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Autore: Mana Sputachu    05/04/2016    2 recensioni
Chi l’avrebbe mai detto che Jin Kazama fosse un nerd? Io no di certo.
E nemmeno Hwoarang, a giudicare dalla reazione che ha avuto quando gliel’ho raccontato.

[Xiaoyu, Jin, Hwoarang e il disagio umano]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hwoarang, Jin Kazama, Ling Xiaoyu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tonight, we are young.

 

...so let’s set the world on fire

We can burn brighter than the sun.


 

Agli occhi di tutti, Jin Kazama è la quintessenza dello studente modello.

Serio, posato, intelligente e bravo in tutte le materie, con una spiccata propensione all’ingegneria meccanica; portato anche per lo sport e le materie artistiche, parla fluentemente più lingue (pecca ancora di engrish, ma è giapponese, non è nemmeno colpa sua). Decisamente non è portato per economia domestica, ma la cosa non sembra turbarlo: “Posso sempre vivere di ramen istantanei” è la sua laconica risposta ogni volta che salta fuori l’argomento, ed è forse l’unica pecca all’idea di “ragazzo perfetto” che quasi tutto il Politecnico Mishima ha di lui.

Aggiungiamoci pure che è carino.

Molto carino.

Tanto, ma tanto carino.

Alto, muscoloso, occhi scuri, capelli pettinati con un petardo — non che le ragazze si soffermino su quel dettaglio. Quando indossa gli occhiali da vista un coro di sospiri si leva in aula.

Tra le signorine gira voce che dorma nudo, o comunque con pochissimi indumenti addosso: le lezioni di nuoto e il costume che poco lascia all’immaginazione hanno sicuramente contribuito ad alimentare la leggenda.

Quindi, secondo il 90% della scuola, Jin Kazama è il ragazzo da sogno, il “bello e maledetto” che fa strage di cuori e nemmeno se ne accorge.

...sì, certo.

Ma per favore!

Ogni volta che sento le mie compagne di classe parlare di Jin vorrei tanto prenderle a testate nella vana speranza di farle rinsavire. Non ci provo nemmeno a dire loro che no, la realtà è un pelino diversa da come la immaginano: l’ultima volta che mi hanno assalita con domande tipo “Ma com’è a casa?”,“L’hai mai visto nudo?”, “È ben dotato?”, “Ma davvero non avete mai fatto niente?!” ho rischiato di finire dal preside per rissa. E Ling Xiaoyu non ci tiene a finire dal preside, che poi avviserà il mio tutore Heihachi Mishima. Allora sì che sarebbero volatili senza zucchero per la sottoscritta.

Mi stiracchio lasciando vagare lo sguardo in giro, e neanche l’avessi evocato, dalla finestra che affaccia sul corridoio vedo passare Jin insieme ad altri ragazzi; lui mi nota e mi fa una linguaccia. Io ricambio. È così che ci salutiamo, di solito.

“Xiao! Kazama ti ha salutato!”
Per carità, non di nuovo…

“Com’è carino!”

“E che culo, quei pantaloni non gli rendono proprio giustizia…”
“Oggi non ha gli occhiali, che peccato…”

“Kami, ma vi sentite? Ogni volta che lo vedete un vostro neurone muore!” sbotto ma le mie amiche non sembrano darmi retta. “La fai facile tu, che vivi sotto il suo stesso tetto! Sei dannatamente fortunata!” è la loro ovvia risposta.

Fortunata, come no.

Loro non sanno.

Non hanno idea di come sia vivere con Jin Kazama.

Ragazzo perfetto?

Semmai Rompipalle Perfetto, specie da quando ha deciso di eleggersi a mio insegnante privato di matematica e a nulla sono serviti scongiuri e minacce per fargli cambiare idea però i  miei voti sono nettamente migliorati, questo glielo concedo.

Lenzuola di seta e nient’altro per dormire?

L’idea di che Jin Kazama ha del letto è più vicina ad un ammasso di coperte e piumoni nel quale arrotolarsi come un gigantesco involtino primavera umano e accoccolarsi in posizione fetale. Russando a causa di un leggero problema di sinusite.

Ah sì, la sua ipocondria. Potrei scriverci una tesi di medicina.

Oltre alla sinusite, Jin Kazama soffre di allergie stagionali. A cosa, esattamente, non è dato saperlo, ma quel che è certo è che quando sbocciano i primi fiori lui comincia la sua personale tragedia greca: “Non respiro!”, “Mi cola il naso, sembro un rubinetto!”, “Xiao mi porti gli antistaminici?”, “STO MORENDO!” sono alcune delle frasi ricorrenti, urlate dal divano con tono drammatico neanche avesse uno shinigami appollaiato sulla spalla pronto a portarselo nell’aldilà, mentre io mi chiedo cosa ho fatto di male nella vita.

