Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Diffondolodioconamore    20/03/2016    6 recensioni
"Uchiha Sasuke. Con chi parlo?"
"Signor Uchiha, lei aveva fatto domanda di adozione insieme ad un certo Namikaze Naruto due anni fa, a quanto ci risulta."
"Sì. E' successo qualcosa?"
"Beh, abbiamo un bambino che potrebbe fare al caso vostro. Lei e il suo compagno potete venire a vederlo tra tre giorni dalle otto del mattino alle quattro del pomeriggio... Signor Uchiha? Pronto?... E' ancora lì?"
-------------------------------------------
"Quindi come lo chiamerete?"
"Ma è ovvio." Sasuke e Naruto sembravano in perfetta intesa in quel momento. Bevevano entrambi i loro caffé, uno amaro come il cianuro e l'altro appesantito da almeno tre bustine di dolcificante, ed era come se Sakura stesse vedendo lo stesso essere scinto in due, come le inquietanti gemelle di Shining. Si chiese dove fosse il problema e perché l'avessero contattata con tutta quell'urgenza. Poi capì.
"Kira."
"Harry."
Genere: Comico, Demenziale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Menma, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Di nomi bambineschi, amiche roseggianti e ricordi al Ramen
 

Ci sto prendendo gusto, a scrivere OS. Forse dovrei aprire una raccolta e smetterla di sparpagliarle in giro. Oh beh, godetevi questa cosa. Io vado a farmi un caffé.

"Uchiha Sasuke. Con chi parlo?"
"Signor Uchiha, lei aveva fatto domanda di adozione insieme ad un certo Namikaze Naruto due anni fa, a quanto ci risulta."
"Sì. E' successo qualcosa?"
"Beh, abbiamo un bambino che potrebbe fare al caso vostro. Lei e il suo compagno potete venire a vederlo tra tre giorni dalle otto del mattino alle quattro del pomeriggio... Signor Uchiha? Pronto?... E' ancora lì?"

 

Naruto aveva poche certezze nella sua vita, una di queste era che Sasuke, per quanto bello, intelligente, virile e propenso all'egocentrismo fosse, non sapeva cucinare. Il che lo portava alla seconda grande certezza della sua vita. Avrebbe dovuto sempre cucinare lui, ed era quello che stava facendo, muovendo il suo bel culo da psicologo al ritmo di Plug In, Baby dei Muse, in quella cucina che lui trovava troppo nera ma che all'Uchiha piaceva tanto quando, sei anni prima, erano andati da Ikea a scegliere dei mobili per la loro allora neo-casa. Era lì, con le mani impiastricciate di carne e cipolle e i capelli leggermente lunghi tenuti dietro da una bandana che Sakura aveva dimenticato da loro tre giorni fa, quando la porta si era spalancata con un tonfo tale da surclassare il "when I see your love" della canzone e farlo balzare così in alto che avrebbe potuto avvinghiarsi al lampadario se solo avesse voluto, ma guai a sporcare il favoloso lampadario regalato da nonna Uchiha con mani unte di cipolla! E mentre rimaneva immobile, con un cucchiaio in mano come arma bianca improvvisata e una posizione felina che aveva visto recentemente in Kung Fu Panda, davanti a lui apparve la rottura della sua terza e grande certezza. Sasuke Uchiha, lo stesso Sasuke Uchiha che prima di portarlo ad uno dei suoi ricevimenti aziendali gli stirava anche le mutande e pretendeva che la camicia fosse infilata nel pantaloni fino al penultimo bottone, non uno di più ne uno di meno, adesso gli stava davanti trafelato come se avesse percorso i quattro chilometri ufficio-casa di corsa, con la ventiquattr'ore strabordante di fogli, i capelli dritti in testa che a Naruto ricordarono ancora di più l'elegante didietro di una delle papere del parco in centro e la cravatta che...
"Sas'ke, la cravatta!" La cravatta era allentata e pendeva da un lato. Visto così, il suo uomo, il suo compagno, suo marito, la sua ragione di vita... quella puttana sembrava reduce da una maratona di sesso spinto. Lo aveva tradito? Era stato con quella serpe mancante di diottrine di Kabuto? Al Namikaze non era mai piaciuto. Proprio per niente. Aveva occhi per Sasuke (il suo Sasuke. Suo. Suo. Suo.) da almeno tre mesi, e ogni volta il suo compagno si limitava a denigrare il suo amorevole interesse con un "smettila di essere geloso, usuratonkachi." Geloso. Come se Naruto potesse mai essere geloso. Era troppo pretendere che nessuno toccasse, si avvicinasse, guardasse o respirasse l'aria dell'Uchiha? No che non lo era.
"Naruto..." Il biondo rabbrividì, lasciando andare il cucchiaio e avvertendo il tintinnio metallico come se fosse avvenuto solo nella sua testa. Lo aveva chiamato per nome. La faccenda era grave. E se avesse avuto il cancro? Oh Dei, Sasuke aveva il cancro, probabilmente era terminale, o forse aveva preso qualche malattia sessuale da Kabuto-quattrocchi e gliel'aveva attaccata, compromettendolo così per sempre. Nella testa da psicologo di Naruto c'erano talmente tante informazioni, talmente tante possibilità che... "C'è un bambino." Che all'improvviso si spensero tutte, lasciando solo silenzio. I due si guardarono per un attimo, balle di fieno che vorticavano incessanti nelle loro menti.
