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Autore: _E r i s_    06/04/2016    5 recensioni
| AU | | Gruvia, Nalu, Gerza, Gale, Stingue e possibili altre coppie |
Un terremoto di 9.0 gradi colpisce la prefettura di Okinawa. Quei pochi ragazzi dovranno combattere contro le macerie e la catastrofe per riuscire a sopravvivere.
Estratto dal terzo capitolo: "Non capì cosa stava succedendo, si era solamente lasciato scivolare lungo la parete, le mani strette tra i capelli a coprire il suono ovattato del tremolio e le ginocchia strette al petto, la fronte poggiata contro esse e gli occhi vermigli schiusi, velati di lucido.
Tutto sembrava distante, non udiva nulla, non avvertiva niente. Forse stava crollando tutto, forse di lì a poco il tetto gli sarebbe caduto in testa, o forse non stava succedendo nulla e lui era semplicemente diventato folle."
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Gray Fullbuster, Lluvia, Lyon Bastia, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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magnitude 1
 Chapter one
[Whirl]



Si stiracchiò, issandosi sui gomiti al fine di mettersi a sedere.
Era scomodissimo quel letto - evidente causa dei suoi continui torci collo.
Arricciò il naso appena uno strano gli inondò le narici.
- Mamma? - chiamò piano, grattandosi la nuca corvina.
Non ottenendo risposta nel successivo minuto, si alzò a malavoglia dal letto e rabbrividì leggermente al contatto con il pavimento freddo - anche se era di Hokkaido, lui, e il freddo era la sua casa.
Camminò lentamente verso la porta della sua camera spalancandola poco dopo. Il corridoio era lungo e stretto; si strinse leggermente nelle spalle. Giunse dietro la porta della cucina, sfiorò la maniglia di ottone in procinto di afferrarla, ma, quando udì la voce dei suoi genitori, rimase paralizzato.
- Quando avevi intenzione di dirmelo?
Era incrinata, quella voce, spenta e graffiata. Niente a che vedere con quella di sua madre, dolce e armonica, eppure il suono era il medesimo.
Poggiò delicatamente la guancia contro la porta, nel vano tentativo di ascoltare meglio la conversazione.
E se la voce di sua madre gli sembrava diversa, la seconda che udì non poteva essere di suo padre.
- E' stato solo un errore, Mika. Non volevo che accadesse.
- E allora avresti potuto lasciar perdere, e invece mi hai presa in giro per dodici anni.
A Gray si mozzò il fiato, mentre l'aria si cominciava a riempire di pesanti singhiozzi.
- Una volta sarebbe anche andata bene... - fece quasi fatica ad udirla, la voce della madre. - Ora che dovrei dire a Gray? Che suo padre aveva un'altra famiglia?
Una morsa glaciale si chiuse intorno al suo cuore, bloccandogli il respiro e facendogli perdere un battito.
I suoi occhi del color della notte si sgranarono e si allontanò tremante dalla porta.
Rimase ad un metro da essa, scrutandola con sguardo improvvisamente vuoto, come se avesse potuto guardare oltre.
Ma la voce veemente di Mika la sentiva comunque, e ogni parola era un colpo sempre più duro e feroce nella sua testa.
- E' stato un errore, te l'ho detto. Ero ubriaco e lei... Lei anche. Ho saputo solo mesi dopo che era... - sentì il padre fare una pausa, ma la nausea lo accolse prontamente nel suo disgustoso abbraccio. - Incinta.
Le sue labbra screpolate si schiusero; forse voleva dir qualcosa, o forse aveva solo voglia di urlare.
Sapeva che i suoi genitori, da qualche tempo, andavano sempre meno d'accordo. Ma non pensava che sarebbe successo ciò.
Anche i genitori di Natsu si erano lasciati - suo padre Igneel era un alcolizzato, almeno così ricordava; Natsu non ne voleva mai parlare - , eppure il rosato era felice.
Era andata bene, a lui. E a Gray perché no?
Ogni giorno sentiva quell'asfissiante tensione in famiglia - erano una famiglia, loro ? -  crescere, crescere così tanto fino a diventare insostenibile; evidentemente era così anche per sua madre.
