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Autore: arashi17    24/03/2016    13 recensioni
Min Yoongi, alla fine lo aveva lasciato a diciotto anni.
Non che non lo amasse più, ma lo stare con uno stupido e immaturo sedicenne non rientrava nei suoi piani.
Eppure, non si sfugge all'amore vero. Non esistono incomprensioni, caratteri immaturi e caratteri troppo fiscali. Non esistono modi di fare sbagliati e pensieri giusti. Non esistono egoismo e rabbia. L’amore è rabbia, l’amore è egoismo e nessuno gli sfugge, neanche a distanza di sette lunghi e infernali anni.
*YoonMin*
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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SLOWLY


 



 
Min Yoongi alla fine lo aveva lasciato a diciotto anni.

Non che non lo amasse più, ma lo stare con uno stupido e immaturo sedicenne non rientrava nei suoi piani.

Era accaduto tutto troppo velocemente per poter essere drasticamente realizzato, ma nella sua testa non era di certo una novità: l’ipotesi di tornare single gli fluttuava da alcuni mesi ma mai avrebbe immaginato che il coraggio per farlo gli sarebbe giunto davvero.

Ripeteva a se stesso che non era giusto, che non se lo meritava un trattamento simile, che non poteva continuare a soffrire per lui come un cane bastonato dopo aver svolto ogni richiesta del proprio padrone. In fondo al suo cuore, Yoongi sapeva esattamente di essere divenuto il cagnolino del suo ragazzo, ma per quanto forte sarebbe stata la tristezza, l’amore che provava per lui avrebbe rattoppato tutto.

Min Yoongi non credeva di certo alle storie d’amore da fiaba, non sognava una vita romantica perfetta sotto ogni punto di vista, non si illudeva che avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni accanto alla stessa persona con il sorriso stampato sul volto ventiquattro ore su ventiquattro. Yoongi sapeva benissimo che ci sarebbero stati degli alti e bassi, che i litigi e le delusioni sarebbero stati presenti, ma sperava che almeno dopo ogni momento buio, il suo ragazzo lo avrebbe abbracciato e rassicurato.

Che gli avrebbe detto “ormai è passato. Ora sorridi.”

Che lo avrebbe baciato e coccolato per un istante. Non per ore mielose e stucchevoli, ma un solo istante.

Eppure, Park Jimin non aveva mai compiuto uno solo di quei gesti che tanto avrebbero reso felice Yoongi.

Park Jimin preferiva trascorrere il suo tempo insieme agli amici, preferiva lamentarsi della sua vita e delle insufficienze prese a scuola, preferiva mettere il broncio e fare i capricci, preferiva il sesso all’amore, preferiva tutto e tutti, dando per scontato Yoongi.

Sì, perché era questo quello che era Yoongi per lui: una presenza scontata. Una di quelle cose che sai che c’è e ci sarà anche dopo, come un mobile in una stanza, o una parte del tuo corpo.

Park Jimin sapeva bene che il suo ragazzo non lo avrebbe mai abbandonato, la sicurezza che ci sarebbe stato sempre Yoongi a proteggerlo e aiutarlo era qualcosa di estremamente ovvio. E lo aveva capito da subito, da quando avevano deciso che stare insieme e formare coppia fissa sarebbe stata l’idea migliore. Min Yoongi era totalmente devoto a lui, ed una realizzazione del genere per un ragazzo di sedici anni, è qualcosa di troppo grande.

Nonostante tutto però, Min Yoongi ci voleva credere almeno un pochino. Così lo assecondava e lo viziava, chiedendo in cambio solo poche piccole cose.
Che tassativamente non rientravano in cassa.

Per esempio, il fatto che Yoongi si fosse messo a lavorare era qualcosa di orribile per Jimin. E anche che Yoongi si impuntasse fermamente nel farlo andare bene a scuola, a lui non piaceva. Così come odiava che Yoongi provasse in ogni modo ad allontanarlo da Jungkook, un ragazzino di seconda che corrompeva Jimin a fumarsi due tiri d’erba con lui durante l’intervallo.

