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Autore: _Teartheheart    25/03/2016    0 recensioni
La storia parla di Iris che ha perso tutto in un giorno, quando propensa nei preparativi del suo matrimonio gli arriva una chiamata che avrebbe sconvolto tutto.
Eric il suo futuro marito dopo un terribile incidente rimane in coma, in punta di morte. Lei decide di rimanergli accanto, passano settimane, mesi, anni ma lei è ancora li, al capezzale del suo letto, fin quando una persona entra a far parte del piccolo mondo che si era creata, smuovendola, facendole capire che forse rimanere li fosse sbagliato, ma lo capirà?
Riuscirà ad allontanarsi da Eric?
Riuscirà a riprendersi in mano la sua vita?
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BIVIO. 



Come si reagisce quando ti chiamano dal posto più oscuro del mondo? Come si reagisce quando ti chiamano dall'ospedale e ti annunciano che una persona a te cara è stata portata d'urgenza in quel luogo tanto grigio? 
Bé non c'è una reazione precisa, il sorriso che avevi poco prima scompare, lo stomaco si attorciglia e il petto, il petto lo senti esplodere, un formicolio percorre tutto il tuo corpo, le lacrime sono bloccate, non riesci a dire niente, vuoi urlare, dire alla voce che ti ha annunciato la disgrazia che si sbaglia che non è così, ma poi quando prendi le chiavi della macchina e raggiungi l'ospedale, lì capisci che non è solo un fottuto scherzo del destino, ma una tragica verità. 
Quando i parenti di Eric, il ragazzo che stavi per sposare ti vengono incontro, stringendoti tra le loro braccia, piangendo, cercando conforto, vorrei allontanarli e dire «Ehi, è tutto uno scherzo, insomma è da Eric, lui starà bene» ma non puoi, perché arriva un uomo dall'aria stanca di dover dare queste notizie, stanca di dover dire ai parenti del paziente cosa c'è che non va, e allora rimani in silenzio, e ascolti. 
«Vostro figlio, non possiamo darvi buone notizie, l'impatto contro quell'autobus ha provocato gravi danni celebrali, è in coma, e non sappiamo quando e se si sveglierà» le parole si trasformano in ''bla bla bla'' cado con le ginocchia sul pavimento, la madre di Eric piange abbracciata al marito, Caitlin la sorella abbraccia a sua volta suo marito, ed io? Io sto lì, caduta sul freddo pavimento, la gente che mi fissa dispiaciuta, il viso fisso dinanzi a me, guardando il lungo corridoio, aspettando che Eric venga da me, abbracciandomi, ed io che piango tra le sue braccia, lo aspetto, ma non viene. 
Sono sola, la mia famiglia vive in Italia, ed io sono qui, con il mio futuro marito in coma, con l'amore della mia vita che si prende gioco di me, mettendosi in stan-bay, perché è stato così egoista da mettercisi da solo? Non poteva coinvolgere anche me? 


 
1.  

Sono sotto la doccia, l'acqua fredda scorre su di me, gelida, ma il mio corpo è fermo, la mia mente è spenta, davanti ai miei occhi mi passa la scena di me ed Eric seduti sulla panchina il giorno prima dell'incidente. 
«Che colore usiamo per i tavoli?» chiedo io, mostrando le foto che avevo conservato, lui mi sorride, oh quel sorriso quant'è bello, il cuore batte come il primo giorno, i suoi occhi color miele, le sue fossette ai lati del viso, i capelli perfettamente in ordine. 
Il suo fascino mi aveva attirata a lui come una calamita, e in seguito la sua personalità, il suo riuscire a farmi ridere, il suo proteggermi, me ne ero innamorata in fretta, avevo paura che fosse solo una cotta, ma i cinque anni che ho passato con lui mi hanno confermato il contrario. 
«Il color crema?» dice fissando un beige chiaro «Oh andiamo Eric, come non puoi distinguere un beige da un crema?» 
Mette la mano sul petto colpevole, per poi ridermi in faccia, incrocio le mani al petto mettendo il broncio, lui mi abbraccia «Sai che a me non importa, io non vedo l'ora di arrivare all'altare, rimanere fermo li a guardare meravigliato te che entri, e cammini verso di me, con gli occhi lucidi, felice» a quelle parole rimango in silenzio, quanto lo amo? 
Scosto il capo quando sento il campanello suonare, chiudo di fretta l'acqua gelida, mettendo l'accappatoio sulle spalle, esco di fredda lasciando le impronte di piedi sul pavimento pulito «Arrivo» dico urlando, apro la porta ritrovandomi davanti Julie la mia amica, che senza pensarci mi abbraccia «Iris, mi dispiace tanto» mi scansa poi «Sei gelida» mi guarda e chiudendo la porta mi porta sul divano al centro della stanza
«Sarei voluta venire ieri in ospedale ma il lavoro me lo ha impedito, come è successo? Come sta adesso?» la guardo sentendo improvvisamente freddo «Erano con la sua auto e ...» tossisco sentendo un brivido percorrermi la schiena «U autobus, ehm un autobus lo ha preso in pieno, è in coma» dico sentendo la voce ritirarsi, Julie mi guarda con gli occhi gonfi di lacrime «Oh Iris» mi prende le mani e le stringe, le mostro un finto sorriso di gratitudine. 
Julie è andata via, fisso il mio riflesso allo specchio, non sono ancora riuscita a piangere, perché? Perché non riesco a sfogarmi? I miei occhi verdi che fino a pochi giorni fa brillavano adesso sono spenti, il viso stanco e incupito, i lunghi capelli neri bagnati, e il cuore infranto, ma ancora nessuna lacrime. 
Quella sera sarei rimasta io con Eric, ancora non ero riuscita a vederlo, e volevo tanto vedere il suo viso, così ho chiesto a sua madre di lasciarmi sola con lui e il silenzio. 
Portai con me il nostro libro preferito ''il cavaliere d'inverno'' volevo leggerglielo, volevo farlo sentire a casa. 
In ospedale l'odore non è dei migliori, ti senti in purgatorio, o almeno come immagini sia. 
«Signorina sicura di voler stare qui stasera?» chiese un'infermiera sulla sessantina vedendomi entrare, io annuisco, lei mi guarda come se fossi pazza, rimasi in silenzio aspettando che mi portasse dal mio Eric, quando finalmente arrivai davanti alla sua porta il mio cuore batteva all'impazzata. 
«È sicura?» ripetèe la donna, scocciata la guardai «Ho detto si» così sbuffando aprì la porta lasciandomi entrare, e lo vedo lì disteso su quel letto pieno di bende e tubicini, attaccato a macchinari a me sconosciuti «Se le serve qualcosa, suoni il campanello vicino al letto del paziente» non rispondo rimanendo fissa sull'immagine dinanzi a me, deglutisco e mi avvicino, pian piano, sperando che non ci sia lui su quel letto che sia ancora un errore, ma eccolo, i suoi occhi chiusi, sembra dormire, sereno. 
Lì finalmente le mie lacrime coprono il mio volto offuscandomi la vista, lascio cadere le mie cose sul pavimento abbracciandolo «Eric» dico, prendo le sue mani tra le mie «Rispondimi, perché sei così ostinato?» e piango, piango e ancora piango. Lo bacio sulle labbra «Ti amo» gli sussurro, rimanendogli accanto. 


Due anni dopo. 
   
 
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