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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    04/04/2016    2 recensioni
Una raccolta di piccole One-shot incentrate sulle coppie principali di Digimon Adventure Tri, quando i protagonisti frequentano le superiori e, quindi, ambientate in questa nuova serie.
Non ha pretese né artifizi particolari, vuol essere una lettura piacevole e scorrevole ma che, timidamente, lasci sfuggire un sorriso.
~ The Other Girl (Takari)
~ Sorry (Koumi)
[Nel caso in cui qualcuno volesse leggere di una coppia in particolare, non ha che da chiederlo in una recensione e provvederò a scrivere qualcosa anche a riguardo!]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sorry
(Koumi)

Lo aveva accolto come se nulla fosse accaduto. Gli aveva sorriso con entusiasmo, si era complimentata per il suo abbigliamento e si era immediatamente proposta per accompagnarlo ad un tavolo. Non era stata una recita, né una forzatura: qualsiasi cosa che Mimi facesse, nel bene o nel male, era spontanea, sincera, vera. E forse era proprio questo a disorientarlo, che lo portava a mostrarsi quasi imbarazzato in sua presenza, mentre lei – sorridente, perennemente sorridente – si muoveva con assoluta sicurezza tra i tavoli, con indosso quel completino arancione che sì, era da capogiro.
Come riusciva a non serbargli nemmeno un mezzo sguardo torvo, dopo quello che le aveva detto? Dopo averle dato apertamente dell’egocentrica quando, pur essendo stata oggettivamente impulsiva, era semplicemente intervenuta per proteggere chi le stava intorno?
Ogni volta che ripensava alla freddezza con cui le aveva parlato il cuore si stringeva appena, ed una strana angoscia gli saliva in petto. Non avrebbe voluto parlarle in quel modo, non avrebbe dovuto sminuire quella che, in realtà, più di tutti aveva coraggio e grinta, quella necessaria per non arrendersi, per non lasciarsi spaventare.
Si era trovato a fissare il vuoto davanti a sé, quando Hikari e Takeru avevano lasciato il tavolino per andare ad assistere alla partita di Taichi, lasciandolo quindi solo. Onde evitare di sembrare troppo impudente, si era messo a fare qualcosa al computer che si era portato dietro mentre, lentamente, il piccolo ambiente aveva cominciato a svuotarsi, sia dei “clienti” che delle ragazze che se ne occupavano. Lanciava qualche sguardo oltre il monitor, di tanto in tanto, quanto bastava per assicurarsi che ad andarsene non fosse lei. Era un’attesa lunga, per nulla semplice da gestire, non per un ragazzo come lui che, generalmente, si nascondeva dietro ad un computer. Non era nemmeno capace di reggere il confronto emotivo con una dipendente di un negozio di abbigliamento, come poteva sperare di riuscire a parlarle?
A chiederle scusa?
L’istinto di andarsene – nascondersi – era forte, ma ormai si era imposto di resistere.
«Ti piace proprio un sacco qui, eh Koushiro-kun?» la sua voce squillante lo colse alla sprovvista, tanto che fece un mezzo balzo sulla sedia e quasi rischiò d’arrossire.
«S-Sì, lo avete allestito molto bene!» ammise senza riuscire ad evitare quel tono quasi balbettante quando le si rivolgeva. Dal canto proprio, la ragazza sfoggiò un sorrisone, entusiasta e soddisfatta, per poi tornare a servire gli ultimi studenti. Si concesse di osservarla ancora, per un altro lungo attimo, e deglutì appena: hackerare il sistema della scuola, a confronto, era stata una passeggiata.
Dopo all’incirca un’oretta, quando si era completamente immerso in un qualche codice informatico, si rese conto – alzando appena il capo – che Mimi e le altre due ragazze rimaste stavano accompagnando all’uscita gli ultimi studenti. Mancava solo lui, in pratica. La vide salutare anche le compagne – non aveva dubbi sul fatto che fosse stata lei il capo, lì dentro… - e dirigersi nella sua direzione, ancora grintosa, ancora sorridente.
Koushiro cominciò a sudare freddo d’improvviso: il momento era arrivato.
«Vuoi davvero montare le tende!» esordì scherzosamente – ma nemmeno troppo! – slegandosi i capelli mentre si fermava dinnanzi a lui, segno che avesse ormai finito il proprio lavoro. «Sono venuta a salutarti, Koushiro-kun. Penso che andrò a casa a farmi una doccia, ci vediamo poi alla partita di Taichi!» esclamò, salutandolo ed accennando a voltargli le spalle, volendo mettere in pratica quanto detto.
Una presa piuttosto salda le cinse il polso, costringendola a fermarla.
«Aspetta»
Rivolse un’espressione perplessa al ragazzo, il quale si decise ad alzarsi completamente dalla sedia, inspirando profondamente e sforzandosi di rivolgerle uno sguardo serio, per una volta determinato. E no, questa volta non lo avrebbe fatto per ferirla.
«Scusa» cominciò. Dovette inspirare una seconda volta – e soprattutto sbrigarsi a parlare, o Mimi lo avrebbe preceduto senza nemmeno faticare! «Io… non avrei dovuto parlarti così. Cioè, penso che tu avessi esagerato ma… ma non che tu sia egocentrica, non nel senso dispregiativo del termine e-»
«Avevi ragione» lo interruppe, anche lei seria, per una volta. Lo fissava con la stessa intensità, con la stessa determinazione, con quel tono perennemente schietto e sincero, segno che vi avesse riflettuto parecchio anche lei, al di là dell’apparenza.
«Mimi, io…» tentò, lasciandole solo ora il polso e trovandosi un poco spiazzato: si era preparato un discorsone coi fiocchi, aspettandosi una rispostaccia o quantomeno uno sguardo torvo… ma non un sorriso.
Non l’ennesimo, splendido, sorriso.
«Hai detto quello che andava detto, sei stato onesto, con me. Tu più di tutti gli altri» gli disse, e considerato il suo carattere così esageratamente espansivo era chiaro quanto apprezzasse la sincerità, di qualsiasi tipo.
Koushiro sbatté le palpebre più volte, sentendosi uno stupido: aveva pensato – anche se solo per un attimo – ch’ella fosse ancora quella ragazza immatura e semplicemente testarda di sempre, che non fosse cambiata, al di là dell’essere diventata ancora più bella. Ma si era sbagliato, e di molto anche: la persona che aveva davanti, al di là di tutti i difetti e di quell’egocentrismo lampante, era cresciuta, maturata e, oltre le aspettative, quei difetti aveva imparato a riconoscerli.
E ad apprezzare chi fosse sufficientemente onesto e sincero da non temere di ricordarglieli.
«Ma avrei potuto dirtelo in un altro modo. Non così. Non-» ancora una volta interrotto, questa volta da un tocco, quello delle labbra di Mimi sulla sua guancia. Sgranò gli occhi, divenne rosso paonazzo, colto completamente alla sprovvista. La fissò esterrefatto, mentre lei manteneva quella sua solita naturalezza, in tutto, senza discostarsi poi molto da lui.
«Ti ringrazio» gli disse semplicemente, rimanendo a specchiarsi nei suoi occhi scuri ancora per qualche attimo. E lui era lì, imbambolato, con il suo bel discorso mandato a quel paese.
Già, perché con Mimi non si sapeva mai cosa aspettarsi, farsi dei piani era inutile, avrebbe dovuto saperlo.
Avrebbe dovuto saperlo, che averla di nuovo attorno gli avrebbe cambiato la vita.
  
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