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Autore: lapoetastra    02/04/2016    1 recensioni
< Alan Turing? >, domanda il visitatore.
Alan annuisce.
Ha ancora il pianto, in gola.
Nella gola dell’altro invece nasce un singhiozzo, ma non è un segno di dolore, o di paura.
È il simbolo di una neonata emozione, Alan lo riconosce, nonostante sia passato un secolo dall’ultima volta che le sue orecchie hanno udito un suono del genere.
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Turing, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Alan non ha più niente.
Solo il ricordo di ciò che è stato, e di ciò che ha sempre avuto paura di essere.
Il sorriso lo ha abbandonato.
Forse si è stancato di cercare di stimolare inutilmente la gioia in un cuore vuoto ed arido quale il suo.
Forse ha trovato le labbra di qualcun altro, più bendisposto, qualcuno che sicuramente non lo lascerà scappare, non come ha fatto Alan centinaia di volte.
La sua vita è solo un insieme denso di respiri rarefatti, e di pulsazioni ritmiche che accelerano quando il suo cervello prende coscienza della solitudine infinita che circonda quell’involucro senza anima che costituisce il suo corpo sempre più magro.
Alan teme che un giorno sarà troppo triste anche solo per continuare ad assaporare l’aria soffocata della sua camera troppo vuota.
Ne ha paura davvero, ma forse, forse lo desidera anche, almeno un po’.
Non ha senso continuare a vivere, non ha senso continuare a provare quel dolore lancinante che scaturisce come un fiume in piena dalla sua esistenza.
C’è una mela, accanto a lui, ora.
Una mela ripiena di cianuro.
Alan la guarda, e per un attimo gli brillano gli occhi.
Ecco la sua via di salvezza, ecco la chiave che apre la porta del corridoio buio e solitario nel quale è rinchiuso il suo spirito.
Basta un morso, un solo piccolo, innocente morso che scalfirà la superficie liscia e rossa del frutto del peccato, un morso per essere felice, o almeno per provarci.
Un solo morso.
Ma dopo.
Adesso hanno suonato alla porta, ed Alan non sa perché, ma come sospinto da una forza invisibile si trascina fino all’atrio.
Forse è la morte che gli sta facendo visita, evocata dai suoi cupi pensieri nello stesso modo in cui uno squalo è irresistibilmente attratto dall’odore acre del sangue.
In tal caso Alan è pronto ad accoglierla, come fosse una vecchia amica che troppo a lungo si è fatta attendere, e desiare.
Ma non è uno scheletro con la falce, quello che gli si presenta di fronte.
È solo un ragazzo, giovane come era lui quando andava al college, e con la stessa aria spensierata ma intelligente.
< Alan Turing? >, domanda il visitatore.
Alan annuisce.
Ha ancora il pianto, in gola.
Nella gola dell’altro invece nasce un singhiozzo, ma non è un segno di dolore, o di paura.
È il simbolo di una neonata emozione, Alan lo riconosce, nonostante sia passato un secolo dall’ultima volta che le sue orecchie hanno udito un suono del genere.
Ed il ragazzo è in un attimo tra le sue braccia, si stringe al suo petto, e piange come un bambino piccolo.
Tutto ciò che Turing riesce a vedere sono i suoi capelli fluidi e vaporosi che sussultano a ritmo dei singhiozzi di fronte al suo viso.
Ricambia quella stretta, Alan, un contatto umano di cui da troppo tempo ha bisogno.
< Grazie, signore, grazie >, sente mormorare il giovane, ed ode dei singulti, e non sa se sono i propri o quelli dell’altro.
Sa però che quando si guardano, sono quattro occhi colmi di lacrime calde, quelli che si fondono.
Alan dovrebbe chiedere per cosa quel ragazzo gli è grato con così tanta intensità, ma rimane zitto, e si gode il momento ancora un po’.
Ci pensa l’altro, a spiegarsi, allora.
< Lei… mi ha salvato la vita, signore. >, mormora. < Ero un soldato, e se non ci fosse stato lei… se non avesse decifrato Enigma… io a quest’ora non sarei qui. >
Alan sospira.
Da quanto tempo non sentiva il nome della macchina tedesca, che per anni è stata la sua nemica principale.
Da quanto tempo non sentiva qualcuno ringraziarlo così sinceramente.
Un vecchio amico è tornato a fargli visita, mentre fissa l’emozione del giovane: il sorriso.
Il sorriso, che ora gli brilla sulle labbra lucidate dalle lacrime.
È felice, adesso, e la mela avvelenata alle sue spalle è caduta al suolo, dimenticata.
È con il sorriso, che Alan stringe la mano del ragazzo che lui stesso ha inconsapevolmente salvato dall’attacco tedesco.
È con il sorriso, che Alan lo ode presentarsi: si chiama Christopher.
È con il sorriso, che Alan pensa a quanto siano stati importanti i Christopher nella sua vita.
Uno lo ha aiutato a crescere.
Un altro lo ha aiutato a sconfiggere il nazismo.
Ora questo lo sta aiutando a vivere.
 
 
   
 
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