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Autore: Barbara Baumgarten    03/04/2016    2 recensioni
Breve viaggio fra gli eventi più salienti del film attraverso gli occhi di Jareth. La storia partecipa al contest "Shall I compare" indetto sul forum
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Sarah
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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As the world falls down

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Jareth osservava l’orologio a parete nella sala circolare della torre, accompagnando il ticchettio con il battere della mano sulla gamba, mentre i suoi goblin si preparavano a bloccare l’ingresso di Sarah. La ragazza aveva fatto più strada del previsto, aiutata da quella verruca irriconoscente di Gogol, e Jareth sapeva che, assieme a lei, si avvicinava il confronto che tanto temeva. Sorrise all’idea della tempesta di sentimenti che aveva sempre provato nei suoi confronti ma le ultime tredici ore erano state solo un piccolo scorcio su un rapporto nato molto tempo prima.

Tutto era cominciato diversi anni addietro quando vide per la prima volta il volto di Sarah. Era solo una bambina all’epoca eppure Jareth sentì subito qualcosa scattare dentro di sé. Una piccola bambina, diversa da tutte le altre, che negli occhi aveva la fantasia necessaria per diventare, un giorno, la sua compagna. L’aveva guardata crescere, costruire quel mondo tanto simile al proprio, guidandola con devozione verso il Labirinto che forse avrebbe attraversato. Ecco perché le aveva fatto trovare il libro. Sapeva che sarebbe stato rischioso, eppure lo donò come si fa con il proprio cuore. In quelle pagine erano contenute tutte le informazioni di cui Sarah avrebbe avuto bisogno per andare da lui e, parimenti, vi erano le parole che più avrebbero potuto distruggerlo. Jareth era il Re dei Goblin e per natura non avrebbe potuto essere amato come ogni creatura al mondo poteva desiderare, ma la speranza si era rafforzata in lui da quando aveva visto Sarah, così tanto da credere che tutto fosse possibile. Così attese anni, seguendo la ragazza nella sua crescita, accompagnandola ovunque andasse, vegliando su di lei come fosse il tesoro più prezioso al mondo.

Quando nacque Toby, Jareth si convinse che il momento fosse giunto e aveva ragione. Quel marmocchio non la smetteva di piangere mentre la madre impediva a Sarah di coltivare la sua passione per quel mondo che, lui ne era certo, già faceva parte di lei. Così, sarebbe bastato solo aspettare che Sarah si ricordasse della formula, che la recitasse chiedendo il suo aiuto.

Tuonava quel giorno e pioveva a dirotto. Sarah correva verso casa assieme a Merlino, pregando che sua madre non fosse tanto arrabbiata per il ritardo. Jareth era stato con lei tutto il giorno, osservandola mentre tentava di imparare a memoria quei versi che tanto faticava a ricordare. Ad ogni parola Jareth sentiva i brividi lungo il proprio corpo perché sapeva cosa avrebbero rappresentato quelle parole.

Con rischi indicibili e traversie innumerevoli,

io ho oltrepassato la strada per questo castello oltre la citta dei Goblin

per riprendere il bambino che tu hai rapito.

La mia volontà è forte come la tua e il mio regno altrettanto grande…

Non hai alcun potere su di me.

 

Sorrise amaro quando recitò l’ultima parte: in essa vi era contenuta tutta la verità di cui Sarah avrebbe avuto bisogno per tornare a casa. Lui non poteva fare nulla, non avrebbe mai potuto farle del male così come non avrebbe mai voluto fargliene. Ecco la chiave di tutto: Jareth poteva sovvertire il tempo e lo spazio, donare a Sarah tutto ciò che lei gli avesse chiesto, divenire persino il suo schiavo ma non aveva potere su di lei.

Toby piangeva portando Sarah alla disperazione, mentre lui la osservava e pregava che l’invocazione venisse formulata. La ragazza si avvicinò al bambino e disse parole che fecero correre un brivido sulla schiena di Jareth.