È vero che non ama andare in giro particolarmente coperto quando è in casa, soprattutto durante gli allenamenti, e di quello non mi sono mai lamentata. Ma è anche vero che il suo pigiama non somiglia nemmeno lontanamente al costume adamitico su cui fantastica la metà femminile della scuola:  anzi, è proprio in quel frangente che la sua filosofia sul vestirsi - “Meno stoffa ho addosso meglio è” - va a farsi benedire. La tenuta da nanna di Jin Kazama comprende: pantaloni tipo tuta con una tamarrissima fiamma disegnata (identici a quelli che usa per gli allenamenti, sospetto le abbia comprate in stock.), una t-shirt dei Cure (uno dei suoi gruppi preferiti, perché è fissato con la musica occidentale), occhiali, capelli spettinati e pantofole. Di peluche.

Pffffft-

Jin Kazama usa pantofole di peluche! Quando l’ho scoperto sono scoppiata a ridergli in faccia (cosa che non ha gradito, ma non fa niente).

E a proposito della musica occidentale, ecco un’altra cosa che mai mi sarei aspettata da lui: Jin ama cantare. Di solito si limita a canticchiare a bassa voce, convinto di non essere sentito da nessuno, ma quando la casa è vuota, quando Heihachi è via per lavoro e anche la servitù non c’è, Jin Kazama si lascia andare sotto la doccia a sentite interpretazioni dei suoi pezzi preferiti, dai Cure ai Queen e altri gruppi occidentali che tanto adora; ogni tanto canta anche qualcosa della sua madre patria, soprattutto sigle di anime.

Già, anime, altro capitolo a parte.

La prima volta che l’ho visto guardarne uno in tv ho pensato stesse facendo zapping e invece no! Jin Kazama adora gli anime e i manga, la sua stanza è piena di fumetti (ma anche di libri, sia mai: secchione è e secchione rimane), alcuni anche occidentali. “Ogni tanto il vecchio di merda mi porta in giro per il mondo con lui per lavoro… e una volta, in America, ho scoperto questi” mi aveva spiegato, sventolando uno dei suoi comics; ho anche provato a leggerli e farmeli piacere, ma proprio non riesco a trovare fascino in uomini x, uomini ragno e uomini pipistrello. Uomini normali mai.

Chi l’avrebbe mai detto che Jin Kazama fosse un nerd? Io no di certo.

E nemmeno Hwoarang, a giudicare dalla reazione che ha avuto quando gliel’ho raccontato.

 

*

 

“Tu menti. Menti sapendo di mentire!”
“Giurin giurello.”

Ogni tanto passo del tempo con Hwoarang. Lui e Jin si detestano, ma a me sta simpatico anche se lo butterei volentieri sotto un’auto quando sottolinea il mio essere diversamente procace o diversamente alta. Ma a parte quei momenti non è male, e ho anche il vago sospetto che ci provi.

“Spiacente, se non vedo non credo” risponde, aspirando una boccata di fumo dalla sigaretta; sono riuscita ad insegnargli a espirare il fumo lontano da me, da brava scimmietta. Affondo i denti nel mio succulento taiyaki e dopo aver mandato giù il boccone rispondo: “Allora vieni da noi una di queste sere. Heihachi è di nuovo all’estero per lavoro, non c’è nemmeno la servitù.”
“Soli soletti a casa? Chissà quanto divertimento sotto le lenzuola…” punzecchia, ed evita un mio calcio ridendo.

“Cretino” dico, arrossendo. “Comunque la mia proposta rimane valida: vieni e ti mostrerò il vero Jin Kazama, pantofole di peluche comprese.”

Il coreano sorride, un sorrisone a trentadue denti: “Come mai tanta voglia di sputtanare Kazama? Credevo foste amici” e sottolinea amici, aggiungendo parecchie virgolette con le dita. Ignoro il rimarco: “Lo siamo, infatti. È solo una cosa divertente… e poi magari così si scioglie un po’, quel musone” borbotto, “è convinto che nessuno debba sapere com’è veramente, come se ne andasse della sua vita!”
“Sempre detto che ha una scopa su per il culo.”
Faccio una smorfia per l’immagine orrenda, ma in parte concordo: non si direbbe ma Jin ha parecchi complessi. E da quel che ho visto la società giapponese, con la sua chiusura mentale, non aiuta.

Ma non è di sociologia che voglio parlare.

Butto la carta del taiyaki in un cestino e mi avvio verso casa, non prima di essermi voltata verso Hwoarang: “Vieni domani sera, e porta pizza e birre!”
“Birra? A te al massimo posso portare dei succhi di frutta!”
Lo saluto con un dito medio.

Lui ride.

È così che ci salutiamo, di solito.

 

*

 

“Cosa ci fa lui qui?”

“Woah, questa sì che è una casa da ricchi!”

Hwoarang si aggira estasiato per casa, ammirando i costosi e pacchiani arredamenti di casa Mishima. “Tuo nonno deve avere un ego che fa provincia!” commenta, indicando gli orribili mezzibusti in oro di Heihachi Mishima sparsi per casa. Né io né Jin ce la sentiamo di dargli torto.

“Non hai risposto alla mia domanda” incalza lui, lo sguardo cupo attraverso gli occhiali. Avevo promesso a Hwoa che avrebbe visto Jin Kazama nel suo habitat naturale e così è stato; ho il sospetto che sia questo, ancor più della sola presenza del coreano, a irritarlo.

