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Autore: Jooles    20/03/2016    1 recensioni
Il ritorno di Sasuke a Konoha è il finale perfetto che corona l'immagine di un mondo idilliaco che Naruto a lungo aveva immaginato. Ma tornare indietro vuol dire anche affrontare fantasmi di un passato che invano Sasuke si era augurato di lasciare alle spalle; significa compiere delle scelte ed essere tormentati dall'indecisione. Sasuke è di Naruto, ormai gli appartiene, e quest'ultimo deve accettare tutto ciò che Sasuke è ormai diventato, non dando a vedere la paura che egli prova dietro i suoi silenzi così assordanti.
Naruto a volte si accorgeva della presenza silenziosa dell’altro solamente per i suoi grugniti di disapprovazione. Anche se dunque spesso Naruto si domandava se non fosse andato a vivere con un maiale, non avrebbe ritirato la sua proposta per nulla al mondo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'Racconti di silenzi e di rumori curativi'
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Battaglie vinte
racconti di silenzi e di rumori curativi

 



Era stata una dura lotta, ma Naruto ce l’aveva fatta.
Ce l’aveva fatta a convincere Sasuke a trasferirsi da lui. Non era stato semplice, all’inizio: Sasuke si guardava ancora intorno come se fosse stato teleportato lì contro il suo volere e spesso dimenticava, o faceva finta di non ricordare, che i bicchieri erano riposti nello scaffale sopra i fornelli, mentre i piatti erano nella credenza e non il contrario. Naruto le prime volte glielo ripeteva pazientemente, non volendo dare all’altro alcun motivo per litigare in quanto bisticciare con Sasuke voleva molto probabilmente dire che quest’ultimo se ne sarebbe andato sbattendo la porta. Non poteva permetterselo, non dopo tutta la fatica fatta per averlo in casa sua. C’era anche da dire che Sasuke approfittava della situazione. Aveva intelligentemente percepito la paura di Naruto e la utilizzava a suo vantaggio per ottenere ciò che voleva. Che poi non è che volesse molto, solo nessun isterismo da coppietta (cosa che loro non erano assolutamente) ma soprattutto, ciò che Sasuke bramava di più era il silenzio. Non sempre, di tanto in tanto gli faceva piacere sentire Naruto orchestrare con pentolami e stoviglie in cucina nel tentativo di metter su un piatto per lo meno commestibile, se poi la pietanza doveva essere persino buona allora Sasuke stava sicuramente sognando e il fracasso che faceva Naruto ogni volta che si muoveva lo avrebbe destato di lì a poco.
Contrariamente alle aspettative di Sasuke però, Naruto ogni tanto gli concedeva il silenzio tanto agognato. Non doveva domandarglielo con pretesa. Sasuke da fuori appariva infrangibile ai più. Ormai le ferite riportate in guerra erano guarite, lasciando cicatrici per lo più nascoste, riprendendo l’aspetto duro e perfetto di un tempo. Naruto riusciva a vedere al di là di tutto questo e si era abituato spesso a camminare in punta di piedi per paura di spezzarlo.
In alcune occasioni, specie quando Naruto gli riservava alcune piccole attenzioni, Sasuke lo guardava male, come se fosse malato e gli intimasse di stare lontano.
In fondo però, l’amore è malato. È solo uno stadio dell’infermità mentale.
 
