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Autore: Hinoka    21/03/2016    0 recensioni
Mentre si perdeva in fantasie che egli stesso riconosceva essere tali, non notò il rumore di passi che si faceva più vicino.
Aprendo gli occhi azzurri di scatto, notò qualcosa davanti a sé, ma le lacrime causate dalla stanchezza non fecero altro che mostrargli una massa informe che a prima vista appariva prevalentemente gialla e color argento. Sbattendo le palpebre altre due volte, riuscì ad identificare meglio la presenza.
Ciò che lo stava guardando era una donna; sembrava essere anche lei una Oimiu, e aveva un’espressione alquanto corrucciata sul volto.
“Uhm… devi proprio restare in mezzo alla strada? Non è tanto per me ma… beh, se hai intenzione di rimanere ancora a lungo qui sdraiato, prima o poi te ne renderai conto.”
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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­Capitolo 1

 

Nel momento in cui due braccia enormi e incredibilmente forti lo afferrarono, Luthier si rese conto che forse entrare in una locanda gestita e frequentata da Keshear non era stata una buona idea.

La faccenda gli ricordava della volta in cui da piccolo aveva tentato di entrare in una chiesa vicino casa davanti agli occhi di sua madre: un’azione tanto coraggiosa quanto dannatamente stupida e non necessaria. Sua madre non l’aveva fatto mangiare per i due giorni seguenti.

Ma appena arrivato nel piccolo villaggio di Meincher, dopo altri due giorni senza aver toccato cibo, il suo primo pensiero era stato quello di trovare del vino e del pane, senza badare a insegne e avvisi.

Ora che i due uomini estremamente robusti –dopotutto, i Keshear erano noti per esserlo- lo avevano garbatamente scaraventato fuori dalla locanda sul suolo arido così frequente in quella zona del paese, Luthier rifletteva sul da farsi. Sì, avrebbe potuto rialzarsi da terra e cercare una locanda adatta agli Oimiu: d’altronde ne aveva visti, di suoi simili, camminare per le vie della città; ciò significava che il villaggio non era abitato solamente dalla relativamente innocua razza quale era quella dei Kashear.  Ma esausto come era dal viaggio e dalla fame, non riusciva neanche a muovere un dito nella posizione in cui era ora. O forse stava solo aspettando ingenuamente che qualcuno si interessasse alla sua bella faccia e avesse pena per lui, lo portasse via, lo nutrisse, lo lavasse, gli fornisse un giaciglio caldo per la notte, gli desse provviste e gli aggiustasse le armi per la mattina seguente.

Mentre si perdeva in fantasie che egli stesso riconosceva essere tali, non notò il rumore di passi che si faceva più vicino.

Aprendo gli occhi azzurri di scatto, notò qualcosa davanti a sé, ma le lacrime causate dalla stanchezza non fecero altro che mostrargli una massa informe che a prima vista appariva prevalentemente gialla e color argento. Sbattendo le palpebre altre due volte, riuscì ad identificare meglio la presenza.

Ciò che lo stava guardando era una donna; sembrava essere anche lei una Oimiu, e aveva un’espressione alquanto corrucciata sul volto.

“Uhm… devi proprio restare in mezzo alla strada? Non è tanto per me ma… beh, se hai intenzione di rimanere ancora a lungo qui sdraiato, prima o poi te ne renderai conto.”

La sua voce era più profonda di quelle delle donne che Luthier aveva conosciuto nel suo villaggio natale, ed era tinta da una nota leggermente sadistica.

Sollevandosi con la forza delle proprie braccia, Luthier si rimise in piedi, ed ebbe anche la sfacciatezza di stiracchiarsi sbadigliando. Così ebbe il tempo e il modo di osservare meglio la persona che l’aveva disturbato.

Era una donna molto alta, che addirittura lo superava di qualche centimetro; aveva capelli lunghi, dorati come i gioielli della signora Kristeff a casa, raccolti in una coda morbida, e due ciocche più corte le incorniciavano il viso dai lineamenti raffinati ma induriti da chissà cosa. Se avesse dovuto darle un’età, Luthier avrebbe detto che fosse due o tre anni più vecchia di lui, quindi intorno ai 22 anni. Aveva occhi marroni come i campi bagnati dalla pioggia, e sopracciglia sottili. Possedeva una fisionomia snella ma ferma e allenata, e indossava un’armatura parziale sul busto e arti. Portava una spada che, anche se Luthier non se ne intendeva molto, il ragazzo poté giudicare alquanto preziosa e raffinata. Sulla sua schiena era agganciato uno scudo tondo dalle dimensioni medie.

Luthier non ebbe dubbi nel constatare che dovesse appartenere ad una banda, o che dovesse almeno essere una mercenaria. Al suo paese non aveva mai visto una donna brandire una spada, ma nei mesi che aveva passato viaggiando cercando di fare fortuna compiendo lavoretti in giro per il continente- “non rimanerci secco”, gli avevano detto sua madre e i suoi fratelli più grandi- aveva visto diverse donne provenienti da città più grandi della sua fare parte o essere a capo di gruppi di combattenti senza patria né signore.

Vedendolo in piedi, la donna parlò di nuovo, avvicinandosi al suo orecchio destro.

“Alla buon ora! Se fossi rimasto lì sdraiato per altro tempo, uno di quei simpatici uomini là in fondo ti avrebbe derubato nel miglior caso, e nel peggiore ti avrebbe direttamente ucciso.”

La donna indicò in maniera discreta con un gesto della mano un gruppo di loschi tizi che si trovavano dietro di lei, vicino ad una bottega che fronteggiava la locanda dei Keshear. Riportando lo sguardo sulla bionda, Luthier le parlò per la prima volta, in un tono di voce molto basso e molto cauto.

“Presumo quindi che tu li conosca. Dovrei fidarmi di te, quando mi avresti apparentemente salvato senza richiedere nulla in cambio?” Le lanciò un’occhiata piena di diffidenza, ma in cuor suo gli era difficile considerarla come una possibile minaccia.

La donna scoppiò in una risata fragorosa che fece rimanere Luthier di stucco, ed evidentemente la sua risposta era stata così esilarante che lei ci mise diverso tempo prima di rimettersi in sesto. L’espressione di Luthier era ormai passata da una diffidente ad una che non aveva la pallida idea di cosa stava succedendo.

“Ah… haha! S-scusa… ahem. È che… ahah! P-pensavi veramente che avrei richiamato una persona qualsiasi per terra?!”

Luthier sentì crescere dentro di sé un nodo di senso di umiliazione e dubbio incombente. Cosa poteva mai volere da lui questa donna?!

Ma prima che potesse farle questa domanda, si sentì trascinato da una forza non indifferente per il braccio sinistro. Si rese conto che ciò che lo stava trascinando era proprio la donna stessa, e non fece in tempo a pronunciare una parola che si ritrovò una mano sulla bocca.

La donna girò il capo e gli sorrise a trentadue denti, mentre Luthier poté solamente emettere un piccolo verso di confusione mista a paura.

“Non preoccuparti, ho già deciso cosa faremo!”

   
 
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