Un minuscolo quanto innocuo pensiero, però, s'insinuò strisciante nella sua confusa mente.
- Io non la amo. Ma il suo bambino è anche mio figlio.
'Muori, muori, muori, muori...' una nenia fastidiosa che si ripeteva nella sua testa fino a fargli perdere totalmente il controllo; sentiva le gambe cedere e la testa vorticare. O forse era il mondo, che vorticava.
- E allora che vuoi fare?
Non c'era traccia di odio nella voce di Mika. Era sempre troppo buona, lei.
Gray aveva ereditato il suo carattere mite, o almeno pensava.
- ... è mio figlio e merita di avere un padre.
Il silenzio calò prepotente.
'Muori, muori, muori...'
- Ho capito.


Gray aprì di colpo gli occhi; le labbra schiuse per lasciar che un urlo fuoriuscisse da esse, urlo che fu bloccato in tempo.
Le sue pupille erano erroneamente dilatate e il fiatone aveva preso possesso di lui, mentre il cuore pulsava freneticamente.
Spostò con estenuante lentezza lo sguardo sulla sveglia, constatando poi che erano le 02:13.
Riprese fiato per qualche secondo, portando una mano bianca al petto per sentire al tatto il cuore che palpitava prorompente.
La stanchezza lo aveva totalmente abbandonato, così, accendendo la piccola lampada sul comodino, sfiorò con un piede per terra e rabbrividì, come nel suo ricordo. Gli venne quasi spontaneo da mormorare 'Mamma', come aveva fatto sei anni prima.
Si alzò, riprendendo a respirare regolarmente. Barcollò fino alla cucina, o almeno quella che avrebbe dovuto essere. Forse un bilocale non era stata la scelta migliore, quando aveva lasciato a malincuore casa sua.
Aprì con mano tremante il frigorifero, afferrando poi una bottiglia d'acqua gelata e bevendo due lunghi sorsi.
Quando le sue labbra esangui furono libere dalla costrizione della bottiglietta, lasciò scivolare un sospiro umido da esse, socchiudendo gli opali blu oltre mare.
Rimase in piedi qualche attimo; la leggera brezza che entrava dalla finestra lo fece improvvisamente rabbrividire, nonostante non fosse comparabile al freddo di Hokkaido. Si avvicinò lentamente alla finestra, notando improvvisamente le gocce trasparenti che l'adornavano. Si sporse con il viso vicino al vetro, fino a sfiorarlo con la punta del naso.
- Piove. - constatò in un sibilo sussurrato, scrutando con gli occhi allungati il paesaggio.
Era buio e si vedeva poco, ma il suo appartamento era all'ottavo piano di un palazzo - senza ascensore, poi - vicino alla costa, così poté bearsi della visione del mare in tempesta. Aveva sempre adorato il suono flebile delle onde e delle gocce di pioggia che s'infrangono contro il terreno.
Un eccessivo mormorio, però, attirò la sua attenzione.
Si girò verso la porta d'ingresso, udendo improvvisamente il rumore delle nocche che sbattono contro il legno.
Con gli occhi lievemente sgranati, si avvicinò ad essa e poggiò la mano sulla maniglia fredda, per poi aprire lentamente l'entrata.
- Oh, scusi. Spero di non averla svegliata! - una ragazza bionda, dai grandi occhi color cioccolato, gli si presentò davanti. Aveva un sorriso timido dipinto in volto, mentre gli porgeva la mano nivea.
- Sono Lucy. Scusi il disturbo.
Gray, la fronte corrugata, le labbra schiuse e gli occhi lievemente sgranati, sbatté per qualche secondo le palpebre, non comprendendo a pieno la situazione.
Lanciò un ultimo sguardo all'orologio da muro, constatando che si, erano realmente le due passate.
Con ostentata freddezza riportò lo sguardo sulla giovane, la quale parve imbarazzata dal suo.
- Posso fare qualcosa? - sibilò con tono distaccato il corvino, provocando una scossa di brividi alla schiena della bionda.