"C-cosa?" Naruto si guardò le mani. Erano ancora sporche di olio, carne e cipolla e bambini. No. Non c'erano bambini tra le sue mani, come non c'erano stati in quei due anni, ma presto sì. Era possibile che presto avrebbe stretto un bambino? Qualcosa cadde a terra, ma non ebbe il tempo di chiedersi cosa perché quelle mani, sempre sporche e sempre uguali, adesso stavano stringendo una giacca gessata che profumava di ammorbidente. Sasuke aveva fatto bene a prendere quello da cinquanta yen invece dell'altro. Lo slogan prometteva il profumo di felicità e ci stava riuscendo alla grande. Naruto era felice e Sasuke lo stava abbracciando. E allora al diavolo la giacca, la carne e le cipolle. "Avremo un bambino." balbettò, guardando in avanti, oltre i capelli neri dell'Uchiha, che ora lo stringeva talmente forte da fermargli la circolazione e che non l'aveva mai stretto così. Mai. Sorrise. Un sorriso sempre più largo e più largo e più largo, da sloga-mascella. Uno di quei sorrisi che Sasuke gli rimproverava perché attiravano sguardi indesiderati, ma neanche lui era geloso. No, per niente, solo che quei sorrisi doveva farli per lui ed esclusivamente per lui.
"Sì." E quella sillaba, quell'unica e stupida sillaba carica di aspettativa gli fece pensare che sì! avrebbero avuto un bambino. Un fagotto da far crescere, magari maschio o magari femmina o magari ermafrodita, non si disdegnava nessuno. E il sorriso si trasformò in risata, la risata in abbraccio, l'abbraccio in una giravolta tentata e malriuscita che finì con due culi sul pavimento ed un Sasuke berciante: "Devi sempre rovinare i bei momenti, usuratonkachi!" Ma mentre lo diceva rideva anche lui, con le gambe aperte e la valigetta aperta sul pavimento della cucina.


Tutta la felicità iniziale, con tanto di lotta per evitare che Naruto afferrasse lo smartphone ed iniziasse a comporre tutti i numeri possibili per avvertire amici, parenti e animali di amici e parenti della notizia, scemò di poco quando i due si ritrovarono il fagotto davanti. Un bel maschetto di tre chili e due, nato prematuro di due settimane e con una leggera asma che, a detta del pediatra, sarebbe andata via con l'età o almeno si sarebbe affievolita. Ma non era quello ad aver smorzato la gioia dei due, né il fatto che dovessero compilare carte ed attendere altri due mesi per poterlo portare a casa e strapparlo da quell'orfanotrofio che ad una persona normale sarebbe sembrato un luogo confortevole, con tanto di inquietanti coniglietti colorati alle pareti, ma che a due persone in attesa da anni di un bambino sembrava alla stregua dei bassifondi di Oliver Twist. Il problema era solo uno spazio vuoto in quella catasta di documenti.
"Quindi come lo chiamerete?" Dopo essere riusciti in due (e con due si intende Sasuke e Iruka, il direttore dell'orfanotrofio) a staccare un Naruto recalcitrante dalla piccola figura infagottata in una coperta blu e a trascinarlo via tra grida alla: "Sta tranquillo! Papà verrà a prenderti!" Sasuke aveva deciso che non poteva affrontare la pazzia del suo migliore amico da solo, quindi aveva chiamato l'unica persona che fosse mai riuscita a mettere in riga entrambi. Una situazione estrema, rischiosa e debilitante che a lui costava una fatica immane e non sapeva neanche lui il perché. Semplicemente non amava la gente in generale. Insomma, aveva chiamato Sakura. Sakura Haruno, nota anche come "quella che mi ha picchiato" o "quella con la scintilla folle negli occhi" da qualsiasi ragazzo l'avesse anche solo avvicinata, adesso sedeva di fronte a loro in un bar nello stesso quartiere dell'orfanotrofio, perché Naruto non poteva "lasciare che quei mostri continuassero a tenere il suo bambino ancora a lungo!", a bere un caffé discutibile.
"Ma è ovvio." Sasuke e Naruto sembravano in perfetta intesa in quel momento. Bevevano entrambi i loro caffé, uno amaro come il cianuro e l'altro appesantito da almeno tre bustine di dolcificante, ed era come se Sakura stesse vedendo lo stesso essere scinto in due, come le inquietanti gemelle di Shining. Si chiese dove fosse il problema e perché l'avessero contattata con tutta quell'urgenza. Poi capì.
"Kira."
"Harry." dissero insieme, per poi annullare quell'idilliaca intesa e guardarsi in cagnesco come se avessero entrambi davanti un traditore della patria e di ideali. "Non chiamerò mio figlio come uno stupido personaggio di anime!" berciò l'Uchiha, beccandosi un'occhiataccia da entrambi i suoi interlocutori, estremisti fanatici di Death Note ai livelli dei crociati per la Terra Santa. Naruto si era incaponito. Se non poteva avere Kira, Sasuke non avrebbe certamente chiamato il loro innocente pargoletto come quel maghetto idiota (quattrocchi come Kabuto, se si voleva aggiungere la beffa al danno). Naruto voleva essere un bravo genitore, e questo significava difendere suo figlio da ciò che avrebbe in qualche modo potuto rovinargli la vita o provocargli rovine psicologiche, come ad esempio l'essere l'unico giapponese, figlio di due genitori giapponesi provenienti da integerrime famiglie giapponesi, a chiamarsi con un nome non giapponese. Sakura sbuffava davanti a quelle scariche elettriche, oh dei, erano lampi? che andavano creandosi tra le fronti di quei due.
