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Autore: Calya_16    25/03/2016    3 recensioni
Rick fa leggere la lettera di Carol a Daryl. Questo esce a cercarla, ma non sa cosa troverà.
La ff presenta spunti da spoiler, senza però farvi riferimento. E' una: E se?
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1       Andata



Rick gli si era avvicinato con la lettera al fianco, il braccio che oscillava nel camminare. Senza staccare gli occhi dalla figura cupa di Daryl, gli si avvicinò e gliela consegnò.
Questo corrucciò la fronte, per poi spostare con un gesto veloce del capo alcune ciocche di capelli che gli ricadevano davanti al volto e prendere il foglio: lo aprì e iniziò a leggere.
Lo sceriffo si preparò alla sua reazione, pronto a parlargli e fermarlo quando necessario.
Tutto questo non tardò ad arrivare.
“Che cosa significa tutto questo? Dobbiamo andare a cercarla, e subito! Domani molte tracce potrebbero già non esserci più!”
Daryl saltò giù dalla ringhiera su cui si era seduto e iniziò a camminare in circolo, per poi scendere in strada.
“Daryl fermati”
Rick gli corse dietro, provando a fermarlo. Gli si mise davanti, ma questo lo scansò con un grugnito infastidito.
Lo sceriffo allora iniziò a parlargli camminandogli accanto.
“Lei non vuole essere cercata. Forse tornerà tra un paio di giorni. E’ sempre tornata”
A quell’ultima frase Daryl si fermò, osservandolo. Aveva ragione: lei era sempre tornata da loro, da lui. Ma ora la sentiva lontana, distante come non mai. L’aveva vista persa.
“Te l’ha data lei questa lettera?”
“No. E’ stata trovata. Molto probabilmente se n’è andata di notte, senza fare rumore”
“A chi l’ha lasciata?” Perché non a me? Avrebbe voluto gridargli Daryl.
“A Tobin. L’ha trovata questa mattina e così me l’ha subito portata”
Daryl spalancò gli occhi, non capendo. Rick notò questo suo cambiamento e sospirò, non sapendo bene come dire all’amico che aveva qualche sospetto che Carol fosse stata con quell’uomo.
Non sapeva come fare perché non aveva idea di come Daryl avrebbe reagito, non avendo mai palesato gelosia nei confronti di nessuno di loro. Certo, sapeva che con Carol aveva un legame particolare e benché entrambi se lo negassero gli altri del gruppo avevano visto la loro attrazione, il loro bisogno di stare insieme.
Quasi li consideravano come una coppia, anche se nessuno di loro l’aveva mai detto.
“Tornerà” questa fu l’ultima parola di Rick, prima di girarsi e tornare verso casa, dove Michonne lo aspettava.
Daryl rimase così solo, in mezzo alla strada ancora deserta, un leggero sole che iniziava a scaldargli la pelle. Non vi era vento quella mattina, ma gli parve comunque di sentire l’odore dei biscotti di Carol.
Doveva capire cos’aveva in mente, e soprattutto cosa c’entrasse Tobin con tutta quella storia.
Iniziò così a camminare verso la sua casa, salendo furioso i gradini.
Non poteva accettare che lei se ne fosse andata non dicendogli niente, lasciando loro solo una lettera…ad uno sconosciuto!
Aprì la porta della casa con violenza, fermandosi poi nell’ingresso.
Forse sto sbagliando. Forse Rick ha ragione: vuole stare un po’ da sola, pensò, ma una parte di lui aveva bisogno di averla vicino, di capire cosa le stesse succedendo.
Aveva bisogno della sua Carol.
“Ehi. Hai bisogno?”
Tobin era spuntato nell’ingresso all’improvviso. Daryl si girò verso di lui e cercò di mantenere la calma, mentre immagini poco piacevoli gli comparivano davanti agli occhi: lui e Carol a letto insieme, lui e Carol a ridere di cavolate, o semplicemente lei che baciava un altro.
“Carol. Rick mi ha fatto leggere la lettera che…ti ha lasciato”
Tobin annuì, non capendo. Non aveva mai fatto caso al legame tra lei e l’arciere poiché non sapeva realmente chi lei fosse, cos’avesse passato.
“Come hai fatto a non notare qualcosa di strano in lei?”
Daryl non voleva essere così duro, ma non riuscì a trattenersi.
Tobin sobbalzò al modo di fare di Daryl.
“Perché non vi era niente da notare. Fumava, cucinava, stava con le persone e tornava a sera. Tranquilla come sempre, non di molte parole”
“Lei non è così, idiota”
Sputò fuori Daryl, capendo subito che Carol si era allontanata troppo da lui, si era nascosta tropo bene.
Scese nuovamente in strada, non avendo voglia di star lì a discutere ulteriormente con quell’uomo.
Tobin si affacciò alla porta, scuotendo il capo incredulo: cosa mai voleva quell’uomo da Carol? Quella donna dolce che li aveva salvati da un terribile attacco? Chiuse la porta, pensando che in fondo lui doveva solo attendere. Lei si sarebbe presa nuovamente cura di tutti loro, lei sarebbe tornata.
 
