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Autore: Cryblack    28/03/2016    0 recensioni
Un'idea nata in una notte piovosa e in coincidenza con il compleanno di James Potter.
Un'incontro in un corridoio e il futuro in un sorriso. Un destino con più vie, di cui se ne vede solo un piccolo scorcio. Il futuro che James Potter avrebbe potuto avere, se Lumacorno non fosse stato un gran rompipluffe e Sirius Black costantemente in mezzo agli affari del suo migliore amico.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, James Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Di Erbologia e condizionali
irrealizzabili


Stava correndo per i corridoi del primo piano, cercando di rimanere al passo della sua migliore amica, che aveva appena svoltato quella curva davvero troppo lontana.
Senza smettere di correre, Emily si strinse un mano al fianco. Doveva assolutamente allenarsi di più. Magari poteva fare qualche giro del campo da Quidditch ogni tanto, mentre la squadra della sua casa si allenava.
Poi, pensandoci meglio, si disse che no, non l’avrebbe mai fatto. Perché, prima ancora di essere una Serpeverde, lei era una persona estremamente pigra.

Fu lì, alla repentina svolta del corridoio, che accadde.

Uno scontro, dei tonfi, libri e fogli dappertutto, boccette di inchiostro miracolosamente salve. Un’imprecazione.
Emily neanche si sforzò di alzare il capo per vedere chi l’avesse lanciata. Cercò di raccattare le sue cose più in fretta possibile, come stavano facendo anche l’altro paio di mani, d’altronde.
Sempre con maggiore preoccupazione, pensò a cosa sarebbe successo se fosse arrivata in ritardo alla lezione di Ruf. In effetti, a pensarci meglio, non sarebbe successo niente. Anche perché Ruf non si accorgeva mai di niente. Era estremamente apatico anche per un fantasma.

Quindi, con rinnovata calma, prese l’ultimo quaderno rimasto a terra e lo porse al suo proprietario.

Oddio, quegli occhi. Non ci credo.

James Potter le sorrise. Evidentemente non aveva notato il colore della sua cravatta, oppure – si trovò a sperare la ragazza – non gli importava.

E forse – si trovò a sperare ancora – adesso le avrebbe chiesto il suo nome, si sarebbero presentati. E lui avrebbe sorriso. Ancora.

Poi sarebbero andati a lezione, come è normale che sia. Ma per volontà del fato, James, l’aitante cercatore del Grifondoro, avrebbe trovato quella stessa mattina un libro della ragazza. Quello di Erbologia, così pesante e su cui lei aveva riversato tanto inchiostro. E magari lui l’avrebbe decifrato, quell’inchiostro, e ne sarebbe rimasto affascinato. Tanto che, quando le avrebbe riportato il libro, sarebbe rimasto con lei giusto quei pochi minuti in più per accennare anche alla sua passione per l’Erbologia. Per poi salutarla con un “ci vediamo in giro”.

E poi si sarebbe ritrovato a cercarla tra le fila dei Serpeverde, tra i gruppetti di ragazze in mezzo ai corridoi, senza nemmeno accorgersene. A sperare di vedere quella coda alta e spettinata tra la folla. Per poi, un giorno, individuarla finalmente da sola. E, quindi, le si sarebbe avvicinato, chiedendole se avesse impegni per quel sabato e se, in caso, non avrebbe voluto venire ad Hogsmeade con lui. E lei, imbarazzata per la richiesta improvvisa, avrebbe detto “sì, perché no”, dando il via ad una lunga successione di eventi, tutti non necessariamente in quest’ordine.

Avrebbero parlato di Erbologia, riso e scherzato.

Si sarebbero salutati con un sorriso timido.

Avrebbero parlato nei corridoi, ogni volta che si sarebbero incrociati.

Avrebbero discusso dei suoi dubbi gusti in fatto di Quidditch, dato che, ovviamente, le Holyhead Harpies erano l’unica squadra degna di essere tifata.

Lei sarebbe venuta a vederlo alle partite, e avrebbe tifato per lui.

Lui l’avrebbe accompagnata in biblioteca, studiando accanto a lei.

Avrebbero litigato, sapeva che l’avrebbero fatto.

Poi si sarebbero baciati.

Le loro mani si sarebbero cercate molte e molte volte.

Avrebbero subito la mancanza l’uno dell’altra.

