastidito dal tuo comportamento..” cominciò, aprendo gli occhi. “Allora direi che sono piuttosto incazzato, sì.” Proferì, osservandola con freddezza mentre ella si guardava i piedi, a disagio sotto il suo sguardo penetrante.
“Volevo solo esserti d’aiuto..” sussurrò piano lei, che sentiva già un groppo in gola.
“A me è parso che sia stato io ad aver aiutato te. Stavo tranquillamente tornando a casa, non c’era bisogno che mi mettessi in difficoltà uscendo da sola e per giunta col buio.” Man mano che parlava, il tono dell’uomo si fece sempre più severo e forte, provocando un leggero pizzicore agli occhi della ragazza, che dovette inspirare a fondo per evitare di piangere o che la sua voce suonasse troppo debole.
“non dirmi cattiverie…” si schiarì la voce e alzò leggermente lo sguardo, incrociando la pupilla nera e penetrante di Zoro, illuminato solamente da una lanterna elettrica dalla luce biancastra.
“Dato che dicendoti le cose in modo educato non le recepisci, forse dicendotele male ti entreranno in quella testa vuota, una buona volta.” Ringhiò appena, non contenendo la rabbia.
“ A-avevo paura che ti fosse successo qualcosa.. non ci ho pensato molto su due piedi..” continuò lei, sentendo il cuore appesantirsi ad ogni stilettata dell’uomo. Tanti aghi dolorosi nel suo cuoricino delicato.
“Ma io ti avevo chiaramente detto di non uscire! Perché non puoi darmi retta per una volta?! Sai cosa sarebbe successo se non fossi arrivato in tempo?! Lo sai razza di stupida?!” quasi urlò, avvicinandosi a lei che cercava di farsi piccola piccola, con le spalle tremanti e le lacrime che finalmente scorrevano libere lungo le guance arrossate per il freddo.
“Te l’ho detto che non ci ho pensato!” si difese, alzando il tono di voce e sfregandosi gli occhi con le mani guantate, in un inutile tentativo di bloccare il corso dei rivoli salati, mentre lo spadaccino continuava a tempestarla di parole dette con tono duro e tuonante. In quel momento pareva ancora più alto e muscoloso.
“Non puoi sempre agire senza pensarci! Finirai per restarci secca se continui ad agire in questo modo e a disubbidire agli ordini! Sono stanco di fare da babysitter ad una ragazzina che non fa altro che creare problemi!!” la redarguì e in risposta ricevette una spinta piuttosto debole, che a malapena lo fece spostare di un centimetro. Il dolore per la poca delicatezza del verde era ora misto alla rabbia. Era lei quella che aveva subito un orribile esperienza!! E adesso anche questo!?
“Non ti ha chiesto nessuno di farmi da babysitter! Non sono una bambina, posso camminare con le mie gambe!”  tirò su col naso, girandosi di spalle per tornare alla botola. Non avrebbero concluso nulla, avrebbero solo litigato e peggiorato la situazione. E mentre alzava il pannello di legno della botola per scendere la scala a pioli, la voce di Zoro la raggiunse tagliente e fredda.
“A me sta bene, un peso in meno. Smetterò di venire in tuo soccorso e pararti il culo, visto che è quello che vuoi. Ma non osare venire a piagnucolare da me se avrai bisogno.”
“Benissimo.” Acconsentì lei, per poi scendere le scale, liberando un’altra ondata di lacrime.

*+*+*+*+*+*+*+*

Successe che da quel giorno smisero completamente di parlarsi e quando nelle notti più fredde il suo sonno venne pervaso dagli incubi, non potè correre a farsi consolare da Zoro come aveva sempre fatto, memore delle sue parole. Perciò, troppo spaventata per riaddormentarsi, trascorreva la maggior parte di quelle notti a rigirarsi nel suo giaciglio, sveglia.
Lo spadaccino aveva notato il leggero cambiamento nella ragazza, dato dalla stanchezza e ben sapeva che non era il freddo la causa della sua insonnia. Purtroppo, era troppo orgoglioso e questo suo difetto prevaleva sulla preoccupazione sempre presente per la ragazzina.
Spesso si ritrovava a pensare alle parole dure che le aveva rivolto e si sentiva un verme per come si era sfogato su di lei. Ma non avrebbe chiesto scusa, non era da lui.

