INSIDE OF
ME
La strada
si estende davanti a me, perdendosi nelle ombre della notte. Avanzo lentamente,
incurante della pioggia che mi scivola addosso, inzuppandomi il mantello e i
capelli. I miei passi risuonano nella vastità della notte, intervallati solo dal
picchiettare della pioggia sull’asfalto. Mi fermo un attimo sotto la luce vacua
di un lampione sollevando il viso verso il cielo e respirando profondamente. C’è
un buon odore nell’aria. Odore di pulito.
Lascio
che la pioggia mi scorra sul viso in rivoli tortuosi, trascinando via il
sudiciume e la stanchezza. Chiudo per una manciata gli occhi prima di riportarli
sulla strada. Non riesco a vederne il fondo, inglobato
nell’oscurità.
Questa
strada è come il mio futuro: oscuro e incerto. Ma non è detto che sia un male.
Non ci vedo…male. Solo speranza.
Me la
caverò anche stavolta, come ho sempre fatto, in un modo o nell’altro.
Riprendo
a camminare, sistemandomi il borsone su una spalla, quando vengo investito dalla
luce di un paio di fari. Balzo all’indietro appena in tempo per non essere
investito dall’imponente veicolo blu a tre piani.
“Dove sei
diretto?” mi chiede l’anziano controllore, aprendo lo sportello del
Nottetempo.
“Hogwarts” rispondo. Mi sistemo in
una delle tante brande libere, abbandonando la testa tra le braccia tese, con i
palmi appoggiati alle ginocchia.
I miei
capelli e il mio mantello sgocciolano sul pavimento, formando una pozzanghera
tra i miei piedi. La osservo ingrandirsi lentamente, come ipnotizzato. Sono
talmente stanco da non aver nemmeno voglia di dormire. Guardo fuori dal
finestrino riuscendo a riconoscere a malapena i contorni dei palazzi. Il
controllore mi porta una tazza di tè caldo che accetto con
gratitudine.
“è meglio
se ti togli quei vestiti bagnati, giovanotto” mi dice, scuotendo la testa come gesto di
disapprovazione per i miei abiti zuppi di pioggia.
Mi
stringo nelle spalle, riportando la mia attenzione sul paesaggio al di là del
vetro. L’uomo si allontana, borbottando qualcosa di incomprensibile tra sé e
sé. Non so per quanto tempo
viaggiamo a folle velocità. Lentamente la lunga notte invernale viene striata
dalle prime luci dell’alba, che, a fatica, penetrano attraverso la cortina di
nubi. Quando scendo davanti alla scuola, ha smesso di piovere e il cielo sta
tornando limpido.
Il
Nottetempo riparte alle mie spalle tra uno stridore di
pneumatici.
Alzo il
viso a contemplare la facciata austera di Hogwarts. Il tetto risplende sotto i deboli raggi solari, reso
lucente dalla pioggia. Anche qui c’è un buon odore. Odore di pulito. Odore di
casa.
Sono
ancora lì impietrito quando la porta d’ingresso si apre. La figura di Silente
emerge dalla calda luce dell’atrio. I suoi occhi si posano nei miei, attraverso
gli occhiali a mezzaluna. Dall’espressione della sua faccia capisco che è già al
corrente di quanto è successo.
“posso
restare?” chiedo, avvertendo il mio respiro farsi improvvisamente più rapido.
Trascorre
solo un istante, prima che Silente annuisca, facendosi da parte per farmi
entrare nella scuola. Il castello è immerso nel sonno.
“Professor Silente” bofonchio,
spostando il borsone da una spalla all’altra, ma il mago solleva una mano per
interrompermi.
“più
tardi…ora và nel tuo dormitorio e cerca di riposare”
Annuisco,
volgendogli un ultimo sguardo di ringraziamento, prima di incamminarmi su dalle
scale. Sapevo che Silente non si sarebbe fatto intimorire dall’influenza della
mia famiglia. Sapevo che non mi avrebbe abbandonato.
Attraverso con passo stanco
La mia
mano tentenna per un istante sulla maniglia. Quando faccio scivolare la porta
sui cardini e mi ritrovo nella stanza dove ho dormito per gran parte dell’anno,
mi sento improvvisamente bene. Inspiro l’odore familiare di questo luogo,
avanzando fino al mio letto. Poso la borsa sul materasso e getto il mantello da
una parte. Mi passo una mano tra i capelli, rilasciando piano il fiato quando il
mio sguardo si posa su uno dei letti. Quello di Remus. Una sagoma conosciuta
s’intravede sotto le tante coperte. Troppo preso dai miei problemi, mi ero quasi
dimenticato che non era andato a casa per le vacanze natalizie. Raggiungo il suo
letto e mi fermo accanto al comodino, indeciso su cosa fare. Il mio sguardo è
puntato sulla sua nuca. Non voglio svegliarlo, ma prima che possa impedirmelo
pronuncio il suo nome con un filo di voce.
Remus
mugugna qualcosa, rigirandosi nelle coperte. Ha ancora gli occhi chiusi.
