The air that
I breathe
“Mi
sono resa conto che, spesso e
volentieri,
tutto accade per una ragione.”
“Mi
era stato detto in passato che la vita non era
altro che una successione di eventi, ma chi me l’aveva detto
altri non era che
mio padre. Si trovava quasi del tutto avvolto dalle spire della morte e
la
follia l’aveva portato via quasi interamente. Aveva una
percezione distorta di
quello che tutti noi definiamo “vivere”. Come
biasimarlo, però? Da lì a poco
sarebbe morto senza aver mai vissuto veramente.
Ma cosa
significa vivere?
Da quel
giorno venni avvolta dal desiderio costante di vita, che non avrebbe
dovuto
limitarsi ad accarezzarmi e sfiorarmi il viso come l’aria
fresca del vespero,
ma sarebbe dovuta divenire parte integrante di me stessa. Fino ad
allora, per
mia stessa ammissione, ero stata una ragazzina futile e capricciosa.
Frequentavo solo gente perbene, non necessariamente aristocratica, ma
sicuramente purosangue della miglior specie. Ero volgare e pensavo che
vivere
significasse obbedire ciecamente ad ogni ordine che mi veniva dato da
chi si
considerava superiore a me.
Draco, mia
madre, gli insegnanti,… e io cosa potevo fare? Ricevendo un trattamento simile era
ovvio che, una
volta acquistata un minimo di fama, trattassi anche io in tale modo gli
individui che consideravo inferiori a me.
Negli anni
subito dopo la mia adolescenza ho cominciato ad afferrare il concetto
di vita
con entrambe le mani e ora eccomi qua a mostrarvi la storia di come la
mia
esistenza è cambiata.”
Respiravano
la stessa aria e lei, essendosi proclamata da lungo tempo innamorata
pazza di
lui, non poteva che esserne felice. Con un sorrisino compiaciuto
stampato sul
volto gli sistemò la cravatta e gli lisciò le
piccole pieghe sulla camicia. Da
lungo aspirava ad un contatto fisico con quel ragazzo, ma non erano mai
andati
oltre a un semplice bacio sulla guancia dato quasi per caso per
augurarsi buone
feste l’anno prima. Un paio di volte si erano sfiorati per
sbaglio in sala
comune nel momento in cui erano passati affianco. Aveva avvertito un
brivido lungo la
schiena e il suo cuore
si era fatto sentire più forte che mai. Com’era
possibile che lui non l’avesse
sentito? Un’occhiata distratta e se n’era andato
verso i dormitori mentre lei
si affrettava ad uscire tenendosi una mano premuta sul petto. Da quel
giorno
l’unica cosa che era cambiata era stato il fatto di poter
essere la prima e la
sola ragazza di tutta la scuola a potersi sedere sulle gambe del
principe degli
Slytherin e in quel momento aveva afferrato un concetto decisamente
poco vicino
a lei.
Mentre
sedeva su di lui sistemandogli le pieghe di camicia e cravatta, scusa
poco
credibile per avere un contatto, le era arrivata la lettera che da
lungo tempo
sapeva di dover ricevere un giorno prima o poi.
Suo
padre era morto
dopo un’interminabile malattia.
Stringendo
la lettera in mano, tra i pugni sudati, aveva cercato di non piangere
dato che
la gente che la fissava con aria curiosa era decisamente troppa. Si
sentiva
presa in giro, non poteva credere che suo padre non ci sarebbe
più stato.
Catalogò la lettera come un sogno, la piegò in
quattro cercando di smettere di
tremare e la ripose nella tasca interna del gilet. Prese un respiro
profondo e
ricominciò a civettare con Draco anche se dentro di
sé sentiva qualcosa che non
andava.
Quando
gli altri erano andati a lezione, dopo aver deciso di bigiare, si era
recata in
camera sua e si era guardata a lungo allo specchio.
Non
aveva mai riflettuto sul significato della vita prima
d’allora, né mai pensato
che qualcosa nel suo piccolo mondo perfetto potesse creparsi e
distruggersi, la
vita meno che meno.
Già
sentiva la mancanza del padre, rifletté.
Riflettere
implica pensare e per lei non era mai stato un concetto immediato.
Stava
riflettendo, ma cosa vedeva dinanzi a sé? Guardò
ancora più a fondo nello
specchio. Cos’era lei? Una bella bambolina senza cervello
né altro. Rifletti,
si ordinò, tu sei molto più che
un’immagine allo specchio. Ma al momento
riusciva solo a guardarsi senza pensare. Il suo mondo era vuoto,
frivolo.
