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Autore: WaterfallFromTheSky    25/03/2016    1 recensioni
Haruko è solo una innocente ragazzina quando Lady Kagami irrompe nella sua vita, stravolgendogliela. Da quel momento, la giovane sarà costretta a fingere, a fare cose che logoreranno la sua anima, tutto per salvare se stessa e suo fratello. Riuscirà nel suo intento? Sarà capace, la ragazza, di mantenere intatti i suoi principi?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Una volta sulla nave, Ayame e Haruko si divisero. Haruko non era mai stata su una nave prima: tutto dondolava leggermente, ma non le dava fastidio come aveva temuto. Udiva in sottofondo il rumore lieve delle onde che si infrangevano contro la nave, e l'odore di salsedine le aveva impregnato il naso. Si sarebbe rilassata se non fosse stato per la situazione in cui si trovava. Era ancora una volta in territorio nemico, ma finalmente stavolta avrebbe potuto vendicarsi e fare giustizia. Non si sarebbe risparmiata, anche se le sarebbe valsa la vita: Genbu e Kagami dovevano pagare. Solo allora sarebbe stata in pace.
Si avventurò per la nave. I corridoi erano illuminati con delle torce, per cui riusciva a vedere sufficientemente bene. Mietette vittime una dietro l'altra, senza la minima esitazione. Aveva realizzato che ormai uccidere le veniva facile: più uccideva e meno diventava spiacevole. Non si soffermò su quanto ciò fosse allarmante, era troppo concentrata sul suo obiettivo.
La nave era molto grande e la percorse per parecchio tempo prima di raggiungere il primo dei suoi obiettivi: Genbu.
***
Aveva raggiunto un ampio spazio, illuminato da torce. Lei si trovava su una passerella. In basso, sotto di essa e davanti a una porta, c'era suo fratello, immobile come per sbarrare il passo. Probabilmente, oltre quella porta si usciva all'esterno della nave. Haruko immaginò che da lì si potesse arrivare a Lady Kagami.
Per raggiungere suo fratello doveva attraversare la passerella e scendere alcune scale; la ragazza non esitò un attimo e non celò la sua presenza mentre scendeva. Intendeva combattere contro suo fratello, farlo fuori senza nascondersi e senza limitare le sue sofferenze.
Appena entrambi i suoi piedi ebbero sceso l'ultimo gradino, la ragazza imbracciò la sua asta metallica. Genbu la fissava immobile, impettito, il viso stolido e inespressivo.
Haruko lo fissò alcuni secondi. Era arrabbiata. Lo odiava. Se prima aveva desiderato salvarlo, aggiustare le cose tra loro e perdonarlo purchè tornasse dalla sua parte, adesso sapeva con certezza che non c'era redenzione per ciò che lui aveva fatto, in generale e a lei e alla sua famiglia in particolare, quella vera e quella del panettiere.  L'unico modo per espiare le sue colpe era morire. Morire per mano di Haruko, l'unico familiare rimasto, colei che avrebbe dovuto proteggerlo ma che aveva fallito nel tentativo. La cosa non le pesava, anzi, era intenzionata a terminare quanto prima.
Gli puntò l'asta contro. Genbu non si mosse. Haruko gli corse incontro e lo attaccò con ferocia, ma Genbu parò il colpo con una delle sue grosse clave e la spinse indietro violentemente; per poco Haruko non perse l'equilibrio. Atterrò e lo attaccò nuovamente, ma ancora fu respinta. E ancora, ancora, ancora. Ad ogni attacco la sua furia aumentava. Ormai non ragionava più: il suo unico obiettivo era distruggere quel maledetto. Fece uso di granate e kunai, ma suo fratello era in gamba e rimediò solo un graffio sul bicipite sinistro, che iniziò a sanguinare copiosamente. Haruko notò che, fino a quel momento, non l'aveva attaccata una sola volta, si era limitato a evitare o parare i suoi attacchi. Questo la innervosì ancor di più.