Mi siedo
sul materasso, che cede con un flebile cigolio sotto il mio
peso.
Ripensandoci, forse mi sento
veramente stanco. Come se la stanchezza si fosse riversata sulle mie spalle
tutt’a un tratto.
“Sirius?”
Volto il
capo fino a incontrare gli occhi assonnati di Remus con i miei.
“vuoi
sapere la novità?” mormoro, prima che lui possa dire altro “me ne sono andato di
casa”
Mi
stringe una spalla con una mano senza rispondere, aspettando che io prosegua.
“sono
settimane che dico che dovevo farlo. Che questa era la volta buona che mandavo
tutti al diavolo. Che era la sola cosa giusta da fare,
ma…”
La voce
si spezza nella mia gola. Traggo un lungo respiro, scostando lo sguardo.
“Sei già
andato da Silente?”
Annuisco,
inumidendomi le labbra con la punta della lingua.
“sapeva
giù tutto” rispondo “posso restare”
Remus si mette seduto sul bordo del
letto al mio fianco.
“sai
quella cosa che mi ripeti ogni tanto?” butto lì con un tono che spero risuoni
casuale.
“quale?”
ribatte, muovendo piano i piedi scalzi.
“che la
casa è quel posto che quando ci vai non possono non accoglierti”
Giro la
testa per guardarlo di nuovo negli occhi.
“Ma se
uno la casa non ce l’ha?”.
La mia
voce si spezza per la seconda volta. Un forte bruciore mi solletica la gola e mi
punge gli occhi. Le mie dita si contraggono sulla trapunta. Forse io non ce l’ho
più una casa. Non più. Quando la scuola sarà finita non avrò più un posto in cui
tornare. In cui non possono non accogliermi.
“non è
una questione di edifici” risponde Remus con voce pacata. La debole luce solare
che penetra dalla finestra fa risplendere i suoi capelli. Il temporale si è
allontanato. Le nubi diradate.
Remus
solleva lentamente una mano e l’appoggia sul mio petto, all’altezza del cuore.
“forse
tutto ciò che abbiamo bisogno è qui dentro. Dentro le persone che ci vogliono
bene. Forse la casa è un calore che portiamo dentro di noi. Che viene
rinvigorito ogni volta che stiamo con le persone che ci amano e che ci conforta
quando queste non ci sono vicine.”
“dici?”
Remus annuisce. Osservo la sua
espressione aperta e sincera e mi sento meglio. Lui ha la capacità di
tranquillizzarmi. Per quanto la situazione possa essere negativa, Remus è in
grado di placare la mia rabbia, la mia angoscia, la mia
disperazione.
“E poi
sono sicuro che i coniugi Potter sarebbero più che felici di accoglierti a
braccia aperte in qualsiasi momento. Loro ti vogliono un gran bene. E
anch’io…”
S’interrompe un attimo, scostando
lo sguardo e affondando i denti nel labbro inferiore. La mano che mi aveva
appoggiato sul petto ricade lentamente sulle coperte.
“voglio
dire che in qualunque momento puoi contare su di me. E su James. E su Peter”
“lo so”
sussurro con un filo di voce. Rimaniamo per qualche minuto seduti l’uno accanto
all’altro in perfetto silenzio. Il peso che mi opprimeva la gabbia toracica si
sta dissolvendo lentamente, come la ruggine su un rubinetto immerso
nell’acido.
“allora”
esclama Remus con la voce più allegra che faccia parte del suo repertorio “che
ne pensi di una bella colazione?” mi chiede, spostando definitivamente le
coperte e alzandosi in piedi. Lo guardo dal sotto in su per un istante e il
sorriso sulle sue labbra vacilla.
“magari
più tardi, Moony. Preferisco dormire un po’” rispondo, calciando via le scarpe e
togliendomi la maglia ancora umida. Con solo i pantaloni e la t-shirt addosso,
m’infilo nel suo letto, godendo del calore che le lenzuola ancora conservano.
Remus mi rimbocca le coperte, quasi fossi un bimbo piccolo e mi sfiora per un
secondo i capelli con la punta delle dita. È bello avere qualcuno che si
preoccupa per me. È bello sapere di avere una casa a cui tornare. O che posso
portare dentro di me, ovunque vada.
“sarò giù
nella Sala Comune quando ti sveglierai” mi dice piano.
Annuisco
impercettibilmente, prima che chiuda le cortine del letto per non far penetrare
la luce del sole. Non c’è bisogno di dire altro. So che ci sarà. Sempre.
***
Domani è un giorno molto
importante per me e per festeggiare ho deciso di pubblicare una storia che avevo
scritto diverso tempo fa, con protagonisti due dei personaggi che amo di più in
assoluto. Spero che vi sia piaciuta…e lasciatemi un commentino così mi fate
contenta ^__^
Vorrei ringraziare tutti coloro
che mi lasciano sempre una recensione. Alcune mi fanno veramente commuovere! Sei
gentilissimi! Grazie infinite…non potete nemmeno immaginare quello che le vostre
parole significhino per me!
Un bacione
Egle