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Autore: crystalelettra    24/03/2016    0 recensioni
"Cadono tutte le stelle. E cadde. Si ruppe come una roccia rotolante su una montagna, quella che era diventata sulla terra. Era molto più azzurra di ciò che pensava. Lo era davvero, ma altrove. Lì si ritrovò crocifissa, il suo mondo era lontano.
(...)
Il pianto del cosmo l'aveva fatta crollare nell'oceano della realtà."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP.I

 
Ricordati che siamo dei puntini. Sì, ma i puntini sono infiniti.

Un grande disegno. Siamo noi, tanti puntini che insieme compiono una costellazione.
La bellezza di colori che non si somigliano, se il blu non fosse così scuro gli sarebbe quasi impossibile produrre il verde con un tipo come il giallo.
Questa è la storia di un puntino come tanti altri, che cerca di svelare la poesia delle cose.
Ella aveva bisogno della luce ormai da tempo perduta. Capì che doveva accettarsi, con un'arma o senza, proprio com'era. Gli occhi erano la rappresentazione di se stessa: lo sfondo celeste in continuo contrasto con i flussi bui e vividi. Il vortice che la risucchiava dall'interno si sarebbe risolto soltanto esprimendosi. Gridando alla vita.

Perché sono viva, dalle ceneri è rinata la mia fenice. Non sono affogata. Emersa dall'urlo dell'esistenza. Evolvo ogni dì. Gli amori e gli odi potranno crescere strillando al cielo. I muri silenziosi dei miei pensieri devono scatenarsi, crollare dinanzi alle ipocrisie. Quella tempesta di sentimenti sta aprendo il mio interno con pugni agili, tirando martellate fortissime. Lascio le crepe del mio corpo estendersi e nel frattempo mi sento giovane e potente. Ho l'invulnerabilità desiderata da sempre. E' il momento.
Se nessuno vorrà credermi, libero sarà nelle sue forme. Ascoltare gli altri e incidere i loro dolori, esempio eterno di una grande tragedia. Lo voglio. Distruzione, la bomba atomica, è tempo di aprire gli occhi della sofferenza all'inutilità inflitta dagli altri.
Non la si riesce più a guardare, la verità di ogni atomo, perché troppo cechi da ciò che possiamo vedere. 
Un flusso interno tende all'inifinito. Quello che intendo quando affermo: siamo dei puntini.
Tendermi agli estremi da brava disadattata, banalmente malata come tutti gli altri. E' quello che sono. C'è qualcosa che ci differenzia per un'unica ragione. Limitati dal tangibile, non ci rendiamo conto, c'è realmente qualcosa di molto più intenso intorno al filo del mondo.
Dubitare, non esistono colori se non l'uninone di questi.


Cadono tutte le stelle. E cadde. Si ruppe come una roccia rotolante su una montagna, quella che era diventata sulla terra. Era molto più azzurra di quello che pensava. Lo era davvero, ma altrove. Lì si ritrovò crocifissa, il suo mondo era lontano.
Aveva dei poteri e non aveva mai immaginato di averli. Perché le avevano inculcato di essere vuota e immobile come la roccia in cui si era trasformata dopo essere atterrata in quell'oscuro territorio. Nel terrore intorno vedeva delle immagini, ovunque. Insetti correre e donne incinte saltare. Tormentata continuamente, maledettamente depressa. Non si spiegava quali fossero i motivi della malignità stupida e inutile. Credeva le cose potessero comporsi dal risultato di elementi gentili. Finché giorno per giorno cercarono di succhiargli l'animo. Ogni cosa attorno desiderava dominarla. Inetta nell'agire. Un genio a stare in silenzio. Come quegli schiaffi o quelle botte taciute. Il veleno sputatogli addosso e i luridi sussurri.
Adagio adagio si oscurò dagli altri esseri viventi. I secondi erano sempre più arrabbiati e i minuti infami avevano approfittato del suo bianco. L'infanzia era il ricordo di estraniazione dalla realtà. Una continua corsa a distanza dalle mani graffianti. Spesso le bruciava il viso per le lacrime versate, però, di solito, inventava storie parallele con le bambole o si addentrava nell'immaginazione che da sempre la possedeva. Alienandosi dalle coltellate donategli con la maschera del sorriso. Dopo tutti i calci incassati e l'incomprensione altrui quotidiana, si era convinta del suo valore, minore di quello di un ventilatore d'inverno. 
Le figure del passato le regalavano la timidezza delle nuvole. Aveva intuito con gli anni di essere un campo magnetico per  le genti intente a soggiogarla. Spremerla fino alla fine per l'intolleranza ricevuta durante l'esistenza e berla come un'aranciata. Come si fa con le anime ascoltatrici dei cieli stellati. 
Ricordava in qualche modo di non essere ciò che sembrava.
Aveva una sensazione. Qualcosa oltre le finetre e le auto che camminavano per strada, aveva voluto tormentare per sempre gli esseri umani come lei. Renderli incomunicabili finché non avessero trovato il modo giusto per capirsi da sé. Aveva soltanto una strada da percorrere, ne era consapevole, almeno di questo. Se voleva sciogliere la maledizione, doveva imparare ad usare gli strumenti fondamentali per la creazione di quel mondo perduto.
Il pianto del cosmo l'aveva fatta crollare nell'oceano della realtà.

   
 
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