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Autore: Schinken    23/03/2016    1 recensioni
Dreem Letus non è il classico eroe con cui uno si aspetterebbe di avere a che fare.
Da sempre è affetto da una forma acuta di narcolessia, a causa della quale non riesce a rimanere sveglio per più di quattro ore di fila. Non è incredibilmente intelligente o astuto, né il più atletico o muscoloso; eppure Dreem è l'unica persona che possa salvare il mondo dei sogni dall'assoluta catastrofe.
Fobetore, uno dei tre re onirici, ha dichiarato guerra ai restanti due re, Morpheus e Phantasos, invadendo senza preavviso i loro domini e trucidando chiunque osi opporsi alla sua autorità.
Come se non bastasse, entrambi i regnanti, i soli in grado di fermarlo, sono d'un tratto scomparsi nel nulla, e senza di loro la vittoria di Fobetore è ormai prossima.
Esiste, però, un'antica leggenda secondo cui un onironauta, un essere a cavallo tra il mondo umano e quello onirico, sarebbe capace di rintracciare un re smarrito. Ecco quindi il motivo per cui Colibrì, uno dei più fidati servitori di Morpheus, compare, un giorno, davanti agli occhi increduli di Dreem, rivelandogli la sua natura di onironauta e supplicandogli aiuto: ma un gracile ragazzo come lui sarà mai all'altezza di una simile impresa?
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dreem Letus era solito dormire per molte ore a giorno, anche se non per sua scelta: sia chiaro.

Sin dalla nascita, il ragazzo soffriva di una forma acuta di narcolessia a causa della quale non riusciva a rimanere sveglio per più di qualche ora. Anzi, era solito addormentarsi, volente o nolente, nel bel mezzo della giornata, e senza alcun preavviso: gli poteva infatti capitare di appisolarsi mentre saliva sull'autobus diretto per la scuola, oppure mentre intratteneva una conversazione con un suo amico, o persino mentre attraversava la strada col rischio di venire investito da qualcuno.

Quest'ultima eventualità, d'altronde, gli era già accaduta in passato.

Sebbene fossero trascorsi circa cinque anni da allora, Dreem aveva ancora scolpita nella sua mente l'orribile visione del suo corpo ricoperto per intero da lividi ed ematomi sparsi caoticamente qua e là. Comunque, escluso questo, Dreem ne uscì relativamente incolume da quell'incidente, anche perché il conducente della vettura era riuscito a rallentare quel tanto che bastava da evitare di causargli pure delle fratture in più punti; a sentire sua madre, invece, l'autista gli aveva evitato un'autentica tragedia.

Se da un lato il ragazzo era da sempre risultato incapace a controllare la durata e il momento esatto in cui si manifestavano questi suoi improvvisi attacchi di sonno, dall'altro lato era spesso riuscito a ritardarli abbastanza da trovare un posto tranquillo dove poi potersi addormentare in pace.

Un'ulteriore particolarità di questi attacchi stava nel fatto che si rivelavano comunemente di durata breve, una manciata di minuti circa, ma anche molto frequenti al tempo stesso, arrivando pure a manifestarsi una decine di volte al giorno in alcune occasioni.

Come se non bastasse per il povero Dreem, la sua narcolessia era la fonte di un altro grosso problema: gli capitava infatti di avere delle allucinazioni di tanto in tanto. Alcune si rivelavano talmente distorte ed inconsistenti che Dreem riusciva presto a riconoscerle come tali ed a non lasciarsi ingannare così facilmente; ma le restanti risultavano invece così vivide, così realistiche, così tangibili che gli pareva, in quelle rare occasioni, del tutto impossibile distinguere la sua realtà da quella autentica.

Inutile dire, poi, quante volte Dreem abbia dovuto sperimentare, per via di queste, diversi momenti imbarazzanti che gli avevano irrimediabilmente segnato in negativo la sua (già scarsa) reputazione.

L'ultimo episodio risaliva esattamente ad una settimana fa, durante un cambio di lezione.

Dreem si stava dirigendo verso l'aula di storia, quando notò fuoriuscire curiosamente da uno degli armadietti alla sua destra un fascio di erba blu ondulare secondo i tocchi leggeri e delicati di una brezza primaverile dall'oscura provenienza, alla pari di quella dell'erba blu.