Ella, sorridendo forzatamente - forse per sentirsi più a suo agio -, ridacchiò leggermente, tentando di coinvolgere invano anche il Fullbuster.
Gray sapeva che in quel palazzo c'erano delle persone che non avevano tutte le rotelle apposto, chi piromane e chi feticista della armi - da cui tentava di stare alla larga il più possibile -, ma di certo, nell'infinita lista delle stranezze di quel posto, mancava la biondina impacciata che bussa in piena notte ridacchiando come una decerebrata. Aveva un non so che d'inquietante, a pensarci.
- Sono nuova. Mi sono trasferita la scorsa settimana. - esalò in un sospiro qualche attimo dopo ella, mantenendo le labbra distese in un sorriso. - Ho visto la luce accesa da sotto la fessura e...
- E tu guardi la fessura delle porte degli appartamenti di altra gente?
Alla giovane, probabilmente, quel commento suonò come una battuta, data la fragorosa risata che riempì il silenzio qualche attimo dopo. Ma, notando l'espressione indifferente dell'interlocutore, si arrestò improvvisamente. Le sue guance divennero color porpora e abbassò lo sguardo castano fattosi lucido.
- I-io... non riuscivo a dormire e così ho deciso di girare un po' il pa-alazzo e ho-ho visto la luce accesa. - spiegò arricciando le labbra piene e traballando leggermente. - P-ensavo che qualcuno fosse sveglio e quindi... quindi...
- Capito. - sussurrò semplicemente Gray, interrompendola, avendo notato l'improvvisa difficoltà della ragazza. Lucy alzò gli occhi verso di lui e sorrise grata. Di cosa, poi, rimase un mistero per Fullbuster.
- Io... conosco altra gente qui, si. Ma volevo fare amicizia. - continuò la giovane dai capelli dorati, ammiccando. - So che è tardi, ma questo posto mi inquieta. - ridacchiando sommessamente, scrollò le spalle e mostrò all'altro il suo sguardo lievemente preoccupato.
- Ci sono persone strane, ho notato. - sentenziò con un mezzo sorriso.
- Chi intendi? - lasciandosi andare ad un sospiro, Gray si poggiò contro lo stipite della porta. Sarebbe stata una notte molto lunga.
- Quel tipo al piano di sotto... rosso, occhi verdi, che ci prova sempre...
- Ah. Leo. - confermò il moro, scrollando le spalle. - La sua ex l'ha lasciato e adesso si sente in dovere di provarci con tutte. Ignoralo, gli fai solo un favore.
Lucy sorrise e inclinò appena il capo di lato. - E poi c'è quella ragazzina bassa, che legge sempre.
- Levy è la più normale del palazzo. Fattela amica, ci guadagni. - il corvino sospirò e alzò scettico un sopracciglio. - Potremmo riprendere questa interessantissima conversazione domani? Sai, stavo per tornare a dormire...
Ella sobbalzò, arrossendo violentemente e a facendo arricciare il naso all'interlocutore.
- A-ah, certo! Buonanotte! - non riuscì nemmeno a replicare, poiché la biondina si catapultò sulle scale e le scese di fretta e furia.
Gray scrutò quel punto ancora accigliato, prima di lasciarsi andare ad una smorfia e a scuotere la testa. Richiuse la porta dietro le spalle e si guardò intorno perplesso. Forse era meglio tornare per davvero a letto, si. Ma tanto sapeva che non avrebbe dormito nemmeno quella notte.


-One day later-

- Gajeel-kun?
- Che vuoi? E non mi chiamare in quel modo, moccioso.
- Ma...
- Sta zitto, Ryos.
Il quattordicenne, pelle diafana e capelli corvini, occhi del più lucente dei rubini coperti dalla frangetta scura, incrociò le braccia al petto e scrutò con fare falsamente indifferente il più grande. Egli, di corporatura nettamente maggiore a quella del ragazzino, camminava a larghe falcate, imponendo al più giovane di faticare per stargli dietro.
- Da domani in poi andrai a scuola da solo. - borbottò duro il più vecchio, sfiorando con un dito uno dei tanti piercing che decoravano il suo volto scuro.
