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Autore: catoptris    19/03/2016    2 recensioni
Con un singulto, si rese conto che qualcosa mancava.
-La runa dei parabatai.- disse. L’idea iniziale era quella di pensarlo semplicemente, ma le parole avevano lasciato le sue labbra prima ancora che potesse ragionarci.
-Non voglio rappresentare ciò che ci tiene separati, Emma.-
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Carstairs, Julian Blackthorn, Mark Blackthorn
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Piccoli spoiler LADY MIDNIGHT.

-Mark?- la giovane Shadowhunter si alzò di scatto dal letto richiamando il suo ragazzo. Ragazzo. Era ancora così innaturale chiamarlo a quella maniera, ma più il tempo passava, più doveva convincersi che era così. Lui era il suo ragazzo. Non Julian. Lui.
Si guardò attorno alla ricerca della sua figura: non l’aveva sentito alzarsi ma, d’altronde, quest’ultimo conservava ancora alcuni comportamenti delle fate, o alcune piccole sfaccettature della Caccia Selvaggia.
La Caccia Selvaggia.
Emma si alzò di scatto dal letto, rischiando di restare incastrata tra le coperte e ruzzolare a terra; fortunatamente, tutti quegli anni di allenamento e di cadute le avevano insegnato a cadere senza farsi male e rialzarsi nel giro di pochi secondi. Senza neppure indossare un paio di scarpe uscì dalla stanza e corse verso il tetto: sapeva che Mark non avrebbe mollato tutto per tornare con la Caccia, ma alcune notti gli capitava di svegliarsi gridando il nome di Kieran, o di Gwyn. Ne sentiva la mancanza. Una parte di lui era ancora con loro.
Risalì le scale rapidamente e, appena messo piede sul tetto, una folata di vento fresco la investì, agitando i suoi lunghi capelli dorati e l’orlo della camicia indossata, sollevandolo appena. Su gambe e braccia spiccavano nuove cicatrici di rune e ferite di armi.
-Mark?- chiamò nuovamente lei, guardandosi attorno. Percepiva l’odore dell’oceano invadere i suoi sensi ed entrarle sotto la pelle. L’oceano. Non le era mai piaciuto l’oceano, il mare, l’acqua. Almeno non da quando i suoi genitori erano morti. Prima fitta al petto. Non da quando aveva rischiato di affogare e Julian l’aveva salvata. Seconda fitta.
Sospirando, allontanò i pensieri di quelle esperienze dalla mente e iniziò ad avanzare verso il limitare del tetto dove, solitamente, sedeva Mark, il capo reclinato all’indietro e lo sguardo bicolore perso tra le nuvole, a rincorrere le stelle.
Rimase bloccata a metà strada: al centro del tetto, circondato dai bagliori di tante, piccole stregaluce, sedeva Julian. Teneva un pennello incastrato dietro l’orecchio, uno tra le labbra e uno tra le dita, e fissava la tela ricoperta di pigmento con sguardo assente. Il cuore iniziò a martellare in maniera incontrollata dentro il petto di Emma: era sempre quella la sua reazione ogni volta che lo vedeva. Le faceva male ma il sentimento che ancora provava per lui non riusciva a restare controllato. Biascicò il nome del ragazzo, un suono flebile e quasi impercettibile, ma lui sollevò comunque il capo, voltandosi verso di lei.
-Emma?- la richiamò. Il cuore di lei si fermò per una frazione di secondo. -Emma sei tu?- continuò. Con un lungo sospiro avanzò, le mani chiuse in un pugno lungo i fianchi, le unghie piantate nei palmi di esse.
-No, sono la tua coscienza. È molto che non parliamo, Jules.- azzardò lei con tono divertito. Intravide un angolo delle sue labbra sollevarsi, increspandole in un piccolo sorriso. Nuovamente, per una frazione di secondo, le parve di aver smesso di respirare.
-Come mai sei sveglia?- le domandò, posando i pennelli. Lei si strinse tra le braccia e distolse lo sguardo. Non aveva mai distolto lo sguardo con il suo parabatai.
Parabatai. Solo pensare a quella parola le faceva male, le stringeva il cuore in una morsa arrugginita, appuntita, rovinata e frastagliata. Dura lex, sed lex. Si ripeteva.
-Non trovavo Mark.- sussurrò, e fu come se anche il suo cuore stesse cadendo a pezzi. Lo vide nell’espressione di Julian che quel semplice nome lo distruggeva. Pronunciò un debole oh e si voltò nuovamente verso la tela, nascosta dal suo corpo. Lei gli si avvicinò, consapevole di cosa avrebbe comportato a entrambi: dolore, desiderio, e rabbia. Rimase paralizzata quando, superata la spalla del ragazzo con lo sguardo, scorse una cascata di capelli biondi in contrasto con un cielo blu scuro; non era ancora abituata al suo Julian che la dipingeva.
Jules. Julian. Il suo Julian.