Dreem era ben conscio che stava per avere un altro dei suoi attacchi allucinatori e che la mossa migliore sarebbe stata quella di rimanere immobile, di non agire in maniere strana e di aspettare pazientemente che l'attacco passasse così come era arrivato. Ne era consapevole, eppure qualcosa di irrazionale in lui si fece strada nella sua mente, lo spinse ad infrangere quelle sue stesse regole da lui ideate, ed ad avvicinarsi all'armadietto con l'erba blu incurante del rischio che stava correndo, quasi ipnotizzato.

Non appena giunse ad una distanza tale da sfiorare il fascio con la sua mano sinistra, il paesaggio mutò drasticamente, letteralmente dal giorno alla notte: non si trovava più in un anonimo corridoio della sua scuola, bensì in mezzo ad una radura piena di quell'erba blu.

La brezza primaverile di cui non ne conosceva l'origine, adesso la avvertiva sulla sua stessa pelle.

Fu solo allora che il ragazzo notò con stupore un cavallo color rosso fiammante emergere maestosamente dal resto di quel paesaggio dal netto contrasto cromatico. L'animale possedeva sei zampe, di cui quattro anteriori e due posteriori ed ognuna dalla solida muscolatura. La criniera gli cresceva lunga da dietro il collo e arrivava persino a toccare terra, mentre la coda non mostrava nessun segno di anomalia al di fuori del suo insolito color rosso.

Il dettaglio che, però, catturò più di tutti l'attenzione di Dreem furono i suoi luminosi occhi color oro, le cui iridi parevano inoltre fluide, quasi fossero più acqua invece che materia solida. Ciò dava l'impressione di veder scorgere l'energia vitale che caratterizzava quella straordinaria, così come insolita, bestia rossa.

L'equino brucava tranquillo, totalmente indifferente all'improvvisa presenza del ragazzo che si trovava, d'altronde, neanche ad una manciata di metri da lui.

Ammirato quello stravagante animale e congratulatosi con la sua narcolessia per quell'allucinazione mozzafiato, Dreem cercò a quel punto di ritornare alla vera realtà: dapprima si era dato dei semplici pizzicotti alle braccia, purtroppo senza il risultato desiderato; dopodiché provò pure con dei piccoli morsi alle labbra ma anche questo tentativo si rivelò prontamente del tutto inutile.

L'allucinazione non aveva intenzione di sparire nell'immediato futuro.

Non molto dopo, una voce echeggiò sussurrante per l'intera pianura. Disse soltanto una frase che, sebbene Dreem non ebbe modo di comprendere, fu più che sufficiente per ottenere l'attenzione del cavallo rosso, attenzione che, ricordiamo, neppure la presenza del ragazzo era riuscita minimamente ad attirare.

L'equino smise infatti di brucare d'un tratto, e la sua espressione, da rilassata com'era, assunse velocemente un'aria che era tra una stupita ed una preoccupata: di cosa, Dreem ne rimase all'oscuro per entrambi i casi.

Successivamente, il cavallo rosso rivolse il muso verso di lui, fissandolo coi suoi occhi da 24 carati per la prima volta in assoluto e senza dargli un attimo di tregua. Pareva come intento ad esaminarlo dalla testa ai piedi, e senza tralasciare il benché minimo dettaglio che potesse trasparire dal suo corpo e dal suo abbigliamento.

Sebbene il tutto non durò neppure una decina di secondi, per Dreem sembrava invece essere passata un'infinità.

Trovato alla fine ciò che cercava dal ragazzo, il cavallo diresse il muso verso destra, osservando un orizzonte pieno di luce mattutina ma privo di un sole che ne potesse essere ovviamente la fonte. Fu solo allora che l'equino disse, più telepaticamente che oralmente, una e una sola frase dall'enigmatico significato per il ragazzo: "Sta arrivando".

A quel punto, il cavallo rosso rivolse nuovamente il muso verso Dreem e, senza motivo né preavviso, si alzò sulle sue zampe posteriori, caricando su di lui. Lo avrebbe sicuramente schiacciato col suo enorme peso, se non fosse che Dreem si destò proprio in quell'esatto momento dall'allucinazione.

