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Autore: Nadine_Rose    01/04/2016    1 recensioni
Nadine ballava, rideva ed era viva.
[Continuo di “Un amore diviso da un filo spinato”]
Nadine e Werner sedettero vicino alla riva del lago all’ombra di un’alta conifera e restarono lì, stretti l’uno all’altra, avvolti dall’aria fresca dell’estate berlinese mentre dentro di loro scoppiava la primavera. Una nuova stagione era cominciata per la loro vita ma i due contavano ancora i loro inverni.
[Capitolo 33: Il dono della vita]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopoguerra
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Capitolo 24

 

Ricominciare

 

“Rimani! Riposati accanto a me. Non te ne andare.

Io ti veglierò. Io ti proteggerò.

Ti pentirai di tutto fuorché d’essere venuta a me, liberamente, fieramente.

Ti amo. Non ho nessun pensiero che non sia tuo;

non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te.

Lo sai. Non vedo nella mia vita altra compagna, non vedo altra gioia.

Rimani. Riposati.

Non temere di nulla. Dormi stanotte sul mio cuore …”

Gabriele D’Annunzio, Rimani


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George Peppard e Sophia Loren

 

Città di Fürstenberg/Havel, 10 novembre 1950

 

Kurt abbassò lo sguardo: non aveva il coraggio di guardare Engel negli occhi. Nonostante i suoi tanti errori, le sue contraddizioni, le sue brutture, nonostante il suo poco amore, lei continuava ad amarlo ed era pronta a ricominciare. Pensava di non meritare un’altra possibilità, pur desiderandola con tutto se stesso. Appoggiò di nuovo la fronte sulle sue ginocchia e rimase lì per terra, in ginocchio, a piangere stretto a lei. Anche Engel piangeva a dirotto. All’improvviso, Kurt si sentì tirare la giacca e si volse di scatto: era la sua piccola Brigit che lo fissava con occhi sgranati di innocente stupore. La bimba aveva un’espressione interrogativa stampata sul visetto pallido e un ditino poggiato sulle labbra come indecisa su cosa dovesse dire. Poi i suoi occhioni marroni si riempirono di lacrime e, con voce sottilissima, quasi sussurrando, disse: “Papà, mamma, vi prego, fate la pace.” Nonostante i suoi cinque anni, Brigit aveva capito dal principio e sofferto nel silenzio l’attrito tra i suoi genitori. Davanti all’espressione triste e un po’ corrucciata della sua bambina, Kurt si sentì l’uomo peggiore del mondo e capì quanto fosse stato stupido a smarrire le sue priorità, la sua famiglia, per rincorrere un fantasma del suo passato, un ricordo idealizzato della ragazza che un tempo aveva amato. Nadine non era più quella ragazza. Quelle lacrime, pronte a bagnare il faccino della sua bambina, lo avevano improvvisamente guarito dalla sua ossessione. Engel si alzò di scatto dalla sedia e prese in braccio la piccola Brigit per rassicurarla e per evitare che iniziasse a piangere. “Shh, tesoro mio … La mamma e il papà hanno già fatto la pace.” le disse, con voce spezzata e tentando un sorriso. Anche Kurt si alzò e, trattenendo un pianto di commozione, strinse sua moglie e sua figlia in un abbraccio fortissimo. I tre erano di nuovo una famiglia.

 

Berlino ovest

 

Edith aprì la porta e, non appena vide sua cugina mano nella mano con Werner e le loro dita intrecciate, il suo viso s’illuminò subito di gioia. “Andrej, vieni qui! C’è una sorpresa per te!” disse la ragazza entusiasta mentre Nadine le ricambiò il sorriso. Alle parole di Edith, seguirono immediatamente il tonfo di un salto giù dal letto e il rumore di due piedini che, scalzi, correvano spediti verso il salotto. “Papà!” urlò felice il piccolo Andrej, tuffandosi nelle braccia aperte di Werner. Quest’ultimo si acquattò a terra e lo abbracciò fortemente, baciandolo sulla fronte. “Quanto mi sei mancato, piccolo mio.” gli disse, trattenendo a stento lacrime di commozione, mentre il bimbo non riuscì a resistere ed esplose in un pianto sommesso. “Papà, non ci lasciare mai più.” sussurrò, fra piccoli singhiozzi. “Mai più, te lo prometto.” rispose Werner e, alzatosi, lo sollevò in aria per farlo sorridere. Guardando i bellissimi occhi azzurri del suo bambino pieni di lacrime, Nadine capì quanto dolore avesse causato il proprio orgoglio e quanto fosse stato crudele separare suo figlio dal padre, dividere la propria famiglia. Una lacrima le rigò il viso mentre tentava d’ingoiare un singhiozzo, poi avanzò lentamente nel centro della stanza per unirsi a quell’abbraccio e volse uno sguardo a sua cugina. La giovane Edith annuì con un cenno della testa e le sorrise compiaciuta. “Io vado a preparare la valigia di Andrej.” disse e Nadine, ricambiandole il sorriso, esplose in un pianto di gioia. Tra risa e lacrime, la donna si strinse più forte a suo marito e al suo bambino: la famiglia era finalmente riunita.

