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Autore: Dainoza    20/03/2016    0 recensioni
"Quando era al primo anno non si era mai azzardato a chiamare in tale modo nessuno. Era una parola che, per lui, suonava strana, sia da dire che da ascoltare. Accostarla ad un nome, poi, sembrava quasi una presa in giro, un titolo dato solo perché si è lo studente più grande e con più esperienza. Per Tsukishima non era altro che una parola come un'altra, una di quelle che non viene usata se non in casi speciali, ma una persona, in qualche modo, riuscì a fargli cambiare idea."
[second year Tsukishima/first year OC]
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Senpai"

Quando era al primo anno non si era mai azzardato a chiamare in tale modo nessuno, se non la bellissima - e irraggiungibile - Shimizu. Era una parola che, per lui, suonava strana, sia da dire che da ascoltare. Accostarla ad un nome, poi, sembrava quasi una presa in giro, un titolo dato solo perché si è lo studente più grande e con più esperienza. Per Tsukishima non era altro che una parola come un'altra, una di quelle che non viene usata se non in casi speciali, ma una persona, in qualche modo riuscì a fargli cambiare idea.

Passare al secondo anno significava solo una cosa: Doversi sorbire i nuovi primini. Il ragazzo con gli occhiali, solo ad immaginarsi le loro facce, aveva assunto un'espressione di pura noia. Già li odiava tutti, e non li aveva neanche incontrati.
Furono più di otto i ragazzi a voler entrare nel club, uno più elettrizzato dell'altro, dalle facce anonime e in grado di suscitare solo leggero fastidio in Tsukishima. Non gli trasmettevano niente, sembravano fantocci vuoti, iscritti solo dopo la vittoria della Karasuno ai nazionali. Si poteva essere più superficiali?
Uno solo aveva attirato la sua attenzione, e di certo non fu un segno positivo fin da subito. In mezzo al gruppo di primini dalle scarpe nuove di zecca, stava un individuo dai capelli rossi - più scuri di quelli di Hinata -, di altezza media e dallo sguardo adorante, fisso su di lui. Era proprio quel particolare che l'aveva spinto ad osservarlo: Quel ragazzo non stava bramando le attenzioni del Piccolo Gamberetto come tutti gli altri, ma aveva gli occhi solo puntati sulla sua figura alta e minacciosa. Era come se lo stesse studiando con lo sguardo, ma col sorriso sulle labbra tipico di chi è sicuro di trovarsi davanti ad una Leggenda. Lui, una leggenda? Era solo un giocatore nella norma, nonostante avesse tenuto testa ad Ushiwaka non si poteva certo descrivere come "una leggenda". Eppure, lo sguardo di quello strano ragazzo trasmetteva proprio quello.
Fu proprio da lui che, per la prima volta, udì la parola "Senpai" accostata al suo nome.

"Potrei provare ad alzarti qualche palla, Tsukishima-senpai?"

Presto venne a conoscenza che Shinobu - il suo nome - aveva assistito alla partita Karasuno vs Shiratorizawa, ed era stato folgorato dal muro di Tsukishima. Anche se era un Setter, il ragazzo non era rimasto affascinato dalle alzate di Kageyama, ma dalle azioni di un Hitter volenteroso di abbattere il nemico. Aveva trovato tale affermazione dissonante e scomoda alle sue orecchie, ma in un angolo della sua mente si sentì lusingato, cosa che lo sconvolse, e non poco. Molto probabilmente era "l'orgoglio di essere un Senpai", come lo aveva descritto Tanaka, ma per Tsukishima era qualcos'altro, un'emozione mai provata prima, mista ad imbarazzo e sorpresa. Non gli piaceva quella sensazione, doveva liberarsene al più presto.

