Fanfic su artisti musicali > Metallica
Segui la storia  |       
Autore: megatempest    19/03/2016    1 recensioni
Tempest è una ragazza di 17 anni, che si diletta a suonare il basso elettrico.
Proprio grazie alla sua passione e ad uno strano incontro, fatto alla fine della scuola, entrerà del mondo della musica Metal, conoscendo i più grandi pilastri del Thrash, vivendo da vicino gli avvenimenti, i litigi e i traguardi di due grandi band: i Metallica e i Megadeth.
Protagonisti assieme a lei sono l'estroverso Dave Mustaine e il solare Cliff Burton.
Ringrazio tutte quelle persone che leggeranno la mia Fan Fiction, ma soprattutto ringrazio loro, i miei idoli, per avermi insegnato che ognuno di noi è unico nel suo genere e ha le potenzialità per diventare qualcuno di grande.
Stay thrash metalheads ♥
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Jump In The Fire
Capitolo VIII
Tempest's POV
<< Merda si è rotto >> ringhiò Dave.
Io risi. Mi sembrava così goffo... mi faceva davvero molta tenerezza.
<< Non fa niente, posso resistere >> dissi poi.
<< Dio mi dispiace... >> si scusò lui << qua ho solo... una felpa... >>.
<< Non scomodarti, è già tanto che mi porti fino a San Francisco >> risposi io, sempre ridendo.
Di tutta risposta, Dave accostò. Si tolse la felpa che indossava e me la depose in grembo.
<< Ecco... sperò sia abbastanza... >> disse sempre con quella leggera goffaggine.
Me la infilai delicatamente. Profumava di deodorante, cosa che mi piacque molto. Mi stava molto larga, così strinsi nel morbido tessuto.
Dave rise.
Io gli sorrisi, poi lo abbracciai.
Sentii le sue braccia calde avvolgersi attorno alla mia vita e stringermi. Io gli misi le braccia attorno al collo e appoggiai il mento sulla sua spalla.
Avevo la faccia sommersa dei suoi capelli ricci e vaporosi, color ginger.
Rimanemmo abbracciati per qualche minuto.
Potevo sentirlo respirare piano, e percepivo il suo petto alzarsi e abbassarsi ad ogni singolo respiro.
<< Grazie Dave, grazie per tutto >> sussurrai.
Lui mi strinse ancora più forte; avevo il petto premuto contro al suo.
Pian piano le braccia si allentarono, e lui tornò seduto contro al sedile. Io feci lo stesso.
Dave rimise in moto la macchina; mi raggomitolai nella felpa e chiusi gli occhi. In poco tempo mi assopii.
Qualcosa si appoggiò delicatamente sulla mia fronte. Era tiepido e rilassante. Poi piano si staccò.
<< Tempest, siamo a San Francisco >> disse una voce calda e morbida, che mi suonava così lontana ed evanescente.
Venni lievemente scossa, e aprii gli occhi.
Dave mi scostò i capelli dal viso e sorrise; mi chiese dove mi doveva portare. Glielo dissi, ancora intorpidita.
In poco raggiungemmo la casa di zia Mandy. Dave spense la macchina e scese. Aveva cominciato a piovere.
Aprì la mia portiera. Una folata gelida mi fece rabbrividire. Mi passò il braccio sotto le gambe e mi appoggiò l’altro dietro alla schiena. Prima che mi rendessi conto di quello che stava accadendo, Dave mi sollevò. Mi aggrappai forte al suo petto, anche se sapevo che non sarei caduta. Mi depose sotto alla tettoia della casetta della zia, assieme ai bagagli.
Lo abbracciai ancora.
<< Grazie Dave, sei stato veramente gentile >> gli dissi mentre mi stringeva la vita.
<< Di niente, per te farei tutto >> mi rispose, prima di baciarmi.
Mi irrigidii di colpo. Non ero pronta ad una simile reazione, non in quel momento. Dave lo avvertii, e si scostò da me in fretta.
Mi sfilai piano la felpa e gliela porsi. Lui la prese e ci salutammo.
Rimasi a guardare la macchina allontanarsi nella notte.
Poi suonai il campanello.
Zia Mandy mi venne ad aprire in vestaglia e ciabatte, e cominciò subito a farmi feste.
