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Autore: Akane25    02/04/2009    11 recensioni
**SPIN-OFF DI NOTTE ROSSA DI PLENILUNIO**Il tempo passava rapido. I giorni divennero presto settimane, le settimane mesi. La clessidra scandiva inesorabilmente il ritmo della sua eterna prigionia. Una prigione dorata e confortevole, ma pur sempre una prigione. Poteva resistere lontana da lui?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Altro Personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '**NOTTE ROSSA DI PLENILUNIO**' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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SPIN OFF DI

NOTTE ROSSA DI PLENILUNIO

 

 

ATTENZIONE:

La spin è un collegamento

tra il capitolo 19 e 26

capitolo di NRDP.    

 La canzone di accompagnamento

 è la bellissima

My Heart will go on (Celine Dion)

 

 

 

FAR,wherever you are

 

 

-Lontano,ovunque tu sia-

 

Photobucket

Il tempo passava rapido.

I giorni divennero presto settimane, le settimane mesi.

La clessidra scandiva inesorabilmente il ritmo della sua eterna prigionia.

Una prigione dorata e confortevole, ma pur sempre una prigione.

Poteva resistere lontana da lui?

 

 

 

La lontananza fa all’amore

quello che il vento fa al fuoco:

spegne il piccolo e scatena il grande.

Roger de Bussy-Rabutin

 

 

I chilometri che ci separano

non riusciranno a renderci lontani.

Perché io e te siamo una cosa sola,

che nessuna distanza potrà mai dividere.

 

 

 

Le cose non vanno mai come credi

un'altra notte ti svegli e ti chiedi

se hai sbagliato per quella promessa

se hai mentito per una carezza

per questo viaggio ci vuole coraggio

per questo amore pieghiamo il destino

ti resto accanto su questo cammino

però ti prego tu dammi la mano

Giorgia [Marzo]

 

 

 

 

 

 

Una piacevole sensazione di freschezza le ridestò la mente dal torpore.

Rilassò i muscoli del viso, sentendo il panno umido bagnarle la fronte e le labbra secche.

Le aprì lentamente, mentre avvertiva un’improvvisa voglia di dissetarsi a causa della gola secca e la bocca amara.

“Signorina Akane?”

Udì una voce chiamarla, ma era talmente lontana e indistinta che non la riconobbe; mugugnò in segno di protesta quando il panno le fu allontanato dalle labbra.

“Signorina Akane mi sente?”

La voce cominciò a farsi più nitida. Una sensazione di familiarità l’avvolse nell’udire quella “r” moscia, ma la sua mente era ancora troppo intorpidita per associare la voce ad un volto.

Con calma provò ad aprire gli occhi, chiudendoli di nuovo non appena un fascio di luce si insinuò tra le palpebre.

Le immagini che riuscì a distinguere erano sbiadite, contornate da puntini neri.

Cercò di focalizzare meglio la stanza.

“Signorina Akane, mi sente?”

Girò la testa in direzione della voce, ancora confusa.

Annuì impercettibilmente con la testa e improvvisamente fu infastidita dalle urla di gioia che riempirono la stanza, tanto da farle storcere il naso.

Le sue orecchie erano ancora accoccolate nel silenzio del suo sonno e sentire quei picchi di voce fu molto irritante.

Cercò di alzarsi dalla posizione supina, ma un dolore atroce le si irradiò per tutta la schiena, costringendola a rimettersi stesa con un lamento.

La serva le fu accanto prontamente “Non dovete alzarvi Akane-sama, le ferite sono ancora fresche.”

Una volta passata la fitta, Akane posò la sua attenzione su Huime, la kitsune-youkai.

“Cosa è successo?” Domandò riacquistando lucidità e ricordando dove si trovava.

Intravide gli occhi della youkai inumidirsi di colpo, le labbra divennero esangui, mentre si torceva le dita “Non ricordate nulla?”

Akane scosse piano la testa avvertendo i muscoli del collo indolenziti.

Huime abbassò il capo “Una settimana fa siete stata ferita alla cerimonia del plenilunio.”

*Una settimana fa?*

Impacciata si premette le dita sulle palpebre, cercando di ricordare quella sera. Aveva ricordi sbiaditi e sfocati, rammentava di essere stata attaccata da due ookami e di averne ucciso uno fortunosamente.

Ripercorrendo con la mente ogni ricordo di quella sera, cercò di ricostruire cos’era accaduto nel lasso di tempo fra il momento dell’aggressione e quello del combattimento nell’arena con il secondo ookami, senza però riuscire a colmare quei vuoti di memoria.

L’ultima cosa che ricordava era l’immagine di Toshio.

“Volete qualcosa di caldo Akane-sama?”

Akane annuì, togliendo la mano dagli occhi e cercando a fatica di mettersi seduta.

La kitsune le porse una tazza bollente e le sistemò meglio i cuscini dietro la schiena fasciata.

Bevve il contenuto della tazza tutto d’un sorso, così avidamente che non si accorse nemmeno di essersi bruciata la lingua e, mentre Huime impartiva ad altre piccole kitsune di preparare qualcosa da mangiare per lei, Akane si adagiò meglio sui guanciali tirando un sospiro di sollievo.

Improvvisamente sentì l’atmosfera farsi più pesante e s'accorse di essere rimasta da sola con la kitsune.

Akane la fissò, mentre sistemava la stanza, ma la cosa che la colpì fu che non riusciva a guardarla negli occhi.

“Non dovete sentirvi in colpa per quello che è successo Huime. Non è colpa…”

Un singhiozzo interruppe a metà la frase della giovane, che guardò sconcertata le spalle dell’anziana tremare. “Mi dispiace” riuscì a dire la kitsune, tra le lacrime.

“Se solo avessi immaginato sarei venuta anch’io con voi.”

L’anziana youkai si nascose il volto tra le mani e pianse cercando di trattenere i singhiozzi, mentre una sensazione d’angoscia la coglieva all’orribile ricordo di quella sera, quando un Hambun-youkai si era presentato con la ragazza svenuta e ferita tra le braccia.

In quel momento aveva provato ansia allo stato puro nel vedere tutto quel sangue che colava da quel corpo pallido e sfigurato. Mai si sarebbe aspettata un simile epilogo.

A questo si aggiunse l’imperativo ordine del suo padrone che, tornato dalla cerimonia, minacciò di uccidere venti suoi servi nel caso in cui la ragazza fosse morta.

