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Autore: Hyperviolet Pixie    30/03/2009    2 recensioni
Riflettere implica pensare e per lei non era mai stato un concetto immediato. Stava riflettendo, ma cosa vedeva dinanzi a sé? Guardò ancora più a fondo nello specchio. Cos’era lei? Una bella bambolina senza cervello né altro. Rifletti, si ordinò, tu sei molto più che un’immagine allo specchio. Ma al momento riusciva solo a guardarsi senza pensare. Il suo mondo era vuoto, frivolo.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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The air that I breathe

“Mi sono resa conto che, spesso e volentieri,
tutto accade per una ragione.”

Mi era stato detto in passato che la vita non era altro che una successione di eventi, ma chi me l’aveva detto altri non era che mio padre. Si trovava quasi del tutto avvolto dalle spire della morte e la follia l’aveva portato via quasi interamente. Aveva una percezione distorta di quello che tutti noi definiamo “vivere”. Come biasimarlo, però? Da lì a poco sarebbe morto senza aver mai vissuto veramente.
Ma cosa significa vivere?
Da quel giorno venni avvolta dal desiderio costante di vita, che non avrebbe dovuto limitarsi ad accarezzarmi e sfiorarmi il viso come l’aria fresca del vespero, ma sarebbe dovuta divenire parte integrante di me stessa. Fino ad allora, per mia stessa ammissione, ero stata una ragazzina futile e capricciosa. Frequentavo solo gente perbene, non necessariamente aristocratica, ma sicuramente purosangue della miglior specie. Ero volgare e pensavo che vivere significasse obbedire ciecamente ad ogni ordine che mi veniva dato da chi si considerava superiore a me.
Draco, mia madre, gli insegnanti,… e io cosa potevo fare? Ricevendo un trattamento simile era ovvio che, una volta acquistata un minimo di fama, trattassi anche io in tale modo gli individui che consideravo inferiori a me.
Negli anni subito dopo la mia adolescenza ho cominciato ad afferrare il concetto di vita con entrambe le mani e ora eccomi qua a mostrarvi la storia di come la mia esistenza è cambiata
.”


Respiravano la stessa aria e lei, essendosi proclamata da lungo tempo innamorata pazza di lui, non poteva che esserne felice. Con un sorrisino compiaciuto stampato sul volto gli sistemò la cravatta e gli lisciò le piccole pieghe sulla camicia. Da lungo aspirava ad un contatto fisico con quel ragazzo, ma non erano mai andati oltre a un semplice bacio sulla guancia dato quasi per caso per augurarsi buone feste l’anno prima. Un paio di volte si erano sfiorati per sbaglio in sala comune nel momento in cui erano passati affianco. Aveva avvertito un brivido lungo la schiena e il suo cuore si era fatto sentire più forte che mai. Com’era possibile che lui non l’avesse sentito? Un’occhiata distratta e se n’era andato verso i dormitori mentre lei si affrettava ad uscire tenendosi una mano premuta sul petto. Da quel giorno l’unica cosa che era cambiata era stato il fatto di poter essere la prima e la sola ragazza di tutta la scuola a potersi sedere sulle gambe del principe degli Slytherin e in quel momento aveva afferrato un concetto decisamente poco vicino a lei.
Mentre sedeva su di lui sistemandogli le pieghe di camicia e cravatta, scusa poco credibile per avere un contatto, le era arrivata la lettera che da lungo tempo sapeva di dover ricevere un giorno prima o poi.