Scatole – invasione
Sasuke si era presentato a casa di Naruto il giorno dopo che questo lo aveva convinto ad andare a stare da lui. L’Uchiha aveva cercato diverse scuse per sottrarsi a quello che ormai era inevitabile, ma sperava ancora in qualche acaro, nemmeno briciolo, di fortuna.
«Ti darei fastidio se dovessi svegliarmi prima di te.»
«Dormo come un sasso.»
«Mi piace l’ordine, tu invece vivi nell’epicentro di un’area colpita da un uragano. »
«Ho spostato tutto l’inutile nello sgabuzzino così non ci sarà niente da poter mettere in disordine. »
«Voglio una stanza per me. »
Su quello Naruto aveva dovuto contrattare. Voleva l’Uchiha per sé, con sé, trovarselo ovunque in ogni momento e non rischiare di non vederlo per giornate intere perché lui doveva rinchiudersi in una stanza lontano da lui. 
«Starò via praticamente tutto il giorno, hai la casa tutta per te, quindi non ti serve una stanza. »
«Senti, Naruto, tu avrai anche il sonno pesante, ma io per niente! Russi che sembri voler sfondare le pareti a colpi di decibel, quindi se proprio devi tenermi appiccicato a te come una piovra per lo meno lasciami una via di fuga quando proprio sono arrivato al culmine della pazienza-», a questo punto aveva volutamente ignorato il «come se ne avessi molta» di Naruto, «-e devo decidere tra andarmene e soffocarti. »
Per dirla tutta, Sasuke non è che avesse ceduto perché sceso a compromessi. Semplicemente di stanze in più non ce n’erano e almeno che non avesse voluto dormire sul divano a tempo indeterminato, la sua scelta ricadeva sul futon doppio. Era più la sua irrisoluta testardaggine a non voler lasciargliele vinte all’altro piuttosto che non voler dormirci insieme.
In più gli sembrava in qualche modo di invadere lo spazio dell’altro, cosa a cui non era abituato. Soprattutto quando aveva dovuto chiedere a Naruto dove poteva poggiare lo scatolone con i pochi averi che aveva recuperato dalle macerie di casa Uchiha, ombre di muri che furono che ancora occupavano il loro posto nel vecchio quartiere, lasciato inviolato dalla tragedia. Paradossalmente era stata l’unica area di Konoha a non essere stata distrutta dall’attacco di Pain diversi anni prima, come un monito a ricordare a tutti che gli orrori non possono essere cancellati, né tanto meno dimenticati.
 
L’invasione era iniziata subito dopo pranzo: Naruto aveva accozzato le stoviglie nel lavandino nella sua idea di “fare i piatti”, mentre Sasuke, dopo che per tutta la durata del pasto aveva guardato di sbieco le scatole con i suoi pochi averi, si era deciso ad alzarsi con un grugnito, giusto per far capire all’altro quanto poco gli andasse di andare avanti con quel piano.
«Porta le scatole in camera che appena ho finito qui tiriamo fuori le cose insieme.» Sasuke non riusciva a capacitarsi del motivo per cui Naruto fosse così felice per quella specie di rito di iniziazione che a lui, al contrario, faceva venire i brividi. Non era il fatto di trasferirsi lì e basta, ma c’era questa aria malsana, a suo avviso, che spargeva spore d’amore nell’appartamentino. Il problema era che questo fungo aveva effetti completamente opposti sugli inquilini: Naruto era pervaso da una febbrile eccitazione nell’avere Sasuke in casa, che manifestava in scatti elettrici ogni volta che, per esempio, si scontravano nello spazio piccolo della cucina, oppure quando scivolava uscendo dalla doccia perché Sasuke, che aveva fatto la doccia prima di lui, aveva lasciato il pavimento tutto bagnato. Stringeva i denti e soffocava un’imprecazione, ma quando Sasuke si affacciava sulla porta del bagno domandando con un sorriso beffardo se stesse bene, Naruto ingoiava il rospo, si massaggiava la testa imbarazzata con una mano sfoggiando un risolino isterico. Sasuke, per opposizione, grugniva. Solo per il gusto di non dargliela vinta all’altro troppo facilmente, mantenendo vivo lo spirito di competizione che da sempre era stato il perno del loro rapporto. Grugniva contro le flebili capacità culinarie di Naruto, tanto che nel tempo si era dovuto rassegnare a cucinare lui, grugniva per le sue abitudini poco salutari in generale, come lasciare cose sporche dappertutto, non pulire quasi mai, lasciare per pigrizia la spazzatura davanti alla porta invece che portarla fuori. Insomma, Naruto a volte si accorgeva della presenza silenziosa dell’altro solamente per i suoi grugniti di disapprovazione. Anche se dunque spesso Naruto si domandava se non fosse andato a vivere con un maiale, non avrebbe ritirato la sua proposta per nulla al mondo.
 