Per tutte queste cose, Min Yoongi si era sentito dire con disprezzo che “adesso che lavori non abbiamo più tempo per noi! Pensi soltanto ai soldi e ai tuoi interessi!” e anche “non me ne faccio nulla delle tue ripetizioni, stiamo solo sprecando tempo quando potremmo scopare sul mio letto.” Ed in fine “Jungkook è un mio carissimo amico, sei geloso che possa preferirlo a te? Smettila di allontanarmi da tutti!”

Alla fine Min Yoongi lo aveva lasciato. O per lo meno ama credere di averne preso lui stesso l’iniziativa per sentirsi un pochino meno vigliacco.

Era successo come sempre tutto troppo velocemente, in un pomeriggio di Ottobre, a pochi giorni dal compleanno di Jimin.

Se l’era ritrovato davanti al negozio di dischi dove lavorava, poco dopo le diciassette del pomeriggio e dall’espressione che corrucciava il viso del ragazzo, Yoongi presagiva solo cattive notizie.

Jimin aveva trascorso una pessima giornata scolastica. Aveva accumulato l’ennesima insufficienza e aveva litigato con Jungkook. Come se non bastasse, aveva aggiunto, Yoongi non si era degnato nemmeno di andare a prenderlo all’uscita di scuola, e che Yoongi gli stesse ripetendo che stava lavorando, a lui non importava.

La goccia traboccò quando Min Yoongi osò incolparlo perché “se solo mi avessi ascoltato in queste settimane, non avresti preso un brutto voto oggi.”

Jimin, quindi, lo guardò con occhi dispregiativi e lo accusò di essere un egoista del cazzo e un pessimo ragazzo e, al perché chiesto legittimamente da uno Yoongi stufo, il minore perse le staffe.

“Non mi consideri! Ti sei chiuso in questo negozio di merda e lo preferisci a me! Invece di abbracciarmi e consolarmi per la mia giornata schifosa te ne stai lì con quell’espressione del cazzo e mi giudichi! Non sta andando come mi ero immaginato, hyung! Se hai così poca considerazione di me allora lasciamoci!”

Min Yoongi non saprebbe dire quanta forza gli ci volle per non piangere e non urlargli contro. Prese un profondo respiro e, con tutta la calma del mondo, rispose.

“Perfetto allora.”

“Perfetto cosa? Che stai dicendo, hyung?”

“Sto prendendo in considerazione la tua proposta di lasciarci, Jimin ah.”

“Tu non hai le palle per lasciarmi.”

E quella invece, fu la frase che fece perdere le staffe ed ogni briciolo di lucidità a Yoongi.

“Ascoltami bene, cretino. Mi hai fatto sputare sangue per un anno intero, mi sono addossato ogni tua colpa, sono finito in ospedale per proteggere quella faccia del cazzo che ti ritrovi durante quella rissa causata da Jungkook, ho cercato in ogni modo di preservarti e proteggerti, ho sempre e solo fatto ciò che volevi tu! Per la miseria, Jimin, mi sono messo a lavorare per farti questo stupido, fottuto, inutile regalo di compleanno e tu non hai fatto altro che dirmi le peggio cose! Adesso vieni a dirmi che non ti considero e non ti consolo? Ma quando mai lo hai fatto tu per me? Sei un egoista, Jimin. E anche un egocentrico bambino viziato! Non ci sto con i coglioni come te. Matura un po’, poi ne riparleremo.”

Gli aveva urlato tutto. Nonostante delle ragazzine stessero passando di lì guardandolo sconvolte, lui aveva continuato ad urlare. Aveva anche tirato fuori dal portafogli i biglietti per il concerto di Taeyang che Jimin adorava e glieli aveva buttati addosso mentre Jimin li osservava svolazzare e crollare ai suoi piedi con lo sguardo più attonito che potesse esistere.

E poi Jimin gli aveva osservato le spalle allontanarsi e rientrare nel negozio, sbattere la porta e oscurarsi mentre lui se ne restava lì immobile a realizzare cosa fosse successo.

