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Autore: BlueRon    01/04/2016    0 recensioni
Jennifer Bennet. 25 anni. Borderline.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Jennifer, amore, dobbiamo andare."
Mio marito, Allan, mi esorta a muovermi. Scendo le scale e attraverso il soggiorno minimalista di casa mia, quanto lo odio! Quando conobbi Allan avevo diciannove anni, lui era una luce, un faro nel mezzo della tempesta della mia vita, ci sposammo poco tempo dopo, senza il consenso dei miei genitori, i quali non apprezzavano che lui fosse un uomo divorziato. 
Possiamo considerare Allan una ribellione nei loro confronti, dettata dalla mia voglia di andarmene di casa, il college mi era stato negato. Papà, un pastore protestante, intransigente a casa quanto illuminato da Dio in chiesa, era contrario alle perversioni che il college avrebbe potuto portare nella mia vita. Promiscuità, alcol e droga. Cose immorali ai suoi occhi. Mia madre, d'altro canto, era succube alle sue decisioni, una donna passiva che preferiva subire che prendere una posizione. 
Come figlia unica la mia infanzia fu tutt'altro che felice. Niente giocattoli per Natale o per il compleanno perché dovevo pensare sempre ai bambini meno fortunati. Avevo, però, una bambola di pezza, Maria, regalatami da zia Blanca, la sorella di papà, il giorno della mia nascita. Maria sparì quando compii dieci anni, mamma disse che era stata assunta in cielo.

Allan lo conobbi per caso, dopo la funzione religiosa. Era bello, sicuro di sé e indipendente. L'unica pecca era il divorzio che aveva in corso. Appena la sua ex moglie firmò le carte, ci sposammo. Mi trasferii da lui e Allan mi comprò vestiti nuovi, m'insegnò a parlare a modo e m'iscrisse alla sua stessa palestra. Facevo tutto quello che mi chiedeva, così da farlo felice, perché pensavo che quella vita fosse ciò di cui avevo bisogno. Lontana dai miei genitori, dalla chiesa e dalla tristezza. Con Allan rifiorii.

Trovai un lavoro come cassiera in un negozio d'alta moda, non avendo mai frequentato il college non potevo sperare in altro. 
Venni promossa a store manger pochi mesi più tardi, quando il mio supervisore mi propose per il posto vacante.

Ero soddisfatta? Un matrimonio dall'appartenenza felice, una casa, un lavoro autonomo. Eppure una parte di me sapeva che così non avrei potuto continuare.
Iniziai a mangiare sempre meno, fino a quando non svenii sul posto di lavoro e Allan mi obbligò a entrare nel programma di recupero dell'ospedale. 
Ma non ero felice. A casa iniziavo litigi per farmi picchiare e poi dare a lui la colpa, mostrando i miei lividi come cicatrici di battaglia. Avevo i polsi solcati da profonde ferite autoinflitte.

Allan mi trovò uno psichiatra.

---

"Amore?", domandò Allan vedendomi scendere le scale, "Sei divina vestita così", mi baciò la fronte e mi aprì lo sportello dell'auto.

Lo studio dello psichiatra distava 30 minuti da casa, Allan aveva letto delle ottime recensioni sul dottor White. 
Guardai il mio riflesso nella porta a vetri prima di suonare il campanello. Avevo indossato il tailleur blu scuro del lavoro e raccolto i capelli in un serio chignon. Un velo di rossetto sulle labbra e una gentile passata di mascara sulle ciglia. Suonai il campanello.
"Nome, prego?", disse una voce gentile di donna nell'interfono.
"Jennifer Bennet"
Un clang aprì il portone e mi diressi verso lo studio.

Al banco della reception c'era una bellissima ragazza bionda e snella. La sua bellezza mi sminuì. Volevo mettermi a piangere e chiedermi in bagno. 
Perché sono così brutta?, pensai amareggiata mentre un signore sulla cinquantina mi veniva incontro.

"Jennifer?", domandò con voce pacata, "Mi segua nello studio".

Lo studio del dottor White era una stanza spaziosa, con una grande finestra dietro la scrivania e una grande libreria che ricopriva due quarti del muro. Alcuni quadri di Monet spiccavano sulle pareti e un'ottomana era posata vicino una sedia dall'aria antica.
"Si accomodi", disse indicandomi l'ottomana.
Mi sedetti e tastai il tessuto con la punta delle dita, era di pelle.
Il dottor White si accomodò sulla sedia e estrasse un piccolo quaderno dalla tasca interna della giacca amaranto.
"Vuole raccontarmi perché è venuta qui, signorina Bennet?,
"Mio marito mi ha fatto venire dallo strizzacervelli", dissi, con una leggera ironia.

   
 
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