"Perché non avete chiesto il parere dei vostri?" Aveva chiesto, innocente con i suoi occhioni verdi e il vestitino estivo di un rosa ciliegio che le lasciava scoperte le braccia rosee e si intonava con i capelli rosa. Naruto si ritrovò a pensare che la sua amica era davvero rosa, ma troppo rosa, e non glielo avrebbe certo fatto notare lui. Vantandosi di saperle riparare egregiamente, Sakura gli avrebbe procurato varie fratture multiple che lo avrebbero costretto all'immobilità per settimane, e poi chi lo sentiva Sasuke? L'Uchiha, a proposito, aveva appena posato la sua tazzina con tutta la compostezza che la sua posizione in azienda gli dava, togliendosi un pelucco dal maglione blu scuro che aveva indossato quel giorno, prima guardare suo marito e sbottare con un tranquillo quanto indelicato: "Te lo avevo detto, che era inutile." La kunoichi aveva sorriso a quel commento così gratuito da parte di uno dei suoi più cari amici di infanzia, poi aveva caricato il calcio con quella ballerina drammaticamente rosa e gli aveva beccato, con una precisione ninja, lo stinco, godendosi con un movimento di spalle gli occhi neri dell'Uchiha, solitamente apatici e a tratti fastidiosi, sbarrarsi e contrarsi per il dolore e la sorpresa, per poi cadere in avanti e battere la testa sul tavolo. Ignorando i premurosi inviti a prendersi una vacanza in un luogo ignoto alla maggior parte delle agenzie viaggi, si era poi concentrata sul suo amico ancora sano ma visibilmente terrorizzato, con una mano sulla spalla dell'uomo in preda alle convulsioni post-lussazione. Alzò un sopracciglio (rosa, neanche a dirlo) attendendo una risposta alla sua vecchia domanda. Naruto fece mente locale, e ci mise cinque minuti buoni nei quali Sasuke si era ripreso, aveva borbottato qualcosa sottovoce sul ciclo mestruale femminile e si era beccato un ennesimo calcio. Quando finalmente Naruto fu pronto le gettò in faccia uno sproloquio pieno di nomi e motivazioni varie sul perché le famiglie di quei due disadattati fossero all'oscuro di una delle più importanti notizie della loro vita. Mikoto Uchiha si sarebbe messa a saltellare e poi avrebbe chiamato Kushina per avvertirla della notizia, al che i due ragazzi si sarebbero beccati un cazziatone epocale sul perché lei era sempre l'ultima a sapere le cose, che sarebbe finito in una litigata ancora più epocale tra Uchiha e Namikaze su quale delle due famiglie avrebbe dovuto saperlo prima. Per quanto riguardava Fugaku, l'uomo avrebbe preteso che il marmocchio venisse chiamato come lui perché "che almeno quel bambino abbia un nome virile, dato i padri che si ritrova." Nella testa di Sasuke la frase sarebbe suonata in quel modo, omofoba ma venata di affetto come il suo caro padre. I coniugi Uchiha, quindi, erano da scartare. Allora perché non Itachi? Semplice, Itachi Uchiha, temporaneamente in vacanza con moglie e due bambini dopo sei mesi di lavoro incessante, si sarebbe precipitato subito dal fratellino per aiutarlo in tutto, inconscio del fatto che il suddetto fratellino avesse trent'anni e lui trentasette, il che avrebbe portato l'odio della famiglia sulla testa del povero bambino senza nome.
"Potevate dirlo a Minato." propose quindi Sakura, escludendo a priori Kushina per ovvie ragioni. Sasuke stava per espellere l'ennesimo insulto ai danni dei due neuroni funzionanti di Sakura, ma Naruto gli aveva tappato la bocca con un biscotto appena in tempo. "Insomma" poteva continuare l'altra "lui è stato adottato dai tuoi nonni, Naruto. Avrebbe capito la delicatezza della situazione." Vero. Più che vero. Minato era stato adottato a sei anni dagli allora trentenni Jiraija e Tsunade, coppia molto hippy ma affettuosa al punto giusto e nonni perfetti per un coccolone come il biondino, ma il vecchio Namikaze aveva un difetto: avrebbe invaso la loro nuova casa con regali, bavette, peluches delle dimensioni di un jambo jet e cuscini a forma di cuore con ricamato a mano il nome che, alla fine, non avevano ancora deciso. "Possibile che in due anni non abbiate pensato a dei nomi?" Ormai l'innocenza di Sakura aveva raggiunto livelli storici, tanto che persino Sasuke reclinò la testa, facendo un mezzo sorriso di compassione.
"Oh, tesoro..." disse, per poi alzare la valigetta con uno sguardo ed una professionalità alla Bond e aprirla in uno scatto, tirandone fuori due plichi di fogli e posandoglieli sul tavolo mentre la rosa storceva il naso.
"Detesto quando fai il gay, Uchiha."
"Io ti detesto e basta." concluse quello, con la solita professionalità da scecherato e non mescolato, e Naruto si ritrovò a pensare che non avevano mai provato quel giochetto erotico neanche in onore dell'uscita di Spectre. Eppure Sas'ke sarebbe stato benissimo nelle parti del cattivo, ma ogni volta che Naruto proponeva dei giochi di ruolo l'Uchiha gli sbatteva davanti il suo corpo pallido in qualche nuova posizione da Kamasutra appena imparata e il povero biondo, vittima degli eventi, non poteva fare altro che capitolare.
"Cos'è questa roba?" Sakura afferrò uno dei plichi da almeno dieci pagine l'uno, trovandosi davanti un elenco in formato word di nomi divisi categoricamente in maschili e femminili, alcuni sbarrati, alcuni cerchiati, altri gli dei solo sanno cosa e c'era anche un pene stilizzato nell'angolo a destra.
