Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: endif    03/04/2009    8 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Change'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
EDIT: Capitolo revisionato e corretto.



CAP. 2

IL TEMPO NEMICO GIURATO

BELLA

«Bella!»

Voci indistinte, lontane, agitate.

«Bella!»

Stavo sognando? Non riuscivo a muovermi, ad aprire gli occhi. Ero distesa a faccia in giù nella terra bagnata, il volto coperto di fango, i capelli mi ricadevano fradici sulle guance. Tentai di spostare il viso di lato, ma lo sforzo mi sembrava immane. Non mi ero mossa che di qualche centimetro, ma smisi subito, sfinita.

Mi stavano cercando.

Cercai di alzare una palpebra, ma non ci riuscii. Aprii la bocca, ma nessun suono ne uscì.

Stavo morendo? Dal dolore che mi pulsava nel petto, credetti di sì. Le labbra si piegarono in quello che avrebbe potuto passare per un sorriso triste. Non ci sarebbe voluto ancora molto, e, tanto ormai, a cosa mi serviva vivere?

Lui non c’era più. Io non c’ero più, non esistevo davvero prima di incontrarlo e ritornavo nel nulla ora che non sarebbe più stato al mio fianco. L’idea del tempo senza di lui mi sembrò insopportabile.

Mi uscì un gemito strozzato dalla gola.

All’improvviso dei passi affrettati calpestarono i rami poco distanti da me, si fecero sempre più vicini, più veloci, più chiari.

«L’ho trovata!»

Il sollievo nella voce dello sconosciuto era evidente. Qualcosa mi sfiorò i capelli, una mano mi girò delicatamente verso l’alto.

«Bella … Dio ti ringrazio!» Due braccia forti mi sollevarono senza sforzo.

«L’HO TROVATA!»

Le voci si fecero più concitate, più vicine. Lo sconosciuto si faceva strada nel bosco senza sforzo reggendo il mio peso, come fossi un ramoscello. La mia testa e il mio braccio penzolavano inermi.

«Non avere paura, è tutto finito, sei salva» mi mormorava lo sconosciuto dolcemente all’orecchio.

Già è tutto finito, e no, non sono affatto salva. Quanto alla paura, quella che più di tutte temevo si era concretizzata … quanto tempo fa ormai? Mi sembravano giorni. No, di sicuro non avevo più paura ora che lui se n’era andato per sempre.

Tenevo gli occhi chiusi, il respiro un flebile alito.

Sentivo le voci non più confuse, ma sempre più distinte, più chiare. Altre mani mi toccavano, una voce fra tutte si fece largo.

«BELLA, piccola mia …» Charlie aveva la voce rotta dall’emozione, credetti che stesse piangendo.

«Pa … pà, non … c’è … più» balbettai, sconnessa, con un mormorio indistinto.

«Shh, non ti sforzare, tra poco sarai a casa tua.» Sussurrò lo sconosciuto al mio orecchio.

Quella voce … mi sembrava di conoscerla. Sì l’avevo già sentita, ma non apparteneva a qualcuno che conoscevo bene, non riuscivo ad associarvi un volto.

Sentii chiaramente il rumore dei passi sulla veranda, qualcuno teneva aperta la porta, forse era Charlie.

Passi veloci sulle scale. Poi, le forti braccia che mi stavano reggendo da non so quanto tempo, mi depositarono sul letto come se fossi fatta del più delicato dei cristalli.

Lo sconosciuto disse con voce appena udibile, rivolto a mio padre «Non mi pare che sia ferita, ma sarebbe meglio che la visitasse un medico, credo che sia in stato di shock.»

«Certo, certo … un medico. Lo chiamo subito, ti prego aspetta con lei fino a che non ritorno.»

Silenzio. Passi di Charlie verso il basso.

«Bella, Bella mi senti?» Delle dita morbide, mi sfiorarono la fronte.

«Ti ha lasciato sola nel bosco, vero?» Era rabbia repressa quella che sentivo nella sua voce?

Un sospiro basso, poi: «Glielo concedo, basta che si sia tolto di mezzo per sempre.»

Ma chi diavolo era costui? Come faceva a sapere tutte queste cose di me, di noi?

Non trovavo la forza di aprire gli occhi, volevo guardare il viso dell’uomo che mi aveva soccorso, ma la stanchezza pesava sulle mie palpebre come un macigno, e dei brividi cominciarono a scuotermi violentemente. Sembrava che fossi in preda a delle convulsioni.

Mi sentii avvolgere da una coperta pesante e stringere forte.

Tra i miei capelli un sussurro: «Calmati, calmati … Con il tempo passerà, dimenticherai tutto. Nessuno ti farà più del male, lo giuro.»

