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Autore: Dragon Woman    30/03/2016    2 recensioni
Alcuni ricordi dell'infanzia dei Dixon ed un breve momento di dolcezza ambientata nell'apocalisse zombie.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daryl Dixon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dragon Woman: salve a tutti! questa è una delle mie prime FF, la prima a riguardo di Twd. Spero che vi piaccia, lasciatemi una regenzione se potete, mi incoraggerebbe molto. Grazie a tutti in anticipo!

                                                                            -Come a scusarsi di quello che era.




Il signor Dixon era un tipo burbero. Un tipo a cui piacevano le armi, quelle da caccia, ma anche quelle che solitamente i bravi americani tenevano al sicuro, nascoste in un cassetto a chiave. Ma Dixon evidentemente non se ne preoccupava, e spesso qualcuno lo vedeva uscire di casa con una di queste, in tasca come se nulla fosse. II suo nome era Will, e gli piaceva bere. Nei locali, ma anche a casa, in giro, insomma dove gli capitasse. Fumava come un forsennato, sigari e sigarette; aveva i denti cariati, la testa praticamente calva, una mascella volitiva e della bianca barba incolta. Non era particolarmente espansivo, ne simpatico con i vicini che condividevano con la sua famiglia il vialetto. Era poco colto, e spesso usava parolacce, ma in presenza di qualcuno che non facesse parte del suo nucleo familiare era un tipo taciturno e ombroso. Ad ogni modo nessuno dei suoi bravi vicini poteva dire di non aver mai udito quello che spesso succedeva in quella catapecchia che i Dixon chiamavano casa. Che fosse colpa dei suoi figli mascalzoni, di sua moglie disgraziata, o della partita di football persa dalla sua squadra preferita, Will Dixon andava spesso e volentieri in escandescenza. Si sentivano tonfi, urli e bestemmie, alle volte pianti, e altri rumori, secchi, di qualcosa che viene urato velocemente su qualcos’altro. Ciò durava a volte ore, a volte nottate. Il giorno dopo sua moglie, una donna magra e non particolarmente bella ,dagli occhi chiari piccoli e affilati, usciva di casa schiva e distaccata come sempre, con dei segni violacei qua e la e continuava la sua triste esistenza senza che succedesse niente che nel quartiere portasse una ventata di novità. Tutti se la ricordavano come quella che morì nell’incendio doloso nella casa dei Dixon. Lei fumava a letto, incenerì il materasso e tirò le cuoia, in un lampo. Quasi alla stessa velocità Dixon ricostruì la sua catapecchia. Senza fermarsi un minuto per l’eventuale dolore della perdita. Certo non era solo. Aveva due ragazzi. Merle, un ragazzo nerboruto, conosciuto principalmente per la frequenza con cui finiva in riformatorio e per la brutta gente che frequentava e Daryl, di circa 7, o 8 anni più piccolo. I due frequentavano il quartiere più del padre, spesso Merle faceva provare le sigarette ai ragazzini che abitavano nei dintorni, e per questo era mal visto dai genitori di chiunque lo conoscesse. Daryl invece quando spesso era solo giocava con i suoi coetanei normalmente. Alle volte veniva anche invitato alle feste di compleanno, o cose simili e in quelle occasioni sembrava un bambino normale. Tutte le domeniche i fratelli si alzavano alle 5, e seguivano il padre a caccia, alle volte stando via giorni. erano perennemente sporchi in faccia, di terra o polvere e i vestiti che indossavano non venivano lavati spesso a giudicare dalle loro condizioni. Portavano vesti smesse dal padre, logore e inadatte ad ogni stagione, avevano i capelli sempre arruffati e qualche dente rotto. In fondo i Dixon non erano la peggior gente della zona, ma nemmeno la migliore. Semplicemente le vita andava avanti, senza che nessuno si prendesse cura delle creature che avevano messo al mondo. Quando il più piccolo dei due venne messo al mondo nessuno andò a complimentarsi dai Dixon, e nemmeno si videro i loro parenti. Sembrava tanto una di quelle gravidanze indesiderate che il senso di colpa aveva fatto andare avanti. Probabilmente lo era. Si era vista a volte la signora Dixon, fumare in stato interessante, forse anche bere, ma nessuno si era interessato a fargli notare la gravità della cosa. Ma quando nacque Daryl chiunque rimase sorpreso che fosse un bambino a tutti gli effetti normale, senza nessuna complicanza della negligenza materna, sventando ogni pettegolezzo che una sua possibile malattia potesse portare un po’ di curiosità in quel vialetto, di case umili, nella Georgia del sud. Era solito ad infrangere il delicato silenzio notturno nei suoi primi mesi di vita, ed ogni volta che i suoi violenti vagiti si udivano ognuno si aspettava che da un momento all’altro il padre disgraziato desse i numeri e iniziasse a sparare all’impazzata. Ciò non successe, ma con il passare degli anni anche a Daryl fu palesato che la sua presenza non era gradita, come già a Merle era stato detto. Che Will Dixon picchiasse i figli era ovvio. Dai lividi, dal fatto che d’estate, quando il sole cuoceva e i bambini andavano a rinfrescarsi al fiume, loro indossassero sempre delle magliette sopra ai loro corpi, e ogni tanto ciò non bastava a coprire le loro cicatrici. Nessuno però aveva offerto loro aiuto, ne si era interessato. A volte, quando i genitori abbracciavano i figli il piccolo Daryl che osservava da lontano aveva una faccia triste, sciupata in tenera età da la mancanza dell’affetto che ogni bambino necessita. Con il crescere, la muta di Daryl si era portata via anche questo. Adesso il suo sguardo era di titanio, freddo. Impenetrabile. Non gli serviva niente. Cacciava, era agile e forte, stava assomigliando a uno di quei cani selvatici che, vedendosi rifiutato da qualunque umano, trovava rifugio nel stare solo, nei boschi.