"Questo è quello su cui io e il dobe litighiamo da due anni a questa parte."
"Li hai portati con te!" Naruto era sorpreso, arancione e incredibilmente rumoroso. Nulla di preoccupante, dunque, ma anche se fosse stato Sakura era troppo impegnata a scorrere i vari nomi per dare loro ascolto.

Aki= Autunno
Akihiko= Principe Luminoso
Akihiro= Immensa Gloria

E così via per almeno dieci pagine scritte fitte.
"Se solo tu me lo lasciassi chiamare..."
"No. Non lo chiamerò Orochi!" Il biondo era irremovibile, e Sakura corse verso la o, storcendo il naso.

Orochi= Grande serpente. Nella mitologia è il nome di un serpente di lingua divisa in otto punte che richiedeva sacrifici di vergini. Venne poi ucciso dall'eroe Susanoo.

In effetti non era una grande idea, ma Sasuke aveva sempre avuto gusti eclettici. Non a caso il gatto che aveva trovato in un vicolo quando aveva cinque anni portava il nome di Masashi, ovvero elegante o splendido. Per gli Uchiha i nomi erano nomi, delineavano il modo di essere di un individuo e dovevano essere adatti a ricoprire grandi cariche, ad apparire su contratti e giornali e, soprattutto, non dovevano avere difetti che in futuro avrebbero potuto portare a qualche rima sconcia di bambini idioti, storpiature, insulti di alcun tipo, canzoncine aediche su camini e bacini o altro. Insomma, un futuro Uchiha doveva avere un nome cazzuto, ma Naruto non era d'accordo. Il piccolo e povero esserino, che genitori infami avevano chiamato come un ingrediente del ramen, voleva che suo figlio avesse un nome comune e conosciuto, che gli avrebbe permesso di fare amicizia con circa un centinaio di suoi omonimi in classe e formare un club in cui tutti avevano gli stessi nomi e magari anche gli stessi tatuaggi, come li immaginava sempre Sasuke quando provava a visualizzare la scena. "Mio figlio non starà in una baby gang!" Stava inveendo, e ormai l'intero café li osservava di sottecchi. Sakura era sicura di aver visto un telefonino puntato verso di loro, ma ci aveva pensato lei con un'occhiata truce a far mettere le mani a posto al malintenzionato. Alle mani in aria di un Naruto esasperato, che si era alzato da tavola pretendendo un divorzio a tavolino per divergenza di opinioni e stupidità del partner, la rosa aveva deciso di reagire. Con una calma ed una compostezza che anche Sasuke avrebbe invidiato se solo lui non fosse stato troppo favoloso anche solo per respirare l'aria dei comuni mortali, la ragazza aveva preso i fogli, li aveva alzati a mezz'aria come se dovesse consacrarli ad un dio e poi li aveva stracciati dinanzi ai nasi imporporati di quei due beoti, che ora avevano indirizzato i loro sguardi di fuoco su di lei, anche se Sasuke avrebbe potuto essere scambiato per un portatore di strabismo vista la sua capacità di fulminare tutti i presenti con un solo sguardo, neanche fosse quello della Gioconda di Da Vinci.
"Ricominciamo." Sorrise, e Naruto dovette afferrare Sasuke per il maglione prima che questo si scagliasse contro la ragazza tentando di strangolarla, che poi cosa credeva di fare con quelle mani così delicate e fresche di crema? Al limite avrebbe potuto massaggiarla, ma questo non sembrava fermare la sua determinazione da uomo frustrato.
"Lasciami andare, dobe! La ammazzo!"
"Sas'ke, non ti fa bene agitarti."
"Tu sta zitto. E' colpa della tua testa quadra se siamo in questa situazione."
"Colpa mia? Non chiamerò mio figlio Dostopenich! Sembra un porno!"
"Si dice Dostojevich, razza di idiota!" Sasuke era sull'orlo di una crisi di nervi, con tanto di ulcera perforante allo stomaco e perdita precoce di preziosi neuroni che, kami e ora che stava facendo Naruto con quella sedia?
"Ti spacco la faccia, teme." La situazione era paradossalmente comica vista da un punto esterno: Naruto aveva sollevato la sedia in alluminio che ora stava per calare, come la potente scure della Morte, sulla testa incaponita di Sasuke. Due camerieri stavano già per intervenire al fine di fermare quell'imminente massacro, mollando piatti e bicchieri su tavoli di clienti che normalmente sarebbero stati indignati, ma che ora erano troppo impegnati ad armeggiare con i cellulari per immortalare quella singolare scena che a lamentarsi per una misera pila di piatti sporchi accanto ai loro bento. Sarebbe successo il finimondo, con tanto di sangue e denuncie e sensi di colpa immersi in maratone interminabili di anime e gelato e vodka se solo lei, la piccola ed innocente Sakura Haruno, non avesse detto le parole che avrebbero salvato una vita, una fedina penale, un matrimonio e una povera sedia.
