Questa
è una piccola flash
fic scritta sentendo la canzone Innocence di Avril Lavigne (che non
c’entra
nulla con ciò che ho scritto). Parla di Kagome. Kagome che
non sa dove andare. Kagome
che sa cosa vuole, ma sa che ottenerlo sarà difficile.
Kagome che spera in un
sogno, perché la realtà fa male. Kagome che
comunque è felice, perché… se ve lo
dico è inutile che io abbia scritto quello che
c’è sotto^^! Spero che, con
questa piccola storiella, io sia riuscita a far emozionare una persona
che non
ha apprezzato molto un mio vecchio lavoro, che ora è stato
eliminato. E ci
tengo molto al suo parere, perché voglio sapere se sono
migliorata almeno nel
far emozionare le persone. Sempre che questa ff faccia emozionare,
comunque. Spero
anche che questa persona abbia capito che sto parlando di lei,
comunque! In
caso contrario, pazienza. Ultimamente sono molto di buon umore!
Sarà l’arrivo
della primavera. Vi lascio alla lettura della storia. Un bacio!
Mary-chan
Love is the true happiness
Non ci
riusciva.
Non riusciva neanche ad
avvicinarsi, a quel maledetto pozzo di legno.
Perché?
Perché? Perché?
Se lo chiedeva, mentre
continuava a correre.
Ma ogni volta cambiava
direzione.
Quel pozzo era la sua meta,
saltarvi dentro il suo scopo.
Ma non
ci riusciva.
Era semplice, l’aveva
fatto
talmente tante volte…
Ma
quella era diversa.
Sì.
Lui non sarebbe tornato a
prenderla.
O sarebbe tornato, e la sua
sofferenza si sarebbe prolungata ancora e ancora.
E lei era stanca.
Sapeva, era consapevole, di
comportarsi
come una bambina capricciosa. Come una bimba che vuole tutto per
sé e non
sopporta di non ricevere quello che non può avere. Che
piange per un ginocchio
sbucciato, per una parola tagliente, per una visione dolorosa.
E lei piangeva.
E lei voleva
piangere.
Non sopportava più di
non
poterlo avere. Di non poterlo abbracciare, di non poterlo baciare.
Tanto aveva desiderato quelle
sue labbra morbide, ora si malediva per averlo fatto.
E piangeva, perché era
convinta che così, come ogni volta, il dolore sarebbe
passato.
Perché cercava di
convincersi
che ciò che provava per lui, fosse solo una semplice
attrazione verso qualcosa
di strano, di
diverso.
E forse, forse era così.
Forse immaginava soltanto,
che fosse amore.
Una ragazza di quindici anni
può mai capire il significato di quella parola, che per
molti rimane un
mistero? Non ne era sicura.
Così piangeva e cercava
di
rimuovere quella finta sofferenza.
Ma quella volta era diverso.
Lei voleva piangere.
Lei voleva andar via.
Lei voleva innamorarsi, ma di qualcun altro.
Così si allontanava dal
villaggio, dove aveva passato tante giornate felici.
Così si allontanava dal
pozzo, dove, dall’altra parte, c’era il suo
passato, la sua infanzia.
Così si allontanava
dall’albero sacro, dove l’aveva incontrato per la
prima volta.
Così si allontanava da
lui,
che era parte della sua vita.
Si immergeva, in quel mondo
che non le apparteneva, senza una guida, un consiglio.
Non conosceva tante cose, ma
le avrebbe imparate.
Perché tornare nel suo
mondo
e spezzare il sigillo che lo teneva collegato al passato, sarebbe stato
da
codardi.
Perché forse, rimanendo
in
quel mondo, un giorno lui l’avrebbe trovata e i suoi sogni si
sarebbero
realizzati.
Perché, alla fine, lei
desiderava solamente essere felice.
E sapeva che, purtroppo, la
sua felicità non poteva essere lui.
Ma non riusciva ad andar via.
Così sarebbe rimasta
lì, in
quel tempo sconosciuto, aspettando che il suo sogno, un giorno, la
sarebbe
venuta a cercare.
Ed era veramente felice, in
quel momento.
Perché in quel modo,
quella
volta, aveva veramente capito di amarlo.
E perché
amare, in fondo, è
la vera felicità.