Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ele_stud    25/03/2016    2 recensioni
I personaggi di Shingeki in un AU che riprende in tutto e per tutto il cliché dei college americani, focalizzandosi su Armin e Jean e sull'evolversi del loro rapporto dal primissimo incontro
(tutti hanno qualche anno in più rispetto all'opera originale per motivi di trama, per l'aspetto esteriore mi sono ispirata ad alcune fanart Older Shingeki trovate in giro per tumblr)
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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~~I can always say “It’s gonna be better tomorrow”

Cap.1
Armin POV
Lunedì

Ci siamo. Primo giorno di università. Sono nervoso naturalmente, come potrei non esserlo.
Ho fatto così tanti sacrifici negli anni per riuscire ad entrare al St.Maria, il classico posto per ricchi figli di papà che non sanno cosa farsene del proprio futuro.
Forse sono troppo duro, lo ammetto, tuttavia è il pensare a tutti i risparmi che io e il nonno abbiamo usato soltanto per riuscire a farmi entrare qui che mi fa arrabbiare, e tutte le auto di lusso che vedo parcheggiate fanno salire in me una sorta di odio proletario, che brucia lo stomaco e mal volentieri mi fa pensare al fatto che probabilmente uno dei proprietari di questi gioiellini sarà il mio compagno di stanza, per tutto il tempo che riuscirò a passare in questa università.
«stai pensando di nuovo troppo Armin, non ti fa bene» esco dall’auto di Eren, lo guardo, cerco di sorridergli e sbatto la portiera alle mie spalle, è stato così gentile da parte sua accompagnarmi «aspetta, ti do una mano con i bagagli»
Lo ringrazio ancora una volta, lui e la sua sorellastra Mikasa sono i miei unici amici, anche se più che altro ormai li considero parte della famiglia.
Mi dirigo assieme ad Eren verso la stanza che mi è stata assegnata, il corridoio del dormitorio è una sorta di tortura psicologica «credo che lo chiamerò “il miglio verde”»
«Armin, tutto bene?»
«facciamo una scommessa, se nei circa duecento metri rimasti tra noi e la mia nuova camera riesci a trovare un ragazzino senza il muso appiccicato allo schermo di un qualche smartphone o che quantomeno non sembra vestito come se dovesse presentare la settimana della moda ti pago il pranzo per una settimana»
Non parlo così tanto di solito ma il nervoso mi gioca spesso brutti scherzi «Woah Armin, calmati! Non c’è nulla di male nel vestirsi alla moda o nell’usare un cavolo di telefono, a volte esageri!» so benissimo che non c’è nulla di male in nessuna di queste cose ma perché ti focalizzi sui dettagli e non su ciò che tento di esprimere? Cerco sempre di essere il più chiaro possibile quando apro bocca, sono sempre stato la mente del nostro gruppetto, che posso farci se questa gente fa uscire il peggio di me? Quasi me ne vergogno, non conosco nessuna di queste persone eppure da quando sono entrato non faccio altro che giudicare in base a ciò che vedo, dovrei essere l’ultima persona al mondo a giudicare soltanto in base all’aspetto «alla fine credo che tu abbia ragione, aspetterò di conoscere qualcuno prima di ricominciare a parlar male di questo posto»
Mi sistemo una ciocca bionda dietro un orecchio, i miei capelli sono cresciuti così tanto nell’ultimo periodo e lisci come sono non restano mai fermi nel concio, forse convincerò Eren a tagliarmeli un giorno di questi «ricordo quando da bambini non facevi altro che parlare di questa scuola a me e Mikasa» merda, stavo di nuovo ignorando Eren, di cosa stava parlando stavolta? «dicevi?» mi dà un calcio facendo attenzione a non rovesciare i due scatoloni che porta «stavo dicendo che sei cambiato molto in questi anni ma solo fuori! Ora hai i capelli un po’ più lunghi, un po’ di carne su quelle ossa e sei anche più alto di me - di poco, pochissimo te l’assicuro! - ma per noi sarai sempre il nano secchione col caschetto color polenta e gli occhi blu!»
«fottiti»
«ti amo anch’io. Guarda, siamo arrivati finalmente»
«e sembra anche che non ti dovrò nessun pranzo» gli rispondo, entro e posiziono gli scatoloni vicino alla mia nuova scrivania. Il mio coinquilino non sembra essere in casa, meglio così
«Armin ti do una mano a sistemare poi volo al lavoro, va bene?»
«più che bene, ti ringrazio»
Non impieghiamo neppure un’ora a mettere sulle mensole tutti i miei libri e i pochi vestiti che ho da mettere nell’armadio, piazzo il portatile sulla scrivania e mi volto verso Eren, soddisfatto «non ringrazierò mai abbastanza i tuoi per questo regalo di compleanno, non so come avrei fatto a studiare per gli esami senza un computer»