Fu l’ultima volta che Yoongi vide Jimin ed una cosa era certa: dopo averlo lasciato, aveva sofferto da cani, molto di più di quando stava insieme a lui. Ma per lo meno, la sua dignità era ancora intatta.

*

Quando Park Jimin rivede Min Yoongi, sono trascorsi esattamente sette anni.

È mattina e nel centro Samsung più importante di Seoul si sta svolgendo la cerimonia per il rilascio del nuovo e accattivante design dello smartphone omonimo.

Min Yoongi è lì in compagnia di Hoseok, un suo caro amico dai tempi del liceo, osserva i vari telefoni e osserva l’offerta assurda che stanno vendendo ai clienti per il nuovo cellulare sul mercato. Ne resta affascinato, è davvero bello e delicato, quindi decide di acquistarlo ed uscire da quel posto troppo affollato per i suoi gusti.

Park Jimin lo ha ringraziato per l’acquisto, una formalità tanto fredda quanto rapida, ma Yoongi non se n’è nemmeno reso conto.

La seconda volta che si incontrano avviene a distanza di due settimane dal loro primo incontro.

Kim Namjoon è finalmente tornato dal suo Erasmus negli Stati Uniti e la prima richiesta che si permette di fare è una rimpatriata con i suoi amici di sempre.

Ci sono Jung Hoseok e Kim Seokjin, rispettivamente il suo storico compagno di banco al liceo e il suo migliore amico da una vita. Ci sono tre amici con cui lui e Hoseok giocavano a calcio nei pomeriggi dopo la scuola. Ci sono Kim Taehyung e Min Yoongi, il suo collega di corso preferito e l’amico rivale di sempre sia a scuola che negli sport. E a breve ci sarà anche Park Jimin, suo compagno di stanza nel dormitorio durante l’Erasmus e che come lui è tornato da poco a casa.

Sono tutti già un po’ alticci alle dieci di sera, la sala di Namjoon non vedeva così tante persone e disordine da circa un anno e il sipario di birre e alcool vario che si intravede ai piedi del sofà farebbe invidia ad una birreria.

Hanno già parlato dell’America, delle ragazze americane e di come stia procedendo la vita un po’ a tutti, ma il perché adesso stiano parlando degli amori passati e presenti e delle delusioni, Yoongi proprio non lo concepisce. Eppure, a detta di Seokjin, a distanza di tutti quegli anni e con tutte quelle birre, ci si sarebbero fatti una fragorosa risata.

Sta raccontando Yoongi, un tantino riluttante ma pur sempre brillo, mentre Namjoon va ad aprire il portone a Jimin che chiede scusa ma un imprevisto lo ha trattenuto a lavoro. Namjoon gli intima di presentarsi a chi ancora non conosce, ma Jimin, ignaro che svoltato l’angolo del corridoio, stravaccato sul divano ci sia il suo ex, sorride e assicura che si presenterà dopo.

Ed è proprio un istante prima di varcare la soglia della sala che lo sente. E Min Yoongi, ignaro a sua volta, ha appena attaccato a parlare di lui.

“Ma Jimin era uno stronzo.”

“Però quello stronzo ti è piaciuto un casino, non negarlo!”

Gli ricorda ironico Hoseok, e tutti, compreso Yoongi, ridacchiano consapevoli che quella è una verità balorda e fin troppo vera.

“E chi lo nega. L’unico che non lo ha mai capito è stato proprio lui. Aish, mi ha fatto passare le pene dell’inferno.”

“E vi ricordate quella volta che le ha prese per aiutarlo? Come si chiamava quel marmocchio che aveva istigato la lite? Andiamo, quello che fumava peggio di Namjoon!”

“Jungkook? Quello lo odiavo seriamente. Alle spalle di Jimin lo sfotteva e parlava male di lui. Ma Jimin a quanto pare lo preferiva a me.”

Yoongi fa spallucce e ride calandosi metà bottiglia in un sorso. L’atmosfera è leggera nonostante sia quello il discorso, lo sanno tutti che ormai è acqua passata.

“Ma poi che fine ha fatto? Vi siete lasciati ed è sparito. Non credo sia morto di dolore.”