-Non sottovalutarmi, maledetto-
-Perchè dici questo?-
-Non mi hai attaccata nemmeno una volta. Cos'è, stai giocando?-. Genbu non rispose, restò immobile e duro in volto come una statua. Haruko sentenziò:-Tanto peggio per te- e prese una bomba fumogena, ma prima che la lanciasse per terra Genbu disse:-Basta, sorella-
-Basta? Abbiamo appena iniziato. E finiremo quando sarai morto-. La bomba fumogena fu scagliata contro il pavimento in legno e Haruko sfruttò il fumo per raggiungere le spalle del fratello; lui, rotolò di lato ed evitò il suo colpo di asta. Sebbene avesse potuto attaccarla in quel momento, Genbu fece un balzo indietro e mise distanza tra sè e la sorella. Disse, scuotendo il capo pelato:-Genbu non vuole combattere contro di te-
-Bè, dovevi pensarci prima di portarmi via tutto e rovinarmi la vita!- gridò lei, indemoniata.
-Tu dovevi venire con Genbu e Lady Kagami! Hai scelto la parte sbagliata!-
-Ma che cosa dici, stupido idiota?- gridò ancora lei, sempre più feroce. L'espressione sul volto di Genbu subì una piccola variazione: la sua inespressività si screziò di dolore. Haruko lo notò nonostante il furore che le montava dentro, e ne immaginò anche il motivo: Genbu era sempre stato deriso e perfino bistrattato dai loro coetanei, un pò anche dai loro genitori. Haruko era sempre stata l'unica a non voler infierire su di lui per la sua limitata intelligenza e la sua goffaggine. Lei non lo aveva mai insultato. Quella era la prima volta che usava le parole "stupido" e "idiota" riferite a lui.
-Non dire così a Genbu!-
-E come ti dovrei chiamare? E' meglio che non mi chiedi di usare dei sinonimi, perchè quelli che ho in mente sono di gran lunga peggiori-. Genbu si accigliò, ferito; Haruko, rabbiosa, continuò:-Sei tu che hai scelto la parte sbagliata, tu! Sei tu che hai tradito la tua famiglia e il tuo villaggio per seguire quella sgualdrina...!-
-Non parlare così di Lady Kagami!-
-Oh, certo! In effetti avrei dovuto dire sgualdrina sanguinaria!-
-Smettila!-
-Ancora non capisci che cosa hai fatto?-. Genbu tacque, sotto lo sguardo di fuoco della sorella. Haruko continuò:-Non pensi mai ai nostri genitori? E a tutti gli innocenti che hai ammazzato? Eh? Ci pensi mai, grossa feccia?-
-Sorellina...-
-NON CHIAMARMI COSI'!!-. Haruko si accorse che le tremavano le  mani per quanto forte stringeva i pugni. E piangeva. Piangeva cocenti lacrime di rabbia e dolore.
Perse il controllo. Senza quasi rendersene conto, si ritrovò di fronte al fratello, a tempestargli di pugni il grosso pancione come una bambina capricciosa mentre strillava:-Perchè l'hai fatto? Perchè?-. Genbu la lasciava fare. Gli faceva male, ma non tanto da doverla fermare. E, comunque, sapeva di meritare parte della rabbia della ragazza. Sebbene avesse avuto le sue ragioni per agire come aveva agito, capiva la sorella, la sua rabbia, il suo dolore, l'odio nei suoi confronti.
-Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Rispondi! Lurido figlio di....!-. Haruko aveva estratto il suo ultimo kunai e lo aveva impugnato in modo da conficcarlo nel prominente ventre del fratello, ma Genbu le afferrò il sottile polso e glielo strinse tanto che l'arma le cadde di mano. Genbu la sbattè contro una delle colonne rosse che sostenevano il soffitto della stanza; non dosò la sua forza, difatti Haruko perse quasi i sensi. Genbu replicò, ferito:-Tu non puoi capire! Tu non sei mai stata trattata da stupida!-
-Ma che...-
-Raundomaru è stupido! Raundomaru è debole! Raundomaru non serve! Questo diceva la gente di Raundomaru! Anche mamma e papà! Nessuno era mai contento di Raundomaru!-
-Ma questo non è un motivo per fare le cose orribili che hai fatto! Kagami non....!-
-Lady Kagami è l'unica che ha avuto fiducia in Raundomaru! E' sempre stata soddisfatta di Raundomaru!-
-Non di Raundomaru! Ma di Genbu! Del mostro che ha creato!-
-Genbu non è un mostro! Genbu segue Lady Kagami perchè condivide le idee di Lady Kagami e perchè Lady Kagami è l'unica che vuole bene a Genbu!-
-Adesso è l'unica che vuole bene a Genbu! Ma prima anche io volevo bene a Genbu! E anche a Raundomaru!-. Le parole di Haruko si spezzarono per via di un sussulto. Copiose lacrime scesero lungo le sue guance chiare; Genbu restò interdetto da quelle parole come pure da quel pianto. Sua sorella non aveva mai pianto in quel modo. Era una che piangeva poco e, quando lo faceva, si premurava di sparire dalla circolazione affinchè nessuno potesse vedere anche soltanto una sua lacrima; vederla piangere in quel modo, in faccia a qualcuno, a viso aperto, era una cosa tutta nuova per lui. Perfino a lui fu chiaro quanto dolore le avesse arrecato, tanto da non poterlo tenere dentro.