«non dirlo, è da quando ti conoscono che ti considerano un bel nipotino da viziare»
Gli sorrido «bene, per un po’ non avrò bisogno di tornare a casa dal nonno, va a fargli visita ogni tanto se puoi» Eren mi abbraccia e mi scocca un grosso bacio sulla fronte
«trovo sempre del tempo libero per gli Arlert! Ora scappo, ciao!»
Lo guardo mentre corre per il corridoio «sei il miglior parrucchiere etero della nostra città!» Eren mi risponde urlando come suo solito «e tu l’unico che probabilmente riuscirà a laurearsi perciò non fare cazzate!» comincio a rientrare in camera quando lo sento urlare ancora «e comunque sono bisessuale!»
«fottiti Eren»
«ti piacerebbe!»
Entro finalmente in quella che d’ora in poi chiamerò camera mia, comincio a nutrire qualche speranza in questo posto, il poster di Porco Rosso che ho appeso sopra il letto mi guarda fiducioso.
Mi sistemo sul letto con le ginocchia al petto e comincio a leggere uno dei tanti libri che mi sono portato dietro e che ancora non avevo avuto il tempo di aprire.
Le mie lezioni cominceranno domani, ho già preparato tutto quello che mi serve, posso stare tranquillo.
TONF.
Alzo gli occhi dal libro.
TONF.
Perché la porta fa un rumore del genere?
TONF. TONF.
Qualcosa - o meglio qualcuno - sta sbattendo la testa sulla porta, un ubriaco forse? Alle dieci e trenta del mattino? Però se fosse il coinquilino aprirebbe con le sue chiavi, ogni studente ne ha un paio.
TONF TONF TONF.
Basta, non voglio aprire.
TONF TONF.
Io volevo solo starmene tranquillo.
TONF TONF.
Comincia a darmi fastidio, mi alzo per andare ad aprire ma mi fermo sulla soglia ad origliare un momento
«cazzo! Connie, hai le chiavi? Magari sono nel tuo zaino!»
«perché dovrei avere le tue cazzo di chiavi amico?!»
«merda!»
Alla fine apro la porta, da quel poco che ho capito incontrerò finalmente il mio compagno di stanza
«e tu saresti? Che ci fai in camera mia?»
Provo il forte impulso di sbattergli la porta in faccia ma l’educazione mi ferma
«mi chiamo Armin, a quanto hanno detto in segreteria la 104 sarà la mia nuova stanza, a disposizione finchè resterò qui»
Sento il ragazzo grattarsi la testa, non lo sto davvero guardando, non mi interessa che faccia abbia, mi ha fatto passare ogni voglia di legare con lui
«allora penso di essere il tuo nuovo coinquilino! Piacere mio, sono Jean e devo dire che mi hai appena salvato la vita!»
Ha usato un tono completamente diverso da quello che ho sentito poco fa dietro la porta, sembra quasi gentile, alzo gli occhi per guardarlo in faccia, giusto per cortesia mi dico ma... Wow.
Questo tizio è più alto di me e avrà sicuramente più muscoli o quasi ma non è tanto il fisico a colpirmi - sebbene non possa dire che non sia attraente, anzi - sono gli occhi, non riesco a capire di che colore siano, oro? Ambra? Non ho mai visto occhi del genere.
Torno a fissarmi le scarpe sperando che non si sia accorto di nulla, è nervoso, continua a grattarsi la testa, magari è davvero gentile oltre che vagamente attraente ma per adesso mi sembra solo molto tardo. Scommetto che è entrato al St.Maria per meriti sportivi ed è uno di quei quarterback semi analfabeti. Cerca di sorridere mentre mi parla «non è un granchè come prima impressione, eh? Questo è Connie comunque, uno dei miei migliori amici»
«Yo! Armin, giusto? In cosa ti vuoi specializzare?»
Non mi aspettavo questo tipo di domande, John lo interrompe «entriamo e parliamo davanti a una tazza di caffè invece di restare fermi sulla porta!»
Io e il tizio col taglio alla naziskin ci sediamo sulle sedie presenti in cucina, il mio coinquilino canticchia mentre prepara le cialde per il caffè, ho sempre preferito la moka in effetti, o farmi direttamente un tè o una tisana. Sembra felice, spensierato quasi, mi porge una tazza enorme di caffè americano, un modo elegante di considerare quell’espresso annacquato «grazie, John» mi sorride « è Jean veramente, mia madre è francese» sorrido di ricambio, non me ne frega molto in realtà.
Connie cerca di parlarmi ancora «prima che Jean si mettesse in mezzo ci stavi parlando della tua specializzazione» fà che non ridano, ti prego fà che non ridano «vorrei diventare un insegnante di storia, uno storico esperto nel campo delle strategie militari antiche e moderne» Jean sorride ancora, è quasi fastidioso «è fantastico! Almeno c’è qualcuno qui che ha delle aspirazioni serie» Connie lo spinge rischiando di cadere dalla sedia «i miei obbiettivi sono concreti almeno!»