“Non so, Hoseok. Io non l’ho più né visto né sentito. E comunque credo che l’unico a star male fui io. Per Jimin, il fatto che ci lasciammo fu solo un pretesto per spassarsela. Il coglione sono solo io.”

Un sorrisetto amaro sulle labbra e Yoongi fa di nuovo spallucce ingoiando l’ultima goccia di birra. Nessuno osa fiatare per qualche secondo, la situazione è stata ben definita dal ragazzo e mentre Namjoon ai piedi della porta si rende conto della plateale cazzata che ha combinato, e lui si protende per acciuffare l’ennesima birra sul tavolo, una mano gentile gliela porge.

“Che è ‘sto silenzio? Okay ha fatto male ma non ci penso più. Park Jimin è solo un ricordo lon- oh, grazie Nam-”

“Di nulla, hyung.”

Il respiro e il cuore di Min Yoongi si paralizzano un attimo. Sapeva che un altro amico di Namjoon doveva arrivare, ma come quei due possano conoscersi, non gli è chiaro.

Eppure il ragazzo che gli si erge davanti e che gli sta gentilmente ponendo la bottiglia di birra gli ricorda in maniera spropositata Jimin. Certo, questo ragazzo che ha davanti è più alto, più magro e muscoloso, ha i capelli color cioccolato, ha lineamenti più spigolosi e maturi, anche la voce è più da uomo e i modi gentili non sono mai stati una peculiarità di Jimin, eppure quelli sono i suoi occhi grandi, quello è il suo sorriso dolce e quelle sono le stesse mani che sette anni prima ha amato con tutto se stesso.

Yoongi schiude le labbra come per parlare, ma Jimin lo precede presentandosi ai ragazzi che non lo conoscono e salutando chi invece conosceva bene in passato.

“Sono Park Jimin, io e Namjoon ci siamo conosciuti in America durante il suo Erasmus. Frequentavamo la stessa università ed eravamo compagni di stanza. Ecco come sono capitato qui ‘sta sera.”

Yoongi, Hoseok e Namjoon congelano sul posto, non sanno affrontare una bomba atomica così improvvisa e i loro occhi divagano per la stanza finché un Seokjin coraggioso non parla.

“Che fine hai fatto dopo… dopo che vi siete lasciati?”

“Beh,” comincia Jimin prendendo una birra e sedendosi accanto a Yoongi. “sono dovuto partire urgentemente lì con i miei. È in America che mi sono diplomato e laureato. Sono tornato da pochi giorni per lavoro.”

“Siamo sicuri che tu sia quel Park Jimin? Laureato? Lavoro?”

Domanda allibito Yoongi voltandosi a guardarlo. Mossa errata in quanto Jimin è fin troppo vicino e fin troppo bello per reggere.

“Mi dicesti di maturare, hyung. Matura un po’, poi ne riparleremo. Te lo ricordi, no?”

Jimin ride e gli fa il verso di quando si lasciarono anni prima e Yoongi può giurare di aver perso un battito nel riascoltare quelle parole. Adesso non ci sono più dubbi: quello che gli siede accanto è proprio il suo ex ragazzo che adesso è infinitamente bellissimo e cambiato.

Tutti applaudono e sollevano stupidi ed imbarazzanti cori accompagnati da qualche fischio. Meglio riscaldare l’atmosfera e riderci su prendendosi un po’ in giro o la serata si sgretolerà senza rimedio; questo lo comprendono tutti subito.

“E che lavoro fai?”

Domanda ridacchiando Hoseok.

“Sono un designer per conto della Samsung. Il telefono che ieri lo hyung è venuto a comprare con te l’ho disegnato io. Bello, eh?”

La risposta è pacata e pronunciata con tono sereno e rilassato, Jimin sorride e beve la sua birra mentre Yoongi sgrana gli occhi e gli altri ridono e riprendono a incitarli.

“Beh, Yoongi, maturare è maturato abbastanza.”

“Di certo prende più quattrini di te!”

Riparlatene, adesso ha tutti i requisiti che richiedevi.”