Cicatrice – arrabbiarsi
La mattina si alzavano entrambi alla stessa ora. Naruto faceva colazione e si lavava in tempo record, ma poi passava venti minuti davanti allo specchio ad aggiustarsi il cappello da Hokage. Almeno questo era quello che credeva Sasuke, il quale era divertito con una punta di immancabile irritazione nel vedere l’altro atteggiarsi a quel modo. Ciò che Sasuke ignorava era però che Naruto sostava davanti allo specchio fin quando Sasuke non si era vestito. Osservava nel riflesso ogni suo movimento, cercando di captare il minimo accenno di sofferenza o stanchezza nel suo corpo dilaniato dalle cicatrici. Aveva imparato a memoria il percorso di ogni sua storpiatura tanto da riuscire a tracciarne a mente la mappa.
Un giorno la gamba di Sasuke aveva ceduto per un solo istante a causa dei muscoli che tempo prima erano stati recisi da un pugnale volante. Naruto se n’era subito accorto, voltandosi per chiedere se andasse tutto bene.
«Ma chi sei, la mia balia?»
«Ma che hai mangiato per colazione, salmone andato a male?» Naruto amava osservare le mille espressioni facciali di Sasuke, soprattutto per la capacità che aveva di passare con così tanta facilità dall’inespressività apatica all’arrabbiatura. Si metteva a ridere sotto i baffi, cosa che nella maggior parte dei casi faceva arrabbiare l’arrabbiato ancora di più. Era questo il punto in cui Sasuke iniziava ad utilizzare appellativi poco piacevoli, Naruto controbatteva, Sasuke alzava la voce, ma Naruto la alzava ancora di più, approfittando del suo innato tono acuto, e a quel punto Sasuke se ne usciva dalla stanza dandogli un buffetto al cappello, facendolo cadere. E si continuava così, con Naruto che imprecava perché ci aveva messo quasi mezz’ora  a farlo calare sul capo nella giusta angolazione che, a detta di lui, gli metteva in risalto il lato migliore del volto, il sinistro; l’altro che derideva il suo narcisismo. Dopo un po’ calava il silenzio e a quel punto Sasuke iniziava a sbuffare, perché in quel modo gli sembrava di vincere la discussione senza dover far per forza rispondere l’altro. Pochi minuti prima di uscire di casa per andarsi a occupare degli interessi del villaggio in vesti di capo, Naruto si affacciava nel salottino, dove Sasuke si rifugiava sempre in questi casi, e domandava sfacciatamente «Beh, allora, che ne dici… sveltina?». Non dava molto tempo a Sasuke di assorbire l’informazione perché Naruto zittiva ogni suo pensiero gettandosi addosso a lui.
 