Haruko continuò, fissandolo negli occhi:-Ma ora...è troppo tardi. Il bene che ti voglio non può cancellare quello che hai fatto. Devi pagare. Hai fatto la tua scelta. E anche se tornassi indietro...-
-Genbu non torna indietro-
-Nemmeno Haruko-
-Genbu non vuole combattere contro Haruko-
-L'unico modo per fermarmi è uccidermi. Hai capito?-. Genbu fissò gli occhi scuri della sorella. Gli parvero più scuri del solito. Capì che era convinta di ciò che diceva. Capì che, se voleva proteggere Lady Kagami, non c'era altro modo.
-Mi dispiace, sorellina-. Haruko tentò di liberarsi, ma fu inutile: era come un uccellino tra le mani di un gorilla. Raundomaru era sempre stato infinitamente più forte di lei.
Genbu le mollò una mano per afferrarle subito il collo. Strinse forte. Mentre lo faceva, abbassò lo sguardo: non ce la faceva a vedere il suo viso contorto dalla mancanza d'aria, gli occhi sbarrati e impauriti per via della morte così maledettamente vicina. Era sempre così in tutti coloro che aveva fatto fuori in quel modo. Udì tuttavia i suoi gemiti strozzati, avvertì il tocco delle sue manine disperate che si abbarbicavano al suo possente polso, invano. Il collo di Haruko era piccolo e fragile, molto più di chiunque avesse fatto quella stessa fine per mano sua. Genbu fu costretto a pensare a qualcos'altro per non cedere e lasciarla libera.
Haruko, intanto, desiderò di morire in fretta: la mancanza d'aria era tremenda, indescrivibile. Si sentiva disperata e dannatamente debole e impotente mentre la mano di suo fratello -una sola mano, diamine- le stringeva il collo. Una mano potente e inamovibile.
Alla fine eccola lì che moriva. Ecco cosa ne era stato di tutti i suoi sforzi, di tutti i suoi propositi di cambiare vita, della sua voglia di vendetta e...
Harumaru.
"Oh no. No no no no".
Cosa ne sarebbe stato di lui? Non aveva più nessuno. Come lei...
Aveva solo lei. Ma lei stava morendo...
Aveva sbagliato tutto. Aveva sbagliato tutto....
Questo fu l'ultimo pensiero che le attraversò la mente prima che il buio prese possesso di lei e della sua anima.
***
Riprese i sensi. Ci mise diversi minuti per aprire gli occhi e ricordare dove fosse. Si sentiva debole, la mente annebbiata. Rumore di acqua, odore di salsedine...
Scattò a sedere con un sussulto, improvvisamente lucida. Riconobbe subito una delle colonne rosse dell'androne dove si era scontrata con suo fratello. Ma non era quella contro cui l'aveva quasi uccisa.
Un momento. Non sarebbe dovuta essere morta, lei?
Era stata spostata, si trovava su un lato dell'androne, dietro una di quelle colonne, appunto. C'era silenzio. Si sporse oltre la colonna, guardinga...e restò paralizzata.
Ciò che vide era difficile da capire.
Suo fratello era in piedi, immobile, al centro dell'androne. Sembrava una statua. Fissava un punto lontano davanti a sè. Una delle sue clave era per terra. Haruko restò per alcuni minuti a fissarlo, senza rilevare nemmeno il minimo movimento in lui...finchè non capì.
Le si strinse il cuore. Si alzò, uscì allo scoperto, si avvicinò lentamente a lui fino ad essergli di fronte. Mai come in quel momento si era sentita così minuscola dinanzi a lui. Suo fratello restava imponente perfino da morto.