Ryos, alzando lo sguardo su di lui - trenta fottutissimi centimetri di differenza -, indossò un finto broncio e fu in procinto di contrabbattere, ma Gajeel lo bloccò nuovamente.
- Sai che figura ci faccio a passeggiare come una mammina fa con il suo marmocchio.
- Ma andiamo nello stesso istituto! Finiremo sempre per fare la strada insieme! - si oppose il più giovane, ma, quando l'altro gli lanciò un'occhiataccia con lo sguardo rosso sangue, sussultò e ripose lo sguardo sul terreno. Anche se non lo voleva ammettere - più per contegno che per altro - quel ragazzo più grande di lui di quattro anni gli incuteva timore. E anche tanto. Gajeel, peraltro, sembrava anche essersene accorto. E pareva averci preso gusto, a terrorizzarlo.
- Quando ti farai degli amici andrai con loro, non con me.
- Ma...
- "Ma, Gajeel-kun...", "Ma, Nii-san..."... Non sai accettare mai nulla, Ryos. - sbottò Gajeel, infossando le mani guantate nelle tasche larghe dei pantaloni della divisa scolastica. Il più piccolo, non osando alzare lo sguardo, si strinse nelle spalle e farfugliò qualche imprecazione contro l'altro, probabilmente per aver lasciato il suo micio solo.
- Frosh è solo a casa. - sentenziò improvvisamente. - Solo con Lily. E Lily odia Frosh. - la sua voce, stranamente incrinata, era carica di preoccupazione, particolare che non fece che irritare ancor di più il maggiore, cui pazienza era di sé per sé molto limitata.
- Punto primo: perché pensi solo ai gatti? Punto secondo: che centra? Ultimo punto: chiudi quella cazzo di bocca. - sibilò Gajeel, digrignando i denti e serrando poco dopo la mascella. 
Preferendo non contrabbattere, Ryos strinse con forza la tracolla e velocizzò di poco il passo. I suoi occhi cremisi erano puntati al suolo, la testa era chinata e strisciava costantemente i piedi.  Detestava quando l'altro faceva così. Lo guardava male, come fosse stato un rifiuto, un inetto da cancellare. E quegli occhi metallici erano forse il particolare che più terrorizzava Ryos.
- Smettila di comportarti così, Ryos. - la voce del maggiore gli giunse ovattata alle orecchie, mentre continuava a camminare sempre più veloce.
Sentì un secondo richiamo di Gajeel, ma continuò ad aumentare la velocità d'andata e a ignorare i passi dell'altro che si facevano sempre più vicini.
Improvvisamente sentì una presa ferrea sulla sua spalla e sobbalzò, fermandosi di colpo e voltandosi verso Redfox.
Gli sembrò di affogare in quello sguardo color sangue, ma non piacevolmente. Odiava guardare Gajeel negli occhi, si sentiva soffocare.
- Ryos.- annaspò egli, stringendo così tanto la presa sulla sua spalla che il più piccolo la sentì dolere. - Smettila. E' assurdo che te la prenda per due gatti.
Ma l'altro storse il naso, strattonando il suo braccio e imponendogli di spostarsi lontano da lui.
Gajeel sussultò quando sentì la mano gelida del ragazzino sfiorare la sua guantata nel tentativo di farlo andar via, e solo in quel momento decise di posar realmente lo sguardo su quello del più piccolo.
- Oh, avanti...- farfugliò sospirando, notando l'adorabile broncio dipinto sul volto ombrato dalla frangia di Ryos. - Sei assurdo. Per due gatti...
- Non centrano i gatti. - borbottò quello, ma la sua voce risultò fredda più di quanto volesse.
Gajeel socchiuse gli occhi giusto il tempo per bloccare la voglia di prendere a ceffoni quel marmocchio.