Così aveva iniziato a vegliare su di lei e ogni minuto, ogni ora che passava accanto al capezzale della giovane aumentava in lei il desiderio di vederla ristabilita, consapevole di provare un forte senso di protezione che nulla aveva a che vedere con il dovere.

La ragazza era speciale, Huime lo sapeva.

Akane sorrise e, cercando di rassicurare l’anziana, tentò di metterle una mano sulla spalla, ma il dolore glielo impedì.

“Non potevate sapere quello che sarebbe successo” disse infine appoggiandosi ai cuscini.

La kitsune tirò su con il naso, avvicinandosi alla giovane a capo chino “Potrete mai perdonarmi?” Chiese a bassa voce.

Akane notò che la youkai aveva il volto stanco e profonde occhiaie le solcavano gli occhi. Le era rimasta accanto per tutto quel tempo.

Sorrise prendendole la mano “Solo se da oggi ci diamo del tu.”

Il volto arcigno e umido dell’anziana si illuminò “Grazie Akane.”

 

 

La guarigione della giovane fu rapida, vista la forte fibra che la caratterizzava.

Dopo aver passato una settimana a letto senza riacquistare conoscenza, una volta sveglia le bastarono altri sei giorni per riprendersi totalmente dalle ferite, grazie alle amorevoli cure di Huime e delle altre serve.

Non appena riuscì ad alzarsi fu convocata immediatamente da Toshio per un’udienza, dove lo youkai le spiegò brevemente le ferree regole del palazzo.

Fu così sintetico e freddo che da liquidarla con poche e semplici parole.

“Osa mettere piede fuori dal palazzo e sarai punita.”

 

 

Dopo quell’incontro si videro soltanto una volta, molto più breve della precedente, durante la quale la informò che Huime sarebbe diventata la sua dama di compagnia.

Da quel momento sparì dalla sua vita.

Divenne solo il fantasma di colui che l’aveva strappata dalla sua casa.

Era sempre in viaggio e quando tornava preferiva stare nelle sue stanze in completa solitudine.

Più volte Akane si chiese il perché l’avesse portata con lui nel suo regno, visto che non si incontravano mai.

Da una parte fu sollevata da quella circostanza, visto che Toshio le incuteva molta soggezione e il non vederlo la tranquillizzava parecchio, ma dall’altra era curiosa di capire la motivazione della sua prigionia.

Forse dividendoli voleva fare un torto Ranma?

Possibile che la sua venuta in quel regno fosse solo il frutto di una stupida vendetta tra maschi?

Ne aveva parlato a lungo con Huime, ma l’anziana era rimasta vaga sulla cosa, eppure, secondo Akane, la kitsune sapeva molte più cose di quanto volesse far credere.

 

A poco a poco, cominciò una sorta di quotidianità per la giovane che, sopprimendo ogni sentimento verso casa, si buttò anima e corpo negli allenamenti.

Huime cominciò a cucirle i vestiti e a proibirle di tagliarsi i capelli. Era davvero un’ottima compagnia. Presto Akane apprezzò ogni lato del suo carattere duro e dolce allo stesso tempo; ella divenne la sua confidente. Passavano le serate a parlare e Akane cominciò a raccontarle della sua vita precedente il rapimento, compreso Ranma, ma il dolore che le provocava parlarne la fece smettere ben presto.

Huime si dimostrò una grande ascoltatrice, capiva la sofferenza della ragazza e  ben presto tra le due si formò un profondo legame.

 

 

Fu qualche settimana dopo la sua guarigione che fece un incontro inaspettato.

Anzi, più incontri.

Era una mattina qualunque ed Akane era intenta a eseguire i suoi kata quotidiani, tra esercizi e allenamenti, mentre Huime stava impastando la farina in un tegame molto più grande di lei, tanto da costringerla a salire in piedi su di una sedia per poter lavorare più agevolmente.

Tra le mani teneva un lungo mestolo, che muoveva energicamente.

“Non è che ti stai stancando troppo Huime?” Domandò Akane sferrando un pugno nell’aria.

La kitsune la guardò fintamente contrariata “Mi stai dicendo che sono vecchia?”

Akane sorrise a quella domanda e ci pensò su qualche secondo “Beh, non sei più una youkai giovanissima, magari…”

Improvvisamente uno strano fruscio di foglie interruppe la risposta di Akane che, di scatto, girò la testa. “Hai sentito?” Mormorò.

Huime annuì seria, scendendo dalla sedia e posizionandosi al fianco di Akane, impugnando il grande mestolo come un bastone.

“Viene da là” asserì l’anziana puntando il dito verso il muro di cinta, lungo il quale correva una fitta siepe di pruni in fiore.

La giovane si avvicinò circospetta, alzando le mani in posizione di difesa nel momento in cui il rumore si ripeté una seconda volta.

C’era qualcuno nascosto in quella siepe. O qualcosa?

La sua mente galoppò così veloce che non poté fare a meno di deglutire, pensando a quale orribile creatura vi si potesse nascondere.

Una spia? Un nemico?

Cercò di non badare al battito troppo accelerato del suo cuore.

*Calma. Stai calma.*

Si avvicinò ancora, finché non si trovò ad un passo dalla siepe.

Un movimento improvviso scosse le foglie.

Strinse gli occhi raccogliendo tutto il coraggio che riuscì a racimolare.

Dannazione, era un artista marziale giusto? Non doveva avere paura.

Alzò di scatto il braccio e con un colpo secco tentò di colpire il cespuglio con il lato della mano.

“COMBATT….” Ma l’urlo si trasformò in un grido di paura quando, in contemporanea, vide sbucare dalla siepe un piccola figura.

Anche lo sconosciuto, preso in contropiede, urlò di rimando e non potendo fermare l’avanzata del suo salto andò a sbattere contro la testa Akane.

Entrambi caddero a terra.

“Akane!” Strillò Huime, mentre correva a chiamare a gran voce le guardie.

La ragazza si alzò lentamente dal prato, massaggiandosi la nuca e mugugnando qualcosa di incomprensibile.

“Ahi! Ahi che male! Cavolo ma perché non stai attenta?”

Akane si girò sentendo quella voce sfrontata.

Davanti a lei c’era un ragazzino di circa nove anni con il volto sporco di terra, i folti capelli neri, dove era rimasta impigliata qualche foglia, e grandi occhi azzurri.