-Julian..- ciò che uscì dalle sue labbra fu un rantolo poco percettibile, quasi un sussurro, eppure racchiudeva così tanto sentimento, così tante cose. Le labbra di lui tremavano appena, così come le dita strette con forza attorno il pennello, come se volesse spezzarlo.
Lei continuò a osservare il dipinto: indossava un semplice abito che le lasciava scoperta la schiena, su di essa risaltava il bianco delle cicatrici dovute alle frustate di tempo prima, delle rune. Lungo il braccio, la lunga e precisa linea della ferita inflitta da Cortana. Con un singulto, si rese conto che qualcosa mancava.
-La runa dei parabatai.- disse. L’idea iniziale era quella di pensarlo semplicemente, ma le parole avevano lasciato le sue labbra prima ancora che potesse ragionarci.
-Non voglio rappresentare ciò che ci tiene separati, Emma.- replicò lui a voce bassa ma ben chiara. Ciò che ci tiene separati.
-Ci ha tenuti insieme per tutti questi anni.-
-Non come doveva.- un'altra piccola parte del cuore di Emma si dissolse, lasciandole un doloroso vuoto nel petto. Iniziò a indietreggiare lentamente, sebbene fosse l’ultima cosa che il corpo le gridava di fare.
-Jules, la Legge..- tentò lei. Il ragazzo si alzò nuovamente, questa volta con una rapidità che fece girare la testa a entrambi, e uscì dal cerchio di stregaluce.
-Parli tu di Legge, Emma? Tu che hai sempre sorvolato sulle regole? Non è la Legge, sei tu. Perché? Perché non vuoi almeno tentare, Emma? Possiamo nasconderci, lo sai. Possiamo fingere davanti agli altri. Ma questa distanza tra noi due mi sta uccidendo. Ti amo, Emma.- le parole di Julian la colpirono al petto, lasciandola senza fiato. La mente non riusciva a elaborare una risposta sensata, il corpo era paralizzato, e le lacrime minacciavano di sgorgare dai suoi occhi in maniera incontrollata.
-Julian, ti prego.- lo supplicò. Le tremavano le ginocchia e la voce: non si era mai sentita così vulnerabile. Lui le si avvicinò come una furia, afferrandola per le spalle e avvicinandola a sé. Sentì il suo respiro infrangersi contro il proprio viso come le onde colpiscono le scogliere durante una tempesta.
-Non ho rinunciato a te. Non lo farò mai.- le disse a quel punto. Non avrebbe dovuto farlo, Emma, ma alzò comunque lo sguardo carico di lacrime sul volto del ragazzo.
-Ti amo, Julian Blackthorn.- fu l’unica cosa che riuscì a dire, con il cuore ancora stretto nella morsa più dolorosa. Non l’aveva mai detto, né a lui né a nessun altro. Il volto di Julian si distolse in un’espressione confusa e le mille e mille pagliuzze dorate delle sue iridi brillarono come tante piccole costellazioni.
-Ti amo più della luce delle stelle.- continuò Emma. Quelle parole che tanto l’avevano tormentata abbandonarono il suo corpo con violenza, portando con sé un pezzo di buonsenso. Si accorse di star piangendo, che le lacrime le solcavano il volto tracciando piccole linee lungo le sue guance, scivolando fin al collo. Fu come la prima volta.
Non capì chi dei due si fosse avvicinato, forse insieme. Le loro labbra si scontrarono con violenza, una violenza carica di desiderio, di parole arretrate, di sentimenti schiacciati.
Jules. Julian. Il suo Julian.
Si stavano baciando come se fosse l’unica cosa che li avrebbe mantenuti in vita, come se il respiro di uno dipendesse dall’altro e viceversa. Era un bacio disperato e passionale, che celava più di un’unica emozione.
-Non possiamo.- biasciò lei, in un singhiozzo. Le mani del ragazzo erano scese sui suoi fianchi e la stringevano con forza.
-Faremo del male a tutti, Julian.- continuò, senza riuscire a trattenere le mani, lasciandole scivolare tra i suoi morbidi ricci scuri.
-Non capisci, è qualcosa di troppo grande per noi.- lui si allontanò appena. Racchiuse la sua guancia tra le dita ruvide e delicate allo stesso tempo e lei, con il volto deformato dal pianto, si abbandonò alle sue dolci carezze.
-Ho parlato con Jem. Troveremo una soluzione, Emma. Io e te, insieme.- le disse. Ho parlato con Jem. Lui sapeva, sapeva tutto. Come poteva esserci una soluzione? Li avrebbero distrutti, tutti, uno dopo l’altro. E poi sarebbe toccato a loro.
Con il cuore che a poco a poco si assemblava nuovamente e i mille pensieri che le vorticavano in testa, lei lo baciò. Ancora e ancora e ancora. E il sole sorse dietro i loro corpi, ma loro non erano ancora sazi l’uno dell’altra. Non lo sarebbero mai stati.
“Io sono tuo e tu sei mia, Emma Carstairs.”
“Sempre. Sempre.”
   
 
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