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Autore: jacksmannequin    20/03/2016    1 recensioni
[Pete/Patrick] [Brendon/Ryan] [Eventual OT3] [Noir, 50s] [Traduzione]
Sembrava un caso semplice per Patrick Stump. Rintracciare Ryan Ross, musicista di Las Vegas in fuga in California, e farlo riunire con i suoi amici preoccupati. Ma, come ogni investigatore privato dovrebbe sapere, non esistono casi semplici. Dalla città degli angeli a Sin City e ritorno, Patrick scopre che le luci accecanti rendono solo le ombre più buie, e risolvere questo caso non sarà una passeggiata al parco.
Tutto ciò senza Pete Wentz. Cliente. Informatore. Guai avvolti in charm e tatuaggi. Può aiutarlo a risolvere il caso, o lo distrarrà abbastanza da farli uccidere entrambi? Scopritelo in 'The Cat's Miaow'.
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Attenzione: questa storia non è mia, ma una traduzione dell'originale di Pennyplainknits di Archive Of Our Own.
Genere: Avventura, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cobra Starship, Fall Out Boy, Panic at the Disco, The Academy Is
Note: AU, Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Link per la storia originale disponibile qui. (Purtroppo è privato, perciò bisogna essere iscritti ad AO3 per leggerla. In alternativa potete farlo sul Dreamwidth dell'autrice.)
Ulteriori note alla fine del capitolo.
*



I guai entrarono nel mio ufficio indossando pantaloni eleganti grigi e troppi tatuaggi. Si sedette, senza attendere un invito, sulla sedia davanti alla mia scrivania, e fece mostra dei suoi denti bianchi in un ghigno da scommettitore.

«Siete Patrick Stump?» chiese.
«Cosi c'è scritto sulla porta.»
«Questo non significa che siate lui», dissero i guai.
Si sporse in avanti, osservandomi con uno sguardo cupo. «Potreste essere il segretario.»
Non ho una faccia da segretario.
«Patrick Stump», dissi, poiché la cosa sarebbe potuta andare avanti per ore. «Proprietario, unico titolare, e correntemente non in possesso di un segretario.»

Appoggiai la penna sul rapporto che stavo firmando e lo guardai più da vicino, notando capelli scuri e pelle olivastra, il tutto corredato da una camicia di cotone con le maniche arrotolate fino ai gomiti per mostrare i tatuaggi. Non batté ciglio, anzi, mi lasciò guardare. Un tipo così deve essere abituato a sentirsi osservato.
«Non siete ciò che pensavo», disse, alla fine. «Vi immaginavo più vecchio.»
«La maggior parte della gente dice più alto», dissi. «Avete intenzione di arrivare al punto della questione o devo tirare a indovinare? È tardi e non amo i giochi, Mr...?»
«Wentz», risposero i guai. «Potete chiamarmi Pete. Ho bisogno che troviate qualcuno. Siete bravo in questo campo, dicono.»
«Me la cavo. Sono 30 dollari al giorno e 8 centesimi al miglio», dissi.

Rise alla mia risposta, una specie di raglio abbastanza fragoroso da superare il suono della radio proveniente dall'ufficio accanto. «Potremmo aver bisogno di rinegoziare o finirò sulla strada. La persona che dovete trovare– non è di LA.»
«Di dove, allora?»
«Vegas.»
«Avete sforato di duecento miglia», dissi. «Ci sono parecchi sbirri a Vegas.»
Wentz si sporse in avanti dalla sedia. Non come una minaccia, più come una supplica.
«Sono venuto qui perché è dove pensavo di trovarlo. Ma non c'è», aprì le mani sulla scrivania, «Eccomi. Ho chiesto in giro. Dicono che le persone scomparse siano una vostra specialità.»
«Dicono?» La radio si spostò sulle notizie locali, un ritmo staccato di insignificanti contrarietà e ancora più inutili trionfi.
«Blackington al Beaumont», disse Wentz.
«Se alloggiate al Beaumont, allora potete permettervi le mie tariffe.»
Sbuffò, compromettendo l'aria pesante del tardo pomeriggio.