Giardino – felicità in dono –gatto - rassegnazione
Sasuke passava la maggior parte del suo tempo nel giardinetto adiacente l’appartamento. Chiudeva gli occhi e si rilassava, ripensando a tante storie che gli raccontava Naruto, rivivendole nella sua mente e inventando immagini per ogni episodio. Si trattava per lo più di cose che erano accadute nel periodo in cui erano stati separati, quando lui era troppo impegnato a formare il team Taka e vendicarsi contro un fratello per il quale in seguito avrebbe cercato vendetta, una volta venuto a conoscenza della realtà. C’era una sorta di muta rassegnazione nel modo in cui Sasuke non si sforzava di celare i brutti ricordi ma anzi, li riviveva appositamente quando si sentiva troppo felice secondo la sua opinione, quasi si sentisse in colpa di tale sentimento. Itachi aveva rinunciato alla felicità per tutta la sua vita nella speranza di poterla un giorno far vivere a suo fratello e Sasuke la custodiva così gelosamente, in una maniera quasi maniacale, che non intendeva sprecarla per cose futili. La felicità provocata dall’amore che ormai, si era dovuto rassegnare, sapeva di provare per Naruto lo spiazzava e spesso lo irritava. Naruto aveva percepito questa sua lotta interna e tutto ciò che poteva fare era abbracciarlo di notte, quando era sicuro che non lo avrebbe scansato fintamente infastidito.
Alcune volte le immagini su ciò che era stata la vita di Naruto in sua assenza venivano rimpiazzate da avvenimenti di qualche sera precedente. Immagini proibite che Sasuke arrestava quando un innocuo passante si avvicinava, quasi per paura che quello potesse percepire i suoi pensieri imbarazzanti. Riviveva nella mente il piacere di Naruto che si mischiava e risuonava con il suo, il respiro che si sincronizzava, l’uno che diventava l’altro.  In quei momenti erano gli unici due uomini sulla Terra, combattevano una lotta primordiale che lasciava un campo di battaglia bagnato del loro sudore e cotone strappato delle lenzuola. Stava rivivendo in mente un episodio in particolare. Una sera avevano litigato per un gatto. È corretto, un grosso micio che Naruto aveva portato a casa tutto contento. Riusciva a tenerlo a fatica perché quello si contorceva tutto e lo aveva anche graffiato in più punti, sul viso, sulle braccia scoperte e, nonostante ciò, Naruto sorrideva inebetito mostrando a Sasuke il suo trofeo.
«Guarda! Abbiamo un nuovo coinquilino!»
Sasuke era rimasto spiazzato, e si sarebbe mostrato anche indifferente sulla decisione se tenerlo o meno, ma l’animale aveva cancellato ogni sua titubanza quando, svincolandosi abilmente dalla presa dell’Hokage, si era lanciato come un razzo verso Sasuke, saltandogli addosso e graffiandolo per scappare dalla finestra di fronte alla quale si trovava. Sì, forse Sasuke si era solamente trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, e il gatto, poverino, era forse solamente spaventato, ma ciò non aveva impedito all’Uchiha di arrabbiarsi perché «ma pensi mai a quello che fai? Lo capisci che le tue azioni hanno delle conseguenze oppure ti importa così poco delle creature viventi che pensi debbano fare tutto ciò che tu comandi?». Al che Naruto aveva riso senza ritegno nel sentire di un Sasuke così animalista, con il risultato che, sorpresa sorpresa!, quello si era arrabbiato che nemmeno Ino quando la si prendeva in giro dicendo che amasse Shikamaru (cosa che ormai sapevano tutti e di cui ormai era cosciente anche lei, tranne Shikamaru). Ma poi non si sa perché, non si sa per come, avevano finito per fare l’amore. Sasuke era appena venuto e quel momento in cui appariva così vulnerabile e innocente dentro di lui Naruto l’aveva scelto per dirgli che l’amava. Gli era uscito come un rantolo perché ancora respirava affannosamente, ma anche a distanza di giorni Sasuke riascoltava quelle parole che nella sua mente risultavano chiare come il sole che gli stava bruciando la pelle candida.
Aveva percepito dei passi e subito oscurato i suoi pensieri, proteggendoli con una cortina di apparente indifferenza.
«Ti disturbo?»
La figura snella di Sakura gettava un’ombra sul suo volto e il sole, che le pendeva come una sorta di satellite proprio dietro la spalla, la faceva sembrare ancora più imponente dalla posizione sdraiata in cui si trovava Sasuke. Il suo silenzio era stato interpretato come un invito a sedersi vicino a lui. Sakura aveva fatto molta attenzione a muoversi delicatamente, senza scatti, come se Sasuke, abituato a gesti di violenza, avesse potuto male interpretare le sue movenze.
« Che bella giornata, hai fatto bene a venire qui.»
«Già.»
Sakura aveva aperto e chiuso alcune volte la bocca per parlare, sembrava proprio un pesce, solo che lei, al contrario dell’animale che fa così per natura in risposta al luogo in cui vive, lei in quel momento non si sentiva nel suo habitat naturale: aveva sempre creduto che il suo posto sarebbe stato vicino a Sasuke, ma anche solo guardarlo adesso la spaventava, perché non si sentiva all’altezza di ciò che lui aveva passato. Tutto il dolore che costruiva la sua persona era un’arma in suo possesso ma che gli si ritorceva contro, ed era come pugnalarsi al petto intenzionalmente ma non voler morire.
Alla fine aveva optato per essere il più diretta possibile, sputando la domanda che da tanto le premeva chiedere pur conoscendo già la risposta.
«È perché lui ti ama più di me?» Le parole erano suonate stupide a contatto con l’aria primaverile, più stupide di quanto non fossero sembrate tutti quei mesi al chiuso nel suo cervello.
Sasuke aveva aperto gli occhi, anche se il sole glieli faceva lacrimare.
«Se ami, ami e basta, non puoi amare di più o di meno.» Il discorso per lui era finito lì, ma a quel punto Sakura aveva preso il via.
«E allora cos’è?» E poi aveva aggiunto immediatamente, perché quella domanda era risuonata un tantino più accusatoria di quanto volesse, «Voglio solo capire, nient’altro.»
Sasuke si era aspettato questo momento. Lo aveva percepito nel modo di Sakura di stargli sempre attorno, ma mai così vicino da potergli parlare, in una sorta di monito che lei era sempre lì, sua muta appartenenza.
«Sono stanco di lottare. È egoistico, ma so che Naruto combatterebbe al posto mio.»
Lo sguardo di Sakura raccontava che anche lei si sarebbe fatta carico delle sue battaglie, se solo glielo avesse permesso, ma non aveva detto niente ed era stato proprio questo a farlo continuare.
«Io non ho più niente da dargli, ma a lui va bene lo stesso. So che adesso non lo pensi, ma prima o poi tu avresti voluto di più da me e io non posso darti la pace che cerchi.» Si era alzato e se n’era andato, lasciando accanto a lei uno spazio più vuoto di quello dell’erba schiacciata nel punto in cui si era sdraiato.
Sakura sapeva benissimo che avrebbe dovuto rassegnarsi da tempo, ma ancora non ce la faceva.
 