"Perché non Menma?" Ora, prima di procedere, bisogna ricordare una cosa: Naruto Namikaze, capitano della squadra di baseball al liceo, due volte rappresentate di istituto e ottimo psicologo nonostante la sua scarsa voglia di continuare gli studi, aveva un carattere esuberante, a tratti esageratamente iperattivo, cosa che aveva sempre costretto a tenersi alla larga dagli zuccheri quando era ancora un dolce pargolo. Con questo carattere particolare, per nulla mitigato dall'apatia del suo amabile compagno di vita, non ci si deve sorprendere della sequela di eventi che quelle parole avevano scatenato. Bene, detto questo, e surclassato il fatto che Sakura avesse appena proposto di chiamare quel figlio (il loro primo bambino, quell'innocente fasciato nella lana che odorava di pannolini e vita nuova) "bambù", non ci si stupisce di certo nel vedere Naruto sbottare in un: "Che cosa?" voltandosi di quarantacinque gradi e rischiando di decapitare un Sasuke sconvolto con una sedia in alluminio, né che quella suddetta sedia fosse andata a colpire i due eroi/camerieri intervenuti nel salvataggio del mobile. E così il risultato di quell'affermazione erano due cadaveri di camerieri con una visione distorta della realtà, migliaia di telefoni rivolti verso di loro, una Sakura sorridente in maniera quasi snervante e un Sasuke snervato, per l'appunto, con la testa poggiata sul tavolo ad osservare il dobe cercare di rianimare quei due incompetenti. Allo sguardo inferocito di un proprietario richiamato dal rumore, l'Uchiha alzò una mano con espressione stanca.
"Ci porta il conto?"

Il conto era stato più salato del solito. Sasuke aveva dovuto pagare due capuccini rovesciati, una brioche mezza mangiata e una cospicua mancia al proprietario per evitare una denuncia. Avrebbe potuto chiedere aiuto a quell'avvocato pluri-elogiato che era suo fratello,  ma non lo aveva fatto, tanto i soldi non mancavano. Esiliati a vita dal café, i nostri tre eroi si erano rifugiati in un chioschetto di ramen nei paraggi, e Sasuke aveva subitamente storto il naso davanti alla scritta verde e rossa di Ichikaru. Naruto non aveva detto nulla per tutto il tragitto, piccato per il cazziatone epocale a cui era stato sottoposto dal suo giudizievole marito e da quella Big-Bubble formato umano di Sakura, ma si era ripreso in fretta davanti alla ciotola di ramen formato famiglia che aveva ordinato,e  in cui adesso aveva immerso faccia e capelli.
"Spiegami. Perché Menma?" mormorò il moro, voltato verso la bambina roseggiante che adesso era una donna ma che nella sua mente rimaneva comunque la marmocchietta vicina di casa e poi vicina di banco e  poi l'unica vicina quando aveva capito di essere com'era. Sakura c'era da quando aveva cinque anni, e c'era anche prima di Naruto. Era la sua migliore amica da che ne avesse memoria, ma non lo avrebbe mai ammesso al mondo e neanche a lei. Non che ce ne fosse bisogno. Sakura gli aveva lanciato uno sguardo ammiccante e poi aveva sogghignato, rivolgendo un'occhiata a quel misto di ramen e uomo che era Naruto.
"Non mi dirai che non lo ricordi, vero?" Sasuke sospirò, esasperato un po' per la questione in generale e un po' per quello sguardo di sufficienza che di solito lui faceva e non riceveva e ancora per quei documenti perfettamente compilati, con quell'unica casella vuota a ritardare di minuto in minuto il tempo in cui avrebbero tenuto loro figlio tra le braccia. "La storia del menma, Uchiha. Me l'hai raccontata tu, il giorno che hai conosciuto Naruto." Sasuke si concentrò, cercando di tornare indietro di dieci anni, a quando lui ne aveva venti ed era un laureando prodigio nella facoltà di ingegneria e promettente prossimo erede dell'azienda di famiglia da quando Itachi aveva abdicato per seguire gli studi in legge. Quel giorno aveva finito uno degli esami più pesanti del semestre, esame che gli aveva tolto anima, fame e vita sociale per settimane, ma adesso era più leggero con gli uccellini che cinguettavano nella nuova primavera, l'ateneo rischiarato di una luce nuova e il suo stomaco che brontolava neanche fosso sotto attacco aereo. Il ragazzo che era allora, benché leggermente meno orgoglioso, si portò una mano sullo stomaco borbottante e si guardò intorno per cercare un qualcosa, qualsiasi cosa che potesse aiutarlo a zittire quella voce che era peggio di una coscienza. La sua alternativa fu un chiosco di ramen a cinquanta metri dalla struttura, considerato che il caffé dell'Università era chiuso per ritrutturazioni. Doveva chiamare Itachi, Sakura e poi i suoi genitori per avvisarli che sì, era ancora vivo e che l'esame era andato bene, ma prima: cibo. Gli sgabelli erano scomodi, l'odore di fritto e brodo di carne gli dava la nausea ma gli faceva anche venire l'acquolina perciò, quando un omone scuro di pelle, con una cicatrice all'occhio destro e un espressione da bonaccione gli chiese cosa volesse, Sasuke rispose con un ovvio: "Una ciotola di ramen."
"Piccola, media o grande?" Il moro stava per rispondere, ma la voce dello stomaco/coscienza lo fece prima di lui, facendolo arrossare per l'imbarazzo e facendo scoppiare a ridere il bizzarro proprietario di un chioschietto che sembrava troppo piccolo per lui. "Ho capito. Grande." E mentre sospirava, sbuffava e prendeva il cellulare per comporre il primo numero e occupare così in maniera costruttiva il suo tempo, lo percepì. Fu qualcosa di ultra sensoriale. Un vento tiepido di inizio primavera che gli sfiorava la nuca, profumo di acqua di colonia e di chiuso, una macchia gialla, arancione e azzurra che gli occupava parzialmente lo sguardo. Si voltò quasi con noia, vedendo un ragazzo che avrebbe potuto avere la sua età alzare un braccio e salutare l'omone del chiosco, che ricambiò con un soleggiato: "Ehilà, ragazzino. Ti faccio il solito?"
