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Autore: Abbykat    04/04/2016    0 recensioni
Durante l'attacco di Kitiara a Palanthas, mentre gli eroi combattono per il futuro del mondo, Siona Shadowflight affronta battaglie del tutto personali.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Dragonlance e i suoi personaggi sono proprietà di Margaret Weis e Tracy Hickman e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro. Nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

PRISONER OF WAR
scritta da Abbykat, tradotta da Alessia Heartilly
Preludio

Mememto, terrigena.

Mememto, vita brevis.

Shing.

Shing.

La cote fece un morbido e sibilante suono metallico contro l'acciaio temperato, echeggiando piano nel magazzino tutto tranne che vuoto. L'edificio, uno dei tanti sul lato sull'acqua di Palanthas, era stato costruito per ospitare i carichi delle navi mercantili che attraccavano lì, ma ora conteneva solo polvere, e file su file di sacchi a pelo e pagliericci - i letti di fortuna della Compagnia T della Milizia di Palanthas. Nelle ombre dell'angolo più lontano, vestita di pelle grigio fumo e di poco più che dell'ombra stessa, una snella donna elfo sedeva a gambe accavallate, affilando uno spadino.

Il fatto che era sola nelle baracche di fortuna della sua compagnia non sembrava infastidirla. Si poteva persino sospettare che preferisse così. Nonostante ciò, quando la porta del magazzino si aprì e passi delicati si avvicinarono a lei, continuò con quello che stava facendo quasi con aria compiaciuta.

Shing.

"Siona?" chiese una voce calma, con il leggero sapore della cadenza della terra natale dell'elfa.

Lei alzò lo sguardo, scostandosi dagli occhi ciocche di capelli bianco neve. "Comandante," rispose nella sua lingua, con un cenno di rispetto.

Lui minimizzò il titolo senza curarsene. "Kerin."

Siona Shadowflight piegò la testa su un lato, guardando Kerin Silveroak. Era più alto di lei, alto per un elfo, ma comunque snello; i suoi capelli biondo cenere che arrivavano alle spalle erano stati frettolosamente legati sulla nuca, facendo sembrare più sporgenti le orecchie a punta. Si era tolto la cotta di maglia, ma aveva ancora una spada lunga al fianco, e aveva ancora l'aspetto di una persona al comando. "Non è molto da protocollo," disse lei con gentilezza.

"Lascia perdere il protocollo," fu la sua risposta in un certo senso irriverente. "Credi onestamente che a qualcun altro in questa compagnia importi del protocollo?"

Siona ridacchiò. "Qualcuno, forse. Allora va bene, Kerin, siediti prima che mi faccia male al collo per guardarti."

Ubbidendo, lui si sedette dall'altra parte del suo pagliericcio. "Dov'è il resto della compagnia, comunque?"

Posando la cote, Siona rispose, "per la maggior parte, fuori a bere." Prese un straccio morbido in camoscio e iniziò a pulire la lama. "Quelli che non sono andati specificatamente a bere sono andati con gli amici, per far loro compagnia mentre loro bevono."

Kerin fece una smorfia. "Meraviglioso." Il suo tono secco inserì nella parola molto sarcasmo.

"C'erano alcuni tipi sacerdotali che sono andati più o meno verso la biblioteca," aggiunse Siona. "Non vedrai nemmeno loro prima dell'alba."

A quello lui ridacchiò piano e annuì. "Allora perché tu sei ancora qui?"

"Non sono una che beve," rispose lei con un sorriso sbieco.

"Bene," disse lui ironicamente. "Almeno ci sarà un altro membro di questa compagnia che domani mattina non avrà i postumi della sbornia."

"Esattamente. Qualcuno ti vomiterà sugli stivali durante le esercitazioni, ma almeno non sarò io."

Kerin grugnì. "Mi hai davvero consolato."

"D'altra parte," aggiunse lei, indicando la fiaschetta lì accanto con un cenno della testa, "non ho una gran opinione di quello che servono nelle taverne."

"Come mai?"

Siona scrollò le spalle, osservando la lucentezza a specchio della sua lama. "Vedi da solo," disse con fare assente.