Il tempo, ancora lui, ancora una volta mio nemico.

Altri bisbigli, sussurri incomprensibili, un dolce dondolio. Scivolai lentamente nell’incoscienza e nel torpore.


EDWARD


Ero all’aeroporto. Non mi interessava davvero raggiungere una meta precisa.

Avevo scelto l’America Latina. Abbastanza caotica, affollata da derelitti e disperati da poter passare di sicuro inosservato. Uno in più non faceva di certo differenza. In fondo un posto valeva l’altro.

Era notte, vagavo tra un terminal ed un altro assente, fino a che non mi lasciai cadere su una poltroncina in una piccola ed anonima sala d’aspetto. Dovevo attendere la coincidenza con Rio, il display segnava un’ora di attesa. Erano le 2.23. Ma tanto il tempo non era più un problema, ed io sapevo essere molto paziente.

Non ero tornato a casa, ma mi ero diretto subito all’aeroporto. Non stavo raggiungendo la mia famiglia, no, credo che loro si fossero diretti ad Ithaca. Non potevo restare vicino ai miei familiari, non l’avrei sopportato. Sentire i loro pensieri, ascoltare il loro biasimo, la loro compassione … non ero da compatire, ma solo da condannare. Ero io la causa del mio male, io mi ero cacciato in questa situazione, avevo cacciato entrambi in questa situazione. Non mi importava di soffrire e di ardere all’Inferno per l’eternità, ma trascinare Bella con me era tutto un altro discorso. Non avrei mai potuto permettere che succedesse: essere io la causa della sua sofferenza, il motivo per cui avrebbe abbandonato tutto senza battere ciglio, famiglia, amici, la possibilità di avere figli, il motivo per cui avrebbe rinunciato alla sua anima … la sua anima, la più pura tra tutte, la più meritevole … No, non l’avrei mai fatto.

Aprii gli occhi, osservando l’orario sul tabellone elettronico.

Le 2.45. Sospirai, abbandonandomi allo schienale della mia seduta e reclinando la testa all’indietro. Chiusi gli occhi. Da lì dietro vedevo chiaramente il sorriso di Bella, sentivo perfettamente il suo profumo.

Altra occhiata all’orario.

Le 2.47. Era morbida, calda. Le sue labbra sulle mie, il più gentile e soave dei tocchi …

Mi agitai sulla poltroncina, divenuta improvvisamente scomoda.

Le 2.48 . L’avevo desiderata con ardore, ma avevo saputo celare bene i miei sentimenti ed ero riuscito sempre a ritirarmi quando la situazione si faceva troppo … incandescente.

Ora la poltrona era diventata carbone ardente. Con uno sforzo immane della mia residua volontà cambiai il corso delle mie riflessioni.

Pensare a lei mi faceva male, mi scoppiava il cranio. Ma non pensarla era ancora peggio, era solo tormento senza un attimo di sollievo. Quanto male le avevo fatto? Non ci eravamo allontanati troppo dal sentiero che conduce a casa sua, ma se non fosse riuscita a ritrovare la strada? Avrei dovuto aspettare nell’ombra, per assicurarmi che stesse bene.

Scossi il capo, raddrizzandomi. No, non avrei resistito alla tentazione di avvicinarmi, implorarla di dimenticare tutte le terribili bestemmie che avevo proferito poco prima e stringerla a me.

Avevo lasciato un biglietto a Charlie in cucina, giusto per sicurezza. Poi, ero salito in camera di Bella, nascondendo alla sua vista tutto quello che, in futuro, avrebbe potuto ricordarle la mia presenza, senza indugiare troppo. Mi ero voltato lanciando un ultimo, fugace sguardo al mio santuario personale. Avevo inspirato profondamente un’ultima volta, registrando l’immagine della stanza, memorizzando il suo odore, ed ero fuggito via.

Altra occhiata all’orologio, altro sbuffò.

Le 3.14. La speranza che il mio gesto avrebbe permesso a Bella di vivere la vita che meritava, era l’unico balsamo che avrebbe potuto lenire le mie ferite, e che mi avrebbe dato la forza per restarle lontano. Mi torturava, però, l’incertezza.

Forse, quando fosse trascorso un tempo ragionevole, sarei potuto andare a dare un’occhiata, solo per assicurarmi che stesse bene … e se l’avessi trovata felice, mi sarei eclissato immediatamente.

Le 3.20. L’ora era finalmente passata.

Sospirai, alzandomi e dirigendomi al mio imbarco. Il tempo non sarebbe stato più un problema, è vero, ma, lontano da Bella, sarebbe diventato il peggiore di miei tormenti.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: endif