“Eddai, che male può fare?” piagnucolo io, sfoderando il più innocente dei miei sguardi. “Tuo nonno starà via una settimana, la servitù viene solo alla mattina… era per fare qualcosa di diverso!”

Jin sbuffa, ma non replica. Forse, e dico forse, non è troppo infastidito dalla situazione in cui l’ho ficcato.

“Quindi può rimanere?” chiedo.

“Guarda che non sono un randagio!” ribatte Hwoarang mentre fa il giocoliere con uno di quegli orridi mezzibusti, e a Jin non resta che togliergli il giocattolo dalle mani: “Corea, quel coso farà anche schifo ma vale parecchio! Vedi di non fartelo cadere su un piede!”

Jin rimane in silenzio per qualche istante, guardando torvo prima me e poi il coreano tutto speciale; alla fine cede: “Oh, e va bene!”

“Evviva!”

“Bravo Kazama, così ti voglio!” trilla Hwoa, dandogli una pacca sulla spalla. “E poi ci mancava che mi buttassi fuori visto che ho portato la cena per un esercito!”
“Hai preso le birre?” chiedo, e lui mi piazza sotto il naso un succo di frutta con un panda disegnato su. Io lo uccido.

“Mamma mia quanto sei permalosa, Cina!” ride, evitando i miei pugni. “C’è birra a sufficienza per tutti, non preoccuparti! Io però non ti terrò la testa quando sarai piegata in due sul cesso, sappilo.”
“Per favore, reggo l’alcol meglio di Jin!”
“Ancora con questa storia? Solo perché mi sono ubriacato una volta?” interviene lui, piccato.

“Dicevi di vedere i gabbiani. In salotto.”
“Avevo fatto fuori una bottiglia di sakè da solo, è già tanto che non sia andato in coma etilico.”

“Coma etilico per una sola bottiglia? Abbiamo una principessa qui!” mi fa eco Hwoarang con un’espressione di finto sdegno sulla faccia. “Entro stasera ti renderò un vero alcolizzato, non temere” sorride sornione, e Jin alza gli occhi al cielo: “Il sogno di una vita che si avvera.”

Detto ciò si volta e si dirige verso le scale. Io e Hwoa ci scambiamo un’occhiata stranita.

“Scusa Jin ma… hai mica fatto rimanere Hwoarang qui per poi mollarci entrambi come pesci lessi? Dove stai andando?”
Lui si volta e inarca un sopracciglio.

“In camera. Ho lasciato una partita in sospeso.”
Continuo a fissarlo, basita, sperando ci arrivi da solo.

Sbuffa. Deve aver capito.

“Portate le pizze su in camera mia, ceniamo lì.”

Non ce lo facciamo ripetere due volte e, recuperate le cibarie, lo seguiamo nella sua stanza.

“E che tipo di partita facevi Kazama? Ti sollazzavi con un solitario?”

Hwoarang ti prego, evita di fare conversazione che non ti riesce.

Jin ha il buon gusto di non dargli corda (ma è imbarazzato, oh se è imbarazzato!) e glissa con eleganza: “In verità stavo provando un gioco uscito da pochissimo. L’ho aspettato per mesi e finalmente l’ho comprato!”

Il tono di voce di Jin diventa leggermente più acuto, lasciando trasparire la suprema gioia nell’avere comprato questo misterioso gioco; Hwoarang si volta a guardarmi con occhi sgranati: “...era felicità quella che ho sentito nella sua voce?” sussurra.
“Te l’avevo detto” rido.
“Non vorrei dire, ma vi sento” replica Jin, senza voltarsi, poi si ferma davanti la porta della sua stanza: “Ora, GUAI A VOI se sporcate in giro” dice, e tiene aperta la porta per farci passare.

“Oh. Mio. Dio.”

La reazione di Hwoarang è comprensibile perché la stanza di Jin riflette perfettamente la sua personalità: pulitissima e ordinatissima ai limiti dell’ossessivo compulsivo, nemmeno un calzino dimenticato in giro. Pure quelli sono ordinati per colore e tipo.

“Ok adesso ho l’ansia alla sola idea di dover poggiare le pizze sulla tua scrivania” commenta il nostro coreano preferito guardandosi attorno.

“Da’ qua prima di fare danni” interviene Jin, prendendo le pizze in mano e poggiandole su un tavolino posto vicino alla tv. “Qui, qui andrà benissimo” conclude, poi si siede e afferra velocemente il joypad; sbircio la tv per capire che tipo di gioco sia, ma la bertuccia coreana mi distrae.

“Ma sono manga! MANGA! E… fumetti che non so cosa siano, ma sono TANTI!”
“Finito di emozionarti o…?”
“No Kazama, non capisci” lo interrompe Hwoarang gesticolando con le mani “nella mia testa tu sei il secchione col naso perennemente sui libri e la cui vita ruota attorno allo studio e nient’altro!”
“...posso sapere, di grazia, cosa ci faccio nella tua testa?”
“Insomma sei… NORMALE! Quasi.”
“No davvero, smettila di pensarmi, mi inquieti!”