Era morto in piedi, semplicemente si era irrigidito. Già, nemmeno da morto si piegava ai ninja Azuma. Si, perchè Haruko non aveva dubbi che si trattasse di Rikimaru o di Ayame. Ma poco importava chi fosse stato dei due.
La ragazza lasciò andare alcune lacrime silenziose, chinò il capo e restò lì immobile per alcuni minuti; sollevò poi la testa, si avvicinò di alcuni passi e si alzò sulle punte per poggiare una carezza sul viso algido di suo fratello. Asciugò quindi le lacrime e proseguì di corsa.
***
Si ritrovò all'aria aperta. Si sentì improvvisamente vulnerabile lì in mezzo, senza alcun nascondiglio dove celare la sua presenza, tuttavia scoprì di non averne bisogno. Udì rumori di battaglia poco lontano, così si fiondò in quella direzione senza esitazione. Trovò una sorta di piccolo palco; su di esso scorse Lady Kagami e Rikimaru che lottavano ferocemente. I due sembravano pari.
Haruko li scrutò immobile, sperando che Rikimaru avesse la meglio sulla donna. Si stupì di questo pensiero: non aveva sempre sperato di ammazzare Lady Kagami con le sue mani? Non la infastidiva o indignava il fatto che qualcun altro se ne stesse occupando al posto suo? Haruko non nutriva minimamente quei sentimenti, il desiderio di uccidere Kagami. Non più. Lei doveva morire senz'altro, era l'unico modo grazie al quale lei potesse essere fermata, ma non le importava chi fosse il fautore della sua fine. Lo stesso era stato per suo fratello. Aveva compreso tutto questo vedendo Genbu morto: non aveva provato alcuna gioia nel ritrovarselo di fronte senza vita, nessun sollievo. E nessuna rabbia, nessun risentimento dovuto al fatto che fosse stato uno dei ninja Azuma a farlo fuori e non lei. Genbu meritava di morire, fino all'ultimo non si era pentito della scelta di aver seguito Lady Kagami, quindi aveva ricevuto ciò che gli spettava. Giustizia era stata fatta,  ma il cuore di Haruko non ne aveva tratto alcun giovamento. Lo stesso sarebbe stato per Kagami. La vendetta non dava soddisfazione di alcun tipo ad Haruko... Ormai a lei bastava che l'Aurora di Fuoco sparisse dalla sua vita per sempre, per mano di chiunque. Se Rikimaru avesse ucciso quella demonessa ninja, a lei sarebbe andato più che bene; inoltre, riconosceva che era giusto così, Rikimaru aveva diritto quanto lei di eliminarla, dato che anche lui aveva perso molto a causa sua.
"Ce la farai, Rikimaru". Haruko lo sapeva. Scorgeva una luce diversa nei suoi occhi. Che finalmente fosse divenuto imperturbabile anche lui?
-Lady Kagami! Lascialo a me!-. Haruko si voltò nella direzione di una voce alle sue spalle; contemporaneamente, Rikimaru e Kagami interruppero lo scontro.
Era stata una ragazzina a parlare; secondo Haruko, poteva avere l'età di Ayame. Era tuttavia più bassa e mingherlina di lei, sembrava una bambina particolarmente alta. O un bambino. Era completamente senza capelli. Haruko si domandò come mai avesse pensato che fosse femmina: non lo si poteva dedurre facilmente. La voce? I lineamenti delicati? Ma era davvero una femmina?
-Che ci fai qui, Hana? Vai via!-. Il tono di Kagami era stato aspro, eppure si coglieva in lei una nota di apprensione. Non era stato un ordine, quello.
-Haruko- fece invece Rikimaru, stupito di vederla lì. Kagami rivolse all'interpellata un'occhiata di fuoco e, velenosa, le disse:-Ah, ci sei anche tu. La mocciosa vigliacca che ha tentato di ammazzarmi con del veleno. Fallendo miseramente-
-Ognuno ha quel che si merita, Kagami. Probabilmente, la morte per veleno sarebbe stata troppo clemente per te, per questo ti sei salvata-
-Impertinente. Finisco con lui e mi dedicherò a te-
-Non disturbarti, sorella. A questa ragazza penserò io- intervenne la ragazzina -si chiamava Hana, era quindi una femmina-. Haruko scambiò un'occhiata con Rikimaru: aveva detto sorella?
