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Autore: pure_white    03/04/2016    1 recensioni
Non sono molto attivo, tra lavoro, impegni fuori casa, ragazza e le ore passate sui libri, ma ho comunque avuto modo di scrivere qualcosa, dopo tanto tempo. È una storia su Bloodborne, gioco che ultimamente ho spolpato e che ho adorato alla follia.
Beh, a voi.
"Sono in tre, se chiudo gli occhi li posso sentire. Stivali borchiati, veste grigia, smorta, poco aggraziata, pesante, guanti in pelle resistente, ed infine, quel loro elmo, dato ai pochi eletti, simbolo della Purga e della loro Confraternita. Così inusuale, così... fuori posto.
Arrivano dall'ingresso principale, richiamati dalle urla strazianti dei loro fratelli che io ho ucciso.
"
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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SANGUE
 
L'odore del ferro era inebriante e pungente, stomachevole e avvolgente al tempo stesso.
Dolce, come il miele e il vino delle serate di gala della Regina, pungente come una lama nel ventre, così forte, da nausea. Questi stolti ancora non hanno capito con chi hanno a che fare, non hanno capito cosa gli aspetta. L'odore acre del sangue fresco... così inebriante e pungente... da dare assuefazione.
La neve che ricopriva il giardino interno era spessa, spugnosa, avida dell'orrore vermiglio che vi si è rivolto sopra. Io stesso, sono avido, ebbro di quel fluido. Le mie vesti ne sono pregne, macchiate, schizzate, ricoperte in ogni ghirigoro, in ogni pomposa piega, in ogni ricamo con filo d'oro, fine lavoro dei sarti di corte.
Sono in tre, se chiudo gli occhi li posso sentire. Stivali borchiati, veste grigia, smorta, poco aggraziata, pesante, guanti in pelle resistente, ed infine, quel loro elmo, dato ai pochi eletti, simbolo della Purga e della loro Confraternita. Così inusuale, così... fuori posto.
 Arrivano dall'ingresso principale, richiamati dalle urla strazianti dei loro fratelli che io ho ucciso.
Inizia a nevicare. Fiocchi leggeri, sembrano quasi danzare col vento, come tante piccole, pallide, donzelle.
Cainhurst è situata più a Nord di Yharnam, posizionato vicino le montagne, dove il cima è più rigido.
"Eccolo!"
"Bastardo! Li ha uccisi tutti..."

I miei ospiti sono arrivati. Non ci speravo più.
Un fremito, un sussulto di gioia mi pervade.
Qui, nella corte di Annalise, nostra Regina, le cose sono diverse. Mentre giù in città, i plebei si scannano l'un con l'altro per qualche fiala di sangue, qui c'è grazia e raffinatezza. Qui il sangue è dolce come l'ambrosia, inebriante e pungente.
Mi giro, a guardarli, mentre la loro rabbia cresce ogni istante di più.
Un inchino, riverenza e scherno mentre allungo le mie braccia dal petto alla mia destra.
Chiudo gli occhi per un istante. Li sento: due di loro stanno caricando verso di me a spade sguainate, l'altro è immobile, pronto a godersi lo spettacolo.
Evito il loro attacco a tenaglia con un leggero scatto in avanti, mentre vedo quelle loro armi, così rozze, così grezze. Il secondo cerca di colpirmi con quella che sembra essere una lapide attaccata alla fine di meccanismo di blocco. lo evito con un altro scatto leggermente a sinistra mentre l'altro, con la stessa arma, cerca di spingermi verso il compagno.
E ci riesce.
Mi colpisce con il macigno alla spalla, sbilanciandomi e quasi facendomi cadere.
Non è il primo colpo che ricevo. Il mio corpo è ormai forgiato dai tagli e dagli ematomi ma il dolore era forte e vivido nella mia testa.
Erano arrivati nel cuore della notte.
Avevano fatto irruzione nella sala da ballo e avevano sterminato i presenti, con asce, martelli e le loro ruote. Martelli. Ruote.
Armi... rudimentali, tozze! QUI! E dopo eravamo noi, gli Eretici. I "Vilesangue".
 Ricordo esattamente il loro capo. Un uomo anziano, molto alto, sembrava un gigante, li sovrastava tutti. Era stato zitto tutto il tempo, mentre i suoi Carnefici facevano il lavoro sporco. Volgari, insolenti.
Annalise e alcune delle sue damigelle, attraverso una piccola manovra erano riuscite a mettersi in salvo, insieme a me e pochi altri.
Era da allora che combattevo, ignaro della sorte dei miei compagni e della mia regina.
Mentre il secondo alza la sua arma sopra la mia testa, il secondo si prepara a menare un fendente, dal la parte opposta. Ho ancora l'arma sul fodero. Ho poco tempo per decidere.
Indietreggio, con un piccolo passo.
La lama della mia spada strofina nel palmo della mia mano, lacerando la mia stessa carne e con un rapido gesto meno un fendente a quello alla mia sinistra, accecandolo con l'orrore vermiglio.
Lo sento mentre urla di non vederci più e mentre ruzzola nella neve con ancora la spada in mano.
Ho ottenuto quello che volevo:
l'altro si è distratto, dalle urla del suo compagno, stupito da quella mossa.
Un colpo.
Deciso, preciso, diretto al ventre.
La loro tonaca non offre abbastanza protezione.
Con un gemito il martello gli cade di mano e lui si accascia, in ginocchio.
È un'occasione troppo ghiotta per lasciarmela sfuggire.
Rapidamente metto nella fondina la mia pistola e con la mia mano, ancora insanguinata, scavo nella sua carne. Lo sento, lo sento, il suo calore che piano viene meno mentre le dita scavano nei suoi muscoli e strappano via la pelle con uno spruzzo scarlatto. Quale soave musica, quale straziante melodia, la vita che abbandona il corpo.
L'altro si pulisce in fretta il sangue dagli occhi e mi carica, urlando amenità e giurando vendetta.
Sciocco.
La spada strofina nuovamente nella mia ferita e la lama danza, con un unico movimento, con un solo battito, spingo sulle gambe e scatto verso di lui.
Silenzio.
Il corpo cade, privo di vita.
Il sangue torna a bagnare la neve, illuminata solo da fiaccole sparse.
Mi lecco le labbra, e poso la lingua sulla Chikage, mia fidata compagna.

Davanti a me, il terzo del gruppo impugna la sua arma.
Una grossa ruota, doppia, dal funzionamento tanto terribile quanto efficace. L'odio dell'utilizzatore rievoca spiriti maligni contro il proprio avversario. Incastonata con preghiere della Chiesa, vi è inciso sopra il nome del loro Maestro:
LOGARIUS.
Sento i suo denti digrignare, nel disgusto, carico d'odio nei miei confronti.
"Quale nome devo scrivere sulla tua lapide?" chiedo, puntando la mia lama verso di lui.
Con uno stridio assordante, e numerosi sibili, gli spiriti dei compagni iniziano a manifestarsi su quell'arma così oscena, estranea alla bellezza della Corte.

Mi raggiunge con uno scatto.
"Alfred."
  
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