Min Yoongi scrolla le spalle e si volta nuovamente per osservare Jimin. Si poggia allo schienale e si rilassa prendendo a ridere insieme agli altri. Per lo meno fingere di star bene deve farlo.

“Poco ma sicuro. Il sano di mente è rimasto un povero comune mortale, mentre il fuori di testa egoista è diventato un riccone.”

“Hyung, non offendermi anche a distanza di sette anni! Ho curato anche il mio egoismo, sai?”

Jimin sorride, Yoongi ride e nasconde il viso con la bottiglia, incredulo a ciò che sta vivendo.

“Vedi Yoongi? Adesso è perfetto davvero.”

“Nah, ho paura che adesso possa incolparmi di umiliarlo perché guadagno troppo poco! E poi, Jimin ah! Dov’è finita la ciccia? Sei magrissimo.”

Nega la proposta di Namjoon e ridacchia prendendosi in giro da solo per lo stipendio che porta a casa. Tutti annuiscono rivedendosi in lui per poi scoppiare a ridere alla frase finale. In effetti quando stavano ancora insieme, Jimin pur non essendo sovrappeso, aveva un corpo morbido e paffuto che a Yoongi faceva impazzire.

“Al posto della ciccia adesso ci sono tanti bei muscoli. Ti sei perso un bel pezzo di ragazzo lasciandomi.”

“Me l’avevi proposto tu, non darmi colpe.”

“Sì, ma sei sempre stato l’unico a credere che io volessi lasciarti. Alla fine sei tu che mi hai scaricato davvero.”

Le risate si sovrappongono per quel battibecco assurdo, anche Yoongi e Jimin si uniscono e ridono di gusto. Ma preferiscono evitare il contatto visivo. Sanno che l’uno riuscirebbe a decifrare alla perfezione lo sguardo dell’altro, è una di quelle poche cose che avevano imparato a fare nel loro anno insieme e adesso sarebbe stato troppo anche solo provare a spiarsi di sottecchi.

Yoongi analizza la frase che Jimin gli ha appena riferito e non può non notare il tono leggermente più serio e malinconico con cui l’ha pronunciata. Così come non può non afferrare l’ennesima verità che quella notte gli si staglia davanti al cuore: Jimin nel bene o nel male era innamorato di lui.

Lo capisce anche perché Jimin gli rinfacciava sempre, nei momenti di rabbia, che lo avrebbe lasciato per poi pentirsene e chiedere perdono. Erano le uniche volte che Yoongi poteva cullarsi nell’abbraccio splendido e sincero del suo ragazzo.

Però adesso, mentre smette di ridere e si perde a fissare il pavimento ai suoi piedi costernato di bottiglie vuote, capisce anche un’altra riluttante cosa: che in quell’anno ha davvero pensato solo a se stesso. Aiutare Jimin a riempirlo di buoni voti a scuola e regali non era ciò che Jimin desiderava. Sgridarlo di continuo perché troppo capriccioso e troppo assillante con la sua ricorrente “hyung, stai con me invece di fare altro!” non era ciò che Jimin voleva.
Lasciarlo alla prima occasione nonostante lui non lo avesse mai nemmeno una volta allontanato, non era quello che Jimin aveva sperato.

Ma Min Yoongi, i pensieri di un Park Jimin adolescente, ribelle e in cerca di attenzioni dalla persona amata, li capisce solo ora che Jimin adolescente e ribelle non lo è più. E soprattutto, li capisce solo ora che Jimin non lo ama più.

*

Park Jimin cammina a passo sostenuto lungo la stradina in salita accanto al fiume Han. Si allenta il nodo della cravatta lasciando che ricada leggero sulla camicia bianca e concorda un appuntamento con il suo capo per il pomeriggio del giorno dopo. Non gli pare vero che avrà il resto della giornata e la mattinata successiva libere e, nel pieno della felicità, stiracchia le braccia e si volta ad osservare un gruppo di bambini che corrono in fila nel piccolo campetto da basket che popola la riva.