Festa – maschera - fattorino
Non gli andava proprio per niente di partecipare a quella stupida festa. Era stata rimandata così a lungo che Sasuke aveva quasi sperato che tutti se ne fossero dimenticati. Poi però quel pomeriggio Naruto era tornato a casa di corsa solo per dirgli che Rock Lee aveva deciso di ospitare a casa sua la festa del suo insediamento come Hokage.
«Io ora devo scappare, mi aspettano per una riunione di capi importanti, sai come vanno queste cose, no, appunto… porta questo, e questo, anche la maschera appesa sullo specchio, voglio farmi un po’ di foto, sai come funzionano queste cose, no…».
Sasuke purtroppo lo sapeva ed era per questo che aveva temuto il momento in cui sarebbe giunta la tanto chiacchierata festa. Naruto lo aveva lasciato con una lista di cose da portare, festoni, pietanze, bibite e si sarebbero incontrati direttamente lì perché tutti dovevano fingere che fosse una sorpresa, non un evento che lo stesso festeggiato organizzava ormai da tempo. Sasuke aveva iniziato a radunare sul tavolo della cucina tutte le cose da portare. Quando aveva constatato infine il loro effettivo ammontare aveva imprecato minacciando una casa vuota di non andare a quella stupida festa. Che se li venga a prendere i festoni a forma di re ranocchio! Per quanto ne sapeva lui, potevano tutti quanti andare a farsi f-
 