Shinobu si fece subito riconoscere per la sua precisione nelle alzate e per il suo lavoro di squadra. Non gli diedero il titolo di titolare, ma riuscì a guadagnarsi la massima fiducia da parte della squadra e, incredibilmente, da Kageyama, che era disposto a cedergli momentaneamente il suo posto durante le partite, ma solo per azioni importanti. Era ben fiero di poter indossare la maglia 11, perché era lo stesso numero che, l'anno prima, aveva contraddistinto il suo mito. Sì, lui ammirava Tsukishima, quell'alone di mistero che sembrava circondarlo lo rendeva ancora più soggetto ad esperimenti visivi da parte sua. Shinobu amava osservare le persone, sua sorella lo definiva strano per questo, ma lui non ci vedeva nulla di male, era solo un modo come un altro per conoscere la gente. Aveva avuto modo di osservare Tsukishima durante la partita ai Nazionali, ma averlo davanti ogni singolo giorno era una cosa ben diversa. Poteva analizzare ogni singolo respiro, ogni sgridata verso lo Strano Duo e ogni movimento delle dita prima di prendere una decisione. Era proprio per questi piccoli particolari che Shinobu, sin dal primo giorno, gli aveva affidato il titolo di "Senpai", sapeva che se lo meritava.

La sua missione nel far smettere al pel di carota di chiamarlo Senpai non sembrava funzionare. Non importava quante volte dopo un:
"Buongiorno, Tsukishima-senpai!"
Lui rispondeva:
"Non chiamarmi così"
La risposta di Shinobu sarebbe sempre stata
"Ok, Tsukishima-senpai!"
La cosa lo irritava, e anche molto, era come se non lo stesse ascoltando minimamente. Anche gli altri primini, prendendo esempio da Shinobu, avevano iniziato a chiamarlo in quel modo, ma erano bastate due occhiate malevole da parte sue a farli smettere. Invece, col tipo problematico non sembravano funzionare. Anzi, più lo guardava male, più il ragazzo sorrideva raggiante verso di lui.
Ma la cosa più sconcertante era che lui, Tsukishima, era l'unico privilegiato della situazione. Tanaka era geloso marcio perché Shinobu si riferiva a lui come "Buddah". Yamaguchi rideva sotto i baffi per tale situazione, ma il suo amico non ci vedeva niente di buffo, non voleva stare troppo sotto i riflettori.

Fu dopo una partita che, da quando l'anno era iniziato, Tsukishima non lo aveva corretto. Dopo aver accolto una poderosa schiacciata da un hitter avversario, il suo indice destro sembrò quasi staccarsi dalla mano, talmente era forte il dolore che aveva provato. Così lì, seduto sulla panchina accanto al Coach Ukai, Shinobu gli si era inginocchiato davanti, con delle bende in mano. Tsukishima lo aveva guardo storto, poteva benissimo farcela da solo, ma il sorriso rassicurante del ragazzo sembrò mozzargli il fiato in gola, e così si limitò a rimanere inerme tra le sue cure, osservandolo con sguardo attento. Memorizzò con quanta cura e agilità gli aveva bendato il dito e di come, preoccupato, aveva mosso le altre dita, cercandone un'altra slogata. Quando fu sicuro della sua opera, fece una specie di saluto militare al ragazzo più grande, sorridendo.
"Ora il dito è come nuovo, Tsukishima-senpai!"
E fu lì che, per la prima volta, Tsukishima lo guardò come se fosse una persona normale, e non come il Fastidioso Individuo, soprannome che gli aveva affidato all'inizio dell'anno. Nel suo viso poteva leggere la determinazione e la passione, i suoi occhi - così fastidiosamente simili a quelli di suo fratello - lo guardavano come se stessero scrutando l'Imperatore, e allora capì. Shinobu non voleva essere fastidioso, lui lo ammirava e basta, come lui, anni prima, ammirava Akiteru. E si sentì in colpa per tutte le maledizioni che gli aveva lanciato contro, perché l'unica colpa che aveva era quella di porre troppe speranze in lui.
Non seppe con precisione quanto stette in silenzio ad osservarlo, ma sembrò necessario per far perdere lucentezza agli occhi di Shinobu, resosi conto di averlo chiamato Senpai senza il suo permesso. Provò ad aprire la bocca per scusarsi, ma Tsukishima lo zittì con un qualcosa che aveva fatto raramente in sua presenza: Gli sorrise, la curva delle labbra esprimeva pura sincerità e gratitudine.
"Grazie, Shinobu"
E lì, il ragazzo più giovane si rese conto che Tsukishima-senpai era più di quello che aveva sempre creduto e visto.

   
 
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