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Il cancello si stava aprendo, mentre Glenn e Rick correvano per fermare Daryl.
Questo si voltò, lanciando un’occhiata ai due uomini, per poi partire lasciando dietro di sé solo il rombo della moto.
Non poteva fare quello che Carol aveva loro chiesto: doveva cercarla, riportarla da lui.
Si era attrezzato per passare più di una notte fuori, anche se sperava di trovarla al più presto.
Iniziò così a girare attorno alle mura di Alexandria, cercando di trovare una prima pista da poter seguire; s’inoltrò nel bosco, la moto che procedeva lenta mentre lui si guardava attorno, ogni tanto scendeva ad osservare il terreno, chinarsi per prendere tracce.
Gli sembrava di esser sulla strada giusta: lei era veloce e silenziosa, aveva imparato a non farsi seguire facilmente, ma lui la conosceva troppo bene.
Continuò con quella sensazione di fiducia fino a quando non raggiunse la strada e vide una macchina ferma in mezza a questa. Scese dalla moto e la nascose, per poi avvicinarsi cauto a quella macchina, la balestra tesa davanti a sé e le braccia rigide, il corpo pronto allo scontro.
Accanto alla macchina vi era un corpo: pugnalate costeggiavano il suo torace, come pure la sua testa. Un altro corpo si trovava incastrato nella portiera della macchina, le braccia dello zombie che si allungavano per cercare di raggiungere Daryl.
Questo l’osservò, notando come non poteva staccarsi dalla portiera a causa di una sbarra gocciolante sangue che lo teneva incastrato.
Daryl gli si avvicinò per piantargli il coltello in testa, ma qualcosa lo bloccò a un passo dal vagante: tra le dita sottili gli pendeva un rosario macchiato di sangue. L’uomo sollevò lo sguardo sul volto del vagante e lo osservò: non rimaneva molto del suo vero viso, ma vedeva capelli corti e grigi.
Iniziò ad indietreggiare, la balestra che gli tremava, il capo che veniva scosso con sempre più violenza da una parte all’altra, senza mai staccare gli occhi dallo zombie.
Sentì di toccare qualcosa con la schiena e si girò di scatto, per poi scoprire che era solo un albero, e sospirò. Sentì che questo gli usciva tremante e nel cercare di regolare il suo respiro non si accorse dello zombie sbucato dal bosco che gli stava andando contro.
 