Ma
il vuoto cos’è? Un assurdo spazio senza
né inizio né fine. Un pensiero continuo
e distaccato nella testa: com’era? Vuota. Prima, dopo, non
trovava alcuna
differenza. Il vuoto era dentro lei. Il vuoto era lei.
Cercò
di riempirlo con pensieri, forse inopportuni. Cercò di
pensare a Draco, cercò
di pensare all’amore che provava per lui, ma non riusciva a
raggiungerlo.
Nonostante l’avesse visto poco prima era già
diventato un ricordo sbiadito.
Dipingendosi
un sorriso falso sul volto tornò alla sua vita normale.
La
notizia della morte di suo padre non avrebbe fatto il giro del mondo
come la
morte di un Malfoy, ma tuttavia, in un modo o nell’altro,
gran parte della
scuola lo era venuto a sapere. Il trio grifondoro le aveva fatto le
condoglianze, ma lei li aveva squadrati dall’alto in basso e
aveva ritenuto il
loro discorso un patetico modo di mostrare sempre il loro lato
più falso
facendo credere a tutti di essere migliori. Non aveva mancato di dirlo
ad alta
voce prima di andarsene nel primo bagno vuoto a sfogarsi un
po’ prendendo a
pugni lo specchio. Ormai l’aveva presa come abitudine. Non
riusciva a tollerare
la vita di se stessa e non sapeva come mai. Forse per il semplice
motivo che
ogni cosa che vedeva in sé la vedeva anche in suo padre? Si
era creata un’immagine
idealizzata di suo
padre. Un volto
sempre sorridente e a affettuoso aveva preso posto tra i suoi pensieri
automaticamente dal giorno del funerale per rimpiazzare il volto
cinereo abbandonato
su un cuscino di raso in una bara terribilmente asfissiante. O forse
non riusciva
a guardarsi allo specchio per il semplice fatto che aveva paura di
ciò che
avrebbe potuto vedere alle sue spalle? Cosa si aspettava di trovare?
Una figura
di nero vestita con una falce in mano? La morte avrebbe potuto
coglierla
ovunque e lei non aveva ancora avuto l’occasione di vivere.
Anche
quella volta aveva rotto lo specchio e si era ferita le nocche.
Tenendosi
stretta la mano cercò di frenare l’uscita di quel
liquido rosso che tanto le
aveva suscitato ribrezzo in passato.
Le
forze le stavano venendo meno. Da quando non mangiava? Non riusciva a
ricordarlo. Nei suoi pensieri vedeva solo una famiglia felice che
sorrideva a
una bambina rinchiusa in una stanza bianca. Suo padre stringeva sua
madre
mentre entrambi ridevano felici additandola. Lei si sgolava cercando di
farsi
notare, ma loro non ne percepivano il dolore e la frustrazione che
l’avvolgevano. Loro erano sempre lì con lei ma
vedevano solo il suo lato più
esterno. Nessuno, nemmeno i suoi genitori si erano fermati per cercare
di
conoscerla almeno un po’. Era sempre stata considerata
frivola e vanesia, ma
nessuno la vedeva per com’era in realtà.
Si
sedette a terra, con la schiena appoggiata alla porta di un cubicolo
del bagno
e lasciò che il suo sguardo si posasse di fronte a
sé senza realmente guardare
nulla.
Non
sapeva come ma una persona era riuscita ad entrare nella stanza
nonostante
l’avesse chiuso a chiave. Era troppo sconvolta per rendersi
conto che l’incanto
Alohomora, libro standard degli incantesimi, capitolo sette, era ormai
alla portata
di qualsiasi essere che possedesse anche un minimo di magia nelle vene.
Un
Draco Malfoy bello e ghignante come al solito si era appena intrufolato
nel suo
campo visivo. Pansy, o per meglio dire quella parte innamorata che non
avrebbe
mai sconfitto, si era trovata a fantasticare più volte di
farsi scoprire
conciata in quel modo cosicché il suo principe la potesse
salvare, ma nemmeno
una minima espressione di compassione o comprensione aveva sfiorato il
viso del
suo unico amore.
