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Autore: NataDalleTempeste    29/03/2016    3 recensioni
T'amo. Pensò. T'amo come si amano certe cose oscure.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno il suo loft era stranamente sobrio.


Si era svegliato presto nonostante la sera precedente avesse misurato con ampie falcate nervose la superficie del salotto fino a notte inoltrata e mentre evocava con qualche fiammella azzurra una tazza di Latte Chai alla cannella dal più vicino Starbucks, aveva deciso che il suo settimo chakra meritasse un po' più di considerazione.


Era per questo che il suo loft era completamente bianco.


Moderno, sobrio e bianco.


Persino lui era in bianco.


E lui odiava il bianco. Odiava il bianco perchè lo rendeva elegante e sobrio esattamente come il suo loft in quel momento, e lui era troppo meraviglioso per essere elegante e sobrio e incolore come il bianco.


Sospirò.


Tutto quello non aveva senso, e lo sapeva bene.


Era nervoso e l'origine del suo nervosismo era seduta rigidamente su di una sedia di design dall'aria tremendamente scomoda che, solo un paio di ore prima, era stato un divano di fattura indiana con delicati viticci dipinti d'oro e mosaici nelle sfumature dell'ocra e del rosso.


Sì, la sera precedente si sentiva spirituale e molto, molto indiano.


  • Sei rimasto seduto lì tutto il tempo?


Alec sollevò a malapena lo sguardo, un guizzo d'azzurro che gli ferì gli occhi come il cielo al mattino che si fa strada tra le maglie degli scuri.


  • Sono qui da due giorni, - rispose vagamente Alec, girando l'ennesima pagina di quelle che erano le sue memorie.


Magnus sospirò, prendendo un sorso del latte chai e irritandosi con se stesso quando lo trovò freddo.


  • Ho fatto il caffè, ed è ancora caldo, - disse Alec.


Aveva la voce stanca, strascicata come solo una persona che non dorme in modo decente da giorni può avere.


Ma aveva avuto il tempo di preparargli il caffè.


Non sapeva se esserne contento o atterrito.


Aveva dato quelle pagine ad Alec quattro mesi prima, quando sperava con tutto se stesso che il suo Shadowhunters accettasse di tornare insieme a lui.


Lo aveva fatto e a Magnus era parso di tornare a respirare.


Era una dolce tortura, Alexander.


Delle volte lo esasperava quella sua tacita ricerca di conferme, quegli sguardi colmi di incertezze e i tocchi pieni di gelosia.


Andò a prendere il caffè, guardando Alec irrigidire la mascella.


Will. Stava leggendo di nuovo di Will.


Non capiva come potesse rileggere ancora e ancora quella storia nonostante tutte le spiegazioni che avesse già ricevuto.


Glielo aveva ripetuto e dimostrato centinaia di volte: lo amava, come non aveva mai amato nessuno. Lo amava così tanto da voler ignorare che, alla sua morte, lui non sarebbe stato più lo stesso. Non avrebbe voluto più essere lo stesso.


Ma lo capiva.


Alexander era un ragazzino e quando lo guardava non lo vedeva con il filtro agrodolce di quasi quattrocento anni di vita.


Aveva visto le conseguenze dell'amore che lui stava vivendo e Tessa era il promemoria vivente del fatto che, dopo Alec, il mondo per lui sarà una stanza vuota tappezzata da loro ricordi.


Chiunque lo incontrerà, chiunque gli si avvicinerà abbastanza da scalfire la patina di bugie che si dipingerà addosso, vedrà un uomo incompleto con il cuore irrimediabilmente distrutto.


  • Ti amo, - disse ad Alec, tornando in salotto e passandogli una mano tra i capelli.


Alec lo guardò, sorprendendolo con i suoi occhi blu tranquilli e pieni di amore lì dove pensava di trovare angoscia.


  • Lo so, - gli rispose con calma, sorridendogli e abbandonando le pagine per prendergli una mano e intrecciare le dita con le sue.


Doveva bastargli una vita , ma lui non ne avrebbe mai avuto abbastanza.


  • T’amo come si amano certe cose oscure,

    segretamente, entro l’ombra e l’anima.
    T’amo come la pianta che non fiorisce e reca dentro di sè, nascosta, la luce di quei fiori;
    T’amo senza sapere come, nè da quando nè da dove,

    t’amo direttamente senza problemi nè orgoglio: così ti amo perchè non so amare altrimenti che così, in questo modo in cui non sono e non sei,

    così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,

    così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.


Il suo piccolo Alexander lo guardava incantato, come solo una persona che lo amava poteva guardarlo. Aveva i capelli un po' troppo lunghi che gli solleticavano le ciglia, la bocca morbidamente dischiusa dalla meraviglia e una lacrima incastrata all'angolo dell'occhio destro che gli corse giù dalla guancia non appena sbattè le palpebre.


Lo rimirava e Magnus era certo di essere visto. Alec vedeva solo lui. Lo vedeva per quel che era e lo amava lì, in quell'istante, scintille che gli si alzavano tra le mani incluse.


Vide Alexander provare a parlare un paio di volte, ma altrettante volte gli vide scuotere la testa.