“Dai Hwoa, che le pizze si raffreddano! Avrai modo di stupirti ancora, stasera, non temere” commento  prima di azzannare una fetta di pizza. Mi accomodo accanto a Jin con un’altra fetta per lui, che se no si scorda anche di mangiare, e osservo lo schermo: “Allora, che gioco è? Quello di cui mi hai parlato per settimane?”
Biohazard 3” commenta lui in un sussurro roco che un po’ mi piace, ma un po’ mi turba perché lo fa parlando di un videogioco. “L’ho aspettato per mesi, renditi conto. L’eredità che si porta dietro è un fardello pesante, ma sono fiducioso.”
Parla come un messia invasato ma eviterò di farglielo notare ancora.
E poi in fondo mi piace sentirlo parlare dei suoi hobby, smette di essere musone e sorride ed è carino e-

“Ah che tenera, vuoi imboccarlo mentre gioca? Siete proprio dei piccioncini adorabili.”

...Hwoarang, strozzati con la birra. Grazie.

Quel rossore sulle guance di Jin però lo tengo a mente eh.

“Allora, la serata prevede pizza e teste zombie che saltano?” continua Hwoarang, imperterrito. “Mi piace, sangue e budella ad ora di cena ci stanno sempre bene.”

“Lieto che approvi, anche perché non prevedevo di cambiare i miei programmi” replica Jin, afferrando la sua fetta di pizza.

“Oh ma non devi, io sono qui proprio per osservarti nel tuo habitat naturale! Fai le tue cose da brava scimmietta -ehi, piano coi calci che rovesci la birra!”

Questi due sono un asilo nido ambulante.

“Da bravo Jin, lascialo stare” intervengo “e ricorda che ci ha offerto la cena…”

“Che?!”
“Sì che ce l’hai offerta” mi volto verso Hwoarang, guardandolo torvo. Apparentemente funziona.
“Sì sì ok, come ti pare” borbotta, stappando una birra. Dopo essermene assicurata un bicchiere mi volto di nuovo verso il mio nerd preferito: “Allora, come procede la partita?”
“Raccoon City è invasa totalmente da zombie, la S.T.A.R.S non esiste più e Jill deve scappare da qui. S’è pure visto quel coniglio di Brad Vickers, quanto ci scommetti che fa una brutta fine?”
“È quello che nel primo Biohazard era scappato in elicottero lasciandoli nella villa?”
“Esattamente.”
“Allora merita di morire” commento, solenne. Non piacciono solo a lui i videogiochi.

“Ferma ferma ferma un momento, ma Raccoon City non è saltata per aria alla fine di Biohazard 2?” interviene Hwoarang, e stavolta è Jin quello stupefatto: “...tu conosci Biohazard?”
“Mica ci hai giocato solo tu, oh specialissimo fiocco di neve.”
Jin sorride, stranamente soddisfatto: “Bene, mi eviterai inutili spiegoni. E comunque sì, Raccoon City è stata rasa al suolo nel capitolo precedente, ma a quanto pare Biohazard 3 è ambientato un giorno prima e un giorno dopo Biohazard 2.”
“...eh?”
“Niente, non affaticare il neurone” sbuffa.

“Riprendi a giocare piuttosto, così lo scopriamo tutti cosa vuol dire” commento io, “che non siamo mica venuti qui a pettinare i capelli di Hwoarang. Meno parole e più sangue.”

“Cina ha ragione, togli quella pausa e vediamo che sai fare.”

E Jin non se lo fa ripetere due volte.

Il gioco procede (relativamente) tranquillo: zombie che saltano, Hwoarang che lancia urletti di dubbia virilità, Jin che lo sfotte, loro che litigano, Jin che lancia urletti di altrettanta dubbia virilità e si ricomincia. Riusciamo ad arrivare alla stazione di polizia e vedere il fighissimo filmato.

“Visto, te lo dicevo che Brad finiva male!”
“Non male Xiao, non male.”
“Dovevamo scommettere soldi.”
“Non ti allargare ora che-”

Cigolio sinistro.

STAAAAAARS...”

Jin sgrana gli occhi.

“...COSA È QUELLA COSA.”

Sullo schermo c’è un… coso. Un enorme coso vestito di nero e coi tentacoli, la cui unica battuta è “STAAAARS” ripetuto ad oltranza.

“Da quando i Tyrant li piazzano a mezz’ora di gioco?!” commenta Jin, e non capisco se la cosa lo diverte o lo irrita o tutte e due le cose.

Poi sullo schermo appaiono due scelte: “SCAPPA” e “COMBATTI”.

“Scegli Kazama, SCEGLI!”

“Taci Corea, mi metti ansia!”

“Ma si sta avvicinando!”
“Piantala!” urla Jin, e clicca su SCAPPA: la nostra eroina sfugge ai tentacoli e si rifugia nella stazione di polizia. Dopo qualche colpo alla porta il coso sembra lasciarla in pace.

“...è andato via?”
“E non ha sfondato la porta?”

Jin ci guarda. Prova a tornare verso la porta. Questa sbatte violentemente.

“Ok, no.”