Lui
le si inginocchiò di fronte e la guardò. Forse
aveva mal interpretato il sangue
che usciva imperterrito dalle nocche e i vetri rotti e macchiati. Forse
aveva
pensato che lei era così vigliacca da suicidarsi, ma non era
vero. Lei voleva
vivere, ma aveva paura della morte.
“La
vita fa schifo?” Le chiese abbandonando il suo ghigno tipico.
Pansy
aveva la bocca impastata ma riuscì lo stesso a trovare la
voce necessaria per
rispondergli: “Rifletti!”
“Cosa
ti manca?” Le chiese facendo allusione
all’agiatezza in cui viveva.
“Stupidi
pensieri si affollano...” Era consapevole di avere la stessa
espressione pazza
e persa nei meandri della propria mente di Luna Lovegood, ma sentiva il
bisogno
di fargli capire cosa sentiva.
“Ma
lui non c’è più! Qualsiasi cosa tu
faccia lui non sarà più qui!” Il
discorso
che Draco le stava tenendo entrava a pezzi nella sua mente. Non si
sforzò di
ascoltarlo e continuò imperterrita a parlargli cercando di
sovrastare la sua
voce.
“E
allora ti fermi a pensare…E’ questo che fa schifo!
Non è la vita!” cercò di caricare
con foga la sua successiva esclamazione, ma Draco la batté
sul tempo: “E’ il
vuoto, vero?”
Una
lacrima solitaria le scese lungo la guancia pallida. Annuì e
vide l’ombra di un
sorriso affacciarsi sul volto del ragazzo di fronte a lei.
Ora
che aveva detto tutto si sentiva meglio. Tutto le sembrava
più umano e
raggiungibile, anche il fatto che Draco la stesse baciando.
Fino
a quel momento, da quando aveva ricevuto la lettera fino ad allora,
aveva
vissuto anche se tutto il mondo che la circondava era distante anni
luce dalla
suo linea d’onda, ma finalmente qualcuno l’aveva
raggiunta. Si asciugò una
seconda lacrima prima che essa potesse cadere a bagnarle la camicetta.
Aveva
fatto bene a fidarsi di lui.
“Non
è stato il modo migliore per incominciare una nuova vita, ma
di sicuro è stato
il più efficace. Ora sono qui a pensare con nostalgia a quel
periodo trascorso
con mio padre. Ho frugato nella mia testa per trovare il suo vero volto
e sono
riuscita ad affibbiarlo al suo vero essere. Mio padre non era mai stato
un
mostro di gentilezza, non aveva mai sorriso nei miei confronti.
Quell’immagine
idealizzata era sparita e presto avrei riempito quel vuoto con altre
immagini,
altri ricordi. Mi mancava, ne ero consapevole, eppure non riuscivo a
considerarmi meschina quando pensavo che per tutto c’era una
ragione e che se
era morto era successo solo per farmi avere quella
possibilità con Draco. Il
filo del destino era così ingarbugliato, così
indifferente alle ragioni delle
persone interessate dal suo corso. E io cosa potevo fare? Vivere
continuamente
e respirare la stessa aria che respirava lui anche se il destino aveva
deciso
di separare anche noi.”
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Ta-dan!
Nuova one shot scritta dopo averci ragionato un attimino di
troppo.
Il tutto è nato da una frase che la mia mente ha concepito
dopo aver sentito
per l'ennesima volta la voce di una persona che diceva che la morte
della
figlia aveva portato ad altri avvenimenti positivi. Sinceramente non le
credo,
ma ho scritto lo stesso tutto ciò.
Quando Pansy parla del padre mi sono immedesimata un po' troppo e alla
fine mi
sono trovata a descrivere ciò che ho provato io quando la
mia migliore amica è
morta. Spero solo che a voi piaccia almeno la metà di quanto
piace a me e mi
farebbe piacere leggere qualche recensioncina eh!
Il dialogo tra Pansy e Draco non è venuto esattamente come
volevo. Avrei voluto che fosse in stile film, quando due persone
parlano di due cose diverse contemporaneamente per poi giungere alla
stessa conclusione. Non so se mi sono spiegata xD
Spero di aver scritto il titolo correttamente dato che ultimamente non
ho
parlato molto l'inglese visto che mi trovavo a Parigi u.u E ho pure
visto i
metro station sugli Champs-Elysées xD Comunque
u.ù se vi va di ascoltare Hurt
dei Nine Inch Nails, potete ricreare l'aria che tirava mentre scrivevo
xD
Fatemi sapere che ne pensate,
Faith <3