«Solo se dormire sul pavimento di Ryland può essere considerato alloggiare. Dice che siete veloce, discreto e competente. Ho bisogno di tutte queste qualità.»
Mi fido del giudizio di Blackington, perciò dissi, «Iniziate dal principio, Wentz.»
Portò una mano nelle tasche dei pantaloni e tirò fuori una fotografia. «Il mio amico è scomparso. Ho bisogno che lo troviate.»
Fece scivolare la foto sulla scrivania finché non mi ritrovai a osservare ad un ragazzo con gli stessi occhi da cerbiatto di una star di Hollywood. Ciocche di capelli scuri gli incorniciavano il viso e le labbra erano schiuse, come se stesse cantando. Delle mani snelle sorreggevano con delicatezza il collo e il corpo di una chitarra.
«Ryan Ross», disse Wentz. «L'ho visto l'ultima volta una settimana fa.»
«Cosa vi rende così sicuro che sia scomparso, e che non si sia limitato a cambiare casa senza dire nulla a nessuno?» chiesi. «I giovani lo fanno spesso.»
«Proviene da Vegas.» La bocca di Wentz era testarda. «Ha lasciato il suo compagno di stanza, tutti i suoi vestiti, la sua chitarra. Abbiamo tenuto uno spettacolo lo scorso giovedì e da lì nessuno l'ha più visto. Ha lasciato tutti i suoi libri
La sua ultima affermazione mi convinse a prendere nota. Quelli con un bel faccino come Ross non tendono ad essere grandi lettori. Non ne hanno bisogno.
«Ha litigato con qualcuno?» chiesi, voltando pagina per prendere appunti. «Amante infelice? Marito rifiutato? Delle donne sposate hanno improvvisamente deciso di sputare il rospo?»
«Abbiamo suonato Giovedì sera. Folla accettabile, mance decenti. Ci hanno invitato a tornare il Sabato, ma non si è fatto vedere. Ho chiesto in giro e nessuno l'aveva visto, nessuno ha idea di dove sia.»
Non aveva risposto alla mia domanda.

«Posso fare qualche domanda in giro, se credete davvero che sia venuto a LA», dissi, evitando di insistere. Presumi sempre che siano problemi d'amore. Ci azzecchi otto volte su dieci, e risparmi tempo. «Parlatemi del vostro amico. Datemi un'idea della sua persona.»

Quaranta minuti più tardi avevo quattro pagine piene di appunti e una blanda idea di dove iniziare a cercare. Ross, come Wentz stesso, era un musicista. Chitarra, canto, e si dilettava anche a scrivere canzoni. Non aveva contatti con entrambi i genitori, non giocava d'azzardo, non beveva (il padre era un alcolista, sembrava). Viveva con il suo migliore amico. Un nativo di Las Vegas, aveva parlato di come volesse tentare la fortuna a LA.
«E questo è il motivo per il quale sono finito qui», disse Wentz, mentre davo un'occhiata alla lista dei posti in cui era già stato. «Ho chiesto a tutte le mie conoscenze, ma nulla.» La sua lista non era un brutto inizio, ma era, appunto, solo un inizio, e anche scaduto. Mi guardò con dei grandi occhi marroni, implorante. Sembrava quasi sincero.
«Non vi preoccupate, Mr Wentz», dissi con tono rassicurante, mentre mi alzavo per accompagnarlo fuori dall'ufficio. «Inizierò a chiedere in giro domani mattina e vi contatterò non appena avrò qualcosa per le mani. Suppongo di potervi chiamare al Beaumont?»
«A meno che Ryland non si stanchi di me e mi cacci», disse Wentz. «Suppongo di essere a posto per almeno un paio di giorni. È in debito con me.»

 

 

 

***
Hola a tutti!
Sì, eccomi con l'ennesima traduzione. Che posso farci, non resisto alle Peterick :D Questa, poi, è una genialata e una delle mie preferite. Potete trovare sia l'originale che la blanket permission dell'autrice (Pennyplainknits) su Archive Of Our Own (ho messo i link sopra). Ho intenzione di postarla sia qua, che su AO3 e efp, quindi se vi interessa fateci un salto! (i miei account sono nella bio.)
Spero che questo prologo vi abbia incuriosito e che vi abbia fatto capire il genere di au hahaha. Come al solito, fatemi sapere se trovate errori idioti di trascrizione o whatever.
Scusate per la nota autore immensa, a presto.
-Dan x

   
 
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