Fanfic su artisti musicali > Black Veil Brides
Segui la storia  |       
Autore: NeaFallenAngel    05/04/2016    1 recensioni
"Faceva male, fottutamente male.
Faceva male sapere che la persona a cui aveva dato tutto, l’aveva tradito.
Odiava il tradimento, che fosse per amore o meno.
Si sentiva abbandonato, ferito, confuso ,deluso, stanco e stupido.
Ora che era lì solo, gli passarono per la mente tante piccole cose che avrebbero potuto fargli capire che qualcosa non andava, ma che aveva ignorato, cieco come chi è perdutamente innamorato.
Eppure non riusciva ad odiarla, ora la sentiva del tutto indifferente.
In quel momento la porta del bar si aprì, facendo sì che la porta vecchia cigolasse.
Andy continuò a tener la testa china verso il basso, cercando di capire chi potesse essere."

Come stareste,se tutto quello che credavate fosse una realtà salda,si sbriciolasse?
Come stareste se veniste salvati da qualcuno che avete salvato inconsciamente?
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andy Biersack, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

This Is A Rebel Love Song

-11.So long time -

 

Si stiracchiò lentamente, mentre aspettava che la macchinetta del caffè finisse di preparare quell’intruglio caldo che le serviva per recuperare anche solo una parte di lucidità, giusto quel poco per ricordarsi come si chiamasse e in che paese vivesse.

Guardò fuori della finestra, la tapparella non completamente alzata creava dei fori di luce che tagliavano l’aria, il sole sorgeva sulla città degli angeli. Ogni volta che ciò accadeva era un emozione nuova: si sentiva tremendamente miserabile nella sua vita, ma l’essere arrivata li, essersi trasferita e essere in grado di vivere da sola, erano una delle poche cose che la rendevano viva e che la faceva ricredere sui suoi pensieri fissi di inadeguatezza verso il mondo.

La suoneria del cellulare la risvegliò dai suoi pensieri.

Avrebbe dovuto cambiarla, la infastidiva così tanto negli ultimi tempi che il suo smartphone viveva in modalità silenziosa.

In realtà erano anche fin troppe le cose che la infastidivano negli ultimi tempi.

-Pronto- affermò con una voce impastata che indicava tutt’altro che il suono di qualcuno che fosse effettivamente pronto, oltre al fatto che aveva risposto senza neanche curarsi di chi fosse il soggetto che aveva emesso la chiamata.

-Ma Buongiorno principessa- dall’altra linea una voce roca e dal tocco ironico, rivelò prontamente chi fosse il mittente di quella telefonata.

-Oddio scusami- esclamo Ashy-mi stavo facendo il caffè, ma come al solito la macchinetta non vuole collaborare con me -

-Con me collaborava invece- affermò Andy con tono provocatorio.

-Allora dovresti venire tu a farla funzionare- ammise, con una vena di sensualità nella voce.

-Anche se in profondo sonno, riesci comunque a risultare tremendamente sexy-

-Biersack, non ci credi nemmeno tu a quello che dici-

La mora immaginò il cantante che, dall’altro capo del telefono (e dell’America) stesse corrucciando il labbro in quel sorrisetto tanto fastidioso quanto emotivamente devastante

-Io invece penso proprio di sì…- esitò- …comunque non pensavo che mi rispondessi, ma speravo vivamente che l’avresti fatto, mi sto annoiando tremendamente… quanto odio le procedure aeroportuali –

Di sottofondo, Ashy poté udire quelle voci metalliche che richiamano i viaggiatori a avvicinarsi all’imbarco, suoni che aveva sentito forse un paio di volte nella sua vita.

-Lezione al mattino- fece pensierosa- ma penso che farò solo presenza, per il resto dormirò in piedi-

-Ieri sera sei stata con il tuo amante? -

-Certamente. In realtà ho passato la nottata disegnando e cercando di studiare. –

-Lo dici con un tono preoccupante, che hai? -

Il cantante capiva che qualcosa non andava, ma la mora, come da due mesi a quella parte, non parlava mai di se, se non lasciando trasparire il velo di tristezza che la accompagnava.

-Mi manca l’ispirazione. Sono felice che oggi torni, ne avevo bisogno- troncò il discorso

-Stasera ne parliamo, davvero però…- una voce acuta in sottofondo richiamò Andy – scusami principessa ti devo lasciare, finalmente partiamo-

-Non mi chiamare principessa- un tono astioso e amorevole allo stesso tempo uscì dalla bocca della ragazza.

-A dopo principessa. -

Era una guerra persa.

 

Erano cinque mesi che si frequentavano, e Ashy ricordava ogni momento di quel lasso di tempo con estrema precisione.