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-Mi aiuti?devo stendere i panni?- Carol sorrise a Daryl mentre questo, uscito dalla prigione per godersi il sole pomeridiano nei suoi ultimi minuti, l’aveva salutata e si era appoggiato contro la schiena alla parete del blocco C con una sigaretta gualcita e rovinata dall’umidità che la fortuna gli aveva fatto trovare in quel posto dimenticato da Dio.
-Cosa? Vuoi che ti aiuti a fare i lavori di casa?- rispose ironicamente Dixon. Carol per un momento non lo ascoltò, intenta a rimpiegare alla meglio una camicia di Hershel ed a sistemarla assieme alle altre. Judith che dalla culla improvvisata stava agitando le zampette da ranocchia iniziava ad annoiarsi e emetteva piccoli lamenti sempre più frequenti.
-no tranquillo, non lascerei mai i miei panni puliti e rimpiegati nelle tue grinfie, ho un lavoro più adatto a te.
-?- Carol si divise dai panni e prese Judith in braccio.
-Puoi tenerla? Cammina un po’ con lei, si sta innervosendo a stare tutto il giorno nella culla ad osservarmi.- per un momento Daryl si allontanò di qualche passo.
-Cosa?- Ed istintivamente buttò via la sigaretta. –mi hai preso per una babysitter? Chiama Beth!
-è a farsi una doccia, poverina era esausta dopo aver aiutato Maggie e Carl a far fuori gli zombie accumulati oltre la recinzione.
-chiama uno dei due!
-Maggie ha il turno di guardia con Glen e Carl è con Rick, stanno sistemando le cose che hanno trovato nell’infermeria in una cella. E se mi stai chiedendo di Hersehel ,no, nemmeno lui può, aveva dei dolori alla gamba e mi ha chiesto se poteva riposarsi per stasera.-  Daryl indugiò.
-inoltre sono a conoscenza del tuo talento con i bambini, e vorrei assisterne anche io. -quale talento?- chiese ironico e dubbioso. -ti sei occupato tu di lei, dopo Lori, sei riuscito a nutrirla e a farla addormentare, nonostante non avessi esperienza. Tutti mi hanno detto che sei stato formidabilmente bravo.
-hai ragione, non ho esperienza, figurati se un bifolco come me può occuparsi di una piccola, la farei piangere subito. Carol non ascoltò. Allungò le braccia e depositò Judith sul petto di Daryl che la afferrò e la strinse istintivamente, un po’ goffo e sicuramente spaventato, oltre che imbarazzato da quel contatto. Visivamente stonava , lui grande e grosso, con i vestiti sporchi di fango, la pelle scottata dalle ore sotto al sole e macchiata che sorreggeva quella piccola creatura, bionda delicata e orfana dal suo primo giorno sul quella crudele terra. Daryl la guardò, come a scusarsi di quello che era, un bifolco, sudicio e inesperto nell’intrattenere i bambini. Per un poco Judy non badò a lui. Era intenta a mangiucchiarsi una mano. Ma poi alzò lo sguardo e si immobilizzò in preda agli occhi di Dixon. Fissava quel volto, che ricambiava quel gesto. Come due animali che si incontrano e si conoscono visivamente. Carol osservava di sottecchi dietro ai panni che intanto aveva ripreso a rimpiegare. Judith non perdeva lo scambio di sguardi che stava intrattenendo con il rude arciere della compagnia. Allungò la manina verso di lui. in genere il gesto di una mano che gli si avvicinava provocava a Daryl il riflesso del nascondere il viso, tante volte era stata quella di suo padre a rompergli un labbro o peggio. Ma la bambina poggiò le sue dita sulla sua guancia. Delicatamente ma goffamente cercava di identificare il volto d’innanzi a lei con quel gesto e con la poca vista che la sua età le permetteva.
-ehi spaccaculi, mi dovresti riconoscere all’odore..- Carol scoppio a ridere, e casualmente anche Judy emise un verso di incosciente felicità e strillò divertita. Affiorò un ricordo: non appena conquistarono la prigione, mentre il gruppo si avviava a campeggiare nel grande prato che ora si stendeva libero e pulito d’innanzi a lui, fra i sopravvissuti ci furono gesti di affetto e felicità scambiati l’uno con l’altro. Ricordò di aver messo una mano sulla spalla a Lori, con il pancione, che emozionata li ringraziava per il buon lavoro svolto. Gli stessi occhi di gratitudine che pensava di non rivedere mai più erano ora davanti a lui, che ridevano dei suoi capelli mentre venivano cincischiati e tirati per la lunghezza.
-Sai sei fortunata ad aver avuto una mamma come lei, non l’hai mai conosciuta, ma so che ti amava, ed adesso ti ama attraverso tutti noi.- iniziando a cullarla e a passeggiare con lei verso il prato. Da lontano, quella figura sempre agitata e allertata da un possibile pericolo adesso sembrava tranquilla e asuo agio.
-Caro Daryl Dixon,dalla vita non hai avuto niente, ma stai donando tanto.- Disse fra se e se Carol.
   
 
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