Continuiamo l’avventura dentro la stazione di polizia, in cui Jin si commuove neanche fosse tornato a casa sua dopo anni (“La scrivania di Chris!”, “Un fucile a canne mozze! Senza munizioni, mi sembra giusto.”,“WESKER IO MI FIDAVO DI TE!”), mentre Hwoarang è sempre più divertito e di tanto in tanto continua a ringraziarmi per averlo portato qui. Non c’è di che Corea, sapevo avresti apprezzato.

“Ok, abbiamo finito” commenta Jin, controllando la mappa. “Voglio vedere chi ha mandato il messaggio alla radio e-”

Rumore di vetri rotti.

“...”
“Jin, prima o poi dovrai uscire da qui.”
“...devo?”

“Dai Kazama, sii uomo e muovi le chiappe!”

Jin inspira e scende la scala.

CRAAASH!

STAAAAARS!

“PERCHÈ CONTINUA A SEGUIRMI? PERCHÈÈÈ?!”

“ZITTO E CORRI KAZAMA!”
“STO CORRENDO! STO CORRENDO! CAZZO JILL MUOVITI!”

“NON TI FERMARE!”
“NON MI SONO FERMATO, È JILL CHE SI È INCASTRATA TRA LE SCRIVANIE!”

“IL COSO È DIETRO DI TE, SBRIGATI!” commento, ormai calata totalmente nell’atmosfera. Di sicuro Jin ha speso bene i suoi soldi, la tensione SI SENTE.

“Sonomortosonomortomihapresodadietroehafattomale” è il mantra che Jin ripete fino a che non è fuori dalla stazione di polizia.

“Sono… sono fuori…”
“...e il coso non ti ha seguito.”
“...non evocarlo.”

Sarà una lunga, lunga partita.


*

 

“MA VAFFANCULO!”
“Dai Jin, fai un bel respiro…”
“NO!”

Salvo da morte certa il joypad che Jin ha lanciato via in preda al nervosismo, e mi volto a guardarlo: “TU” ringhia, puntando il dito contro Hwoarang, “tu pagherai con dolore. La tua rivincita sulla nostra vecchia sfida ti sembrerà acqua fresca in confronto!”
“Eeeeh come sei esagerato, Kazama! Non è mica finito il mondo!”
“HAI CANCELLATO IL MIO SALVATAGGIO!” strilla, battendo i piedi come un bambino di cinque anni. Non farò alcun commento sulla sua pacata reazione a quello che, in fondo, è stato un errore in buona fede del coreano… no ok, buona fede ‘sta ceppa. Ha approfittato di una capatina al bagno di Jin per appropriarsi del joypad e, testuali parole, “provare a Kazama che non è l’unico che può fare il figo ai videogiochi!”

Mettiamola così, Jin ha imparato a sue spese che non deve mai più lasciare la sua PlayStation a portata di Hwoarang, e che fare due salvataggi diversi non è paranoia ma precauzione.

“Da bravo, adesso fai un bel respiro e ti calmi” intervengo, massaggiandogli le spalle nel vano tentativo di farlo rilassare. “È solo un videogioco.”
“Non usare quel tono accondiscendente” borbotta, ma ignoro il suo rimarco: “Sai che è vero. Prova a pensare che hai perso solo mezz’ora di gioco e alla prossima partita rifarai quel pezzo velocemente.”
L’unica risposta che ottengo è un grugnito seccato, che tradotto vuol dire che sa che ho ragione ma si rifiuta di ammetterlo apertamente davanti a Hwoarang — il quale intanto si sta godendo lo spettacolo mezzo sdravaccato sul tavolino, con in mano una bottiglia di birra e una risatina fastidiosa che ispira violenza. Tu non hai proprio istinto di autoconservazione, vero?

“Senti, perché non cambiamo videogioco?” propongo. “Magari uno che già conosci, così se dovessero capitare altri incidenti” lancio un’occhiataccia a Hwoa, che ricambia con una pernacchia “non sarà una perdita troppo grave. Ci stai?”

Jin mi studia in silenzio qualche secondo, poi cerca di incenerire Hwoarang con lo sguardo e infine annuisce. Si accuccia di nuovo accanto alla tv e comincia a cercare tra i cd.

Prima o poi verrò pagata per i miei servizi da maestra dell’asilo amatoriale, spero.

 

*

Carry me home tonight,

just carry me home tonight.


 

A posteriori mi rendo conto che far scegliere i giochi a Jin è stata la peggiore delle idee.

Se già il coso di Biohazard 3 che insegue Jill ringhiando “S.T.A.R.S!” non fosse bastato a farci venire l’ansia, ciò che è venuto dopo ha risvegliato in noi paure ataviche come quella del buio e dei mostri sotto al letto.

“Kazama chi cazzo te l’ha fatto fare di giocare Silent Hill?!”
“Perché? È bellissimo!”
“Bellissimo un corno! Non metterò mai più piede in un ospedale finché campo!”
“Quanto sei esagerato…” ridacchia Jin, mentre Hwoarang lo fissa con occhi così sgranati da farmi temere che tra un po’ gli rotolino giù dalle orbite.