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Accadde poi che verso la fine dell’inverno, uno strano uomo dai capelli corvini e riccissimi, tenuti stretti in una coda si ritrovò in difficoltà nei paraggi del loro rifugio e, anche se diffidenti, lasciarono che si rifugiasse da loro, a patto che si dimostrasse degno di fiducia.
A lei personalmente non piaceva questo Lucci. Aveva un’espressione costantemente seria e un viso che in qualche modo ispirava solo diffidenza. Sarà stato il suo pallore cadaverico o la freddezza dei suoi occhi neri, ma da quando era diventato loro ospite –pochi giorni fa- non aveva mai sorriso a nessuno di loro. Come se non bastasse, da quando c’era lui, si sentiva continuamente osservata e misteriosamente, i suoi averi venivano spostati in giro per la sua cubicolo senza il suo consenso. Per non parlare delle imbarazzanti situazioni in cui si era trovata, ad esempio quando era entrato senza bussare nelle docce, mentre lei era praticamente nuda.
Come se non bastasse, l’inquietante presentimento di essere osservata era sempre più forte.
“non ti senti osservata da quando c’è quel tipo?” sussurrò a Nami mentre preparavano la cena una sera. La rossa parve sorpresa a quella domanda, intenta ad aprire delle lattine di piselli.
“Se devo essere sincera no, ma nemmeno io mi sento molto sicura con quel tipo in giro.. Luffy mi ha confessato che nemmeno lui era pienamente convinto delle intenzioni di Lucci, ma ieri a quanto pare ha salvato il culo ad Usopp mentre cacciavano. Forse dovremmo dargli una possibilità” concluse il ragionamento versando in una vecchia pentola il contenuto della latta.
“Hai ragione, in fondo non ha fatto nulla di male e si rende utile… vorrei solo che si dimostrasse più amichevole..” disse alla rossa, pulendo dei piatti in un catino.
“Ognuno ha il carattere che ha, (N)” le sorrise la donna più matura, passandole un coltello da lavare. L’altra lo prese e annuì, lavando anche il coltello con precisione. Continuarono il lavoro in silenzio per qualche minuto, finchè Nami non lo interruppe di nuovo.
“Piuttosto… sbaglio o tu e Zoro non vi parlate più?”
Sorpresa dalla domanda dell’amica, si morse il labbro, intristendosi.
“Diciamo che… abbiamo litigato, ancora per quella storia della mia fuga..” e raccontò alla gatta ladra cosa si erano detti e cosa la turbasse. Le raccontò anche dei sogni che faceva e che la tenevano sveglia la notte, senza sapere che tutti i loro discorsi venivano ascoltati da orecchie indiscrete.