Un lembo della camicia salta fuori dai suoi pantaloni e Jimin nota una chioma mora in contrasto con una pelle troppo bianca che conosce meglio di chiunque altro.

“Hyung?”

Si avvicina dopo pochi minuti reggendo due caffè tra le mani e ne porge uno a Yoongi che per un istante non sa come reagire, ma poi afferra il bicchiere e lo ringrazia semplicemente.

Si siedono sull’erbetta ai lati del campetto, Jimin incurante di macchiarsi i pantaloni da lavoro, Yoongi che intima ai suoi allievi di continuare a correre. È il tramonto.

“E così sei un allenatore di basket.”

“Hm. Alla fine mi sono reso conto che era l’unica cosa in cui fossi davvero bravo.”

Sorseggiano in contemporanea il caffè e per una manciata di secondi un raggio solare li acceca. Jimin poggia la mano sulla propria fronte, Yoongi strizza semplicemente gli occhi.

“Lavoro da quattro anni in una palestra non molto distante da qui. Quando fa bel tempo li porto a giocare fuori come oggi.”

Jimin annuisce sorridente e osserva i ragazzini che diligentemente corrono ed eseguono le istruzioni del loro allenatore. Un senso di pace gli si staglia dentro e torna a bere il suo caffè.

“Ti sono sempre piaciuti i ragazzini delle elementari. In cuor mio sapevo che saresti finito col diventare un insegnate o un allenatore.”

Yoongi devia lo sguardo dell’altro, troppo imbarazzato per quelle parole e ringrazia che il sole oggi sia così acceso da non farlo sembrare un perfetto idiota con quel rossore sulle guance.

“Già. Me la cavo. I ragazzi sono simpatici ed educati. Lo stipendio non fa schifo. E tu? Come ci sei finito con la Samsung?”

Jimin prende un respiro grande e si stiracchia le gambe, guarda il sole all’orizzonte e sorride lieve.

“Ti sembrerà buffo. Eppure quel tuo consiglio sul maturare mi si è scavato dentro. Dopo che ci lasciammo quelle tue parole mi attanagliavano. Mi resi conto subito di quanto mi comportai male con te e quando papà, qualche sera dopo, tornò a casa comunicandoci di dover partire per gli Stati Uniti a causa del suo lavoro, afferrai la palla al balzo.”

Yoongi lo ascolta attentamente, lo guarda incantato e gli osserva il profilo ormai scolpito e illuminato da quei raggi rossissimi che risaltano la sua pelle ambrata e la fanno quasi brillare come fosse oro. Poi Jimin si interrompe un istante per bere l’ultimo sorso di caffè e ne approfitta per comunicare ai suoi ragazzi di fare dieci minuti di pausa.

“Una volta lì, mi misi sotto con lo studio. Andai in palestra per tenermi allenato e impegnato durante i pomeriggi in cui non avevo il part time e, appunto, lavorai per tutti i seguenti anni del liceo come fattorino delle pizze. In quel periodo mi avvicinai al design e scoprii di essere portato per queste robe strane. Quindi mi iscrissi all’università e tramite vari professori e lavori che avevo già progettato, un membro del dipartimento creativo della Samsung mi ha notato.”

“Chi l’avrebbe mai detto.”

“Vero, eh? Ti sono debitore in un certo senso.”

Jimin sorride ancora rivolto al sole e Yoongi schiude le labbra ammirandolo. Solo quando Jimin si volta per guardarlo, l’altro scatta in piedi.

“Devo riportare i bambini in palestra. Tra poco i genitori verranno a prenderli.”

“Posso darti una mano. Ho la serata libera, Yoongi hyung.”

*

Min Yoongi non avrebbe mai e poi mai creduto che sarebbe riuscito nuovamente a parlare con Park Jimin. Tanto meno con la semplicità e la scioltezza con le quali stanno discutendo su cosa ordinare per cena una sera tra le tante che si sono susseguite per mesi dopo il loro ritrovo bizzarro.

Strano il fato, eppure trascorrere del tempo con il Jimin di adesso, Yoongi lo trova piacevole e rilassante. Jimin è diventato intimo e delicato, ha sempre quel velo di  pazzia e allegria che lo contraddistinguevano ai tempi della scuola, ma adesso è tutto più pacato e maturo in lui.