Per un momento si perse in quegli occhi, così incredibilmente simili a quelli di Ranma.

“Ma tu chi sei?” Domandò Akane ancora intontita, vedendo il suo aspetto trasandato, mentre si chiedeva se fossero macchie di sangue o di terra quella sulla sua maglietta.

Prima che il giovane potesse parlare, dallo stesso pruno sbucarono altri due youkai.

Uno della stessa età del primo che portava sulla schiena un altro cucciolo, probabilmente più piccolo di qualche anno, vista la corporatura più minutina.

Era coperto da un mantello nero con il cappuccio.

Kubo ti sei fatto male?” Domandò l’altro ookami. Aveva la capigliatura ramata e profondi occhi color cioccolata, contornati da buffi occhiali.

Anche lui non aveva un bell’aspetto.

L’amico sorrise cercando di alzarsi “Tranquillo Hitoshi sto bene. Kimi?” L’ookami semi-nascosto dietro la schiena dell’amico annuì stanco.

Hitoshi molto educatamente si presentò alla giovane un po’ imbarazzato “Ci dispiace averla disturbata signora, spero che Kubo non le abbia fatto male. Io mi chiamo Hitoshi, lei è Kimi.”

Akane fissò il piccolo ookami ramato con molta tenerezza, sorrise sia a lui che alla bambina, ma stranamente la cucciola cercò di non farsi vedere, rannicchiandosi dietro la schiena di Hitoshi e sfuggendo così all’occhiata incuriosita della ningen.

Kubo abbozzò un sorriso; il suo sguardo birichino si spostò su Akane, mentre con la mano si toccava il principio di un bernoccolo “Certo che hai la testa dura, eh ningen?”

Akane s’indispettì per quel tono così irriverente, così… tremendamente familiare!

“Hei! Anche se sono una ningen, ho un nome sai?” Rispose di rimando, alzandosi in piedi e sovrastandolo in altezza. “Mi chiamo Akane.”

“Pfu, che razza di nome” celiò di rimando il cucciolo, mentre l’amico lo rimproverava.

Akane socchiuse gli occhi riducendoli a due fessure.

“Perché Kubo è meglio secondo te? Posso sapere voi…” ma non ebbe neanche il tempo di finire la frase.

Fu tutto così veloce che riuscì solo a percepire la mano di Huime che la tirava per la manica, allontanandola. “Ma che diavolo….”

In un batter d’occhio i tre piccoli ookami furono circondati da una squadra di cinque hambun-youkai con le lance puntate contro gli intrusi.

Kubo e Hitoshi si strinsero schiena contro schiena proteggendo Kimi.

Le guardie di Toshio mugugnavano versi poco rassicuranti agitando le lance.

Hitoshi scoprì il labbro mostrando i denti, mentre Kubo si trasformò in ookami. Un lupo dal manto nero. Ringhiò: anche se era solo un cucciolo ancora inesperto non avrebbe esitato ad attaccarli uno ad uno, il tempo necessario per far scappare Hitoshi e Kimi.

Forse si erano sbagliati, forse non era quello il palazzo che Fukudo gli aveva indicato prima di morire. Forse non era quello il luogo dove portare in salvo sua figlia.

Studiò bene la situazione, valutando chi fosse l’anello debole di quegli schifosi ibridi che, imperterriti, continuavano a inveire contro di loro stringendo sempre più il cerchio come una morsa.

Kubo si decise ad attaccare, caricò il peso sulle zampe posteriori pronto ad azzannare quelle bestie, ma…

“Fermatevi!”

Tra le file degli hambun-youkai sbucò Akane che prontamente si parò davanti ai tre piccoli, ignorando le parole di Huime che le urlava di allontanarsi.

Lo sconcerto regnò sovrano tra le guardie, che si scoccarono occhiate allibite.

“Sono solo dei cuccioli” disse Akane con voce perentoria, vedendo che anche alcuni servi kitsune erano corsi a vedere cosa stesse succedendo. “Non potete fargli male.”

Una voce parlò, forse un kitsune “Sono intrusi, il padrone…”

“Non credo che Toshio-sama voglia che youkai della sua razza vengano trattati in questo modo” li zittì immediatamente Akane. “Anche se intrusi non vi permetto di toccarli, sono dei bambini e come tali…”

“KIMII!!!”  L’urlo di Kubo, appena ritornato in forma umana, echeggiò tra le mura del palazzo, impregnando l’aria di una forte apprensione.

Akane si girò, vedendo la bambina caricata sulle spalle di Hitoshi, che si accasciava all’indietro, cadendo svenuta al suolo.

Nel farlo il mantello che la proteggeva si slacciò atterrando lontano da lei e da sotto il cappuccio nero sbucarono dei bellissimi capelli candidi come la neve.

Akane rimase affascinata.

Non solo dalla capigliatura, ma anche dalla pelle così chiara e alabastrina che sembrava cristallo.

Una bellissima bambola di porcellana.

Ma lo stupore si tramutò in angoscia quando avvertì dietro di lei il putiferio.

Gli kitsune-youkai gridarono frasi sconnesse dove Akane riuscì a capire solo alcune parole.

Bourei **”

Hakukakotai**”

IroIro**”

Essi indicavano la bambina a terra, che venne subito soccorsa da Hitoshi e Kubo “Kimi! Kimi mi senti?” La chiamò Hitoshi scuotendola per le spalle.

Akane rimase pietrificata.

Chiamavano quella bambina albina Bourei, fantasma!

Come potevano?

Cercò di mantenersi lucida mentre si avvicinava ai piccoli, ma fu estremamente difficile non appena si accorse con orrore che il corpicino della piccola era martoriato, pieno di ferite e di morsi.

La rabbia e l’indignazione montarono in lei come una valanga.

“Che hai da fissare?” Domandò rabbioso Kubo parandosi davanti.

Solo allora Akane notò che anche i due maschietti avevano sul corpo gli stessi segni. Gli occhi dell’ookami, prima irriverenti, ora sembravano spiritati.

Da dove diavolo erano venuti?

Tentò di rimanere calma “Per favore, fammi vedere cos’ ha” il tono asciutto di Akane fece scostare Kubo, che capì in quel momento di potersi fidare.

Doveva fidarsi!

Akane s’inginocchiò al fianco dell’albina, sentendole la fronte.

Scottava, maledizione.