*+*+*+*+*+*+*+

Fu proprio a causa della sua insonnia che la situazione precipitò.
Dopo un’ora intera passata a rigirarsi nel suo giaciglio, s’era finalmente arresa al fatto che nemmeno quella notte avrebbe dormito. Indossati gli stivali e il giubbotto (il pigiama era un lusso che non avevano in quel mondo buio), uscì dall’edificio come era solita fare negli ultimi giorni. Il clima era decisamente più mite e la neve era sparita.
Ciò che la sorprese e forse perfino preoccupò, fu vedere il corpo di Lucci a terra, fuori dal cancello che li teneva al sicuro. Quest’ultimo scoperto del tendaggio che lo rendeva neutro agli occhi dei vaganti. Che fosse uscito e fosse stato assalito? Ma non doveva essere lui di vedetta sul campanile?
“Lucci!” provò a chiamarlo piano e quando non lo vide muoversi, pensò al peggio.
Ci metto un secondo..
Si disse e, preso un bel respiro, scavalcò il muro e arrivò dall’altra parte illesa, la mano sul coltellino che teneva sempre nella tasca del giubbotto. Sia mai che si trasformasse in uno zombie e l’attaccasse!
“Lucci..?” allungò la mano verso il corpo sdraiato a pancia in giù per scuotergli la spalla, quando la mano fredda dell’uomo le afferrò saldamente il polso. Dovette tapparsi la bocca con la mano per non urlare e nel farlo lasciò cadere il coltello. Quando vide il volto bellissimo dell’uomo e i suoi occhi vivi guardarla intensamente, sospirò di sollievo, sorridendo sollevata.
“Mi hai fatta preoccupare non appena ti ho visto!” gli disse, cercando di ritrarre la mano. Ma quando la presa di lui non diminuì, sentì una leggera paura farsi strada in lei. E ebbe tutte le ragioni per essere spaventata, visto come agì in seguito.
“era proprio ciò che volevo.” E in un attimo fu in piedi e la ragazza non ebbe nemmeno il tempo di sgranare gli occhi per la sorpresa che si ritrovò il braccio rigirato dolorosamente dietro la schiena e la mano grande e fredda di lui sulla bocca ad impedirle di emettere alcun suono.
“Shhh, cammina..” le ordinò all’orecchio e quando lei si rifiutò di muoversi, le storse il braccio ancora di più, facendole sfuggire un mugolio di dolore.
“M-mh!” obbligata, si lasciò spingere nel fitto bosco, col fiato corto per la paura e gli occhi lucidi. Perché non era rimasta a letto?! Perché?! Voleva farle del male? Allora aveva fatto bene a dubitare di lui per tutto quel tempo!
“ci è voluto un po’ per attirarti lontana dagli altri…” le sussurrò contro la pelle del collo, una volta che furono nascosti dagli alberi. Se avesse potuto parlare gli avrebbe chiesto cosa volesse da lei, oltre che insultarlo per aver portato entrambi in un luogo senza difese. Si agitò, in un disperato tentativo di liberarsi, ma non era abbastanza forte in confronto all’uomo che le stava dietro e che ora le… Le stava leccando il collo?!
Tremò e strinse gli occhi per la paura e il disgusto, intuendo dove voleva arrivare. Sentì le lacrime bagnarle il viso, quando la premette contro un albero di schiena, con il suo stesso coltello alla gola. Le braccia rigide per paura che la ferisse al primo movimento brusco.
“Se urli te la taglio, bambolina.” Ghignò leggermente e ignorò il suo sguardo supplichevole e arrossato dal pianto.
“T..Ti prego non farlo..” lo scongiurò, mordendosi il labbro per non singhiozzare, temendo potesse farlo arrabbiare.
“continua a supplicare, mi piace sentire la tua voce tremolante… mi eccita.” E premette di più la lama sul suo collo,  e la ragazza sentì un lieve bruciore dove un taglio si stava formando. Ma quello era l’ultimo dei suoi problemi, perché il peggio fu quando lui prese a baciarla con prepotenza, infilandole tutta la lingua in bocca. Tremò e cercò di serrare le labbra inutilmente. Troppa era la paura di rimanerci fregata con quella lama contro la pelle.