"Sempre." Quel ragazzino poi si voltò verso Sasuke che, nonostante l'essere stato beccato a fissarlo, non distolse lo sguardo apatico. Quello gli sorrise, poggiando i gomiti nudi sul bancone in legno. "Ciao." salutò, più per cortesia che per altro, e Sasuke rispose con uno sterile cenno del capo. La macchia non sembrò rimanerci particolarmente male, o comunque sapeva nascondere bene il dolore. Il suo sorriso aumentò quando gli venne servita la sua ciotola di ramen, che accolse con un: "Fantastica, 'tebayo. Grazie." L'Uchiha resistette alla tentazione di cercare "tebayo" sul cellulare per scoprirne l'arcano significato quando anche lui ebbe il suo ramen. Come aveva fatto la macchia divise le bacchette, recitò una breve preghiera e poi si preparò a godersi un meritato pasto se solo...
"Ehi, tu." esclamò, richiamando l'attenzione del proprietario "Dov'è il mio tortino Naruto?"
"Sì?" Entrambi gli interessati si voltarono verso il biondo, per poi ignorarlo e tornare alla loro conversazione.
"Non capisco, giovanotto."
"Il tortino. Quello bianco e rosa. Qui manca." Indicò la ciotola per enfatizzare il concetto, e l'uomo si portò una mano dietro la nuca, imbarazzato.
"Mi devi scusare ma sono finiti, però per compensare ho messo un sacco di menma." Sasuke osservò i pezzi di bamboo galleggiare placidi tra i noodles e la verdura, per poi voltarsi verso il suo compagno di mangiate e sbarrare gli occhi.
"Allora perché lui ce li ha?" Entrambi si voltarono di nuovo verso il biondo, che aveva nuovamente alzato la faccia sporca di schizzi di brodo con gli spaghetti che penzolavano dalla bocca e quello sguardo così azzurro che, kami! era davvero azzurro nella mente di Sasuke.
"Beh, lui è Naruto." disse, con una placidità tale che avrebbe dovuto spiegare tutto e forse era così ma Sasuke era solo stupido. No. Sasuke non era stupido. Era più probabile che quel tizio nascondesse una vagina.
"Non mi importa chi è. C'ero prima io." E la frase suonava talmente infantile che l'Uchiha  compensò con uno sguardo truce che fece raggelare il povero omone e innervosire il biondo, che bevve il resto del brodo e poi si sollevò, andandogli incontro.
"Chi ti credi di essere, teme? E' solo un tortino. Fattene una ragione." Sasuke si alzò a sua volta, lasciando perdere il telefono e sostenendo quello sguardo che voleva essere infuriato, ma che sembrava più una sottospecie di sfida.
"E' per il principio, ma dubito che un dobe come te possa capire questi concetti. Sembri uscito da una panineria."
"Sono uno studente di psicologia della Yumiko Nii University. Tu, piuttosto, dov'è che fai il cameriere?"
"Tu a studiare psicologia? Ti servirebbe una lavata di testa, usuratonkachi." Naruto si bloccò per un attimo, sbarrando leggermente gli occhi come colpito da una strana freccia.
"Come hai detto?" chiese, e stavolta la voce era venata di furia, ma non quella furia che ti viene quando scopri che il cane ha defecato nel bel mezzo del salotto. Quella furia furiosa, quella cieca, che non guarda in faccia neanche tua madre, e nonostante Sasuke fosse digiuno di arti marziali e quel tipo sembrasse anche abbastanza allenato non demorse. 
"Usuratonkachi." ripetè con una lentezza esasperante, tanto che il proprietario del chiosco aveva chiuso le tende e balle di steppa viaggiavano tra i piedi dei due, con tanto di sottofondo western da pistolettata di mezzodì. In quel momento il viso del dobe prese fuoco, così tanto da creare un forte contrasto con i capelli. Quando Sasuke pensava che stesse per scoppiare, la macchia fece qualcosa di ben peggiore. Con una velocità allarmante afferrò la ciotola di ramen e menma, portandosela vicino al petto.
"Se non ti piace, lo mangerò io. Non spreco del buon ramen per un idiota frigido come te." Idiota frigido? Con lo sdegno a rovinargli il bel viso da statua italiana Sasuke afferrò la ciotola, tirandola di nuovo verso di sé.
"Lasciala."
"No."
"Molla l'osso, idiota."
"Hai detto che non ti piace!" Il tira e molla durò almeno cinque minuti, cinque minuti snervanti nei quali metà ramen era strabordato, ma ormai non era più questione di ramen e menma e tortini. Era questione di orgoglio ed incaponimento e di stress mal scaricato da parte di entrambi. Perché, Sasuke non poteva saperlo, ma il Naruto Namikaze lì presente aveva appena dovuto superare la morte di un nonno fantastico, cosa che non gli aveva permesso di concentrarsi sugli studi e lo aveva portato a fallire in modo catastrofico uno dei sei esami che aveva portato quel mese. E Naruto non poteva certo sapere che Sasuke Uchiha era digiuno di sonno e di qualsiasi cosa non avesse stampata addosso la prefazione di un autore, e a quei tempi nessun ragazzo decente ne aveva una stampata sul culo, quindi da qui si può dedurre l'alto livello di stress a cui era sottoposto il suo basso ventre e poi neanche lo sconosciuto aiutava con quegli occhi azzurri azzurri e quei capelli biondi biondi e quei muscoli che fuoriuscivano dalle maniche alzate della felpa.