- E allora che diamine di problemi hai? - odiava comportarsi da fratello maggiore con Ryos. Erano entrambi abbastanza grandi per cavarsela da soli, ma quello stupido moccioso si ostinava ad attaccarsi a lui, a far dipendere la propria vita dalla sua in modo da avere un legame. E Gajeel non voleva legami, tanto meno con un ragazzino di quell'età. Di certo non aveva deciso lui, quella notte piovosa di tanto tempo prima, di fermarsi in mezzo alla strada per osservare quel marmocchio seduto su un marciapiede a piagnucolare su quanto i suoi genitori fossero stati cattivi. Ma, anche quella volta, quell'irritante moccioso si era appeso a lui, imponendogli di remare contro la sua solitudine. E Gajeel voleva stare solo, solo con sé stesso.
Ma i Kami avevano fatto entrare - contro la sua volontà - quel tipo nella sua vita e solo loro potevano sapere quanto diamine lo volesse fuori dai piedi.
- E' che sei sempre così freddo... - farfugliò Ryos, stringendo con eccessiva forza la tracolla e scrutando con i grandi occhi cremisi il maggiore.
Lo sguardo di quest'ultimo vagò sul volto pallido dell'altro, soffermandosi sulla cicatrice sul naso. Nei meandri oscuri della sua mente il ricordo di come gli era stato sfregiato il viso era vivido, ma aveva terrore di riportare a galla quei pensieri.
- E' il mio carattere. - sibilò poco dopo, come una giustificazione poco credibile anche per lui. - Ora puoi concedermi la grazia di andare a scuola o vuoi, non so, passare magari dal parco giochi?
L'occhiata che gli lanciò Ryos fu piuttosto eloquente.

***

Afferrò una tracolla frettolosamente e vi infilò dentro una mappa della città - nonostante vivesse lì da cinque anni, ancora faceva fatica a orientarsi - e quattro scartoffie trovate abbandonate sulla scrivania della sua camera. Indossò delle converse a caso, non curandosi di avere ancora addosso la felpa del pigiama turchese.
Mise la borsa in spalla, avvicinandosi a Lector e sollevandolo delicatamente per poi tenerlo tra le braccia.
Sentiva la nausea corrodergli la gola e la testa girare, aveva il terrore di svenire da un momento all'altro. Esattamente come il giorno prima, i brividi correvano lungo la sua schiena. E non sapeva il motivo; si sentiva inquieto. Sentiva il bisogno di scappare da quel posto soffocante.
Stava per dirigersi a grandi falcate verso la porta d'ingresso, quando udì lo squillo del cellulare, lasciato sul divano.
Quel suono irritante continuava e lui era combattuto, non sapendo se andare o no a rispondere. Aveva altro di più importante da fare.
Ma quegli squilli ritmici non facevano altro che incutergli ancor più ansia di quanta non ne avesse, così, sospirando pesantemente, si diresse verso il due posti e afferrò con irruenza il telefono, leggendoci sopra il nome di Orga.
Premette il tasto verde e, roteando stancamente gli occhi, aspettò cautamente che la voce del compagno di classe gli fracassasse i timpani come da copione.
- Neh, Sting, guarda immediatamente il telegiornale! - si sentì urlare. Sbuffò e posizionò il cellulare tra la spalla e l'orecchio in modo da tenerlo fermo.
- Non mi importa se c'è qualche assurda manifestazione, io me ne sto andando! - borbottò di rimando, tentando di apparire sicuro. In realtà, quello che doveva fare non lo sapeva nemmeno lui.
- E certo che te ne devi andare! Accendi solo un attimo il televisore e poi ti lascio in pace!
Sting trattenne un ringhio tra le labbra, mentre poggiava Lector, ancora inquieto, sulla stoffa del divano. Lì afferrò il telecomando e premette il primo tasto che gli capitò sotto mano.
Scorse i canali fin quando non giunse al primo, che mandava in onda il telegiornale, come prima detto dall'amico.
Si sedette sul bracciolo del divano, ascoltando con una smorfia in volto la voce stridula della giornalista.
"Da una settimana a questa parte sono state registrate lievi scosse a largo della prefettura di Okinawa, ma i sismografi hanno individuato onde sismiche di maggiore intensità, cui ipocentro si trova esattamente nell'isola da cui la prefettura prende il nome. A largo di essa si sono già identificate scosse cui grado rientra strettamente nella norma. Gli scienziati temono terremoti di grado maggiore nella zona."