Allontanò il coltello solo per tagliarle il maglione, il seno ora infreddolito e a malapena coperto dal reggiseno nero. Tentò di coprirsi con le mani, singhiozzando, ma di nuovo Lucci la sbattè contro l’albero e le strizzò dolorosamente un seno. Al chè, d’istinto, la giovane cercò  di allontanare la sua mano dal proprio corpo con le braccia libere, che prima erano troppo spaventate dal coltello premuto alla gola per agire. Oltre alla sua disgustosa lingua, le mani addosso? Non poteva permetterlo!
La sua resistenza, tuttavia, non durò molto, poiché al coltello intorno alla gola si sostituì la mano dell’uomo che prese a stritolare senza rimorso, tagliandole l’aria. Col cuore a mille per la paura e il dolore, gli graffiò i polsi con le mani, nell’estremo tentativo di liberarsi.
“T-Ti prego..” riuscì a sbiascicare in assenza d’aria, mentre sentiva i polmoni stringersi dolorosamente e i sensi appannarsi lentamente.
“BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA!!!” il pugno violento dello spadaccino si infranse contro la mascella dell’uomo, che in un attimo lasciò andare la ragazza, che cadde a terra tenendosi il collo dolorante, mentre Robin e Nami le correvano accanto per aiutarla.
“Chopper!!! Devi aiutarla, presto!!!” lo chiamo Robin a gran voce, tutta la sua pacatezza gettata da parte.
Perché erano tutti lì per lei? Era davvero una ragazza fortunata, pensò, accasciandosi contro il petto della bruna, cercando di riprendere fiato e di calmare i singhiozzi.
Nel mentre, Lucci si era ripreso in fretta dal pugno, anche se il dolore aveva inibito i suoi sensi e poteva sentirlo. Tentò anche di difendersi dai pugni di Zoro, il quale però, data la furia irrefrenabile provata al momento, fece prevalere la sua forza, sbattendo a terra il moro e cominciando a colpirlo in viso con ferocia.
Le narici dilatate dalla rabbia e i denti serrati e scoperti, intimidatori. Una fiamma mai vista prima nell’unica pupilla visibile.
“COME HAI OSATO TOCCARLA?!?!?!” sbraitò, colpendo senza sosta il viso di Lucci, mentre schizzi di sangue gli sporcavano il viso.
Dopo poco la ragazza tornò lucida e si strinse a Robin e Nami, mentre Sanji si chinava per consolarla, quasi non vedendo la scenata dello spadaccino, anche se nel suo viso serio si leggevano i segni di una rabbia repressa nei confronti di Lucci.
Franky, Usopp, Brook e Luffy erano invece immobili a guardare la scena.
Zoro dovette fermarsi quando sentì la voce di lei urlargli addosso.
“Così lo ammazzi!!!” quasi lo avvertì, in un urlo disperato, mentre le lacrime le solcavano il volto, ancora pressato sul petto di Robin. Zoro la guardò, serio e col fiatone dovuto alla furia omicida. Vedendola così vulnerabile e pronta a spezzarsi, sentì una nuova ondata di odio per quel viscido uomo che avevano accolto ingenuamente.
“è ciò che si merita per quello che ti ha fatto.” Sibilò a denti stretti, pronto a colpirlo di nuovo. Non avrebbe mai più permesso a nessuno di toccarla in quel modo contro la sua volontà.
“Ma tu non meriti di avere la vita di una persona sulla coscienza, ti prego Zoro!!!” lo supplicò, staccandosi leggermente dalla donna.
Zoro fermò a mezz’aria il pugno pronto a colpire il viso già sfigurato del malcapitato. Le avrebbe dato ascolto, glielo doveva.
Prese per il colletto insanguinato Lucci e lo alzò verso di sé, a cavalcioni sopra di lui.
“Se per caso, per qualche strano scherzo del destino sopravvivessi a questo mondo di merda, e se per caso avessi la sfortuna di rincontrarci te lo giuro: guardala anche solo per un secondo e porrò fine alla tua inutile esistenza.”
E lo abbandonarono lì.