L’unica cosa che non va bene in quel rapporto così amichevole, è che Yoongi continua insistentemente ad essere innamorato di lui.

Non che lo abbia mai smesso di fare in quei sette anni. Le sue sono sempre state balle per mascherare ai più il suo malessere nei confronti di quella separazione da Jimin, e per quanto Hoseok insista nel farglielo ammettere, Yoongi si è ripromesso di starsene zitto e far marcire quel ricordo dentro di sé.

“Non ho idea di cosa siano le Linguine ai frutti di mare, ma sembrano buone.”

Ridacchia sfogliando il menù di quel ristorante lussuoso dove Jimin ha insistito tanto per portarlo.

“E lo sono davvero, Yoongi hyung! Prendile dai, io prenderò quest’altro primo così potremo scambiarci degli assaggi.”

Yoongi arrossisce e nasconde il viso dietro al menù. Insieme al nuovo Jimin, l’America gli ha trasmesso una sfacciataggine unica. Ma forse è solo lui che vede del malizioso in ciò che Jimin gli ha appena detto.

Alla fine gli assaggi li hanno fatti, ma nessuna delle ambiguità che Yoongi si era immaginato succede. Così terminano la loro cena, bevono gli ultimi sorsi della loro terza bottiglia di vino ed escono dopo che Jimin paga il conto.

Decidere di continuare la serata andando in un locale a bere degli short di rum non era nei piani di nessuno, ma a nessuno dei due appare come una cattiva idea.

Sono le tre di notte quando, fradicio di alcool e incapace di comandare il proprio corpo, Yoongi entra in quello di Jimin.

Sono finiti tra le lenzuola di casa Min, dopo aver cantato a squarciagola per le vie della città.

Sono finiti ad ansimare i loro nomi, dopo aver cercato di rincorrere un gatto randagio che Yoongi insinuava gli avesse derubato il portafogli.

Sono finiti a spingersi l’un l’altro, dopo esser rotolati sull’erba del parco accanto casa di Yoongi ed aver riso fino a sentire i crampi alla pancia; essersi baciati nel momento in cui le risate hanno smesso di riempire l’aria; non aver smesso di baciarsi neanche quando, trovate per miracolo le chiavi dell’appartamento, hanno sbattuto contro il mobiletto all’entrata della casa; ed essersi spogliati famelici e disperati, bisognosi l’uno dell’altro più di quanto un corpo abbia bisogno dell’ossigeno.

Quindi, più Yoongi spinge, più Jimin respira. Più va in profondità, più l’altro si avvinghia a lui. Nuovamente, per Yoongi il fato è strano. Si domanda il perché tutti questi abbracci non hanno potuto manifestarsi prima, si chiede perché Jimin non ha ripetuto di amarlo con così tanta intensità da imitare la stessa intensità dei raggi del sole nel tramonto di qualche mese prima.

Domande vane tra i respiri di quella notte che non prevede risposte e si concede alla follia del sentimento che li sovrasta, li ingloba, quasi li schernisce ricordando ad entrambi quanto legati dall’amore siano.

Non si sfugge all’amore vero. Non esistono incomprensioni, caratteri immaturi e caratteri troppo fiscali. Non esistono modi di fare sbagliati e pensieri giusti. Non esistono egoismo e rabbia. L’amore è rabbia, l’amore è egoismo e nessuno gli sfugge, neanche a distanza di sette lunghi e infernali anni.

Eppure, quando Yoongi si risveglia la mattina dopo con l’odore di Jimin addosso, sul letto ci sono solo lui e un bigliettino veloce.

Scusa.

Min Yoongi non è una di quelle persone che piange o si commuove. Ma le lacrime di delusione e rabbia che adesso gli grondano sulle guance arrossate, decidono che per un giorno possa esserci un’eccezione.

*

Quando Min Yoongi riesce ad incontrare e parlare con Jimin dopo quella notte d’amore, è passato circa un mese.