Sono quasi curioso. Quasi. Lo guardo «spiegati»
«SOLDI! FAMA!»
«spiegati. Meglio.»
«sono entrato all’università per meriti sportivi, ho anche preso una borsa di studio! Sono un atleta e prendo parte alle lezioni di atletica, salto in alto e salto con l’asta!»
Prendo un altro sorso di quello che osano spacciare per caffè qui dentro, entrambi i ragazzi non smettono di sorridere, mi chiedo se non si siano fatti di una qualche sostanza o se mi stiano solo prendendo in giro «potresti venire a vedere una lezione un giorno, se ti va» sono sempre stato curioso e a ben pensarci non mi sembra una cattiva idea «le mie lezioni cominciano domani, mi organizzerò con gli orari e troverò un buco per venirvi a vedere»
«non è giusto! Allora devi venire a vedere anche me!»
Mi giro verso Jean, possibile che fosse davvero uno sportivo superficiale come avevo pensato davanti alla porta? Un po’ mi dispiace, non vorrei giudicare il mio nuovo compagno di stanza ma dopo averlo sentito parlare - e con quel fisico - mi chiedo che altro potrebbe mai fare.
Decido di rispondergli «non vedo perché no, tu quale sport pratichi?»
Mi lancia una strana occhiata «no, io intendevo lo spettacolo» Connie gli dà una spallata «e secondo te lui come cavolo fa a saperlo?» mi indica e continua «ti vede per la prima volta in giro con un atleta del mio calibro, avrà pensato che facciamo le stesse cose! E poi fattelo dire amico, non hai la faccia da intellettuale, al contrario del nostro nuovo futuro compagno di bevute!»
Non credevo di essere tanto prevedibile anche se è vero, ho dato per scontato molte cose sul conto di questo Jean, non dovrei farmi ingannare dalle apparenze ma per quanto continui a ripetermelo faccio sempre lo stesso errore.
Ripenso vagamente a quello che mi è stato detto mentre finisco il mio caffè e sorrido, forse per la prima volta da quando sono entrati questi due «davvero ho la faccia da intellettuale?»
Jean si affoga col suo caffè e comincia a tossire, cerca di parlarmi mentre Connie gli dà delle pacche sulla schiena cercando disperatamente di trattenersi dal ridere «abbiamo visto la tua parte di stanza, a parte libri di storia e film strani come lo impieghi il tuo tempo libero Mr Intellettuale?» mi alzo a lavare le tazze «in palestra per lo più» mi affretto a finire il discorso prima che uno dei due si riprenda dallo shock «comunque di che spettacolo si tratta? Non mi avete detto nulla» Jean si mette al mio fianco e comincia ad asciugare e a sistemare le tazze e alcune decine - dozzine? - di piatti, ha invitato tutto il piano a cena ieri o non sistema da giorni? Forse non voglio saperlo.
Mi sorride «giovedì verranno proiettati vari cortometraggi nel giardino del campus, allestiremo il tutto come una sorta di cinema all’aperto, potresti venire a dare un’occhiata se ti va» è il mio turno di rimanere a bocca aperta ora, non me l’aspettavo davvero ma devo dire che sono felice di essermi sbagliato per una volta «adoro il cinema, sembra interessante! Vengo volentieri»
Jean mi guarda con quello che penso sia un misto di felicità e imbarazzo, nessuno apre bocca per un po’ ma non sembra pesare a nessuno «sì, sì, è tutto molto bello ma Jean, noi siamo tornati in camera tua per un motivo preciso o mi sbaglio? Muoversi!»
«Oh, merda! Giusto!»
Vedo Jean saltare via dall’angolo cucina, prendere 5 - no, 6 - libri da una mensola sul suo letto e poi uscire dalla porta con Connie dietro che gli urla «Matematica comincia tra 5 minuti, Marsch!»
Nel giro di una mezz’ora ho salutato Eren, sono stato da solo, ho incontrato due persone particolari - strane? - e ora sono di nuovo da solo, e non potrei essere più tranquillo.
Prima di tornare a leggere sul mio letto mi soffermo sulla parte di stanza di Jean e comincio a vedere per davvero quello che stavo giudicando: ci sono dei premi sulla mensola ma non sono per aver vinto una gara o una partita, i libri sono per lo più bibliografie di famosi registi, vedo degli art book e qualche fumetto.
Potrebbe davvero cominciare a piacermi questo compagno di stanza.
Mi avvicino al letto e vedo luccicare qualcosa sul pavimento, un paio di chiavi con su inciso il numero 104 «gliele metterò sul tavolo in cucina»
Mi avventuro sotto il letto per prenderle quando noto una pila immensa di riviste, non me ne faccio un problema, per un ragazzo della mia età è normale, una delle riviste scivola e mi si piazza davanti agli occhi.
...
«”Attitude”?»
 A questo non avevo pensato.


Fin. 1

   
 
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