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Fu Zoro a prenderla fra le braccia e a riportarla a casa, e lei acconsentì senza esitazione, allacciando le esili braccia intorno al suo collo taurino. Non si sentiva così al sicuro da settimane ed era certa che sarebbe guarita da questo trauma molto più velocemente grazie alla presenza di lui.
La portò in infermeria con Chopper e gli altri decisero di lasciarli soli, anche se preoccupati.
La poggiò sul materassino e le accarezzò il viso come se fosse l’oggetto più bello e delicato di questo mondo. Le baciò la fronte e provò ad allontanarsi leggermente, ma la manina di lei fu agile ad afferrare la sua più grande e tenerlo vicino a sé.
“Alla fine mi hai salvata lo stesso…” sussurrò e gli tenne stretta la mano, mentre Chopper puliva delicatamente il taglio infertole alla gola. Zoro annuì leggermente e osservò con attenzione i segni ancora vividi delle dita dell’uomo sulla pelle delicata di lei. Sentì la rabbia aumentare e per un secondo ebbe la tentazione di tornare là fuori e finire il lavoro.
In poco, il taglio fu disinfettato e coperto con delle bende pulite.
“Ti proteggerò sempre” Cominciò, non appena la rena se ne fu andata “Non dovevo dirti quelle cose orribili… perdonami, sei importante per me..” la stupì con quelle parole. E per l’ennesima volta quella sera, sentì le lacrime correrle lungo le guance e abbracciò forte l’uomo seduto accanto a lei.
“Non lasciarmi mai più sola… ti prego..” singhiozzò, col viso premuto nell’incavo del suo collo e le mani del verde ad accarezzarle la schiena con decisione, per farla sentire al sicuro. Certo che sarebbe stato sempre con lei: l’avrebbe protetta da qualsiasi uomo o donna che avesse voluto farle del male e da ogni pericolo. Sarebbe stato sempre al suo fianco, dove aveva sempre voluto stare, dopotutto.
“Non permetterò mai più che ti accada qualcosa di brutto, piccina. Non me lo perdonerei mai.” Le sussurrò con voce calda, tranquillizzandola con le sue parole e carezze e in poco i singhiozzi di lei si quietarono e la ragazza alzò il viso bagnato. Allora Zoro pensò che anche in quel suo momento di fragilità era la cosa più bella che aveva ricevuto in tutta la sua vita e che non avrebbe permesso a niente e nessuno di portargliela via.
“Sei la mia piccola..” le sorrise dolcemente. Un sorriso sincero, non uno di quei ghigni di scherno che riservava agli altri.
“E tu il mio marimo..” ridacchiò lei, tirando su col naso e asciugandosi gli occhi con le maniche del maglioncino strappato. Corrucciò lo sguardo e il sorriso svanì dal suo volto nel vederlo. La avvolse nelle braccia forti, coperte solo da una camicia di pile blu notte, e la strinse in modo protettivo.
“Zoro..?” tentò lei, con le mani poggiate sul suo petto muscoloso e il viso di lui contro il proprio collo caldo. Non capì il suo cambio di umore così improvviso. Non gli andava essere chiamato marimo da lei? Capì solo quando sentì le labbra dello spadaccino baciarle la ferita da sopra la benda, che stava solo esprimendo la sua preoccupazione per lei. Si trovò ad arrossire al contatto e prese ad accarezzargli il capo con delicatezza, meravigliandosi della morbidezza dei suoi capelli. Tremò leggermente provando un leggero piacere quando potè sentire la morbidezza delle sue labbra leggermente screpolate contro la pelle nuda del proprio collo sotto la benda, sopra la clavicola. Era una sensazione piacevole che le fece dimenticare gli orrori di quella sera, forse perché Zoro era l’unica fonte di luce in quel mondo ora buio, una luce calda ed avvolgente che la faceva sentire amata e protetta. Per non parlare del modo diverso che aveva di “maneggiarla”. In quel momento sembrava così delicato in contrasto con la sua personalità e il suo aspetto.
“Dove altro ti ha toccata..?” sussurrò con voce roca, le labbra calde premute contro il suo orecchio freddo. Tremò la ragazza, sia per la voce sensuale di Zoro in quel momento (che in realtà era resa tale dalla rabbia), sia al pensiero di dover ripensare alla lingua dell’uomo nella sua bocca, le sue mani violente strizzarle il seno-
“Dimmelo.” Arrivò quasi come un ordine e istintivamente lei si toccò le labbra e il marimo ci mise poco a capire.
E come sul suo collo, le labbra di lui arrivarono improvvise, ma stavolta premute contro le sue, soffici e carnose. Le ci volle poco a rispondere al bacio, poggiando le manine sul collo forte che la faceva tanto impazzire. Le labbra di Zoro si muovevano abili e passionevoli sulle sue, quasi si stesse gustando le sue labbra. Avrebbe lavato ogni traccia di quell’essere da lei con la propria presenza.
“Sei soltanto mia..” sussurrò contro le sue labbra, il fiato caldo a scaldargliele.
Un brivido percorse la schiena della ragazza e sentì nuovamente quello strano calore al basso ventre. Annuì con vigore, completamente soggiogata dall’amore che le stava dimostrando e ripresero a baciarsi quando le mani dello spadaccino, ora sui suoi fianchi, l’attirarono più vicina. Durò poco, poiché entrambi si staccarono imbarazzati quando videro le due figure sulla porta.
 
 
“Direi che era ora…” commentò Robin, un sorriso soddisfatto sul viso calmo.
“Sono d’accordo.” Annuì la rossa.
Era ora.
 
 
 
Fin?
 
   
 
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