Non è che sia un brutto gioco, sia chiaro, ma se ci tocca andare giù in cucina tutti e tre per prendere l’acqua perché nessuno vuole rimanere solo (e i corridoi infiniti di questa casa ci sembrano improvvisamente inquietanti e pericolosi) qualche domanda dovremmo farcela.

“Dai, davvero ce l’avete con me per questo?”

“No, però adesso vivrò nella la speranza che nessuno gatto morto miagoli da dentro il mio armadietto di scuola!” insisto, e lui sembra capitolare: “Ok, è vero, magari era un po’ troppo inquietante” sbuffa, “ma se così non fosse stato sarebbero stati soldi buttati!”

“Non era questo il punto ma ok” rinuncio, mentre mi sforzo di pensare a cose felici come cagnolini e cuccioli di panda, augurandomi di non sognare bambine fantasma che piangono in un bagno. Dopo qualche minuto di pacifico silenzio Hwoarang si alza, si stiracchia e comincia a guardarsi attorno: “Bene bene bene, è stato uno spettacolo interessante” sogghigna, mentre il suo sguardo si posa sulle mensole piene di fumetti e libri. Jin lo osserva sospettoso: “Lieto di averti intrattenuto” replica, per poi aggiungere: “Che intenzioni hai?”

“Nessuna” sorride l’altro, “a parte studiare il tuo habitat naturale da vicino!”

Lo sguardo si Jin si infiamma, e io vorrei sprofondare: se c’è una cosa al mondo che Jin odia, ancor più dell’esistenza di Heihachi, è che qualcuno tocchi le sue cose senza permesso. Lo infastidisce mortalmente. E se Hwoarang ha un talento, è quello di far uscire anche un monaco buddhista fuori dalla grazia dei Kami,  quando ci si mette: e infatti due secondi dopo è lì che sciama per la stanza di Jin, incurante della crisi isterica di quest’ultimo, intento a toccare le sue cose, spostarle, sbirciare e ficcare il naso; ogni volta che il coreano prende uno dei suoi fumetti una parte di Jin muore, a giudicare dalla sua faccia.
“Dovresti rilassarti, Kazama, o ti farai venire un embolo.”
“NON RIESCO A RILASSARMI SE QUALCUNO TOCCA LA MIA ROBA” ringhia in un tono acuto che annuncia un crollo psicologico da un momento all’altro, e infatti finisce per alzarsi e riappropriarsi del libro che Hwoarang sta sfogliando, facendo cadere segnalibri appunti e quant’altro.
“Mamma mia, dovresti davvero imparare a prendere la vita meno sul serio” ridacchia, “magari fatti fare un massaggio shiatsu… o di qualche altro tipo” ghigna, e il rossore sulle guance di Jin ci comunica che ha colto il doppio senso.
“‘Fanculo” borbotta, e Hwoa se la ride con l’incoscienza dipinta sul volto. Quando Jin ti prenderà a sediate sui denti non dire che non te l’avevo detto.
“Suvvia, non c’è bisogno di scaldarti tanto! Tieni, ho delicatamente raccolto tutta la roba che stava tra le pagine del tuo libro” sorride e fa per restituirgli i vari fogli quando qualcosa sembra attirare la sua attenzione: prende un foglietto in particolare e lo osserva, poi osserva Jin, poi di nuovo il pezzo di carta.
Jin sbuffa spazientito: “Cosa c’è ancora?” e Hwoarang gli lancia un’altra occhiata prima di replicare: “È una tua vecchia ricetta medica.”

“E...?”
“La tua data di nascita mi incuriosisce. Abbiamo la stessa età” sottolinea, e Jin inarca un sopracciglio; mentre li osservo in silenzio sento il battito del mio cuore che accelera, anche se non ha senso perché è qualcosa che non riguarda me direttamente. Ma conosco la risposta alla domanda inespressa di Hwoarang, e temo un po’ per la reazione di Jin.

Lui non fa una piega. Si avvicina all’altro con calma e si riappropria dei foglietti, ricetta compresa, riponendoli al proprio posto tra le pagine di IT.

“Ho saltato un anno di scuola. Quando ho cominciato il liceo avevo già sedici anni.”
Hwoarang è evidentemente sorpreso per quella reazione inaspettata (diversa dai cazzotti con cui comunicano di solito) e mi lancia uno sguardo implorando aiuto, a cui non so cosa rispondere; ma Jin continua a parlare, senza che nessuno gli abbia fatto pressione o domande: continua perché vuole.