"La vuoi lasciare?" E poi in un ultimo, immane sforzo di volontà misto a frustrazione, nervi e fame, l'Uchiha diede l'ennesimo e decisivo strattone alla coppa ormai semi-vuota e fredda e la macchia arancione, con quei riflessi da elefante africano affetto da colera, se l'era fatta scivolare dalle mani ormai unte di carne e verdure e menma. C'era davvero troppo menma in quel ramen! E quel tira e molla quindi si era concluso in tragedia, con tanto di coppa volante non identificata che aveva deciso di atterrare nientemeno che sulla profumata e anatresca testa di Sasuke. Quello stesso Sasuke che sarebbe dovuto andare direttamente dall'Università a casa per il pranzo di famiglia che lo aspettava perché nessuno degli Uchiha lo sopportava più da almeno tre settimane a causa di quello stupido test e adesso volevano festeggiare la loro ritrovata libertà. Quello stesso Sasuke che adesso era a terra, colpito dalla gravità, con un cappello-coppa e il menma tra i capelli e sugli occhi e un Naruto e un Teuchi che lo guardavano inorriditi, l'uno per tutto quel menma sprecato, l'altro per paura di una causa per danni perché quella camicia sembrava davvero costosa. Sasuke, dal canto suo, non vedeva più niente, un po' per la furia cieca e un po' per il peperoncino che gli bruciava l'iride.
"Stai bene?" Il biondo si era chinato verso di lui ma lo vedeva appena. Purtroppo il bruciore non stroncava la stupidità della domanda. Così raccolse le sue forze, la sua diplomazia, tutto il suo uchihismo. Poi scoppiò.
"TI SEMBRA CHE IO STIA BENE?" Stava per afferrarlo e sbattergli quella faccia brunita contro il marmo della strada, ma il peperoncino bruciava davvero troppo.
"Kami, stai piangendo. Ti ho fatto così male?" Piangendo?
"Io non sto piangendo, baka. Questa brodaglia brucia." Avrebbe dovuto ucciderlo, avrebbe dovuto sgozzarlo e sfamarsi con il suo sangue invece che con quella roba che lo stava accecando prematuramente ma poi il dobe fece una cosa che Sasuke non si sarebbe mai aspettato, qualcosa che esulava dalle sue umane conoscenze, qualcosa che gli fece pentire di non essersi scaricato qualche volta come gli aveva suggerito  quel ninfomane suo coinquilino di Suigetsu Hozuki che i kami solo sanno quanti porno omo ed etero gli avesse scaricato, da allarmare la polizia informatica. Davanti ai suoi occhi appannati Naruto, la macchia arancione, si tolse la felpa e la usò per tamponargli il viso, solo che più che un tamponamento sembrava stesse dando la cera alla macchina e quindi Sasuke si ritrovò il naso al posto di un orecchio e dei peli di dubbia natura in bocca mentre Naruto continuava a balbettare domande su domande su come stesse, se si era fatto male, se gli occhi bruciavano ancora. "Basta. Piantala." lo fermò di malagrazia, afferrandogli il polso e allontanando la felpa dal suo viso ma avrebbe voluto rimettersela subito notando che la macchia non aveva pensato che potesse essere poco consono non indossare praticamente nulla sotto una dannatissima felpa e quindi adesso andava con gli addominali al vento e, ehi quello era un tatuaggio? Era anche allenato, dannazione.
"Ti aiuto a rialzarti." No, non doveva azzardarsi a toccarlo in quelle condizioni o avrebbe avuto bisogno anche di boxer di riserva.
"Ce la faccio da solo." Sasuke si rimise in piedi, coppa in mano e sguardo basso. No, alto. No, basso. Non c'era via d'uscita da quell'Inferno e questo era particolarmente frustrante. E perché aveva una felpa in mano? Naruto lo guardava con occhi languidi e pettorali perfettamente depilati e Sasuke avrebbe voluto avere la forza di volontà di dirgli di rivestirsi e sparire in fretta dalla sua vita, ma era troppo spossato dalla vita e dalla situazione e da quel tatuaggio veramente bello che lo fissava e che era particolarmente articolato. Passarci la lingua sarebbe stato divertente.
"Sicuro, teme? Sei ancora rosso." Rosso? Per Jashin, rosso no. Aveva bisogno di due secondi per ricomporsi, quindi accecò temporaneamente la macchia lanciandogli la felpa sulla faccia e cercando di darsi un contegno di qualche tipo, ma era difficile con i capelli appiccicaticci e un omone scuro che stava guardando tutta la scena con un sorrisetto divertito sulle labbra. In effetti il biondino non era male e lui era senza dubbio sessualmente inattivo da troppo tempo. La camicia che quel dobe aveva rovinato costava sicuramente più della casa di quel pezzente e quindi quel pezzente lo avrebbe ripagato in un altro modo, volente o nolente perché sì, dopo aver fantasticato per tre fanastici secondi su tutte le porcate da fare su quel corpo sarebbe stato pronto anche a stuprare un etero e perpetrare gli stereotipi sui gay allupati. Quindi Sasuke sorrise, quei sorrisi malefici e crudeli che faceva da piccolo quando ingurgitava la marmellata d'uva e poi nascondeva il cucchiaio in camera di Itachi.
"Grazie."  mormorò, in tono più suadente. In fondo, anche se sporco di ramen, lui era sempre Sasuke Uchiha, per la miseria. E infatti eccolo lì, il lieve rossore sulle guance del biondo stupido e lo sguardo basso. L'Uchiha non credeva alla sua fortuna. L'Universo forse lo stava ripagando per il sangue sputato in quelle settimane. "Ora anche la tua felpa è sporca." Decise di rincarare la dose, assumendo uno sguardo seducente che Suigetsu chiamava molto teneramente "sguardo da puttanella" e Sasuke ci stava con quella definizione, perché in effetti era vero. Naruto guardò il grumo arancione che aveva ancora tra le mani.