Curiosamente, lui stappò la fiaschetta e annusò il suo contenuto, poi prese un sorso cauto. Spalancò gli occhi per la sorpresa. "Vino elfico."

"Proprio così," rispose lei divertita, inguainando la spada.

Rise un po'. "Quanto lo hai pagato?"

Lei fece un sorriso triste, e rispose, "più di quanto mi importi ammettere. Ma è vero, mi è stato portato dritto da Qualinesti. Serviti pure."

Kerin sollevò la fiaschetta. "A Qualinesti."

"Bastardi moralisti ipocriti che sono," concordò lei.

"Siona," disse lui dolcemente, "stai mostrando gli artigli."

"Scusa," rispose lei, con un tono allegro privo di scuse. "Sono un po' amareggiata."

Dopo un altro sorso di vino, lui le offrì la fiaschetta. "Posso chiedere?"

Lei scrollò le spalle. "La storia non è degna di essere raccontata, davvero." Accettò la fiaschetta da lui, bevve un sorso e poi la restituì. "Basti dire che c'è una ragione per cui ho scelto di non restare a casa."

"E sei venuta qui, invece?" chiese lui.

Siona scosse la testa, il viso che si chiudeva in sé. "Quello non ha niente a che fare con Qualinesti. Ho delle cose da portare a termine con le Armate dei Dragoni."

Saggiamente, Kerin lasciò perdere senza fare altre domande.

"E tu allora?" chiese lei, spostando la conversazione da se stessa. "Non posso credere che tu sia qui perché ti piace cercare di trasformare paesani in fanti."

Lui rise un po', con tanto rimpianto quanto umorismo. "No, non avevo alcuna intenzione di comandare niente, men che meno questa farsa. Sono solo fortunato, suppongo."

"Non hai molta fiducia nei tuoi valorosi soldati," notò Siona con asprezza.

"Per lo più sono contadini e artigiani, senza alcuna conoscenza da passarsi," ribatté lui, con il tono che conteneva pietà e una sfumatura di pura derisione elfica. "Non mi fido della metà di loro più di quanto farei per rovesciare il destriero di Lord Amothus; so per certo che almeno due di loro sono ladri. E non sto contando il kender."

Lei ridacchiò piano. "Non mi vedi a offrirmi volontaria per avere il tuo posto, no?"

"Hai più buon senso, evidentemente," disse lui mestamente. "Vorrei averlo avuto io."

Le reclamò la fiaschetta di vino per un altro sorso, e sottolineò, "non sei andato così male, tutto considerato."

"Considerato quello con cui devo lavorare e il poco tempo che ho per farlo, intendi?" Kerin scosse la testa. "Mi piacerebbe pensare che sia abbastanza, ma... beh, li hai visti."

"Continui a dire 'loro'. Sono un membro di questa compagnia anch'io, se te lo ricordi."

"Tu," rispose lui, "sei venuta qui sapendo più di quanto sono riuscito a insegnare alla maggior parte di questi poveri stupidi. Se si arriva alla battaglia, la maggior parte di loro non sopravviverà."

"Spero che non succeda," disse lei, più seria. "Francamente, non voglio affrontare quella specie di cosa che Kitiara uth Matar può tirare fuori dal suo elmo."

Di nuovo lui sospirò, guardando con rimpianto la fiaschetta di vino elfico. "Suppongo che il meglio che possiamo fare è sperare."

"E pregare," concordò lei, e sospirò a sua volta. "Pensiero lugubre."

"Ecco a te la guerra," disse lui un po' tetramente.

Tacquero, entrambi con una buona idea di cosa stesse pensando l'altro, ed entrambi poco interessati a dire quei pensieri ad alta voce. Invece condivisero il vino elfico, fino a quando il silenzio divenne meno depresso e più confortevole.

Poi occhi castani incontrarono occhi azzurro-grigi sopra la fiaschetta mezza vuota, e il silenzio si fece tutto diverso.

"Forse," ragionò piano Kerin, "quando tutto sarà finito, tu ed io..."