-Non è compito tuo. Tu non dovresti nemmeno essere qui-
-Smettila di preoccuparti per me. Fino a prova contraria, sono l'unica sopravvissuta. Nessuno dei tuoi amati Signori dell'Aurora di Fuoco è qui a supportarti. Finalmente potrò dimostrati quanto valgo-
-Ma...-
-Io sono Ooryuu1, il Dragone Giallo, uno dei cinque Signori dell'Aurora di Fuoco-
-Cinque? Sono sempre stati quattro. Non ho mai sentito parlare di te- replicò Haruko, accigliata.
-E' perchè mia sorella non ha mai riconosciuto il mio valore e ha sempre cercato di proteggermi. Lei non approva che io combatta per lei. Ma io condivido i suoi ideali e sono abbastanza forte per affiancarla-
-E sei l'unica rimasta per farlo- aggiunse sardonicamente Haruko. Sia Ooryuu che Kagami la gelarono con lo sguardo, ma lei restò indifferente. Piuttosto, tirò fuori la sua asta dicendo:-Kagami è impegnata con Rikimaru. Per te ci sono io-
-No! Smettila, Hana!- gridò Kagami, il tono nuovamente tra l'autoritario e lo spaventato. Ooryuu replicò:-Inutile sottrarsi alla lotta. Siamo alla fine. Siamo le uniche rimaste. Batteremo questi due, fuggiremo e creeremo una Aurora di Fuoco più potente di prima. Se anche andassi via, cosa farei? Lo scopo della mia vita è uguale al tuo. Se fallisci tu, fallisco io. Se vinciamo, lo faremo insieme. Non mi importa di nient'altro-. Kagami strinse le labbra, evidentemente riluttante eppure incapace di mandare via la sorella. Sebbene fosse una nemica, Haruko ammirò quella ragazzina per la sua determinazione e il suo coraggio. Disse, tuttavia:-Basta chiacchiere-
-Concordo- rispose la piccola. Un secondo dopo le due erano immerse nello scontro. Haruko si ritrovò subito in estrema difficoltà. Ooryuu sembrava disarmata, ma non era così: in mano aveva delle kakusareta supairu2 particolarmente piccole, difficili da notare ma parecchio affilate, ed era anche di una velocità allarmante, tanto che Haruko si ritrovò presto ferita, pur non gravemente, sul braccio destro e sul fianco sinistro. Sicuramente sanguinava anche, ma non poteva appurarlo, o si sarebbe ritrovata probabilmente senza testa. Come mai Kagami aveva celato l'esistenza di sua sorella, che tra l'altro era così forte? Solo per proteggerla? Era degna del titolo di Signore dell'Aurora di Fuoco che si era attribuita autonomamente, cavoli! Tuttavia, Haruko non poteva permettersi di morire. Ogni singolo membro dell'Aurora di Fuoco doveva essere sconfitto e lei doveva sopravvivere...per Harumaru. Quel bambino aveva solo lei, ora. Lei lo aveva salvato e lei ne era responsabile. Haruko non combatteva più per la vendetta, non voleva sconfiggere l'Aurora di Fuoco per questo ma solo per proteggere quel povero neonato e assicurargli un futuro sereno, nonostante nessun membro della sua famiglia fosse con lui. Non avrebbe permesso che quel bambino restasse solo come lei, senza una guida, smarrito, costretto a cavarsela da solo. Sarebbe stata lei la sua guida, la sua famiglia.
Per questo Ooryuu non aveva possibilità di vittoria contro di lei. Difatti, la forza di quei pensieri portò Haruko a disarmare la sua piccola avversaria: le sue piccole lame volarono lontano, una delle due finì in mare, mentre la loro proprietaria finì sul legno duro del pavimento. Haruko credette di essere ad un passo dalla vittoria, ma si sbagliava. Impugnò il suo bastone in modo da poterla colpire in fronte e romperle il cranio, tuttavia Ooryuu scattò in piedi e si lanciò verso di lei, sferrandole un pugno all'addome. Haruko lo schivò per un soffio e mise distanza tra loro. Intravide del metallo sulle dita della ragazzina, che prima non aveva notato; dedusse fossero dei kakute3
, probabilmente tre per mano. Quella piccoletta sapeva il fatto suo, era piena di sorprese. Era forse anche all'altezza della sorella, sebbene fossero così diverse. A vederle, nessuno avrebbe mai potuto immaginare il loro legame di parentela. Kagami era bella, alta, formosa, vestita con abiti succinti e utilizzava la sua katana, più lunga del normale; Hana era minuta, senza nemmeno un accenno di seno, senza capelli, con una tuta ninja dorata a coprirle il piccolo corpo, e quelle che lei usava erano armi discrete e subdole, molto diverse dalla katana della sorella.