<< Come sei cresciuta, sei bellissima! Ma che bel vestitino! Ti sei alzata ancora! Ora sei alta il doppio di me a momenti! Ecco ti appoggio qui la valigia! Oh hai anche il tuo strumento... una chitarra vero? No è un basso giusto... ecco mettiamolo qui diet... NO cade, lo metto sul divanetto... ecco la cassa mettila qui... stavo giusto andando a letto... se ti serve qualcosa chiamami >>. Disse tutto a velocità allucinante e con un tono mieloso.
Mi mostrò un grosso divano-letto in soggiorno e poi salì le scale.
Mi ci buttai sopra e mi addormentai all’istante.
Mi svegliai presto, quando il sole cominciava a sorgere.
Pensai a quello che era successo la sera. Dave era innamorato di me. Ma io ero sicura di esserlo? Oppure cercavo qualcun’altro? L’unica cosa che desideravo fare in quel momento era di non ferirlo in nessun modo, ma qualsiasi soluzione avessi scelto mi sembrava un vicolo cieco.
Decisi di non pensarci. Mi alzai e mi sistemai, poi andai in cucina per buttar giù una magra colazione.
Lasciai un biglietto sul tavolo, con scritto ‘Tornerò presto’. Sapevo che a zia Mandy non dava fastidio che stessi in giro fino a tardi, sia perché era molto comprensiva e permissiva, sia perché, essendo una giovane trentenne, capitava spesso anche a lei. Per questo ero sempre andata d’accordo con lei... era una delle poche persone che sembravano capirmi.
Uscii e cominciai ad esplorare il quartiere. Non distava molto dal centro, perciò presi un autobus e nel giro delle 10 camminavo curiosa per le vie affollate.
Adocchiai un negozio di dischi, e mi diressi in quella direzione.
Il locale era enorme, e tappezzato di poster, dischi, quadri, strumenti musicali e ogni genere di cianfrusaglia legata alla musica. Esplorai ogni suo singolo angolo, sfogliando i vari booklet, immergendomi nelle enormi scatole contenenti vinili e facendo frusciare le buste in plastica che li avvolgevano.
Alzando lo sguardo da una cassa contenente dischi degli Aerosmith, ebbi una visione paradisiaca.
Su una parete erano appesi poster e bandiere dei Misfits, e c’era anche il Rickenbacker che usava Jerry Only.
Sotto a tutto questo c’erano degli scaffali con alcuni dischi, polsini e t-shirt.
Ero in cerca di Walk Among Us da quasi tre settimane, e nei negozi della mia zona era esaurito. Su quelle mensole se ne trovava un’unica copia, che doveva essere mia.

Dave's POV
<< Merda si è rotto >> ringhiai.
Tempest rise; non capii il perché. Forse le sembravo buffo e goffo; arrossì leggermente.
<< Non fa niente, posso resistere >> disse poi.
<< Dio mi dispiace... >> mi scusai. Ero un cretino, un grandissimo cretino. Mi ero offerto di accompagnarla e stavo facendo una figura di merda dopo l’altra.
<< Qua ho solo... una felpa... >> cercai di rimediare in qualche modo. Una felpa. Che cazzo se ne faceva di una felpa?
<< Non scomodarti, è già tanto che mi porti fino a San Francisco >> rispose lei, sempre ridendo e mostrandomi i suoi denti candidi, mentre il suo corpo continuava a tremare come una foglia. Una felpa... meglio di niente no?
Accostai, sbandando lievemente con la macchina. Mi tolsi la felpa che indossavo e gliela deposi in grembo.
<< Ecco... sperò sia abbastanza... >> le dissi, facendo involontariamente una voce tenera e premurosa.
Tempest la prese e se la infilò delicatamente; prima la testa e le braccia, poi la fece aderire al petto e ai fianchi. Le stava molto larga, anche se questo non ostacolò la mia vista, puntata sulle sue bocce. Si strinse nel tessuto.
<< Sei inappropriato, smettila di fare il porco! >> mi rimproverai.
Risi, vederla con quella felpa era piuttosto buffo.
Mi sorrise di nuovo, poi mi abbracciò.
Le avvolsi le braccia attorno alla vita, mentre lei me le mise attorno al collo. Appoggiò il mento sulla mia spalla. Se non l’avesse fatto, l’avrei baciata.
Percepivo ogni suo singolo muscolo contratto, la sua spina dorsale, la curvatura del suo fondoschiena.