Si ricordava la prima sera che Andy l’aveva baciata dopo il suo concerto, di come era tornata all’interno del club dove avevano suonato come se nulla fosse a chiacchierare con gli altri, ancora stordita da quell’esperienza idilliaca. Si ricordava di come lui, quando l’aveva riaccompagnata a casa la stessa sera, aveva aspettato pazientemente che Kirsten andasse a dormire per poi baciarla come poche ore prima.

A quella sera erano seguiti due mesi che non si sarebbe mai sognata di vivere: studiava, gli esiti degli esami avevano picchi che non avevano mai raggiunto, ogni sera Andy andava a trovarla, le rallegrava l’umore, la faceva sentire felice, davvero felice.

Felice come era stata forse solo da piccola, quando mamma Lauren le aveva regalato un micetto nero con gli occhietti azzurri e aveva scatenato l’amore per i gatti che la contraddistingueva da una decina d’anni.

Poi di colpo era cambiato tutto, Andy era partito per promuovere il nuovo album ed erano tre mesi oramai che non lo vedeva, Kirsten si era trasferita lentamente da Luke.  Inizialmente era stata qualche sera, quella che passava con il suo principe azzurro, che si era trasformato in qualche fine settimana e che infine era diventato un trasferimento definitivo.

Ashy non glielo aveva fatto pesare, l’amica aveva da sempre espresso il desiderio di convivere con Luke e non l’avrebbe fatta sentire in colpa.

Ma si era sentita abbandonata.

Di colpo era di nuovo sola.

Il suo ragazzo (anche se ancora faticava a definirlo tale) era lontano, quella che era stata la sua migliore amica aveva deciso di vivere la sua vita e se ne era andata.

Era tornata una ragazzina di sedici anni che non aveva nessuno, vedeva tutto ciò come un abbandono da parte di quella persona che era stata l’unica che le volesse davvero bene. Era felice che l’amica finalmente aveva raggiunto ciò che voleva, dall’altra parte si crogiolava nella disperazione che la sua mente le portava: voci che le ripetevano quanto fosse inutile e che fosse colpa sua se l’unica persona che le voleva bene se ne era andata, che Andy sarebbe stato come chiunque e che forse non si sarebbe mai ripresentato a casa sua, se non per recuperare le cose che aveva lasciato in casa sua tre mesi prima.

Non aveva detto nulla a Andy di Kirsten, non voleva farlo preoccupare, ma il moro se ne era accorto che qualcosa non andava: era distante, quasi apatica, si lasciava andare a qualche manifestazione affettuosa solo dopo ore di telefonate e spesso quelle che si permetteva erano frasi simboliche.

Era prosciugata da ogni emozione, non riusciva ad esprimersi e aveva una paura immensa di lasciare intravvedere troppo, anche se, analizzando ogni cosa, non aveva più nulla da perdere.

Lui sarebbe tornato e l’avrebbe trovata in condizioni considerevolmente pietose, le occhiaie le arrivavano a terra, non dormiva decentemente da settimane e non si ricordava quando era stata l’ultima volta che aveva messo qualcosa sotto i denti.

Lui gli mancava tremendamente, e spesso, dopo ogni chiamata, scoppiava in lacrime. Gli mancava anche dopo pochi secondi che la chiamata era stata chiusa.

E piangeva per ore, ripetendosi che era una cretina per quello che stava facendo. Alla fine lui sarebbe tornato, doveva solo aspettare.

Ma la paura di perderlo era così forte che non poteva zittirla, quello che aveva nella testa tornava prepotente a farsi sentire, insieme a tutti le emozioni legate al trasferimento di Kirsten.

Durante le telefonate cercava di carpire il più possibile della sua vita, sentiva il forte bisogno di ascoltare la sua voce e di farsi raccontare anche le cose più inutili, e spesso erano le uniche cose che la cullavano finché non crollava per inerzia nel sonno più profondo.

 

 

 

-Tornerai da lei stasera? - chiese Chris, con fare curioso e gli occhi di chi aveva bisogno decisamente di dormire nel letto della propria casa.

-Eh? – mugugnò il cantante, in un dormiveglia non ben definito a causa di un jet- lag fastidioso –Penso proprio di sì, mi preoccupa, la sento strana-

-Ashy? - intervenne Ashley, dal posto dietro?

-Si, lei-

-Ma è successo qualcosa tra voi? - fece con fare ammiccante il bassista.

-No, Ash- rispose Andy con tono leggermente scocciato –non è il caso, non ci ho mai pensato, è tremendamente fragile…non la ho nemmeno mai vista indossare qualcosa che non la coprisse dalla testa ai piedi-

-Davvero? -

-Davvero Ash, basta. -

-Io credo che lei sia speciale, insomma è strana, nel senso più positivo del termine- si intromettè Chris -… e poi sai che piena di tatuaggi? Una volta ne abbiamo parlato, quel giorno che stavamo registrando-

-DAVVERO? - esclamarono in coro Andy e Ash, stupiti.