Si trovava di nuovo nel corridoio della sua scuola, con le braccia alzate e poste attorno alla sua testa nel vano tentativo di difendersi dagli zoccoli del cavallo rosso. Era inoltre col sedere a terra dal momento che era caduto all'indietro per lo spavento.

Si guardò attorno. Notò con disprezzo di come tutti i ragazzi presenti lo avessero nel frattempo video-registrato coi loro cellulari e di come alcuni di loro avessero già caricato il video sui loro profili facebook.

"Stronzi" avrebbe desiderato urlare Dreem quella volta, ma non lo fece: la sua vita era già troppo difficile da gestire così com'era che non gli serviva metterci dentro anche un esercito di bulli per complicarla di più.

Comunque, ciò che gli dava più fastidio in assoluto era la triste consapevolezza che la sua malattia non si sarebbe mai risolta col tempo. D'altronde ci avevano pensato i numerosi dottori, cui i suoi genitori erano andati a rivolgersi, a rendere ben chiaro il concetto; anzi, per alcuni di loro, la narcolessia sarebbe potuta persino peggiorare.

"Come potrebbe?", si domandava spesso Dreem in quelle occasioni, ed ogni volta che si guardava allo specchio. Per lui quel gesto rappresentava una mera tortura, sicché aveva preferito non metterne nemmeno uno nel suo bagno: non tanto per le sue imperfezioni quali brufoli o lentiggini, piuttosto per i suoi difetti dovuti sempre alla sua particolare situazione.

Il suo aspetto non era infatti dei migliori.

A causa della narcolessia non praticava nessuno sport: d'altronde chi vorrebbe un compagno di squadra che si potrebbe addormentare nel bel mezzo di una partita? Di conseguenza, Dreem non aveva mai avuto un fisico muscoloso o anche solo lontanamente allenato.

Inoltre, presentava costantemente due grosse occhiaie attorno agli occhi che suggerivano a chiunque le vedesse l'idea di averle appena prese da qualcuno più grosso di lui.

Infine il suo corpo emanava quasi sempre un'aria trasandata, di eterno spossato, che i suoi capelli perennemente in disordine sapevano far trasparire ulteriormente senza alcuna difficoltà.

In conclusione, Dreem odiava il suo aspetto, odiava dormire, odiava praticamente quasi tutto di sé. E non poteva farci niente, se non accettarlo con rammarico ed andare avanti come meglio poteva con la sua vita.

Ad essere onesti, un lato positivo nella sua vita c'era, per quanto insignificante poteva rivelarsi: quando Dreem sognava, diventava un dio. Infatti, a furia di dormire durante il giorno, il ragazzo aveva sviluppato una piena capacità a gestire i suoi sogni, con la quale dava spesso origine ad avventure spettacolari degni di un autore di libri fantasy, o a creature dall'aspetto insolito come quello del cavallo rosso, o persino a costruire interi edifici nel giro di pochi secondi e senza sforzo.

E, in ognuna di queste occasioni, si sentiva realmente felice.

In certi momenti, gli pareva persino di appartenere di più a quel mondo, piuttosto che a quello dei suoi genitori, dei suoi compagni di classe, di tutte le altre persone presenti sul pianeta, e che il suo corpo stesse semplicemente cercando di tenerlo il più allungo possibile nella sua realtà, quella dove lui era normale e gli altri i malati.

"Purtroppo i sogni sono sogni", si ripeteva spesso con amarezza quando faceva questi ragionamenti. Doveva accettare la triste verità, e nel frattempo accettare anche l'idea di dover trascorrere le prossime quattro ore della sua vita in una stanza piena di ragazzi sani e di professori indifferenti al suo particolare problema.

Depresso com'era quel giorno, non si accorse neppure che il cavallo rosso fiammante dagli occhi dorati che aveva incontrato esattamente una settimana fa, si ergeva adesso dietro le sue spalle e che, osservandolo con aria cupa, gli sussurrò "Sta arrivando, giovane eroe. Spero che tu sia pronto", prima di sparire nuovamente nel nulla.

   
 
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