 

Città di Fürstenberg/Havel

 

Engel rimboccò le coperte alla sua bambina e, andando verso il salotto, indugiò sull’uscio ad osservare l’ombra di suo marito nel bagliore del camino acceso. Kurt era seduto sul tappeto e fissava la lenta e rilassante danza delle fiamme, con una mano poggiata su un cuscino e l’altra che teneva un bicchiere con del vino rosso, e con quell’aria che lo faceva sembrare sempre triste e inquieto. Quanti pensieri tormentavano la sua mente di uomo provato dalla vita e lei questo molto spesso lo dimenticava troppo concentrata sul proprio dolore e sul proprio desiderio di voler essere felice a tutti i costi. Troppo spesso aveva occhi solo per se stessa e chiudeva il cuore a suo marito. Lentamente entrò nella stanza e, senza fare rumore, con movenza impercettibile, prese dal tavolino il bicchiere che in precedenza Kurt le aveva riempito. Gli si avvicinò e, inginocchiatasi dietro di lui, lo avvolse con un braccio provocando un suo sussulto. “Engel!” esclamò, poggiandole di colpo una mano sul braccio mentre lei lo baciò sonoramente sulla guancia. Riuscirono a sorridere dopo tanto tempo e tante lacrime versate. La donna sedette e, subito, le sue pallide guance arrossirono, accarezzate dal calore del fuoco. Alzò il bicchiere verso Kurt e disse: “Brindiamo?” “A cosa?” fece l’altro ostentando curiosità. Sapeva già a cosa avrebbero dovuto brindare. “Al nostro nuovo inizio.” rispose Engel con un tenero sorriso. Per quanto tempo gli aveva negato quello sguardo di dolcezza. I suoi occhi brillavano di emozione contenuta ma non era uno sguardo di vera felicità e non lo era mai stato. Improvvisamente, Kurt divenne serio e, accarezzandole la guancia, le disse: “Engel, amore mio, io non voglio più farti soffrire perché io ti amo.” Una grossa lacrima le rigò la guancia. Da troppo tempo non udiva quelle parole e adesso stentava a crederci. Nel profondo di se stessa sentiva di non essere amata. “Ti prego, credimi. Io ti amo e voglio che tu sia felice, Engel.” continuò Kurt, sfiorandole le labbra e facendosi sempre più vicino fino ad avvicinare il viso al suo. “Credimi, amore mio …” aggiunse l’uomo, quasi in un sussurro di preghiera “… non ci sei che tu nella mia vita.” La stanza diventava sempre più calda e le loro labbra erano sempre più vicine, mentre i battiti dei loro cuori si rincorrevano all’impazzata e i loro respiri si univano affannati in un sol sospiro di tremore. Engel rabbrividì al lieve bacio di Kurt: quasi ne aveva dimenticato il sapore. “Non aver paura, fidati di me.” Forse fu la dolcezza di queste parole appena sussurrate oppure il tocco caldo di quel bacio a labbra socchiuse e tremanti a risvegliare in lei il desiderio di ricominciare per davvero e di abbandonarsi di nuovo tra le braccia di suo marito. Le loro labbra si unirono finalmente in un bacio appassionato e le loro mani ripresero ad accarezzare dopo un tempo che era sembrato un’eternità. I bicchieri si rovesciarono e il vino disegnò una grossa macchia sul tappeto, nell’indifferente frenesia di due corpi desiderosi di rincontrarsi.

 

Berlino ovest

 

Nadine si tolse il cappotto rosso e, guardandosi attorno con espressione sempre più allibita, lo mise sulla sedia dove giaceva ancora il suo vestito a pois, ricordo dell’ultima notte insieme. Si sfilò le scarpe ed emise un lieve sospiro di stanchezza. “Questa casa è un completo disastro.” disse, stiracchiandosi un po’ mentre Werner poggiò la valigia sul letto. “Lo so ma senza di te avevo perso ogni cognizione. Domani penserò io a mettere tutto a posto.” ribatté l’altro e la donna, sorridendo in modo quasi ironico, sedette ai piedi del letto. “Non basterebbe un’impresa di pulizie.” scherzò Nadine per sdrammatizzare quella strana sensazione di disagio che stava provando. C’era un qualcosa che le impediva di sentirsi finalmente a casa e quel qualcosa non era di certo il disordine che aveva reso la casa irriconoscibile. Il pensiero che suo marito non si fidasse di lei continuava ad opprimerla e a tenerla legata a un forte dolore. Sobbalzò quando Werner, senza preavviso, aprì la bottiglia di spumante. “Nessun’ombra del passato dovrà più oscurare la luce del nostro amore.” disse, porgendole il bicchiere. Ma gli occhi di Nadine erano ancora velati di una tristezza che celava quel desiderio di ricominciare. Le prese il mento, costringendola a guardarlo negli occhi, quegli occhi tanto accesi di determinazione, e poi avvicinò la fronte alla sua. Il “ti amo” di Werner fu un sussurro veloce che si perse tra le labbra socchiuse di Nadine e scivolò dritto nel suo cuore. A quel “ti amo”, appena sussurrato ma fermamente deciso, la donna rispose abbandonandosi in un bacio appassionato. Si ritrovò sdraiata sul letto, con il corpo a pochi centimetri da quello di suo marito e, con un fil di voce, disse: “Ricominciamo.” “Da dove eravamo rimasti?” fece Werner, alludendo all’ultima notte insieme. “No, da qui …” ribatté Nadine “… Perché il tempo che abbiamo vissuto lontani l’uno dall’altra non può essere stato vano e deve averci insegnato qualcosa …” gli prese il viso e lo guardò profondamente “… Devi fidarti di me.” “E tu?” “Devo imparare ad essere meno impulsiva.” “Non da adesso spero.” concluse l’uomo con tono ironico e i loro sorrisi si unirono in un lento e interminabile bacio appassionato.

 

Vivere ed amarsi

Vivere e lasciarsi vivere

Riconquistarsi come l’ultima volta

In questa vita che ha fretta

Riapriamo ancora una porta

E raddrizziamo la rotta

Per vivere che giorno è

 

Marco Masini, Che giorno è

 

 

   
 
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