Il cantante non aveva idea che quella che poche ora prima aveva chiamato “principessa” fosse tatuata. Non che per lui fosse un problema, ma la cosa lo attraeva.

Dopo il breve intervento di Ash, la sua mente si riempi di pensieri decisamente poco casti.

Lo intrigava vedere le decorazioni d’inchiostro che i tatuaggi aveva formato sulla pelle candida della giovane.

Sapere in quali punti essi arrivavano.

Scacciò immediatamente il pensiero. Era troppo fragile per un pensiero come questo. Non aveva mai parlato con Ashy di qualcosa di concreto ed era sicuro di cosa avrebbe potuto pensare la ragazza in merito.

 

 

Si era decisa a interrompere il suo ozio emotivo per farsi una doccia e ricomporsi.

Aveva salito le scale pesantemente, percorso il corridoio ancora più lentamente, curandosi bene di non guardare la porta chiusa dove qualche tempo prima dormiva la coinquilina.

Angel l’aveva seguita zampettando qua e là, aspettandola tranquillamente davanti la porta che la sua padrona dalla dubbia sanità emotiva arrivasse alla porta.

Ashy aprì la porta e si svestì, perdendosi ad osservarsi nello specchio mentre aspettava che l’acqua raggiungesse una temperatura decente: nonostante quello di essere così magra era sempre stata uno dei suoi sogni più lampanti, una luce nella sua testa le sussurrava che stava raggiungendo un punto di non ritorno e non nel senso positivo che aveva sempre sognato.

Osservava come le ossa spuntavano violentemente da sotto la pelle, cambiandone l’anatomia, modificando la forma dei disegni che portava sulla pelle da due anni. Le faceva senso tutto ciò.

Si infilò nella doccia, lasciandosi crollare sul muro, facendo sì che l’acqua bollente, nonostante la temperatura esterna del mese di agosto, le corresse sulla pelle pallida fino ad arrossarla. Chiuse gli occhi, sperando che i pensieri se ne andassero con quel gesto, come se chiudendo la sua finestra sul mondo potesse chiudere ogni collegamento ai suoi ricordi.

Uscì dalla doccia solo quando sentì Angel grattare con le zampine sul vetro opaco, si raccolse i capelli e si asciugò sommariamente.

Percorse la distanza tra il bagno e la sua camera più rinvigorita di prima, ma sempre con una lentezza innata.

Fisso per dieci minuti buoni l’armadio, per poi rinunciare e indossare i pantaloncini corti e la canottiera che aveva buttato alla rinfusa sul letto qualche giorno prima. Si lasciò sfuggire un verso di disapprovazione verso lo stato in cui era la sua camera, guardando astiosamente dagli abiti sui mobili fino ai fogli riguardanti qualche quadro di Monet caduti per terra.

Scese le scale al buio, senza perdersi ad accendere la luce come da sua consuetudine, e uscì sul balcone con un pacchetto di sigarette appena iniziato.

Era appena riuscita ad accenderla, dopo dieci minuti buoni grazie al vento immotivato per una giornata di giugno, quando il rumore odioso del campanello protestò per essere stato usato con troppa enfasi.

Ashy lanciò un veloce sguardo all’orologio.

23.59.

Il pensiero di Andy le attraversò la mente tanto velocemente quanto ci mise a attraversa la casa, per poter aprire la porta d’ingresso, mentre un sorriso da parte a parte gli spuntò sul viso fulmineamente.

Girò velocemente la chiave, ritrovandosi davanti il cantante moro che aveva sognato insistentemente negli ultimi mesi, nel suo metro e novanta di altezza, radioso come il sole e bello come una divinità greca.

-Bentornato- asserì Ashy timidamente.

Lui non rispose, entrò in casa lentamente, chiudendo la porta dietro di sé e lasciando cadere la valigia con un tonfo sordo al suolo per poi avvicinarsi e stringendo istintivamente la ragazza che aveva davanti a se.

-Bentornata a te- proferì.

 

 

"Fu un attimo, ma l’eternità."

L. Pirandello, Uno, nessuno e centomila

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Bene, non scrivo, non pubblico e non aggiorno dal maggio 2014.

Ultimamente ho sentito urgentemente il bisogno di concludere questa storia, anche se ne ho poca fiducia perché ho totalmente la mano con la scrittura, rispetto a un paio di anni.

Sarebbe carino se mi faceste sapere con una recensione cosa ne pensate c:

Knives.

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Black Veil Brides / Vai alla pagina dell'autore: NeaFallenAngel