Valutò ancora i segni sul suo corpo e ad ogni toccò, d’istinto, la piccola tremava.

Akane deglutì tirando il fiato nel momento in cui s’accorse di averlo trattenuto.

Una presenza dietro di lei la fece girare e incontrò gli occhi piccoli e rudi della sua dama di compagnia.

“Huime…” il tono di Akane era implorante.

L’anziana alzò la mano intimandole di tacere. Guardò con attenzione la piccola, poi chiuse gli occhi e le voltò le spalle “Chiamate Il curatore Woshi” ordinò con tono inflessibile a due giovani kitsune “La piccola ookami sta male.”

“Grazie” sussurrò Akane mentre prendeva in braccio la cucciola che respirava con affanno e, insieme agli altri due e Huime, corse all’interno del castello.

 

 

 

Da una delle finestre del palazzo si poteva intravedere uno scorcio di tramonto.

Il cielo limpido aveva delle calde tonalità dorate, che sfioravano appena le montagne, e che, piano piano, sfumavano in altre più cupe, color lilla e cobalto, che coloravano la volta celeste.

Il bellissimo gioco di colori che la natura stava mostrando catturò l’attenzione di Akane, che sia appoggiò alla balaustra con i gomiti posando il mento sulle nocche; stava aspettando che il curatore Woshi, un anziano kitsune-youkai stempiato e dalla barbetta ispida, uscisse dalla stanza dove stava visitando i tre ookami, assistito da Huime.

Fu il rumore della porta a ridestarla dai suoi pensieri e così si accorse dell’invitante profumo del thè caldo che Huime le porse sotto il naso.

“Grazie Huime” disse Akane prendendo tra le mani la tazza calda e sorseggiandola con gusto. “Come stanno?”

Huime si appoggiò al muro, bevendo a sua volta la bevanda “Direi bene. Woshi ha detto che devono solo riposare. I due maschi hanno riportato ferite lievi, mentre la femmina è più grave, ma si rimetterà presto. Stanno mangiando ora.”

Akane si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo: perlomeno stavano bene.

Passarono qualche minuto in estremo silenzio, ognuna immersa nei propri pensieri.

“Huime?”

“Mh?”

Akane abbassò lo sguardo “Perché gli hanno fatto del male? Sono solo dei cuccioli.”

Huime sospirò a sua volta massaggiandosi il collo “Akane la razza Ookami è la razza sovrana in questo mondo e…”

“… E quindi non ammette che ci siano delle eccezioni alla sua purezza, dico bene?” Terminò dura Akane incrociando le braccia.

“Akane lei è diversa!”

“E’ soltanto un cucciolo albino, che male potrebbe fare?”

Huime scosse la testa “Lei è un ibrido e come se non bastasse è albina. I mezzi demoni difficilmente sono accettati dagli Ookami.”

Akane strinse i pugni.

Che razza di esseri ripugnanti potevano mai essere questi ookami-youkai?

“Comunque sia non appena staranno meglio potranno andarsene.”

La voce di Huime fu come uno schiaffo per Akane “Cosa? Vuoi lasciarli vagare nel bosco da soli?” Il suo tono crebbe di una tonalità.

Huime si staccò dal muro “E cosa pretendi che faccia? Toshio-dono odia gli intrusi.”

Anche la voce di Huime salì.

“E’ per colpa di Kimi?” Domandò esterrefatta Akane.

Huime negò “Assolutamente no. Toshio non ha mai dato peso alla purezza della sua razza. Lui non vuole nessuno. Chiunque esso sia: ookami, Hebi, ningen… Se venisse a scoprire che abbiamo ospitato questi tre piccoli verremmo frustati tutti seduta stante.”

Akane fremette abbassando i pugni, ma non protestò oltre, poiché dalla porta uscì l’anziano Woshi.

Era un tipo rachitico, ma dal viso molto dolce e saggio, che portava sul naso adunco un paio di occhiali senza asta dalla montatura rotonda.

“Per il momento stanno bene” asserì il dottore. “Tra un paio di giorni si rimetteranno. Riposano adesso. Sono dei cuccioli molto forti.”

“Grazie mille Woshi-san” Ringraziò Akane con un inchino.

“Sei in gamba vecchio mio” disse invece Huime sorridendo all’amico che, salutando rispettosamente le due donne, si dileguò.

Akane s’avvicinò alla porta e mise la mano sul pomello, ma prima di aprirla disse

“Tra un paio di giorni Toshio-sama sarà di ritorno al castello. Se puoi fammi avere un’udienza con lui, gli parlerò io degli ookami-chan.”

“Akane…”

“No Huime, non li lascerò andare via da soli. Mi rifiuto.”

La kitsune abbassò le spalle “Come vuoi tu amica mia.”

Akane le sorrise entrando nella stanza.

 

Era una camera abbastanza grande. A destra erano posti tre letti a baldacchino, messi uno di fianco all’altro, alternati da tre comodini antichi e stilizzati.

Dall’altra parte della stanza troneggiava un camino, affiancato da un grande armadio a muro e davanti ad esso era posto, su un tappeto, un tavolino con dei cuscini blu scuro.

Sulla parere di fronte alla porta c’era un finestra che s’affacciava su una piccola terrazza.

Akane entrò in punta di piedi, vedendo Kubo e Hitoshi dormire profondamente, ognuno nel proprio letto. Sorrise nell’osservare che Kubo si era appisolato tutto scomposto, con un cuscino sotto alla gamba e il lenzuolo a sostituirlo, mentre Hitoshi riposava compostamente da un lato del suo letto.

Si avvicinò ancora di più accostandosi all’ultimo giaciglio, ma con grande sorpresa lo trovò vuoto. Le coperte erano sgualcite, ma di Kimi nessuna traccia.

Stava per allarmarsi, ma una leggere brezza di vento la indirizzò verso il finestrone.

Osservò le tende mosse dal fresco venticello che annunciava il calare della sera. Magari…

Con lentezza Akane si diresse verso il balcone, scostò le tende e uscì fuori.

Un tenue brivido le percorse le braccia nude.

La trovò appoggiata al muro, seduta a terra con gli occhi chiusi.

Le si strinse il cuore nel vederla fasciata, ma nonostante ciò, con il vento tra i capelli, quella bambina era così eterea. Sembrava un angelo con quei capelli lisci e bianchi come la neve.

Da quel che aveva capito amava la solitudine.

