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Autore: Lara Rye    01/04/2009    2 recensioni
Il mare e la musica erano sempre stati quegli elementi che avevano reso la sua vita esattamente vita e non, come per la maggior parte delle persone, sopravvivenza. Pose la mani sui quei tasti, li accarezzò lentamente ma non riuscì a toccarli per farne uscire melodia. Non riusciva a suonare, a vivere la sua musica perché qualcosa dentro di lei si era fatto vivo. Dietro il cuore, l'anima e le viscere c'era qualcosa. Ho voluto scrivere questa storia per far conoscere un distrurbo alimentare molto grave e sconosciutissimo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AnnaLyse era seduta sullo sgabello nero del pianoforte.

A tratti alzava gli occhi verso la finestra e si soffermava per lunghi attimi a guardare la bellissima vista che si scorgeva.

Il mare. Il mare della sua amata Trieste , azzurro e cristallino. Era contornato da enormi scogli, che come la sua mente amava ricordare, erano i suoi posti preferiti per leggere, nelle vacanze estive, quando era solo una piccola bambina.

E poi, guardò quei lunghi e bellissimi tasti che, per lei, avevano sempre rappresentato il “tutto”.

Il mare e la musica erano sempre stati quegli elementi che avevano reso la sua vita esattamente vita e non, come per la maggior parte delle persone, sopravvivenza.

Pose la mani sui quei tasti, li accarezzò lentamente ma non riuscì a toccarli per farne uscire melodia.

Non riusciva a suonare, a vivere la sua musica perché qualcosa dentro di lei si era fatto vivo. Dietro il cuore, l'anima e le viscere c'era qualcosa.

Un istinto brutale ed animale che la riportava ai suoi otto anni.

E cosi, minuti dopo, senza più riuscire a controllarlo, corse in cucina. Aprì il frigorifero, tolse tutto il cibo e in pochi minuti lo finì.

Mangiò, mastico qualcosa, seppur non sapendo cosa. Era solo cibo da masticare, ingoiare senza pensarci.

E poi, passò alla dispensa. E fece la stessa identica cosa.

Poi, stremata, si accasciò a terra e pianse.

Pianse per minuti e minuti, senza correre in bagno. Rimase li, sul pavimento della cucina, a piangere.

Correre in bagno e vomitare avrebbe significato essere bulimica e di conseguenza essere malata.

Lei non poteva essere malata. Si sarebbe fatta schifo. Sarebbe stata sbagliata, fatta in malo modo.

Sarebbe stata qualcuno rinchiusa in un ospedale per essere guarita da una malattia che si era inferta con le sue stesse mani. Come l'avrebbe guardata la gente?

E così ritorno allo sgabello, guardò il mare, sfiorò i tasti e poi suono. Suonò come mai prima d'ora aveva fatto.

Diventò musica. Musica senza cui sarebbe riuscita a vivere, come le sue abbuffate.

E in quella musica era nascosto l'odio verso se stessa e la speranza che quello sarebbe stato l'ultimo giorno.

E quella speranza si ripetò ogni giorno finchè non si accorse che era realmente malata e che per la prima volta nella sua vita avrebbe dovuto chiedere aiuto.

Musica, Vita, Cibo.

*********

Ho voluto scrivere questa OneShot per far conoscere un distrubo alimentare molto grave e purtroppo molto sconosciuto alla maggiorparte della gente. E volevo porre l'accento sulla fragilità e stupidità delle persone quando sono davanti a tutto questo, quando dipendeno da tutto questo.
   
 
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