Le riflessioni di Haruko furono interrotte dagli attacchi ripetuti di Ooryuu, che potè solo schivare -pararli col suo bastone sarebbe stato più complicato-. Ooryuu era dannatamente rapida, difatti presto Haruko fu colpita da diversi, dolorosi pugni: sullo sterno, in pieno ventre, su una coscia. Iniziò a sanguinare copiosamente, il respiro quasi mozzato nel petto per il dolore, la lucidità affievolita. D'un tratto, tuttavia, Ooryuu si bloccò e lanciò un lacerante grido di dolore; cadde in ginocchio, tremando violentemente, e si accasciò per terra, schiumando dalla bocca, gli occhi quasi vitrei.
Ooryuu aveva uno stile di combattimento più subdolo rispetto a quello di Lady Kagami...ma lo stesso valeva per Haruko. Cosa c'era di più subdolo di un veleno?
Haruko aveva utilizzato uno dei suoi veleni: lasciato indietro suo fratello deceduto, aveva optato per una soluzione di combattimento più sicura -doveva usare estrema cautela se voleva tornare da Harumaru-, in previsione di uno scontro difficile come quello in corso. Aveva quindi cosparso generosamente le estremità della sua asta metallica con della polvere avvelenata e aveva poi assunto l'antidoto corrispondente, in modo da poter combattere senza subire gli effetti del veleno.
Haruko, sollevata di aver vinto, si avvicinò alla ragazzina moribonda. Era evidente quanto soffrisse per il veleno. Le disse:-Hai combattuto bene, se può farti star meglio. Ti ho battuta soltanto perchè sono meglio equipaggiata. In un altro momento, se tua sorella avesse fatto in modo di farci incontrare prima, probabilmente la situazione sarebbe diversa. Sei finita sul mio cammino nel momento sbagliato-. Si chinò su di lei, le portò un kunai alla gola e, guardando altrove, le disse ancora:-Ti risparmio alcuni istanti di dolore. Riposa in pace-. Con un movimento secco, le recise una carotide, quindi si alzò e si voltò, sforzandosi di non guardare in faccia la ragazzina ormai deceduta. Proprio in quel mentre, vide che anche Lady Kagami era a terra, sanguinante, mentre Rikimaru torreggiava su di lei, incolume. Anche lui aveva avuto la meglio sulla sua avversaria. Haruko provò una nuova ondata di sollievo, quasi di gioia, e un moto di orgoglio per Rikimaru.
La donna era ferita, evidentemente sconfitta, e attaccava verbalmente il giovane. Gli stava dando dello stupido perchè seguiva le regole senza porsi domande; Rikimaru rispose semplicemente che era fiero di essere tale se ciò significava salvare anche solo una vita dal quel suo sogno sanguinario. Haruko provò un moto di tenerezza per il ragazzo: nonostante avesse ucciso ripetutamente, la sua anima restava pura, rigorosa, fedele ai principi che il Maestro Shiunsai gli aveva impartito. Al tempo stesso, tale rettitudine suscitava in lei ammirazione.
La ragazza, quindi, non provava il minimo risentimento per non aver eliminato con le proprie mani nè Genbu nè Kagami. In un certo senso, aveva comunque portato a termine la sua personale missione: Kagami le aveva portato via suo fratello...e lei aveva ucciso sua sorella. Erano perfettamente pari, adesso.
Rikimaru si voltò in sua direzione. Si scambiarono un'occhiata; Haruko, debole e ferita, cadde in ginocchio. Il ninja la raggiunse in fretta e strappò alcuni lembi della sua tuta per fermare le emorragie della ragazza.
-Dobbiamo sparire da questa nave. Ce la fai?- le chiese. Sarebbe stata una tortura: Haruko era stanca, debole, dolorante. Avrebbe dovuto sopportare l'acqua fredda, nuotare in fretta per allontanarsi dalla nave, sopportare il bruciore che l'acqua marina avrebbe provocato alle sue ferite. Stoica -non c'era altro modo-, annuì una volta sola. Rikimaru la aiutò ad alzarsi e la sostenne fino al bordo della nave, poi entrambi si gettarono in mare.