Il ragazzino dai capelli dorati squittì lievemente, stringendo tra le mani il telefono con forza.
"L'isola di Okinawa deve essere immediatamente evacuata."
E solo allora parve accorgersi delle grida là fuori, del suono insistente dei clacson. La voce lievemente meccanica di Orga gli giunse ovattata, mentre scrutava avverso le piccole gocce d'acqua che erano andate a decorare il vetro della finestra.
Schiuse le labbra in procinto di dire qualcosa, completamente paralizzato.
- Merda. - riuscì solo a sibilare.
L'ansia ritornò prepotentemente e si ritrovò a respirare con affanno, mentre i battiti del cuore acceleravano a dismisura.
- Hai sentito? Hanno detto che sono 9.0 gradi! Insomma, 9.0! E' troppo anche per i noi che siamo abituati da sempre alle scosse! Dobbiamo andarcene subito! Io sono per strada, tu sei ancora a casa? E Lector? Non scordartelo lì, mi raccomando!
Ma quella voce non riusciva a giungere ai suoi timpani, che udivano solo lo scrosciare della pioggia.
- Sting! Sting, ehi, mi senti?! Saremo un miliardo di persone in questa città! Se non andiamo via ora ci rimarremo sul serio secchi!


- Dobbiamo andar via, sta crollando tutto.
- Dove andiamo, mamma?
- Lontano.

- Sting, Sting, maledizione!
Spalancò gli occhi e le pupille nere si dilatarono improvvisamente.
- E-eh...? - biascicò, colto dai capogiri. Poggiò una mano sul bracciolo nel tentativo di sostenere il corpo che sembrava in procinto di cedere.
La testa vorticava e sentiva le forze venire a mancare sempre di più.
- Sting, i miei stanno prendendo l'auto. Vuoi che passiamo da lì? In fondo sei da solo...
Scosse la testa come se il suo compagno fosse stato lì, presente di fronte a lui e avesse potuto vederlo.
- Sto andando via. Ci vediamo alla stazione? - sibilò, tenendo stretto tra le braccia Lector, che aveva strizzato gli occhi e si era strusciato lievemente contro il suo avambraccio. Peccato che lui alla stazione nemmeno ci sapeva arrivare. Il suo senso d'orientamento non era nemmeno degno di essere chiamato tale.
Ricevette un segno affermativo dal compagno di classe e, senza salutare o dir altro, chiuse la chiamata.
Si precipitò nuovamente verso la porta, lanciando una breve occhiata all'orologio sul muro giallo.
"Sono le 07:30." pensò, stringendosi nelle spalle e rimanendo fermo sulla soglia. "Molti miei compagni saranno già a scuola..."
Scosse il capo impedendosi di pensare e spalancando la porta, per poi chiudersela dietro le spalle.
Si guardò intorno spaesato, intontito, mentre le sua gambe automaticamente lo portarono alle scale. Solo quando nel pianerottolo andò a sbattere il capo contro il muro, comprese di aver cominciato a correre impulsivamente. Mugolò massaggiandosi con una mano il naso, ormai divenuto rosso per il violento impatto, ma i suoi arti non cedettero al fastidioso dolore e continuarono imperterriti a condurlo verso il portone.
Strinse il micio tra le braccia quando si chinò di poco in avanti per osservare la situazione al di là della superficie di legno. Sembrava regnare il caos più totale. La polizia era proprio di fronte all'entrata del suo palazzo, mentre cercava di sopprimere le eccessive urla della gente, rassicurandole che i geologi si sbagliavano.
"Ma quando mai!" rifletté il biondo, muovendo un passo verso fuori. "Loro hanno sempre ragione. Ancor di più considerando cos'è successo anni fa."
Appena fu fuori dal pianerottolo, si ritrovò schiacciato da una marea di persone. Gli mancò improvvisamente il respiro, mentre la vista tornava nuovamente ad offuscarsi. Non distingueva più i profili, tutto sembrava un ammasso confuso pronto a risucchiarlo. Le grida giunsero ovattate al suo udito sviluppato e sentì per qualche attimo la testa vorticare.
