Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Rumyantsev    05/04/2016    3 recensioni
Hanji apre lentamente gli occhi, battendo più volte le palpebre ancora pesanti di sonno per mette a fuoco l’uomo che, puntellato su un gomito, la sta osservando.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji, Zoe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All'Alba 
 


La luce entra dalla finestra aperta e si posa sulla pelle solcata da graffi superficiali e cicatrici della spalla di Hanji, sui capelli sottili sparsi qua e là su di essa e sul viso addormentato. La sua mano destra, abbandonata sul petto nudo, si alza ed abbassa a ritmo con il suo respiro. Le dita sono escoriate, callose, eppure femminili ed affusolate. I muscoli sviluppati del suo corpo sono rilassati. Sembra quasi di vederli muoversi pigramente sottopelle, ad accompagnare il respiro tiepido che sfugge dalle sue labbra screpolate e dischiuse.
La bocca sottile ha una piega rilassata, il naso dritto porta alla radice i segni degli occhiali che Hanji non toglie che per dormire, e sotto gli occhi le occhiaie perenni le danno un aspetto trascurato e stanco malgrado stia ancora dormendo. Ha la testa sprofondata nel cuscino, il braccio sinistro giace scompostamente accanto al corpo e le gambe magre sono aggrovigliate tra le lenzuola in un intreccio quasi buffo a vedersi. Anch’esse recano i segni scuri come ecchimosi che la divisa da soldato lascia sui corpi di chi la indossa, come a ricordare loro che la sofferenza ti resta attaccata addosso, e, oltre che nell’anima, lascia solchi profondi anche sulla pelle. Finché un giorno la dentatura di un Titano qualsiasi non ti trapassa da parte a parte e di te, di ciò che hai vissuto, del tuo sacrificio per una causa che sembra lontana – troppo, troppo lontana – dal realizzarsi non restano che grossi pezzi di carne e sangue rappreso.
Hanji apre lentamente gli occhi, battendo più volte le palpebre ancora pesanti di sonno per mettere a fuoco l’uomo che, puntellato su un gomito, la sta osservando. Le iridi di lei sono della stessa sfumatura castana dei suoi capelli, alla luce del sole vi si possono scorgere lievi striature più chiare. Il suo sguardo è già vivido come se fosse sveglia da ore. È una delle tante cose che l’essere soldato imprime nella mente: stare sempre all’erta, sempre pronti a combattere, anche quando si è nel proprio letto. L’uomo che la guarda, Rivaille, non avrebbe voluto che lei lo imparasse.
Avrebbe voluto invece poterla prendere per mano e portarla in un posto in cui, alzando lo sguardo, non avrebbero trovato il grigiore delle enormi mura a salutarli. C’è anche chi le venera, quelle mura, quando per lui altro non sono che le sbarre di una prigione. Come una gigantesca boccia dei pesci rossi, l’umanità intera (quello che ne è rimasto) vi gira in tondo all’interno senza osare chiedersi chi impazzirà o morirà per primo.
Se toccasse ad Hanji, lui sa solo che la seguirebbe. 
   
 
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