La bambina si accorse della sua presenza e voltò di qualche centimetro il viso verso Akane, che le si sedette accanto con le gambe di lato.

La vide irrigidirsi per qualche secondo.

“Come mai chiudi gli occhi?” Le chiese sottovoce incuriosita, cercando di parlare con tono materno, come avrebbe fatto Kasumi.

“Per sentire il vento” fu la risposta della cucciola senza aprire gli occhi.

La sua voce sottile era melodiosa e soffice.

Come si poteva far male ad una piccola così tenera?

“Il vento?” Chiese Akane avvertendo la brezza sfiorarle il viso.

Kimi annuì “Se chiudi gli occhi lo senti meglio. E’ come se mi parlasse, se cantasse una ninna nanna per me. Ha una voce bellissima.”

Non riuscì a comprendere ciò che intendeva la piccola albina, ma non appena la cucciola aprì gli occhi Akane si perse in quello sguardo, dimenticando tutto il resto.

Non erano rosso fuoco, non erano rosso sangue, non erano rosso scuro: possedevano tutte le tonalità di quel tramonto che stava sfumando.

Erano amaranti con calde tonalità di arancione e rosa antico: l’iride era contornata da una tonalità magenta.

Quegl’occhi irradiavano mistero, tristezza e amore, ma anche una incredibile forza interiore.

“Grazie mille per oggi” mormorò la piccola toccandosi i capelli con fare impacciato e mentre abbassava lo sguardo.

“Se non fosse stato per…” si tese di colpo sentendo la mano di Akane accarezzarle il capo. Un impulso naturale di difesa si insinuò in lei come un brivido, ma stranamente fu subito placato. Dentro di lei una sensazione di familiarità e sicurezza la pervase, sciogliendo quel nodo allo stomaco, mentre la calda mano di Akane le sfiorava la testa nivea.

Kimi si lasciò cullare da quella percezione dolce e materna. La ningen aveva un buon profumo, come la sua povera mamma.

Chiuse gli occhi e senza pensarci appoggiò la guancia sulla spalla di Akane, che dolcemente le cinse le spalle con le braccia.

Quella bella sensazione di protezione la avvolse e serena e rilassata si addormentò accoccolata sul petto di Akane, che le sorrise accarezzandole ancora i capelli.

“Non ti preoccupare, sei al sicuro adesso” mormorò.

Fissò per un momento le sua fasciature e il volto le si contrasse “Siete al sicuro, nessuno vi farà del male, ve lo prometto.”

 

 

Salì le scale sentendo dentro di sé una pesante angoscia che le opprimeva il petto.

I due giorni erano volati troppo in fretta e il momento dell’udienza richiesta a Toshio era arrivato.

Ora il problema era che non sapeva cosa dire per convincere lo youkai a far rimanere i tre piccoli.

Si era preparata un discorso nelle ultime ore, ma come una stupida se l’era dimenticato non appena arrivata di fronte all’enorme porta dello studio, all’ultimo piano del castello.

Tentò di fare mente locale, ma aveva la mente annebbiata dall’ansia.

Non le restava che improvvisare, ne andava del bene di Kubo, Kimi e Hitoshi.

Rimase altro tempo ferma, davanti alla porta di legno massiccio, indecisa se bussare o tentare la fuga. *Forza Akane.*

Con un forte cenno della testa e una mano a pugno si diede coraggio. Si avvicinò al portone, stava per bussare, ma…

“Entra ningen.”

Il comando inflessibile che provenne dalla stanza la fece rimanere con la mano a mezz’aria.

Con decisione prese un bel respiro ed entrò nello studio dello Tsuki no youkai.

Era una stanza cupa, ma molto raffinata.

Il pavimento era di marmo nero, lucido, con disegnati dei cerchi bianchi concentrici che s’intersecavano fra loro, il soffitto era alto e a guglia, con la volta ricoperta da un affresco che raffigurava la cerimonia dello Tsuki no Youkai.

Di fronte all’immensa porta dalla quale Akane era entrata c’era un bellissimo rosone di vetro e ferro battuto che occupava quasi l’intera parete, e sotto di esso si aprivano tre finestre ad archi stretti.

Ai lati del rosone c’erano dei mobili bassi pieni zeppi di pergamene e di fogli di cartapecora.

A destra c’era un libreria di mogano scuro, molto grande con ante di vetro e angoli bombati, mentre dalla parte opposta troneggiava un camino di marmo bianco sporco con davanti una poltrona e un comodino. Ai lati del camino c’erano due statue nere raffiguranti due ookami-youkai, mentre sopra vi era appeso un quadro raffigurante Toshio.

Davanti al rosone c’era una pregiata scrivania completamente intarsiata, sempre di mogano scuro, ai cui lati erano posti due lunghi candelabri di ottone con cinque braccia ciascuno.

Toshio stava appoggiato alla scrivania, in piedi, mentre leggeva una pergamena.

Akane dovette riconoscere che la persona di Toshio, soprattutto in quel luogo, emanava un fascino misterioso e accattivante, uno charme magnetico e attraente; ma era una bellezza fredda e austera che inquietava invece di ammaliare.

Rimase impalata sulla soglia con le mani nelle mani, indecisa su cosa fare, su cosa dire.

“La kitsune mi ha riferito che volevi parlarmi. Ebbene?” Non la degnò di uno sguardo, ma la sua voce così roca e profonda la agitò.
Deglutì, imponendosi di scacciare via la sgradevole sensazione focalizzando la sua concentrazione sui tre piccoli. Doveva farcela.

“Toshio-sama avrei una richiesta da farvi” cominciò Akane cercando di mantenere la voce ferma. Non ricevendo risposta proseguì.

“Giorni fa sono entrati a palazzo tre cuccioli di ookami-youkai.”

Si fermò vedendo che il demone aveva posato il foglio che aveva in mano, spostando l’attenzione su di lei.

“Erano feriti e stremati e così ho chiesto a Woshi-san di curarli. Ora i piccoli stanno bene” un sorriso inconsapevole fiorì sulle sue labbra “Sono in giardino con Huime. In attesa della vostra decisione.”

Silenzio. Percepì gli occhi dello youkai puntati su di lei, quasi a scavarle la mente. Non seppe definire bene se irradiavano rabbia, indifferenza o curiosità.

Akane inchinò il busto giocandosi il tutto per tutto.

“Toshio-sama, la prego di acconsentire a far rimanere i piccolo nel castello. La prego non li mandi via.”

Rimase in quella posizione, in attesa di una risposta.

Avvertì lo youkai distogliere lo sguardo da lei e avvicinarsi alle finestre.

Passò qualche minuto di silenzio, carico di attesa.

Toshio posò i suoi gelidi occhi sulle tre figure che, insieme alla kitsune, giocavano in uno dei giardini. Non lo diede a vedere, ma non appena vide la cucciola albina mille pensieri gli invasero la mente.

Ignorò il pulsare del suo petto, anche se era strano sentirlo battere dopo tutti quegli anni; oramai era convinto che fosse divenuto una inutile carcassa che aveva la sola funzione di tenerlo in vita pompando sangue.

Fissò quegli occhi amaranti e in quel riflesso vermiglio un vecchio ricordo riaffiorò, ma lo bloccò sul nascere.

Distolse lo sguardo dal rosone, continuando a voltare le spalle alla ningen ed emise la sua sentenza.

“Fa che non mi capitano mai fra i piedi.”

In un primo momento ad Akane parve di non aver sentito bene, ma subito dopo il cuore le si riempì di gioia.

Aveva accettato!

Potevano rimanere.

Si inchinò nuovamente ringraziando il padrone.

“Arigato Toshio-sama.”

Si congedò subito e corse via da quella stanza, dove l’aria era più leggera.

Ignara che dentro quell’elegante studio il più potente degli youkai combatteva con dolorosi ricordi.

Scese le scale fino ad arrivare al giardino dove i tre piccoli e Huime l’aspettavano vicino ad una fontana.

Al suo arrivo sul volto dell’anziana trapelò la preoccupazione, ma il sorriso di Akane sciolse ogni dubbio.

“Ha accettato!” Urlò gioiosa.

Fu una festa.

Kubo e Hitoshi saltarono di gioia schizzandosi l’acqua a vicenda, mentre Akane abbracciò Huime.

“Come hai fatto?”

“Non lo so” rispose Akane. Non lo sapeva davvero!

Risero di gusto festeggiando l’accaduto.

L’unica che rimase sulle sue fu Kimi, che invece di festeggiare alzò lo sguardo in alto verso il rosone fino a che i suoi bellissimi occhi amaranti incontrarono quelli argentati di Toshio.

Si fissarono, come se cercassero di scrutarsi a vicenda.

Fu un breve contatto, ma Akane se ne accorse e in quel momento capì che forse Toshio aveva accettato la sua proposta per Kimi.

Ma questo rimase una sua debole supposizione.

 

 

Da quel giorno il tempo passò rapido.

I giorni divennero presto settimane e le settimane mesi.

Con i piccoli ookami non ci si annoiava mai e tra le lezioni di arti marziali che Akane impartiva ai piccoli e ai giochi, le ore di luce finivano troppo presto e questo non faceva che aumentare le proteste di Kubo, instancabile nel giocare.

“Uffa! Non capisco perché dopo il tramonto dobbiamo chiuderci nel palazzo e non possiamo più giocare! Mi annoio!” Si lagnò sprofondando nei cuscini.

Huime, mentre rammendava, rispose con finta pazienza.

“Invece di lagnarti perché non fai come Hitoshi e leggi qualche bel libro?”

Kubo sbuffò lanciando un’occhiataccia all’amico secchione “leggere NON è divertente. E’ barboso.”

Hitoshi di rimando gli fece una linguaccia “Sei tu che non hai fantasia. Capisci solo lotta e arti marziali.” Kubo masticò un insulto poco carino guadagnandosi un’occhiataccia da Huime.

“Allora fai come Kimi e disegna qualcosa?” Riprese la kitsune, guardando la piccola davanti a lei che colorava con dei pastelli di cera.

Kubo scosse la testa “Io voglio giocare, voglio allenarmi con Akane-chan.”

Huime alzò gli occhi al cielo “Sei proprio un discolo Kubo.”

“Tsè, sono solo un cucciolo che vuole divertirsi, che male c’è?”

Il battibecco tra i due fu interrotto dall’entrata di Akane, con un vassoio pieno di biscotti dalla forma alquanto discutibile.

“Ecco la merenda” gioì posando il portavivande sul tavolo.

“Finalmente!”

Non ci fu neanche il tempo di rendersene conto, che l’ingordigia di Kubo ebbe la meglio.

“Che buoni i biscotti!” Esclamò buttandosi a capofitto sul vassoio prima degli altri e spazzolandone metà; ma ahimè, il piccolo Ookami era ignaro del difettuccio di Akane per quanto riguardava la cucina, ed in meno di due secondi si trovò a terra in preda a forti dolori.

“Ahi! Ahi! Akane, ma che diavolo ci hai messo in quei biscotti?” Domandò piagnucolante Kubo tenendosi lo stomaco, mentre Hitoshi lo ammoniva sul suo comportamento.

Akane aggrottò le sopracciglia facendo mente locale “Miele, zucchero, cannella, farina, uovo, zenzero, caramello e qualche altra cosa che non ricordo” asserì convinta mentre un grosso gocciolone scese dal capo di Huime e Hitoshi.

La kitsune si rese conto che forse non avrebbe dovuto far preparare la merenda alla sua giovane amica.

“Ehm… Akane non è che forse hai mescolato troppi ingredienti a caso?” Chiese Hitoshi, mentre Kimi annusava poco convinta i dolcetti mezzi bruciacchiati.

Akane, non capendo a cosa alludessero, si abbassò su Kubo poggiandosi sui talloni. “Ma perché? Non erano buoni?” Chiese innocentemente.

Di rimando il piccolo ookami si alzò in piedi con le lacrime agli occhi, esterrefatto da quella stupida domanda. “E me lo chiedi? Sono disgustosi!” Sentenziò tenendosi lo stomaco brontolante.

Akane si risentì e gli assestò un pugno sulla testa. “Screanzato! E io che li ho fatti con tanto affetto.”

“Dì la verità, ci volevi morti non è così?”

“Se fosse stato così non avrei avuto bisogno dei biscotti te l’assicuro.”

“Ah già dimenticavo! La ragazza dai modi da elefante.”

“Senti chi parla.”

Huime, Hitoshi e Kimi si fissarono scuotendo la testa.

“Ok, basta voi due” sentenziò Huime prendendo per la collottola Kubo e avvicinandosi pericolosamente a lui “Non è carino dire queste cosa ad una signora.”

“Ma…”

“Ah Ah” Huime lo zittì “Ora zitto e cuccia!”

Sbatté poco elegantemente il piccolo sui cuscini che, nonostante tutto, continuò a brontolare.

Huime poi si rivolse ad Akane, prendendo uno dei biscotti e assaggiandone un pezzettino. A fatica lo ingoiò, riconoscendo che forse Kubo non aveva tutti i torti.

Cercando di trattenere un conato di vomito le mise una mano sulla spalla.

“Bambina mia non sono male” mentì “Ma se vuoi posso darti una mano io. Cercherò di insegnarti a cucinare.”

“Possibilmente prima di avvelenare mezzo palazzo” celiò Kubo, beccandosi l’ennesimo cazzotto in testa, questa volta da Hitoshi.

Akane non vi badò e il suo volto s’illuminò di gioia “Lo faresti davvero Huime?”

La kitsune sorrise annuendo e questo bastò alla giovane per essere felice.

La serata passò tranquilla a parte le sporadiche lamentele di Kubo.

“Uffa mi annoio! Non possiamo uscire fuori a giocare?”

“No.”

“Huime perché?”

“Perché no.”

“Ma non è una risposta.”

“Fattela bastare.”

Incrociò le braccia “Uffa, ma perché non esiste un mondo di soli maschi!?”

Un mondo solo di maschi?

Un guizzo passò negli occhi di Akane.

Posò il libro e appoggiò il gomito sul ginocchio posandoci il mento.

“E se ti dicessi che esiste?”

Attirò l’attenzione di tutti i presenti, soprattutto di Kubo che si sporse incuriosito sedendosi sul tavolino.

“Avete mai sentito parlare dell’isola delle illusioni?”

Era fatta. L’attenzione era stata catalizzata, soprattutto quella del giovane ookami dagli occhi celesti che, estasiato, ascoltò rapito la storia di un gruppo di combattenti, capitanati dal più forte artista marziale del Giappone, che si imbatterono in un principe di nome Toma, che governava un’isola di soli maschi, per colpa di una strana sorgente.

Akane parlò senza sosta per più di un’ ora, parlando di tecniche leggendarie e combattimenti estremi.

I tre ookami rimasero rapiti dal suo racconto e la tempestarono di domande.

Il tempo passò rapido e i piccoli crollarono dal sonno.

“Ti devo un favore amica mia” celiò Huime.

Akane e la kitsune portarono di sopra le pesti, sistemandoli nei loro letti, dopo di che uscirono silenziosamente chiudendo la porta dietro di loro.

Akane sospirò.

“Parlavi di lui non è vero?” Più che una domanda quella di Huime era un’affermazione, ma Akane assentì ugualmente chiudendo gli occhi.

“Non sei costretta a raccontare loro le sue avventure.”

“No” rispose Akane alzando la testa e fissando il soffitto “Parlare di lui indirettamente, come se fosse il personaggio di una storia, fa meno male e mi fa star un po’ meglio.”

Huime le accarezzò il braccio “Sicura di star bene?”

La giovane annuì regalandole un sorriso.

“Bene allora, ci vediamo domani Akane, buonanotte bambina. Dormi bene.”

“Anche tu” e così dicendo entrò nella sua stanza.

 

 

****************

 

 

 

Corse in camera sua così velocemente che non diede il tempo né a Huime né ai piccoli di chiederle cosa fosse successo e perché Toshio-dono, incrociato prima nei corridoi, avesse un’ espressione tra il gelido e l’iroso.

“Lasciatemi in pace vi prego!” Li liquidò così, in poche parole, sperando che capissero il suo malessere.

Scappò via, voleva stare da sola, non voleva vedere nessuno.

Come dei flash le immagini di quello specchio si susseguirono rapidamente nella sua mente. Erano come delle frecce che le si conficcavano dell’anima facendola sanguinare fino a stremarla.

Una morsa le attanagliò così forte lo stomaco da farle quasi mancare il respiro.

Chiuse la grande porta della sua stanza, sbattendola e schiacciandoci il corpo contro, come a volersi murare, per difendere se stessa, in quel piccolo mondo confortante che aveva imparato ad apprezzare.

Il silenzio l’avvolse come un manto caldo e per un attimo ritrovò la calma.

Cercò di rallentare il ritmo del suo respiro.

Era buio, ma la luce lunare che filtrava dalla finestra, donava alla camera un aspetto di penombra.

Akane rimase immobile con la schiena appoggiata alla porta.

Metà del volto triste era illuminato da quel riverbero pallido e argenteo, che faceva brillare malinconicamente anche le lacrime trattenute nei suoi occhi socchiusi.

Il suo cuore pulsava furiosamente ed era inutile cercare di calmarlo.

Non sarebbe servito a nulla, lo sapeva.

Si staccò dalla porta e camminò lentamente per la stanza verso la finestra.

Aveva bisogno di aria, aprì le grandi ante e uscì sulla bellissima terrazza a semicerchio, che dava a picco sul mare.

Una brezza leggera e fredda l’accolse, mentre poggiava le mani sulla balaustra.

Rimase lì a fissare l’orizzonte notturno mentre assaporava l’aria frizzante di salsedine che le sfiorava la pelle.

Alzò gli occhi agli astri lunari che s’intravedevano nel cielo nuvoloso e sorrise malinconica quando si illuse di scorgere, in mezzo alle lune, quel volto tanto amato, il suo volto.

Il suo Ranma, in cielo, le sorrideva in una maniera così affascinante e disarmante da drogarle i sensi.

Come quel pomeriggio.

Kami, sentì il suo corpo fremere.

L’aveva visto, dopo mesi aveva rivisto Ranma!

Il sangue le arrivò così velocemente alla testa che se la sentì pensante. Un senso di vertigine la colse.

Anche se era cambiato, in quegli occhi Akane aveva ritrovato il suo grande amore.

Era così che se lo sarebbe ricordato, ogni notte, in ogni suo sogno. Per non dimenticarlo, per ricordare ogni attimo trascorso con lui.

 

 

 

Every night in my dreams
I see you.

I feel you.
That is how I know you go on.

 

 

[Ogni notte nei miei sogni
Ti vedo,

ti sento
È per questo che so che continui a vivere]

 

 

“Ranma” mormorò mentre due lacrime le bagnavano il volto niveo.