Prospettava una caduta rovinosa, magari di faccia, magari la gente l'avrebbe addirittura calpestato fino ad ucciderlo.
"Meglio così. Almeno metterebbero fine alla mia insulsa esistenza."
- Ehi, ragazzino!
Mentre le persone lo spingevano qua e là, quella voce calda e sicura arrivò chiara alle sue orecchie. Sembrava si stesse rivolgendo proprio a lui.
- Non è il momento per svenire, diamine! - sentì una presa ferrea intorno alla sua spalla e solo a quel contatto le sue pupille si restrinsero. Voltò improvvisamente il capo verso la fonte di quel calore, continuando a camminare goffo ed incontrando due occhi verdi.
Li scrutò per qualche attimo, tentando di ricondurli a qualche conoscente, ma niente. Non aveva la minima idea di chi fosse, ma quella voce gli era parsa come un faro nell'oscurità della notte.
- Stare in mezzo alla folla non aiuterà di certo; vieni.
Stavolta quella mano bollente scivolò sul suo polso e improvvisamente si ritrovò a correre esattamente verso il lato opposto, quasi come controcorrente.
Ormai aveva il fiatone, complice la stanchezza e l'improvvisa ansia.
Lector miagolava piano tra le sue braccia, le quali lo stringevano saldamente al petto, almeno quella che non era stata afferrata dallo sconosciuto.
Sembravano correre verso il nulla; sentiva la gente urlargli di andare dalla polizia. Ma la polizia cos'avrebbe dovuto fare con lui? Si sa che gli orfani finiscono male sempre in mezzo a queste faccende.
Dopo attimi di infinito sbigottimento, notò che il giovane che lo teneva ancora fermo per il polso aveva arrestato la corsa.
L'osservò attentamente; la curiosità infantile velata da pacata preoccupazione.
- Perché mi hai portato qui? - sibilò qualche attimo dopo. La sua voce era roca e spenta, come se non avesse parlato da giorni. Scrutò qualche attimo il territorio circostante; era un semplice vicolo.
- Mi sembravi smarrito. - si giustificò il ragazzo. Era di circa venti centimetri più alto di lui e dal cappuccio che gli metteva in ombra il viso spuntava qualche ciocca rosata. Sting storse il naso solo guardandolo.
- E allora? Stavo andando alla stazione. Lì mi sta aspettando un mio amico.
- E i tuoi genitori?
Rimase in silenzio. Riaprire ferite dolorose in quel momento non era esattamente nei suoi piani.
- Capito. E comunque la stazione non è nella direzione che stavi prendendo.
Il ragazzino arricciò le labbra in una smorfia e dondolò avanti e indietro.
- Hanno appena preannunciato un terremoto e tu sei così calmo? - mormorò poco dopo, scrutandolo con i grandi occhi turchini. L'altro scrollò le spalle, sbuffando.
- Gli avvisi di questo genere arrivano anche un mese prima del fenomeno. Stanno creando tutto questo casino per nulla. - spiegò il presunto rosato. - O magari sarà domani, chissà.
- E in questo caso non dovremmo andarcene? - insistette il minore, stringendosi nelle spalle. - Che sia tra un mese o domani non importa. Gli scienziati hanno detto che sarà un terremoto devastante in tutta la prefettura... E, considerando quanti abitanti ci sono, la polizia ci metterà davvero un mese ad evacuare tutta la zona! - continuò, alzando gli occhi al cielo scuro.
- E quando la zona sarà evacuata, magari non avverrà nessun terremoto. - fece spallucce l'altro, chinandosi lievemente verso di lui.
Sting lo guardò strabuzzando gli occhi. I suoi opali celesti si persero in una distesa erbosa che altro non era che lo sguardo del maggiore.
- Sei pessimista.
- In realtà il mio è ottimismo, ma sono punti di vista. - sentì una nota di ilarità nella voce del suo 'salvatore'. - Mai sentito parlare di scienziati corrotti?
- