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Autore: AndreaBrivio17    18/03/2016    2 recensioni
"A due settimane da quel giorno ci sarebbe stato l’aperitivo delle matricole [...] ad una condizione però: ognuno doveva presentarsi con un partner."
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
- Questa storia fa parte della serie 'Storie improbabili di amori incredibili'
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Era circa metà ottobre, quando nell’aula di Paolo si presentò il rappresentante degli studenti per dare un avviso. A due settimane da quel giorno ci sarebbe stato l’aperitivo delle matricole, un evento volto a far socializzare i nuovi studenti, ad una condizione però: come per i balli scolastici americani, ognuno doveva presentarsi con un partner.

In quelle prime settimane di ottobre Paolo aveva conosciuto soltanto sei persone, quelle che solitamente si sedevano vicino a lui. Erano tre maschi e tre femmine che, appena avevano sentito che sarebbero dovuti andare con qualcuno, si erano scelti a vicenda, lasciandolo da solo. “Ti toccherà invitare una sconosciuta” gli disse Ettore. Eh già; se voleva andare a quell’aperitivo, Paolo avrebbe dovuto conoscere un’altra ragazza che fosse anche lei senza accompagnatore.

Le due settimane passarono ma Paolo non trovò nessuna ragazza con cui poter andare all’aperitivo. Era l’ultimo giorno utile e si era ormai rassegnato all’idea di non andare, quando Carlo gli disse: “No, tu devi venire. Per cui sbrigati, o le migliori saranno prese”. Paolo decise di ignorare quelle parole e si alzò per buttare il fazzoletto quando si trovò davanti la ragazza che sedeva in ultima fila. Alta quasi quanto Paolo, con i capelli lunghi, lisci, di un colore biondo scuro e gli occhi di una poetica sfumatura argentata che più volte avevano ipnotizzato il suo sguardo quando la intravedeva là dietro, lontana e sola; era bellissima, o almeno, lo era per lui. Paolo si era trovato in una situazione che a quasi tutti è capitata: lui si spostò a sinistra per farla passare, ma anche lei, allora si spostò a destra, ma anche lei lo fece; sorrisero entrambi al che lui si spostò e la fece passare. In quel momento un sacco di pensieri e sentimenti invasero la testa di Paolo ma, soprattutto, il sorriso di lei: un bellissimo sorriso che lo fece impazzire. Paolo si voltò e le disse tutto d’un fiato: “Ehi, ti andrebbe di venire all’aperitivo con me?”. Era già pronto a ricevere un no, ma lei si girò stupita e un pochino imbarazzata, sorrise e disse semplicemente: “Va bene”. Erano le uniche tre sillabe che le aveva mai sentito pronunciare ma fecero a Paolo lo stesso effetto che la voce delle sirene fece con Ulisse.

“Però era strano”, pensò lui, “una ragazza così solitaria che accetta di andare insieme a uno sconosciuto ad un evento fatto per socializzare”, ma non diede molto peso a questo pensiero, lei aveva accettato ed era questo ciò che contava.

Passarono un paio di giorni nei quali Paolo riuscì a trovarla su facebook e la mattina del fatidico giorno chattò con lei:
Lui: “Dove ci troviamo stasera?”
Lei: “Io abito a 5 minuti dal locale, ti fai trovare sotto casa mia e, quando arrivi, citofoni che scendo. L’indirizzo è Via Leopardi 17”.
Lui: “Ok, sarò lì per le 19.15, a stasera! ;) ”
Lei: “A stasera”.

Arrivò a casa sua un paio di minuti in anticipo ma aspettò a citofonarle perché non voleva disturbarla o metterle in fretta. Appena l’orologio scoccò le 19:15 Paolo le suonò e la sua voce (sempre soave anche attraverso il citofono) gli disse di aspettare un paio di minuti. Paolo era un poco agitato e continuava a guardare l’ora. Lei scese alle 19:20 e la vista di lei fece valere l’attesa. Aveva un lungo vestito nero coperto da un cappotto anch’esso nero. “Sei bellissima” pensò ad alta voce, non voleva però dirlo, ma il suo pensiero è stato più forte di lui. Lei ringraziò, sorridendo imbarazzata.

Durante il tragitto non si scambiarono neppure una parola; nonostante ognuno dei due volesse parlare non ne trovarono il coraggio. Quando arrivarono, trovarono fuori dal locale Ettore, Sara, Carlo e Carlotta che stavano aspettando gli altri due. Paolo li salutò e gli presentò Camilla, la sua partner. Quando finalmente arrivarono anche Giovanni e Martina, entrarono tutti insieme. Il locale era una sorta di “disco-club” formato da due sale principali: una aveva in centro dei lunghi tavoli con sopra del cibo (che sarebbero stati spostati finito il tempo dell’aperitivo, verso le nove) e nell’altra c’erano i classici tavoli con le sedie o con i divanetti. Durante tutta la serata, Camilla parlò solo quando necessario e se ne stava spesso in disparte ad usare il telefono.

Quando il dj iniziò a mandare della buona musica, tutti si spostarono nell’altra stanza, eccetto Paolo che rimase lì insieme a Camilla e le chiese: “C’è qualcosa che non va?”. “No, no, tutto a posto” rispose lei distrattamente. Aveva capito che lei si sentiva a disagio, avrebbe voluto parlarle ma sapeva che forse non sarebbe stato tanto saggio costringerla a socializzare.  Rimasero lì, in silenzio, a guardare in svariate direzioni per evitare di scambiarsi sguardi imbarazzati. Ad un certo punto partì un lento e nel sentirlo Camilla ebbe una specie di sussulto. “L’hai riconosciuta vero? Dai vieni a ballare insieme a me” le disse e la prese per un braccio. Lei rispose di no ma non oppose resistenza. E così iniziarono a ballare, un po’ a caso, ma insieme e in armonia e, ogni qual volta si scambiavano uno sguardo, si capiva che era uno sguardo pieno di sentimenti.

La serata proseguì come prima: gente che beveva, gente che chiacchierava e Camilla lì, in disparte, assorta nei suoi pensieri. Non era ancora mezzanotte che decise di tornare a casa e Paolo, da galantuomo qual era, si offrì di accompagnarla. Camminando verso casa stavano zitti. Una volta arrivati lui le disse in tono rammaricato: “Mi dispiace che ti sia sentita a disagio, perdonami.” “Non ti preoccupare, non è colpa tua” rispose lei. Stettero fermi ed in silenzio ancora per qualche istante. Iniziarono a cadere alcune gocce d’acqua e Camilla alzò la testa “Sta iniziando a piovere, vuoi salire?” gli chiese.

“Ti dispiace aspettare qui un attimo, vado a mettermi il pigiama, che non ne posso più di questo vestito” disse dopo aver chiuso la porta alle sue spalle. Nel mentre, Paolo curiosò un po’ nel monolocale: c’erano un giradischi, un poster di “Casablanca” e, accanto ad esso, una chitarra elettrica nera. Guardò tra i vinili e vide, insieme a dischi dei Beatles, dei Rolling Stones e dei Pink Floyd anche musica jazz e classica. Camilla tornò, offrì qualcosa da bere a Paolo e iniziarono a parlare e a conoscersi un po’ meglio.

Era circa l’una e mezzo quando Paolo disse sbadigliando “S’è fatta una certa. È ora che io vada”. “Ma l’ultimo treno è partito un quarto d’ora fa, come torni a casa?” gli disse lei.
“Sto a dormire da Ettore, abita a dieci minuti da qua.”
“Ma è tardi e sta diluviando, perché non rimani a dormire qui? Il divano si può aprire.”
Lui fece una faccia strana: gli sarebbe piaciuto rimanere, ma non voleva creare disturbo e avrebbe dovuto avvisare Ettore.
“Dai, non farti pregare. Puoi chiamare Ettore e dirgli che non vai. Dai, rimani…”

Paolo accettò. Chiamò Ettore e aiutò Camilla a sistemare il letto per lui. Venuta l’ora di dormire si diedero la buonanotte, si abbracciarono e si guardarono intensamente negli occhi. In quel momento il tempo e lo spazio sparirono, quegli sguardi erano pieni di pensieri e sentimenti. Quel momento sarebbe potuto durare in eterno da quanto era bello. Si baciarono.
“Ti amo”.
“Anch’io”.
   
 
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