Suo padre era morto dopo un’interminabile malattia.
Stringendo la lettera in mano, tra i pugni sudati, aveva cercato di non piangere dato che la gente che la fissava con aria curiosa era decisamente troppa. Si sentiva presa in giro, non poteva credere che suo padre non ci sarebbe più stato. Catalogò la lettera come un sogno, la piegò in quattro cercando di smettere di tremare e la ripose nella tasca interna del gilet. Prese un respiro profondo e ricominciò a civettare con Draco anche se dentro di sé sentiva qualcosa che non andava.
Quando gli altri erano andati a lezione, dopo aver deciso di bigiare, si era recata in camera sua e si era guardata a lungo allo specchio.
Non aveva mai riflettuto sul significato della vita prima d’allora, né mai pensato che qualcosa nel suo piccolo mondo perfetto potesse creparsi e distruggersi, la vita meno che meno.
Già sentiva la mancanza del padre, rifletté.
Riflettere implica pensare e per lei non era mai stato un concetto immediato. Stava riflettendo, ma cosa vedeva dinanzi a sé? Guardò ancora più a fondo nello specchio. Cos’era lei? Una bella bambolina senza cervello né altro. Rifletti, si ordinò, tu sei molto più che un’immagine allo specchio. Ma al momento riusciva solo a guardarsi senza pensare. Il suo mondo era vuoto, frivolo.
Ma il vuoto cos’è? Un assurdo spazio senza né inizio né fine. Un pensiero continuo e distaccato nella testa: com’era? Vuota. Prima, dopo, non trovava alcuna differenza. Il vuoto era dentro lei. Il vuoto era lei.
Cercò di riempirlo con pensieri, forse inopportuni. Cercò di pensare a Draco, cercò di pensare all’amore che provava per lui, ma non riusciva a raggiungerlo. Nonostante l’avesse visto poco prima era già diventato un ricordo sbiadito.
Dipingendosi un sorriso falso sul volto tornò alla sua vita normale.


La notizia della morte di suo padre non avrebbe fatto il giro del mondo come la morte di un Malfoy, ma tuttavia, in un modo o nell’altro, gran parte della scuola lo era venuto a sapere. Il trio grifondoro le aveva fatto le condoglianze, ma lei li aveva squadrati dall’alto in basso e aveva ritenuto il loro discorso un patetico modo di mostrare sempre il loro lato più falso facendo credere a tutti di essere migliori. Non aveva mancato di dirlo ad alta voce prima di andarsene nel primo bagno vuoto a sfogarsi un po’ prendendo a pugni lo specchio. Ormai l’aveva presa come abitudine. Non riusciva a tollerare la vita di se stessa e non sapeva come mai. Forse per il semplice motivo che ogni cosa che vedeva in sé la vedeva anche in suo padre? Si era creata un’immagine idealizzata di suo padre. Un volto sempre sorridente e a affettuoso aveva preso posto tra i suoi pensieri automaticamente dal giorno del funerale per rimpiazzare il volto cinereo abbandonato su un cuscino di raso in una bara terribilmente asfissiante. O forse non riusciva a guardarsi allo specchio per il semplice fatto che aveva paura di ciò che avrebbe potuto vedere alle sue spalle? Cosa si aspettava di trovare? Una figura di nero vestita con una falce in mano? La morte avrebbe potuto coglierla ovunque e lei non aveva ancora avuto l’occasione di vivere.
Anche quella volta aveva rotto lo specchio e si era ferita le nocche. Tenendosi stretta la mano cercò di frenare l’uscita di quel liquido rosso che tanto le aveva suscitato ribrezzo in passato.
Le forze le stavano venendo meno. Da quando non mangiava? Non riusciva a ricordarlo. Nei suoi pensieri vedeva solo una famiglia felice che sorrideva a una bambina rinchiusa in una stanza bianca. Suo padre stringeva sua madre mentre entrambi ridevano felici additandola. Lei si sgolava cercando di farsi notare, ma loro non ne percepivano il dolore e la frustrazione che l’avvolgevano. Loro erano sempre lì con lei ma vedevano solo il suo lato più esterno. Nessuno, nemmeno i suoi genitori si erano fermati per cercare di conoscerla almeno un po’. Era sempre stata considerata frivola e vanesia, ma nessuno la vedeva per com’era in realtà.
Si sedette a terra, con la schiena appoggiata alla porta di un cubicolo del bagno e lasciò che il suo sguardo si posasse di fronte a sé senza realmente guardare nulla.