Rimanemmo abbracciati per qualche minuto.
Il suo petto si abbassava e si alzava ritmicamente, sfiorandomi ogni volta i pettorali con il davanzale. 
<< Grazie Dave, grazie per tutto >> mi sussurrò.
La strinsi più forte. Il suo petto si premette contro al mio; ce le aveva sode, ed erano davvero grosse come sembravano.
Pian piano allentò le braccia, e mi accomodai di nuovo sul sedile.
Rimisi in moto la macchina; Tempest si raggomitolò e si strinse nella felpa. In circa 10 minuti si addormentò.
Il tragitto per San Francisco fu lungo e pesante. Faticavo a mantenere la concentrazione; avevo paura di andare in astinenza, visto che non fumavo dalla mattina. Non dovevo farlo, non quando potevo metterla in pericolo. Se solo fossi stato sballato poteva succederci ogni cosa.
Finalmente arrivammo a San Francisco. Era notte fonda.
Rimasi cinque minuti a respirare l’aria fredda per risvegliare i miei sensi.
Tempest dormiva pacificamente vicino a me; non sapevo dove portarla, quindi avrei dovuto svegliarla.
Non seppi che fare. Preferii seguire il buonsenso, l’istinto puntava alla tasca dei miei pantaloni.
Mi avvicinai piano a lei e la baciai delicatamente sulla fronte. Per un momento non mi riconobbi: non avevo mai baciato le ragazze sulla fronte. Dovevo essere davvero cotto per fare gesti così dolci e teneri.
<< Tempest, siamo a San Francisco >> le sussurrai, scuotendola lievemente.
Aprì piano gli occhi e mi guardò, a metà tra il mondo dei suoi sogni e la realtà.
Le scostai i capelli dal viso e le sorrisi; le chiesi dove abitava sua zia e poi ripartimmo.
In poco raggiungemmo la casa. Aveva cominciato a piovere. Scesi dalla macchina controvoglia, con le gocce d’acqua che mi bagnavano le braccia e i vestiti.
Aprì la sua portiera. Tempest rabbrividì. Si sarebbe bagnata tutta... che peccato, pensai malignamente. In verità, neanche finì di formulare il pensiero.
La presi in braccio. Il suo corpo era tiepido e leggero.
Si aggrappò forte al mio petto. Mi corse un brivido per la schiena.
La deposi sotto alla tettoia della casetta, e scaricai i bagagli.
Quando ebbi finito, si avvicinò a me e mi abbracciò di nuovo.
<< Grazie Dave, sei stato veramente gentile >> mi disse.
Le strinsi la vita, mentre il suo corpo sfiorò il mio.
<< Di niente, per te farei tutto >> le risposi.
Appoggiai le mie labbra sulle sue, succhiandogliele appena. Mi ero innamorato di lei, me lo sentivo dentro.
Si irrigidì di colpo. Non capii. Perché? Cazzo, cosa non andava? Mi scostai in fretta. No, non poteva essere accaduto. Che... che... che coglione. Mi crollò il mondo addosso.
Si sfilò la felpa e me la mise in mano. Mi salutò gentilmente. Girai sui tacchi, mentre la rabbia cominciava a salirmi vorticosamente.
Salii in macchina e mi allontanai il più in fretta possibile, senza mai guardarmi indietro.
Mi fermai nel parcheggio dell’hotel dove alloggiavo con i Metallica.
Mi accasciai sul volante. Ero completamente distrutto. Perché mi aveva rifiutato? Avevo sempre creduto... cazzo, lei era innamorata di me. E io lo sapevo. Ma questo... mi mandava fuori strada. E se... e se c’era un altro? Sarebbero stati cazzi amari. Gliel’avrei fatta pagare, a quel figlio di puttana.
Cominciai a segarmi la testa con ogni genere di diavoleria. Trovai qualche lattina di birra sotto ai sedili e mi ubriacai. Non era abbastanza. Usai tutta la roba a mia disposizione.
Entrai nella stanza di James incazzato come un cane rognoso. Sbattei la porta.
James era a letto con una groupie.
Schiumante di rabbia, non lasciai loro neanche il tempo di aprire bocca.
Andai in bagno e mi infilai sotto la doccia; l’acqua bollente mi ustionava la pelle. Mi sentivo una merda.
Perché Tempest... perché?
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Metallica / Vai alla pagina dell'autore: megatempest