"È la solitudine che parla," disse lei con un tocco di dolore. "Dovrei saperlo; l'ho sentita abbastanza spesso."

Lui sospirò. "Dev'essere così. Eppure, in un altro momento, un altro posto..."

"Ma non qui," disse Siona. "Non ora; non io e te. Tu hai delle responsabilità, e io... ho delle promesse da mantenere."

Lui la guardò, chiedendo dolcemente, "c'è qualcun altro?"

Lei annuì. "Sì," rispose lei, semplicemente. "C'è qualcun altro."

"Non qui..." Le parole avevano una sfumatura di domanda.

"No," disse lei. "È stato fatto prigioniero dai draconiani alcuni mesi fa."

"Oh," disse Kerin, e poi aggiunse, "mi dispiace. Non sai dov'è?"

Siona scosse la testa. "Non sono nemmeno sicura che lui sia ancora vivo. Ma devo provarci, almeno." Alzò lo sguardo, incontrando di nuovo i suoi occhi. "Devo sapere."

Curioso nonostante se stesso, lui chiese, "come si chiama?"

"Madoc."

"Madoc," ripeté a bassa voce Kerin. "È lui la ragione per cui hai lasciato Qualinesti?"

"Tu," gli disse Siona senza rancore, "sei davvero troppo acuto. Sì, è la ragione per cui sono andata via... o meglio, io sono la ragione per cui lui è andato via. È considerato un cattivo comportamento che il rampollo di una famiglia di nobili elfi guerrieri si innamori di una donna dall'aspetto spettrale, mezza guardia e mezza spadaccina, proveniente dai bassi ranghi della società di Qualinesti."

Lui si allungò oziosamente per giocare con una ciocca libera dei suoi capelli innaturalmente bianchi. "Io non penso che tu abbia l'aspetto spettrale. Per qualcun altro, forse, ma per te è di grande effetto." Lui la guardò dolcemente. "Ti dona."

"Non sono sicura se è un complimento o no."

"Lo è." Dopo una pausa continuò, "forse, quando tutto sarà finito, posso aiutarti a trovarlo."

Siona sbatté le palpebre, spaventata. "Io..." esitò lei. "Sarei grata."

"E forse," continuò lui, con la voce appena un poco malinconica, "puoi tenerti da parte un ballo per me alla prossima Alba di Primavera."

A questo lei sorrise. "Lo farò," promise. "Ma ti pentirai di avermelo chiesto quando ti pesterò i piedi."

Lui sorrise appena. "Correrò il rischio."

"Non dire che non ti ho avvisato," gli disse lei ridendo piano.

"Non me lo sognerei mai," rispose lui, con il sorriso che si allargava. Le offrì la mano. "Amici allora?"

"Amici," concordò lei. Si strinsero brevemente la mano; quella di lui abbronzata, quella di lei bianca, entrambe ruvide e forti. Era abbastanza.

Poi svariate paia di stivali entrarono nel magazzino dalla strada, portando con loro un sussurro della notte fresca. I nuovi arrivati parlavano tra loro con le voci alte di uomini ubriachi abbastanza da credere di non sembrare ubriachi.

Kerin sospirò, il cameratismo andato perduto... o forse soltanto accantonato. "Faresti meglio a dormire," disse lui, alzandosi con la semplice grazia elfica. "Domani sarà una lunga giornata."

Siona annuì, in tacito consenso. "Buona notte, Comandante."

"Kerin," la corresse lui con un sorriso appena accennato.

Lei sorrise brevemente. "Kerin."

Lui si voltò per andarsene. "Buona notte, Siona." Poi uscì dal magazzino, girando attentamente intorno al piccolo manipolo di allegri ubriachi mentre si avviava alla porta.

Siona si allungò sul suo pagliericcio con la testa sul cappotto arrotolato a far da cuscino, e cercò di dormire, e di non pensare alle cose che aveva visto negli occhi castano scuro di Kerin.

Et itur ad astra.

Et itur ad astra.

*****
Nota della traduttrice: come sempre, ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta sarà riportata come risposta alla recensione (nei siti che lo permettono) o comunque sul mio blog.
Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! Alessia Heartilly

   
 
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