Non sapeva come ma una persona era riuscita ad entrare nella stanza nonostante l’avesse chiuso a chiave. Era troppo sconvolta per rendersi conto che l’incanto Alohomora, libro standard degli incantesimi, capitolo sette, era ormai alla portata di qualsiasi essere che possedesse anche un minimo di magia nelle vene.
Un Draco Malfoy bello e ghignante come al solito si era appena intrufolato nel suo campo visivo. Pansy, o per meglio dire quella parte innamorata che non avrebbe mai sconfitto, si era trovata a fantasticare più volte di farsi scoprire conciata in quel modo cosicché il suo principe la potesse salvare, ma nemmeno una minima espressione di compassione o comprensione aveva sfiorato il viso del suo unico amore.
Lui le si inginocchiò di fronte e la guardò. Forse aveva mal interpretato il sangue che usciva imperterrito dalle nocche e i vetri rotti e macchiati. Forse aveva pensato che lei era così vigliacca da suicidarsi, ma non era vero. Lei voleva vivere, ma aveva paura della morte.
“La vita fa schifo?” Le chiese abbandonando il suo ghigno tipico.
Pansy aveva la bocca impastata ma riuscì lo stesso a trovare la voce necessaria per rispondergli: “Rifletti!”
“Cosa ti manca?” Le chiese facendo allusione all’agiatezza in cui viveva.
“Stupidi pensieri si affollano...” Era consapevole di avere la stessa espressione pazza e persa nei meandri della propria mente di Luna Lovegood, ma sentiva il bisogno di fargli capire cosa sentiva.
“Ma lui non c’è più! Qualsiasi cosa tu faccia lui non sarà più qui!” Il discorso che Draco le stava tenendo entrava a pezzi nella sua mente. Non si sforzò di ascoltarlo e continuò imperterrita a parlargli cercando di sovrastare la sua voce.
“E allora ti fermi a pensare…E’ questo che fa schifo! Non è la vita!” cercò di caricare con foga la sua successiva esclamazione, ma Draco la batté sul tempo: “E’ il vuoto, vero?”
Una lacrima solitaria le scese lungo la guancia pallida. Annuì e vide l’ombra di un sorriso affacciarsi sul volto del ragazzo di fronte a lei.
Ora che aveva detto tutto si sentiva meglio. Tutto le sembrava più umano e raggiungibile, anche il fatto che Draco la stesse baciando.
Fino a quel momento, da quando aveva ricevuto la lettera fino ad allora, aveva vissuto anche se tutto il mondo che la circondava era distante anni luce dalla suo linea d’onda, ma finalmente qualcuno l’aveva raggiunta. Si asciugò una seconda lacrima prima che essa potesse cadere a bagnarle la camicetta. Aveva fatto bene a fidarsi di lui.


Non è stato il modo migliore per incominciare una nuova vita, ma di sicuro è stato il più efficace. Ora sono qui a pensare con nostalgia a quel periodo trascorso con mio padre. Ho frugato nella mia testa per trovare il suo vero volto e sono riuscita ad affibbiarlo al suo vero essere. Mio padre non era mai stato un mostro di gentilezza, non aveva mai sorriso nei miei confronti. Quell’immagine idealizzata era sparita e presto avrei riempito quel vuoto con altre immagini, altri ricordi. Mi mancava, ne ero consapevole, eppure non riuscivo a considerarmi meschina quando pensavo che per tutto c’era una ragione e che se era morto era successo solo per farmi avere quella possibilità con Draco. Il filo del destino era così ingarbugliato, così indifferente alle ragioni delle persone interessate dal suo corso. E io cosa potevo fare? Vivere continuamente e respirare la stessa aria che respirava lui anche se il destino aveva deciso di separare anche noi.”

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Ta-dan! Nuova one shot scritta dopo averci ragionato un attimino di troppo.
Il tutto è nato da una frase che la mia mente ha concepito dopo aver sentito per l'ennesima volta la voce di una persona che diceva che la morte della figlia aveva portato ad altri avvenimenti positivi. Sinceramente non le credo, ma ho scritto lo stesso tutto ciò.
Quando Pansy parla del padre mi sono immedesimata un po' troppo e alla fine mi sono trovata a descrivere ciò che ho provato io quando la mia migliore amica è morta. Spero solo che a voi piaccia almeno la metà di quanto piace a me e mi farebbe piacere leggere qualche recensioncina eh!
Il dialogo tra Pansy e Draco non è venuto esattamente come volevo. Avrei voluto che fosse in stile film, quando due persone parlano di due cose diverse contemporaneamente per poi giungere alla stessa conclusione. Non so se mi sono spiegata xD
Spero di aver scritto il titolo correttamente dato che ultimamente non ho parlato molto l'inglese visto che mi trovavo a Parigi u.u E ho pure visto i metro station sugli Champs-Elysées xD Comunque u.ù se vi va di ascoltare Hurt dei Nine Inch Nails, potete ricreare l'aria che tirava mentre scrivevo xD
Fatemi sapere che ne pensate,
Faith <3

   
 
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