          °°°°°°°°°°
 
Carol stava riposando con la schiena posata ad un tronco caduto a terra. Aveva le ginocchia rannicchiate al petto e si rigirava il coltello tra le mani. Lo lanciò poi lontano con un urlo di disperazione: voleva scappare, ritrovare sé stessa ed invece aveva ucciso nuovamente, in una maniera che non credeva possibile.
Dovevo sopravvivere si disse, e sapeva che era la verità. Quegli uomini in macchina la volevano catturare, come se lei non fosse altro che un animale. La stavano attaccando, fin quasi ad ucciderla. Aveva dovuto reagire, lo sapeva.
Eppure aveva fatto di tutto per evitare quel massacro.
Ora si stava tenendo il braccio stretto in un lembo di tessuto che aveva strappato ad uno dei suoi aggressori morti. L’avevano ferita con un coltello nella colluttazione. Per fortuna non era un taglio grave, ma aveva comunque paura di un’infezione.
Aprì gli occhi e sospirò, pronta ad alzarsi e ricominciare il suo cammino.
Doveva spostarsi, aveva paura di attirare troppi vaganti con l’odore del sangue fresco.
Ne vide passare uno a pochi metri da dove si era nascosta, ora inginocchiata per poter correre a recuperare il suo pugnale.
Lo zombie la sorpassò evidentemente catturato da qualcos’altro.
Carol non si girò per controllare cos’avesse attirato la sua attenzione e recuperato il pugnale fece per andarsene.
Ma qualcosa la fermò.
Un verso, una voce che conosceva.
Si girò, non capendo. Non le sembrava di essere seguita, pensava di esser stata attenta a lasciar meno tracce possibili.
Corse verso i rumori di lotta che seguirono e si ritrovò sotto il sole della strada, dove lo zombie aveva fatto cadere a terra un uomo.
Accecata dal sole iniziò comunque a correre nella loro direzione, capendo solo a pochi passi che l’uomo a terra era Daryl, che stava cercando di liberarsi dello zombie sulla sua schiena.
Carol prese il vagante per le spalle ossute e dopo averlo riportato in posizione eretta lo trafisse alla testa.
Si chinò su Daryl, in cerca di un qualche segno di morso o graffio. Non ne trovò.
Lui si voltò di scatto pronto a combattere, ma si bloccò alla vista di Carol chinata su di lui.
“Come…?”
Chiese più a sé stesso che a lei. Pensava che quello zombie alla macchina fosse lei, pensava di averla ormai persa. Di nuovo.
Carol gli si tuffo al collo, stringendolo a sé.
“Cosa ci fai qui?” gli chiese, scostandosi un poco e guardandolo negli occhi.
“Sono venuto a cercarti”
“Non dovevi”
Carol si alzò, pentendosi di quel gesto appena compito e cercando di allontanarsi il più possibile da lui. Ma Daryl la fermò prima che lei riuscisse a tirarsi del tutto indietro.
Era ancora a terra, si alzò con il polso di Carol stretto a lui.
“Carol, devi tornare. Andrà tutto bene”
Lei scosse il capo.
“No Daryl, non andrà e non va bene. Ho bisogno di capire perché facciamo tutto questo. Non ce la faccio più ad uccidere”
Le tremò la voce all’ultima frase. Daryl se ne rese conto e le si avvicinò, sfiorandole il braccio.
Solo allora si accorse della provvisoria fasciatura che Carol si era fatta.
“Cosa ti è successo?”
Carol indicò con il capo la macchina e i relativi zombie, abbassando poi lo sguardo.
Una leggera lacrima le scese lungo la guancia.
“Non volevo, ma non ho avuto scelta”
Daryl la prese tra le braccia.
“Carol, tutti dobbiamo fare cose che non vorremmo. Ma dobbiamo sopravvivere. E per farlo dobbiamo restare uniti. Se non vuoi più uccidere ci saremo noi lì, a proteggerti”
“Non voglio che uccidiate per me. Non voglio essere un peso”
Daryl le scostò quella piccola lacrima.
“Non lo sei. Mai. Ho bisogno di te”
Gli costò gran fatica dire quelle parole, ma sapeva che non poteva rimandare ancora, doveva dirle quello che sentiva, anche se a modo suo. Doveva fala rimanere al suo fianco.
Lei gli sorrise, amara.
“Ho bisogno di capire come affrontare tutto questo”
“Lasciati aiutare! Parlarmi!”
Daryl scoppiò, poiché non riusciva a capirla, non riusciva più a leggerla come una volta.
“Sono qui Carol, sono io!”
Lei iniziò a piangere, silenziosa.
Lui scosse il capo, arrabbiato con lei perché non gli parlava, non si lasciava aiutare. Arrabbiato con sé stesso perché non riusciva a capirla e a trattenerla da una scelta senza senso.
“Perché sei andata a rifugiarti da Tobin? Io sono sempre stato lì”
Scoppiò Daryl all’improvviso. Doveva capire, e l’unico modo che avesse mai avuto per poter comprendere era arrabbiarsi, scagliare tutte le sue domande su una persona.
Carol sospirò, mentre le lacrime si diradavano.
“Avevo bisogno di avere una vita normale, all’interno di Alexandria. Stavo cercando di ritrovare una parte di me stessa”
“A quanto pare con me non ci riesci”
“Non è questo Daryl! E’ solo che…io non voglio che tu…che tu mi veda mentre fingo”
E allora lui capì: lei non sapeva chi doveva essere, era divisa tra due mondi. E uccidere la riportava ad una realtà brutale. Lui non era stato lì abbastanza, non era riuscito a starle vicino come avrebbe voluto. Doveva farle capire che sarebbe andato tutto bene.
“Tu ci hai sempre salvati. Non devi sentirti in colpa per questo”
Non sapeva di preciso cosa dirle, aveva così paura di dire, fare la cosa sbagliata.
“E’ quindi questo che faccio? Uccidere altri per salvare il gruppo? E’ giusto questo?”
“Sì, lo è. Difendi le persone che ami”
“Non so amare”
Daryl a quelle parole le andò contro, prendendola per le spalle e baciandola.
Si soffermò sulle sue labbra, avvolgendo le proprie braccia lentamente attorno alla sua figura esile. Avrebbe voluto tenerla così per sempre, cullarla fino a far sparire tutti i suoi mali, i suoi pensieri di non essere abbastanza.
Carol s’irrigidì inizialmente a quel gesto inaspettato, ma poi rispose, portando le mani ai suoi capelli e tirandolo sempre di più a sé.
“Tu sai amare. Solo non lo fai vedere a tutti. Non sei sola”
Le sussurrò Daryl a fior di labbra, abbassandosi poi nuovamente per baciarla di nuovo.
Carol si aggrappò in tutti i modi a lui, alle sue parole.
“Ho paura” riuscì ad ammettere, e solo dopo quelle semplici parole capì di potersi fidare di Daryl completamente.
“Lasciati aiutare da me” le sussurrò lui.
Carol annuì, contenta che lui l’avesse trovata.
“Ora fammi vedere il braccio”
Daryl cercò di ricomporsi, passandosi però la lingua sulle labbra e accennando un sorriso.
Le prese il braccio e sciolse il bendaggio, per poi constatare che la ferita non era grave.
“Torniamo ad Alexandria, potremmo curarti”
A quelle parole gli tornò in mente Denise. Il suo corpo steso sui binari, lo sguardo singolo perso nel cielo.
“Togliamoci dalla strada, forza”
Non voleva stare lì troppo, aveva paura che tutto potesse ripetersi.
Iniziarono a muoversi, veloci.
“Cos’è successo?” le chiese Daryl, mentre camminavano verso la moto nascosta.
“Erano Salvatori. Han provato a trascinarmi in macchina. Volevano portarmi con loro. Io non ho voluto andare”
Daryl annuì. Certo, lei non voleva più uccidere, ma aveva una forza che non riusciva ad ammettere a sé stessa. Daryl non poté negare ad una parte di sé di essere contento che quella fosse la sua Carol.
“Ti do una mano”
Carol si chinò per aiutarlo a scoprire la moto, ma Daryl la fermò.
“No, non sforzare il braccio. Ci penso io”
Una volta che la moto fu rimessa in piedi entrambi vi salirono, pronti per il rientro a casa.
Carol si strinse forte alla schiena di Daryl, chiudendo gli occhi e inspirando il suo odore.
“E’ quasi sera”
Constatò lui: non si era accorto di aver passato metà giornata nelle ricerche e un’altra buona parte a convincere Carol.
“Possiamo fermarci in una delle case qua vicino. Le avevo viste prima di deviare, sai, a causa dei Salvatori”
Daryl annuì, facendosi indicare la strada.
 