  • Ti amo, - rispose. - E mi sento inadeguato e stupido e inutile, perchè tu dici cose come... beh, come queste e io rimango sempre come un idiota. Senza parole.


Magnus rise, spostando le sue memorie dalle ginocchia di Alec per prenderne il posto.


  • In realtà, mio piccolo Shadowhunter, - gli spostò delicatamente i capelli dietro le orecchie per poterlo guardare in viso. Amava che tanta bellezza, tanta forza angelica fosse in quel corpo morale, in quello sguardo ancora pieno di incanto. - Questa l'ho rubata a un poeta Cileno vissuto più di quarantanni fa.


Alexander sorrise, baciandogli con leggerezza il pollice con cui gli stava carezzando le labbra. - Ma tu sei molto più sexy, ne sono certo.


  • Su questo ci puoi giurare, - lo baciò, perchè poteva e perchè adorava come gli batteva il cuore. Triplicava in sua presenza. Alec lo rendeva, letteralmente, vivo. - E ora dimmi: cosa ti rende nervoso ancora in Will Herondale?


Alec sbattè le palpebre, mentre inconsciamente gli sfiorava la base della schiena con i pollici. - Niente mi rende nervoso in Will. Era una persona a cui tenevi, l'ho capito.


Poggiò la guancia alla tempia di Alec, mormorandogli quanto lo amasse, respirandolo in quel salotto bianco che odiava.


  • Devi smetterla di baciarmi in questo modo se vuoi che finisca di parlare, - sorrise ad Alec, baciandolo ancora e un'altra volta ancora solo per irritarlo un po', allontanandosi poi quel tanto che bastava per vedere i suoi begli occhi che lo amavano esattamente come qualche attimo prima. Anzi, forse un po' di più.


Alec si allungò verso il pavimento, recuperando le pagine per poggiarle tra di loro. - Mi chiedevo se Will, gli somigliasse... A Jace, intendo. Erano parenti, no? Quindi mi chiedevo se gli somigliasse almeno un po'.


Magnus ci pensò un attimo, tamburellando le dita sulle guance di Alec.


  • Sì e no, - rispose in fine. - Non fisicamente, almeno. Fisicamente ricordava più te, questo ormai lo sai. Jace somiglia in modo impressionante al padre di Will, Edmound, e a suo figlio James. Stessi capelli biondi, stesso sguardo fiero. Eppure... eppure tutti e tre condividono una cosa.


  • Cosa? - domandò, avvicinandosi a lui senza accorgersene. Gli piaceva che lui non se ne rendesse conto, che Alec lo cercasse anche fisicamente senza rendersene conto. Era come un paio di sere prima, quando Isabelle, Simon, Jace e Clary gironzolavano in casa sua come ogni martedì e tra una chiacchiera e un'altra si era accorto che Alec lo teneva d'occhio. Come se quel piccolo gesto lo facesse sentire meglio.


  • Amano, - rispose, riportando per qualche attimo la memoria indietro negli anni. - Amano totalmente, fino a consumarsi come fiammelle di candela in balia del vento. Si straziano per gli altri, seguendo sentimenti che non sono neanche consci di provare.

  • Credi che Jace farebbe mai quello che ha fatto Edmound? Me lo chiedo, ogni tanto. Rinuncerebbe alle sue rune, per Clary?


Magnus scosse la testa, sentendosi all'improvviso sollevato. - Era questo allora? Rimuginavi su quelle pagine per questo?


Alec annuì, tendendosi di nuovo in maniera fastidiosa. - No, Alexander. Jace non lo farebbe mai.


  • Ma.... - Alec strinse la presa sui suoi fianchi, rovinando un po' le pagine incastrate tra di loro. - Lui la ama. Lo so. Lo vedo. Lui la scruta come io guardo te.


Un altro pezzo del suo cuore sussultò. Avrebbe mai Alec smesso di farlo tremare in quel modo? Probabilmente no, e lui avrebbe adorato ogni singolo brivido che gli avrebbe regalato.


  • Lui la ama, - acconsentì. - Ma ama anche te, - sfiorò la runa di Alec, ritracciandone il disegno. - Sei il suo Parabatai. La sua anima. Non rinuncerebbe mai a te, neanche per Clary. Ha letteralmente riconosciuto in te metà di se stesso. Morirebbe per te. Clary lo calma, ma tu lo stabilizzi come nessuno riuscirebbe mai a fare. Entrambi lo completate.


  • Ti infastidisce? - chiese Alec, mordendosi le labbra con una punta di apprensione.


Magnus scosse la testa, sciogliendo immediatamente i suoi dubbi. - Sei il suo Parabatai. Ne ho incontrati alcuni, nella mia vita. E so bene cosa significa. Ho visto Shadowhunter impazzire per la morte del loro Parabatai, quindi è meglio che quello stronzetto, sbruffone di uno Herondale si impegni a rimanere vivo. Non ho ancora finito con te, Alexander Lightwood.


E lo baciò, sforzandosi per non chiudere gli occhi, per guardare l'azzurro degli occhi di Alexander sparire mentre le palpebre si abbassavano e si abbandonava a lui.


T'amo. Pensò. T'amo come si amano certe cose oscure.

   
 
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