Permise alla sua anima di abbassare tutte le difese, di fare uscire dalla sua corazza tutto il suo dolore, almeno per quella notte.

Le mancava terribilmente.

Anche se Huime e i cuccioli le riempivano le giornate, lui era sempre presente nei suoi pensieri. Sempre, ogni istante.

Lo aveva racchiuso in un piccolo angolo del suo cuore, dove nessuno, nemmeno lo Tsuki no youkai in persona avrebbe potuto accedervi. Poteva rompere tutti i Kagami che voleva, ma lei era di Ranma, lei era sua.

Anche se lontano, anche se in un’altra dimensione, sapeva che non l’avrebbe mai dimenticato, lui avrebbe continuato a vivere in lei.

 

 

Far across the distance
And spaces between us
You have come to show you go on.


[Lontano, attraverso le distanze
E gli spazi tra noi
Sei venuto per mostrarmi che continui a vivere]

 

 

Un brivido.

D’istinto quel benefico calore che l’avvolgeva come un abbraccio, svanì.

Si portò le braccia incrociate al petto, stringendosi e sperando invano di ritrovarlo.

Percepì il suo odore muschiato e fu come una droga.

Abbassò il volto mentre oramai le lacrime le rigavano le guance umide.

Erano stille così dolorose e amare che sembravano graffiarle il viso, incidendo la sua angoscia come un marchio nella pelle.

La sua condanna: Averlo amato e averlo perso. Ancora una volta!

Il suo cuore aveva osato troppo, mai nella sua vita aveva provato qualcosa di simile.

E ora quella separazione aveva riaperto la ferita che mesi prima aveva tentato di chiudere per non sfociare nella pazzia, nella depressione, nell’angoscia di un futuro senza di lui. 

Averlo rivisto, per quei pochi minuti, averlo abbracciato, facendo rinascere in lei il ricordo sopito della sua pelle, della sua voce, era stata un’ atroce punizione che il fato le aveva mandato, poiché aveva ardito sperare, solo per un momento, una vita insieme a lui.

Avrebbe retto a questa seconda separazione? O sarebbe morta dissanguata nell’attesa che lui la venisse a cercare?

Ma era giusto che lui la cercasse? Era giusto venire meno alla promessa stipulata con Toshio?

Non lo sapeva, tutto quello che sentiva era un lancinante dolore al petto, come se gli fosse stato stracciato ancora una volta il cuore.

Doveva andare avanti, per non affogare!

 


Love was when I loved you
One true time I hold to
In my life we'll always go on

[L' amore è stato quando io ti ho amato

una sola vera volta a cui resto aggrappata

nella mia vita andremo sempre avanti]

 

Scosse la testa, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

Basta pensare, basta rivangare.

Doveva essere forte.

Ma era difficile, era troppo difficile.

Si asciugò il volto passandosi le dita sotto gli occhi, mentre si voltava per rientrare, ma…

Ebbe un altro brivido!

Ma non per il freddo.

Caldo e avvolgente, così intenso da scuotere ogni fibra del suo corpo.

Di nuovo quel calore l’avvolse, avvertiva la sensazione impalpabile delle labbra di Ranma sulla sua guancia.

Il vento spirò più forte e con esso portò un sussurro lieve, che giunse al suo orecchio

“Questo è per te Akane.”

Come a ricordarle che lui esisteva a mai l’avrebbe lasciata.

Si morse il labbro tremante, mentre guardò con delicatezza la sua mano sinistra.

Piccole lacrime s’infransero su di essa e sussultò.

Lui sapeva!

Come poteva dimenticarlo?

Come poteva dimenticare l’altra metà del suo cuore?

Poteva impedire a quel cuore di battere per lui?

Poteva impedire a quel cuore di vivere per lui?

 

Near, far, wherever you are
I believe that the heart does go on
Once more you open the door
And you're here in my heart
And my heart will go on and on


[Vicino, lontano, ovunque tu sia
Io credo che il cuore continuerà a battere
Ancora una volta apri la porta
E sei qui nel mio cuore
E il mio cuore continuerà a battere]

 

D’istinto avvolse le braccia intorno al suo corpo, quasi a volersi stritolare.

Con tutta la forza che riuscì a richiamare lo pensò intensamente.

“Buonanotte baka” sussurrò con voce spezzata.

Sperò che quel suo abbraccio lo avvolgesse.

Rientrò chiudendosi la finestra alle spalle, mentre un senso di calore l’avvolse stringendole la gola.

Si buttò sul letto stanchissima, rannicchiandosi in posizione fetale, mentre il cuscino piano piano s’inumidiva.

Si cullò tra i singhiozzi, sperando e pregando che il sonno avesse la meglio.

Voleva vederlo, aveva bisogno di vederlo.

Ancora una volta.

Stupida Akane, perché struggersi l’anima con tale masochismo?

Lentamente la stanza si annebbiò e le braccia di Morfeo delicatamente l’avvolsero; come ogni notte, lo rivide nei suoi sogni.

Alto, bello e fiero.

Questo era il suo Ranma, colui che le aveva rapito il cuore.

 

 

You're here, there's nothing I fear,
And I know that my heart will go on
We'll stay forever this way
You are safe in my heart
And my heart will go on and on


[Sei qui, non c'è niente di cui io abbia paura
E so che il mio cuore continuerà a battere
Resteremo per sempre così
Sei al sicuro nel mio cuore
E il mio cuore continuerà a battere e a battere]

 

 

 

La cose non vanno mai come credi

il cuore è pieno di lacrime rotte

il tempo è ladro di cose mai dette

e so che indietro mai più si ritorna

eppure ancora ti resto vicino

stanotte resta su questo cuscino

Giorgia [Marzo]

 

 

 

Fine Spin Off

 

 

 

Disegno Kikka-Grafica Robby

 

Akane e la luna

 

 

Disegno AngelsEyes

 

 

Akane e Kimi

Akane e Kubo

 

 

 

 

Note dell’autrice

Spero che la spin vi sia piaciuta. L’ho scritta di getto, domandandomi “Ma Akane cosa farà nel regno della luna?” Un piccolo regalo per voi lettori di NRDP, grazie di tutto!!

Un bacio fortissimo ai miei angeli dello staff!

Monica, Robby, Kikka, Mary e Ice

VI AMO

 

 

!!Attenzione!!: Mercoledì 8 Aprile metterò il capitolo 28 di NRDP

 

   
 
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