          °°°°°°°°°°
 
La casa era sicura, avevano controllato ogni stanza, porta e finestra.
Anche i dintorni sembravano buoni.
Avevano sistemato i mobili in modo che nessuno potesse entrare, sbarrando le finestre e si rifugiandosi in una camera al piano superiore.
Avevano cenato lì, con quel poco che Daryl si era portato dietro.
“E’ intimo qui”
Disse ad un tratto Carol, facendo subito venire in mente a Daryl quella sua stessa battuta: erano appena arrivati alla prigione e lei gli aveva portato la cena sul furgone.
Lui le sorrise, accarezzandole una mano.
Rimasero così un po’, finché Carol non si decise a parlare di nuovo.
“Mi starai vicino quando torneremo ad Alexandria?”
Daryl la fissò, serio.
“Non devi chiedermelo”
Lei annuì, per poi posare a terra la sua scatola di carne e posare la testa sulla spalla di lui.
“Certo. Andrà tutto bene”
Le disse Daryl, per poi avvolgerla e accoglierla sul suo petto, andando a baciarla.
Entrambi scivolarono sul pavimento.
“Un po’ troppo freddo qua”
Carol sorrise come non faceva da tempo, per poi cercare di trascinarlo sul letto.
Quando finalmente entrambi vi furono su tirarono un sospiro.
“Qui è molto meglio!”
Daryl annuì, sentendosi comunque un po’ a disagio in quella situazione. Sapeva che non vi era niente di imbarazzante: erano lui e Carol, stavano bene insieme, eppure non sapeva dove mettere le mani, come stare.
Lei capì e gli si posò con il capo sul petto.
“Grazie” gli disse, per poi baciarlo a lato della bocca e stringerlo a sé.
Daryl sorrise, senza sapere che la notte avrebbe portato via il suo imbarazzo e li avrebbe avvicinati ancora di più.
   
 
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