“Re dei Goblin! Ovunque tu sia adesso, porta via questo bambino lontanissimo da me!”

Il momento era vicino, lui lo sapeva. Sarah si sarebbe ricordata l’unica frase che avrebbe fatto entrare Jareth nel suo mondo. Attese secondi e minuti interminabili… perse anche la speranza per qualche istante. Poi, così come un ricordo sepolto fa breccia nella nostra mente, Sarah disse ciò che lui aspettava da una vita.

“Desidero proprio che i Goblin ti portino via. All’istante” e un sorriso si dipinse sul volto di Jareth.

 

Il rumore di un colpo di mortaio interruppe il flusso di pensieri: Sarah era entrata nella città dei Goblin. Corse alla bifora per poter vedere la situazione, notando che la ragazza aveva trovato alleati durante il suo viaggio. Mancava poco meno di un’ora e Sarah avrebbe dimenticato Toby… era così vicino ed era così arrabbiato. Arrabbiato con se stesso, arrabbiato con tutti quegli inutili esseri che non avevano le capacità necessarie nemmeno per eseguire un ordine semplice come “Tenete alla larga Sarah dal Castello”.

Gogol, inutile spreco di materia agglomerata; Sir Didymus e il suo stupido Ambrogio, ultimi difensori della Gora dell’Eterno Fetore; Bubo, scimmione peloso che ripeteva solo la parola “Amici” riferito a tutto ciò che lo circondava. Un gruppo assortito del peggior quoziente intellettuale eppure capace di portare Sarah fino a lì.

Gli scappò una risata perché, in fondo, lui stesso aveva fallito nel tentativo di bloccare la ragazza ma riusciva ad incolpare tutti fuorché se stesso. Aveva organizzato una festa in maschera per far vivere a Sarah un sogno dal quale, sperava, non si sarebbe svegliata e le avrebbe donato ogni cosa se solo lei glielo avesse chiesto. Quella festa era stata un’idea pensata all’ultimo, preso dalla disperazione, e benché fosse stata organizzata in breve tempo si era rivelata l’esperienza più importante di tutta la sua vita. Mentre Jareth si nascondeva fra la gente e i ventagli piumati riusciva a vedere quanto Sarah lo cercasse con lo sguardo. L’aver dimenticato chi fosse e, soprattutto, il vero motivo per il quale si trovava lì, aveva reso Sarah libera di mostrare il proprio interesse per lui.

Lo spazio e il tempo persero ogni significato quando Jareth le cinse con un braccio la vita, stringendo a sé quel corpo di giovane donna che tanto aveva desiderato. Ne sentiva il calore, ne assaporava il profumo, perdendosi in quelle iridi verdi che lo desideravano e lo temevano al contempo. Era un sogno costruito per lei e Jareth si sentiva parte di esso. Siamo fatti anche noi della stessa materia di cui sono fatti i sogni, e nello spazio e nel tempo è racchiusa la nostra breve vita*. Eppure, per quanto desiderasse quella ragazza, l’amava così tanto da lasciarle sempre la possibilità di scegliere. Non voleva che lei fosse irretita dalla sua presenza ma che scegliesse di rimanere con lui, così l’orologio a parete cominciò a battere l’ora e Sarah ricordò Toby preferendo svegliarsi da quel sogno.

 

Il grande battente del Castello venne aperto e Sarah corse fino alla sala circolare. Il confronto era vicino e Jareth tremava all’idea di poter ascoltare un rifiuto. Lui amava Sarah più di ogni altra cosa al mondo, me lei lo amava?

Mentre avanzava verso di lei un pensiero gli attraversò la mente facendogli paura.

Con rischi indicibili e traversie innumerevoli, lei aveva oltrepassato la strada per quel castello, oltre la città dei Goblin, per riprendere il bambino che lui aveva rapito. La sua volontà era forte e il suo regno altrettanto grande…

Lei aveva potere su di lui.

* citazione di Shakespeare tratta da La tempesta
   
 
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