"N-non è niente, dattebayo. Il ramen va via con niente."
"Il mio appartamento è qui vicino." Sasuke non lo lasciò finire. Doveva colpire, andare dritto al sodo, non lasciare alla preda il tempo di capire niente di ciò che stava succedendo. Naruto lo guarda con stupore misto ad imbarazzo e Sasuke mette le mani avanti dicendo che avrebbero potuto lavarla ed asciugarla da lui, ci sarebbero voluti solo pochi minuti e comunque era colpa sua perché non avrebbe dovuto lamentarsi così tanto per il menma, che in fondo era solo menma mica scorie radioattive. E Naruto, un po' per innocenza e un po' perché con i capelli in quel modo quel pallidino sembrava ancora più appetitoso di quando lo aveva adocchiato seduto in quel chiosco, si ritrovò a percorrere una strada con una felpa sporca e un tizio ancora più sporco, con un vago sentore che forse avrebbero condiviso più che il detersivo e senza alcuna idea che quella sarebbe stata solo la prima di varie condivisioni, piccole o grandi che fossero, così come Sasuke non aveva idea di quello che la macchia arancione gli avrebbe fatto passare quel giorno e quel mese e quell'anno e per gli anni a venire. E così anni e anni dopo erano lì, in un chioschetto di ramen, questa volta con qualcosa più importante di una ciotola di ramen ad essere contesa. Sakura gli sorrise, accarezzandogli la spalla con mano leggera.
"Qualsiasi nome sceglierete, sono felice che quel bambino avrà due padri come voi, teste quadre." Sasuke non sorrise, si badi bene. Sbuffò, alzò gli occhi al cielo e poi sollevò un angolo della bocca, premurandosi però di nascondere la cosa con una mano e un'alzata di spalle.
"Ehi, usuratonkachi." chiamò la sua anima gemella, e quella lo freddò con uno sguardo che sarebbe dovuto essere arrabbiato, ma che per uno come Sasuke era più un invito a ballare che una sottile minaccia di morte. "Credo che Menma mi piaccia." Naruto alzò un sopracciglio biondo, senza capire quel repentino cambio di umore.
"Hai fumato, per caso?" Sakura si battè una mano sulla fronte, ma stranamente Sasuke ridacchiò e basta, reso forse più tollerante da quel ricordo dolceamaro che era stato il loro primo incontro. DI certo non era un incontro che tutti potevano vantare.
"E' particolare. E poi, se non fosse stato per il menma adesso io magari starei con un ricco e noioso uomo d'affari che mi riempie continuamente di regali e viaggi. Sai che noia." Naruto rise, gonfiando le guance e declamando ai quattro venti che Sasuke sapeva benissimo che non avrebbe mai incontrato qualcuno con doti private elevate quanto quelle del biondo e l'altro fu costretto a trovarsi d'accordo.
"Quindi è Menma?" I due guardarono Sakura e Sakura annuì, bevendo il suo frullato di fragole neanche stesse guardando la scena della sua telenovela preferita. Sasuke lo prese per un via libera.

"Ecco a voi il vostro bambino." Iruka porse ai due uomini trepidanti il loro fagotto blu, che Naruto afferrò con la temerarietà di una mamma falco che acchiappa un piccolo caduto dal nido. E, mentre il suo adorabile compagno si dava a sproloqui che gli ricordavano molto Gollum e l'Anello del Potere, Sasuke rispondeva alla fatidica domanda del proprietario dell'orfanotrofio.
"Allora? Come lo avete chiamato?"
"Menma." disse, con una fierezza che non ci si aspetterebbe da un nome simile e il suo sguardo duro fece desistere l'uomo da ogni commento.
"Bene, particolare. E prenderà il suo cognome o quello del suo compagno?" E fu gelo. I due amanti si guardarono con un misto di terrore e sfida, pensando che in effetti non avevano pensato a questo piccolo dettaglio.
"Uchiha, ovviamente."
"Come sarebbe a dire ovviamente? Nella tua famiglia sono tutti dei bacchettoni frigidi, e poi immagina se un giorno io e te dovessimo morire. Il mio piccolo Menma potrebbe finire nelle mani dei tuoi o, peggio, di quello spericolato di tuo cugino Shisui."
"La mia famiglia sarebbe inadatta? E sentiamo, saresti felice se nostro figlio crescesse con i decotti vegani di tua madre?"
"Io sono cresciuto benissimo con quei decotti."
"E infatti adesso ti ingozzi di carne, neanche tu abbia una mancanza edipica."
"Ho bisogno di crescere!"
"Hai quasi trent'anni! Se cresci ancora dimenticati di..." Intanto fuori dalla porta della stanza i bambini della struttura si spanciavano dalle risate come non avevano mai fatto e le persone ignare, sentendo le urla per la strada, chiudevano le orecchie ai loro pargoli e tiravano dritte, chiedendosi cosa mai facessero a quei poveri bambini scartati. E Iruka, povera vittima degli eventi, se la rideva anche lui con una puna di imbarazzo, guardando il fagottino che Naruto teneva protettivamente al petto per evitare che Sasuke lo afferrasse e lo portasse dai suoi genitori ridere a sua volta e battere le mani.
Alla fine credo che ti troverai bene con loro, Menma.      
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Diffondolodioconamore