«Finalmente!» aveva gridato Kiba, vedendolo arrivare con uno scatolone di birra in una mano e dorayaki appena sfornati nell’altra. Kiba non riusciva proprio a capire però che ci facesse Sasuke con una maschera da gatto poggiata sulla testa.
«Ei, amico, certo che come primo giorno di lavoro non è che hai avuto gran successo, se posso dirtelo, in realtà avevamo ordinato del ramen», Kiba lo guardava imbarazzato e spostava lo sguardo da Rock Lee ai dolci.
Sasuke aveva annusato nell’aria qualcosa di marcio, probabilmente l’odore di un piano che non era riuscito.
«Che vuoi dire?»
Anche Kiba iniziava a capire che qualcosa non andava e prima che potesse dire qualcosa di troppo impulsivo come era nella sua natura, Rock Lee aveva invitato l’altro ad entrare. Dopo aver poggiato i doni sul tavolo, Sasuke si era guardato intorno in cerca degli altri. Per tentare di spezzare la sua inquietudine, Rock Lee gli aveva domandato quale buon vento lo portasse da quelle parti, non che non fossero felici di vederlo, questo doveva essere chiaro.
«Ma è ovvio che è lui il nuovo fattorino di Ichiraku, adesso ho capito perché la sua identità era così segreta, ne parlavano proprio oggi i ragazzi, ti ricordi, eh?», Kiba cercava un cenno di assenso dall’amico verde.
Le paure più inconsce di Sasuke si erano a quel punto rivelate, che erano montate come i bianchi delle uova fino a straripare dal contenitore e si erano tramutate in rabbia.
«La festa…»era stato tutto ciò che era riuscito a balbettare tra i denti digrignati.
Kiba e Rock Lee si erano guardati per un attimo, fin quando non era stato chiaro a tutti e due il vero motivo per cui Sasuke si trovasse lì. A quel punto, nessuno dei due era riuscito a soffocare le risate.
«Ma che c’è di così divertente?» aveva sfiatato Sasuke.
Kiba doveva tenersi le mani sull’addome per cercare inutilmente di fermarlo dai sussulti e solo molti minuti più tardi era riuscito a recuperare abbastanza fiato da poter parlare.
«Naruto non ti ha detto che la festa è stata rimandata?»
Si sentiva umiliato e strapparsi la maschera dalla testa non lo faceva sentire meno idiota.
«Aveva una riunione e avrebbe fatto più tardi di quanto si aspettasse, quindi ha detto a Rock Lee che l’avrebbe fatta nel fine settimana.»
«Se si ricorderà di invitarmi.» A quel punto Sasuke si era girato per uscire di lì e tornare a casa a dirne quattro a quella testa quadra, lanciando la maschera per terra dietro di sé.
«Ei, Sasuke, la maschera però ti stava bene, non vuoi riprenderla?» aveva sogghignato Kiba.
«Posso darti un consiglio su dove ficcartela, se vuoi.» Naruto l’avrebbe pagata. Oh sì, che l’avrebbe pagata.
 
 
 




 
 

NdA
Questo racconto celebra il mio ritorno alla scrittura dopo quasi precisamente un anno di assenza, ooohhh yeah! Avevo annunciato tutta orgogliosa che sarebbe nata una raccolta di storie incentrate su Sasuke e Naruto, ma non ho mantenuto la mia promessa (questa è una sì grande sorpresa), e ora intendo proseguire lentamente questo percorso già iniziato con la precedente storia Le piccole cose. Questa raccolta di eventi si colloca prima degli avvenimenti di Le piccole cose: lì Naruto e Sasuke erano una coppia già ormai consolidata, qui invece siamo proprio agli inizi della storia (non è necessario leggere il racconto che ho citato in precedenza per capire questo).
Eh vabbè, sempre sperando di riuscire a mantenere la mia promessa di scrivere di più dovrei tornare presto con altre storie (mi dispiace un po' per voi xD).
Dopo un così lungo silenzio da parte mia spero che almeno voi vi facciate sentire, anche con un commentino che può sembrare sciocco, ma che per me sarebbe molto importante. :)
A presto, spero,

Joo


 
  
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