“Mia madre è morta quando avevo quindici anni. Quando sono venuto a vivere qui il vecchio di merda ha deciso di mandarmi in terapia per stress post traumatico, e dopo qualche seduta il mio psicologo ha dichiarato che non ero in grado di affrontare la scuola a così poca distanza dall’incidente.”
“Kazama mi dispiace, io non-”
“Sono stato in terapia per un anno. Non uscivo di casa se non per andare dal dottore, ero apatico… molto più di adesso” sorride appena, con un velo di tristezza sul viso. “In alcuni periodi ho cercato di farmi del male. Come scolarmi un’intera bottiglia di sakè da solo” distoglie lo sguardo, riferendosi alla battuta sull’alcol fatta da me e Hwoarang a inizio serata. Difficile non sentirsi uno schifo alla luce dei fatti: avevo dei sospetti sulla realtà dietro quel gesto, ma Jin non ha mai voluto ammettere nulla.  E intanto lui continua imperterrito, senza mai voltarsi a guardarci ma costringendosi a riordinare i suoi libri (già ordinati alfabeticamente). Sembra quasi che sia sollevato all’idea di potersi sfogare con noi. Come se avesse aspettato questo momento per tanti anni.

“Ricordo vividamente com’è morta mia madre… ricordo le macchie di sangue in cortile, e quello… quella cosa che ancora oggi non so cosa fosse. Poi mi ha spinto via e la botta alla testa mi ha fatto perdere i sensi. E al risveglio un paramedico mi ha raccontato cos’era successo. È stato l’unico momento in cui mi sono concesso di urlare, persino al funerale sono rimasto impassibile.”
Non c’è un’incrinatura nella sua voce, un tremolio, un accenno di tristezza: racconta meccanicamente e con distacco, come se non fosse successo a lui. Forse a furia di parlarne col suo medico è diventata quasi un’abitudine. Un’orribile, macabra abitudine.
“E ora sai perché frequento ancora la scuola pur avendo la tua stessa età” conclude voltandosi verso Hwoarang, accennando persino un mezzo sorriso un po’ timido e un po’ di disagio. Ma il suo viso sembra più sereno, come se si fosse appena liberato di un peso enorme. Nella tristezza riesce comunque a trovare un po’ di conforto.
Per qualche minuto rimaniamo in silenzio, senza sapere cosa dire: Jin ha finito di (fingere di) sistemare i suoi libri e sta distrattamente osservando la mensola dedicata ai fumetti; Hwoarang si gratta la testa, probabilmente a disagio e incerto su cosa dire o fare; io mi limito ad osservarli in silenzio entrambi e augurandomi che accada qualcosa che spezzi questo impasse.
“Anche il mio maestro è morto, anni fa.”

Incredibilmente è Hwoarang a farlo, raccontandoci un pezzo di sé.

“Di lui non hanno neanche trovato i resti… e la polizia di Seoul non ha mosso un dito per trovare il colpevole. Tanto era solo un insegnante di Tae kwon do di un dojo fatiscente, a chi importava che fine avesse fatto?” racconta, sedendosi di nuovo al tavolino, e il tono della sua voce si fa più rabbioso: “Beh importava a ME, ma chissenefrega del bastardo che il maestro Baek aveva raccolto dalla strada, giusto?”

Ancora silenzio. Rispondere in maniera adeguata è difficile anche se hai vissuto tragedie simili; col silenzio non puoi sbagliare.

“Anche quando è morto mio nonno nessuno ha fatto niente per lui.”

Poco dopo però mi ritrovo ad aprire bocca ed aggiungere un pezzo della mia vita a questo strano puzzle fatto di confidenze. “Tutto quello che mi è rimasto di lui è il cappello che indossava sempre” racconto, “me lo ha riportato la polizia dicendo che non avevano trovato altro. Un anno prima avevo perso la mia famiglia in un incidente stradale, poi lui… e solo un cappello a ricordarmelo.”

Hwoarang sembra sorpreso dalle mie parole, magari non si aspettava che la scatolina cinese nascondesse questo dietro i suoi sorrisi; Jin invece non parla, perché questa storia la conosce già.

Dopo qualche istante di silenzio proseguo: “Heihachi Mishima era un amico di mio nonno. Era l’unico punto fermo che avevo… in quel momento ho pensato che salire sul suo yacht e mettere al tappeto i suoi scagnozzi per provargli il mio valore di combattente fosse una grande idea. Magari mi adotta, mi sono detta. Ed eccomi qui” concludo con un’alzata di spalle. Hwoarang mi guarda turbato, e si rivolge a Jin: “Davvero ha…” chiede, e quest’ultimo si limita ad annuire. Il coreano rimane un attimo in silenzio, poi ci guarda e sorride: “Certo che siamo un bel trio di disadattati sociali.”

Dapprima un risolino imbarazzato. Poi una risata, vera, che va aumentando d’intensità e contagia tutti: non so chi abbia cominciato, so solo che ci ritroviamo piegati sul tavolo dal ridere un po’ per la battuta, un po’ per… non so, forse per esorcizzare le brutture che la vita ci ha costretti a subire.

Continuiamo a ridere senza sosta e, lo ammetto, è bello vedere Jin ridere così.

 

*

 

Quando mi sveglio ci metto un po’ a capire che non sono in camera mia. Mi basta un’occhiata veloce alle mensole ordinate per tipologia di oggetto per intuire di chi è la stanza e ricordare la serata di ieri: sorrido ripensando ai battibecchi stupidi, i videogiochi e quel momento di confidenza sfociato in una risata liberatoria. È stato… bello. Non so se capiterà ancora, dubito che i pianeti si allineeranno di nuovo per permettere a quei due di stare nella stessa stanza senza picchiarsi, ma una ragazza può sempre sognare, no?