Non sa ancora come, ma Namjoon è riuscito a convincere Jimin ad incontrarlo e se adesso sono lì, davanti il campetto vuoto sul fiume, Yoongi lo deve solo al suo amico e rivale.

Park Jimin indossa un cappotto blu scuro che la notte rende più tenebroso, un paio di jeans e una camicia. Yoongi riconosce che quelli sono gli abiti da lavoro del giorno e si dispiace per averlo disturbato poiché sarà sicuramente stanco.

“Scusa se ti ho assillato fino ad ora. Ma… dovevo parlarti, Jiminnie…”

Jimin trema e socchiude gli occhi quando riascolta quel nomignolo dopo tutti quegli anni ma subito si inchina esageratamente e, mortificato, implora perdono.

“Perdonami! Perdonami Yoongi hyung, sono stato un vigliacco e un immaturo.”

“Jimin…”

“Quella notte non doveva succedere quel che è successo! Non che non avessi voluto, ma avrei dovuto rispettarti e non l’ho fatto! Ti ho ferito di nuovo, e non sapevo come affrontarti- ho… ho avuto paura.”

Solo allora Jimin rialza il viso, quando la mano di Yoongi gli si poggia sul mento e lo solleva lieve. Lo ascolta e cerca di assemblare ogni informazione ricevuta. Ha trascorso un mese intero a seguirlo, a cercarlo, a chiamarlo, tutto per poter chiarire, tutto per poter guardarlo negli occhi dopo averci fatto l’amore ancora una volta. Ma non si sarebbe di certo aspettato delle scuse da parte sua.

“Jiminnie… perché mi chiedi scusa? Io ero solo preoccupato di aver sbagliato…”

“Hyung tu non hai sbagliato nulla! Non dovevo costringerti a farlo, non dovevo andarmene in quel modo, non…”

Yoongi gli poggia il pollice sulle labbra e le liscia lentamente. Non lo sta ascoltando dal “sbagliato nulla” tanto è rapito da quella bocca che ora più che mai vorrebbe sulla sua.

“Hai detto che lo volevi anche tu.”

“Sì, l’ho detto.”

“Allora perché stiamo ancora a parlarne? Torniamo insieme, io non ho mai smesso di amarti.”

È un mormorio a fior di pelle quello di Yoongi e Jimin apre gli occhi e lo guarda con l’espressione di un bambino felice.

“Perfetto, allora.”

Ma Yoongi non capisce e inclina la testa con uno sguardo interrogativo sul volto. Jimin sorride e finalmente si lascia andare abbracciandolo.

“Sto prendendo in considerazione la tua proposta di tornare insieme, Yoongi hyung.”

E Yoongi ride di cuore risentendo quella frase dopo sette anni, e stringe a sua volta Jimin con un braccio mentre la mano continua a coccolargli il viso.

“Ah, non ho mai smesso anche io di amarti. Questo non te l’avevo mai detto, hyung.”









Non sense:
Prima di tutto: Namjoon non sapeva che Jimin e Yoongi stessero insieme. Non chiedetemi come sia possibile, nella mia testa c'è un filo logico ma sono troppo pigra per scriverlo xD
Buon ciao a tutti ^^ eccomi qui con questa one shot inutile e senza senso che sta mattina ho deciso di scrivere invece di dormire. 
Non ha nulla di speciale, è una roba senza pretese e sinceramente non ha davvero senso, quindi non mi meraviglierò se non piacerà. 
Se ci sono degli errori perdonatemi, correggerò al più presto >< 
Comunque boh, non so perché l'ho scritta. Avevo voglia di una Yoonmin che non sfociasse nella depressione e che non mi richiedesse troppe energie, e alla fine è uscita questa cosa.
Il titolo fa schifo ma è l'unico che mi è venuto in mente, non fateci caso.
Spero che per dieci minuti vi abbia tenuto compagnia dai, e magari spero di leggere qualche commento da parte vostra, a me fa sempre piacere!
Un bacetto a tutti e grazie a chi leggerà ^^
P.s sappiate tutti che la mia patata dolce mi manca.

Grace
   
 
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