***
Avevano raggiunto Lord Godha per avvertirlo che Lady Kagami e l'Aurora di Fuoco erano state sconfitte; Godha domandò di Ayame, ma Rikimaru disse che non era sulla nave. Così, il Lord diede ordine agli arcieri di colpire la nave con frecce di fuoco. D'un tratto, il cielo fu attraversato da dardi infuocati che rischiararono tutto quasi a giorno; i dardi si abbatterono sulla nave, e questa prese fuoco poco a poco. Haruko era sulla stessa barca di Godha e Rikimaru a fissare la scena assieme a loro. Osservò il veliero che si incendiava, le fiamme che lo divoravano avidamente. Gli occhi della sua mente osservavano però il fuoco che inghiottiva il suo villaggio, la sua casa, e poi il villaggio ninja e la casa del panettiere Takao. Senza accorgersene, i suoi occhi iniziarono a grondare lacrime silenti, il suo labbro inferiore a tremare. Pianse durante la morte della nave: pianse di dolore, compiangendo i suoi cari e tutto ciò che aveva perso; pianse gioia poichè era finalmente libera, libera dalla ricerca della vendetta e della giustizia; pianse di sollievo perchè quella storia era finalmente finita e adesso poteva davvero ricominciare a vivere. Il suo punto di inizio non poteva essere che Harumaru. Aveva solo lui adesso. Poteva dare un senso alla sua vita dedicandosi a lui, che era solo al mondo come lo era lei. Stavolta, però, non avrebbe fallito come era accaduto con Raundomaru. Aveva tentato in tutti i modi di riportare Raundomaru alla ragione, di eliminare la fonte della sua stupida ribellione, ma aveva ottenuto solo di perderlo, letteralmente, definitivamente. Con Harumaru sarebbe stato diverso, si ripromise. Harumaru sarebbe stato il mezzo con il quale si sarebbe riscattata per tutti i suoi errori.
***
L'aveva sentita piangere, nonostante il rumore dei dardi e l'esplosione della nave. Una fugace occhiata aveva confermato ciò che aveva avvertito.
Haruko piangeva al suo fianco a viso aperto mentre guardava la nave. Non si nascondeva, non chinava il capo, non era nemmeno lontanamente incurvata. Sembrava quasi che non si fosse accorta del suo pianto e che si fosse dimenticata di non essere sola. Rikimaru sperò che quelle fossero le ultime lacrime che versava per colpa di Lady Kagami e dei suoi misfatti: il dolore che serbava nel cuore era ben evidente sul suo viso bagnato, nei suoi occhi liquidi, nelle sue labbra curvate verso il basso. Quella ragazza aveva sofferto tanto e la capiva perfettamente, poichè anche lui aveva subito le angherie di Kagami e perso persone a lui care. Provò l'impulso di confortarla: timidamente, le nocche della sua mano destra sfiorarono il dorso della sinistra di lei. Nulla di più, non fu capace di altro. Eppure, quel semplice tocco interruppe il pianto di lei, che portò lo sguardo su di lui, stupita. Haruko si asciugò le lacrime con entrambe le mani e diede un profondo respiro, che allargò i suoi polmoni. Guardò di nuovo Rikimaru, incontrando i suoi occhi scuri, in quel momento neri come la pece. Rikimaru, la prima persona a essere stata sua amica dopo Yoshi, che l'aveva capita, aiutata, era stato un suo compagno di battaglie, e proprio lui aveva eliminato per sempre la causa di tutti i suoi problemi. Rikimaru, che aveva sofferto come lei e che, come lei, si era liberato di un grosso peso, seppur fosse comunque doloroso. Haruko, mossa dalla tenerezza, gli prese la mano saldamente mentre tornava a guardare la nave che veniva consumata dal fuoco.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
1Ooryuu:  Drago Giallo del Centro. La direzione cardinale associata a questo animale è appunto il "centro", e il suo elemento è la Terra. Nella tradizione giapponese, influenzato da quella buddhista (vedi Quattro Re Celesti della tradizione buddhista), Ōryū (Huánglóng) è quasi sempre assente.
 
2kakusareta supairu: "punta nascosta". Sono punte affilate celate fra le dita o le mani e usate subdolamente.



3kakute: anelli ninja. Non sono altro che semplici anelli d’acciaio con tre spuntoni appuntiti. 
  
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