Lui si sarebbe diplomato, lei lo avrebbe aiutato a studiare per riuscirci.

Avrebbero superato i M.A.G.O. insieme. Anche se per lei ci sarebbero voluti un altro paio d’anni.

Lui avrebbe cercato un impiego al Ministero, oppure come giocatore professionista di Quidditch.

L’avrebbe presentata ai suoi genitori.

I genitori di lei l’avrebbero accolto, perché era un Purosangue.

Un giorno più lontano, lui le avrebbe chiesto di sposarlo.

Sarebbe successo in un giardino, con la neve che fioccava giù dal cielo, perché lei amava la neve.

Sarebbe successo in fretta, perché avrebbe fatto molto freddo.

Sarebbe successo dolcemente, perché lui non si sarebbe inginocchiato, ma l’avrebbe guardata negli occhi, abbassandosi quel poco che bastava.

Sarebbe successo con un anello che veniva infilato in un dito infreddolito, subito racchiuso di nuovo nel calore di un guanto.

Sarebbe successo in modo semplice, perché lei non amava le cose troppo spettacolari.

E poi, avrebbero dato la notizia ai loro amici.

Sarebbero andati a delle feste.

Avrebbero fatto delle feste.

Ci sarebbe stato l’addio al nubilato. Solo lei e le sue amiche.

Poi, il matrimonio.

Una cosa semplice ma elegante, con fiori bianchi come neve.

Una cerimonia sentita, che avrebbe fatto commuovere sua madre, ma non lei. Non poteva sbavare il trucco, dannazione!

Fiumi di Champagne e vino bianco.

Balli lenti e frasi sussurrate.

Brindisi e baci a stampo per le foto.

E poi, la prima notte di nozze e la luna di miele.

Carezze, battiti di cuore, fuoco nella pelle.

E avrebbero riso, perché James Potter rideva sempre.

E lei avrebbe scoperto di essere incinta poco dopo, e lui avrebbe riso ancora.

E l’avrebbe stretta a sé e baciata con più amore di quanto avrebbe creduto possibile.

E sarebbe andato tutto come previsto, tutto secondo i piani.

Una bella famiglia.

Tre bei figli, con i nomi dei suoi antenati.

Un ottimo lavoro, perché sarebbe stata una donna indipendente, proprio come sognava.

Un marito perfetto, che rideva continuamente.

Sarebbe stata felice.

Avrebbe accompagnato i suoi figli al binario 9 e ¾. A Kings Cross. Pronta a lasciarli andare ad Hogwarts, come c’erano andati loro.

E sarebbe stata felice.

Avrebbe cenato con la fidanzata di suo figlio, squadrandola sospettosamente per poi decidere che, sì, era una brava ragazza.

E sarebbe stata felice.

Avrebbe visto il suo primo nipotino aprire gli occhi. Quegli adorabili occhi nocciola, uguali a quelli di James, il suo James.

E sarebbe stata felice.

Si sarebbe presa cura di suo marito, ormai vecchio.

E avrebbero riso.

E lei avrebbe riso anche dopo, al suo funerale, perché era quello che James avrebbe voluto.

E sarebbe stata felice.

Loro sarebbero stati felici.

Se solo James le avesse chiesto come si chiamava. Loro avrebbero potuto essere felici. Insieme.

Se solo Black non avesse richiamato il moro alla realtà, ricordandogli che erano in ritardo a Pozioni, e che Lumacorno non sarebbe stato indulgente quanto Ruf, lui si sarebbe potuto rendere conto di quanto loro avrebbero potuto essere felici.

Ma lui non se ne rese conto.

Come non ci fu nessun altro sorriso, né nessun libro di Erbologia scambiato.

Ci fu solo il fruscio della stoffa mentre James si alzava.

Nessuna uscita ad Hogsmeade, nessun bacio.

Solo i suoi passi mentre andava verso Black.

Nessun matrimonio, nessun figlio.

Solo la sua corsa contro il tempo, contro la campanella e lo scadere del loro destino.

Nessuna futura nuora, nessun nipotino dagli occhi nocciola.

Ci fu solo un funerale, qualche anno dopo.

A cui Emily non andò, e non rise. Perché, in fondo, per lei James Potter era solo un sorriso in un corridoio, ed un compagno di scuola con cui non aveva mai parlato. Neanche di Erbologia.
   
 
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