Un russare sommesso proveniente dalla poltrona mi comunica che Jin si è comportato da gentleman e mi ha ceduto il suo letto: mi alzo e mi avvicino di soppiatto, mentre lui cerca una posizione comoda per dormire.

Ricordami di ringraziarti quando ti svegli.

Hwoarang invece sembra svanito nel nulla… o meglio, lo credo finché un ronfare da trattore mi guida verso il bagno, offrendomi l’imbarazzante spettacolo di Corea spaparanzato nella vasca da bagno.

Giusto tu potevi addormentarti lì dentro, davvero.

Approfitto dell’assenza dei domestici e scendo in cucina a prepararmi la colazione. Mentre rovisto alla ricerca del pane da tostare e di qualcosa da spalmarci sopra continuo a pensare a ieri sera e a quanto mi piacerebbero altri momenti così. Sono sicura che Jin e Hwoarang potrebbero andare d’accordo, se solo…

“KAZAMA SEI PAZZO?!”

“NON SONO IO QUELLO CHE HA DORMITO NELLA VASCA DA BAGNO!”

“NON È UNA BUONA RAGIONE PER SVEGLIARMI APRENDO IL RUBINETTO DELL’ACQUA FREDDA!”

“PERDONAMI, LA PROSSIMA VOLTA MI ASSICURERÒ DI FARLA USCIRE BOLLENTE E LESSARTI!”

...se solo volessero.

Ecco.

Però nulla mi vieta di continuare a sperarci, giusto?

E quindi mi limito ad addentare la mia fetta di pane tostato, continuando a bearmi delle loro urla belluine (che giungono forti e chiare dal piano di sopra) e dalla mole di insulti fantasiosi che si stanno dedicando l’un l’altro.

È così che si salutano, di solito.


 

So if by the time the bar closes

And you feel like falling down

I’ll carry you home tonight.

We are young - Fun feat. Jeanelle Monàe

jinpj2

 


***

EDIT 13-02-2021: Wow, da quanto non passavo di qui... di recente ho cominciato a tradurre alcune storie in inglese (le trovate sia su AO3, e pure FF.net, perché mi piace soffrire. Se avete mai provato a postare lì saprete a cosa mi riferisco XD), compresa questa. Al contempo avevo deciso di rifare la fanart perché mi piaceva ancora e perché mi servivano nuovi esempi per le commissioni, e quindi... perché non aggiornarla anche qui? :D
Magari prima o poi spolvero questo profilo per bene.
Mana
***
C'è chi crea le Mary Sue e le usa come self insert nelle sue storie. Poi ci sono io che uso Jin riversando su di lui tutte le mie fissazioni, hobby e problemi esistenziali perché l'ho sempre ritenuto il personaggio più vicino a me caratterialmente. Non so chi abbia più problemi tra me e le Mary Sue. :°D
Comunque. Questa storia stava tra i miei file da mesi, iniziata tempo fa come roba demenziale e poi rimasta incompleta insieme a diverse altre storie per un bel po', complice la voglia azzerata di scrivere/mancanza di ispirazione/lavori pagati che chiedevano di essere finiti/sfighe varie. Di recente però la musa ha deciso di tornare a farmi visita (pur continuando ad avere sfighe varie e lavori che chiedono di essere finiti se no non vengo pagata XDDD), e così tra le altre cose anche questa oneshottona - 12 pagine, mai stata così prolissa credo - ha visto la parola fine. Da commedia demenziale come l'avevo pensata ha deciso da sola di virare più sulla commedia introspettiva, ma senza sfociare nell'angst (come tendo a fare di solito). Non so, volevo renderla più ridicola ma non credo di saper fare ridere. Fatemi sapere voi. :°D
Dicevo prima che molte delle fissazioni di Jin sono le mie: magari non condividiamo la stessa vita sfigata (per fortuna), né io sono una persona ordinata, ma se è un nerd e ha la sinusite è per causa mia. XD Quasi tutte le cose elencate qui piacciono a me: ho voluto fare la cosa con una parvenza di timeline (che poi Namco ha mandato a ramengo) e siamo nel 1998, quindi sono andata a recuperare (i miei) giochi (preferiti) di quell'anno... e sì, sono sicura che IT (il mio libro preferito XD) è uscito anche in Giappone, diviso in quattro volumi. *ricerche inutili per storie inutili*
Altro? Ah, sì. Se siete curiosi di vedere Jin in pigiama, ho perso tempo a disegnarlo e lo trovate qui sul mio tumblr. Volevo inserirlo nella storia, poi la pigrizia ha preso il sopravvento. :°D
Penso di non avere altro da dire, anche perché queste note stanno diventando più lunghe della storia stessa. XD Se volete fare due chiacchiere al di fuori di Efp (cosa sempre gradita) mi trovate sul mio profilo FB autrice e nel gruppo fb per le mie storie. Aggiungetemi, se vi va. :D
Spero vogliate farmi sapere cosa ne pensate, e grazie per aver letto fin qui!
Alla prossima,

Mana

   
 
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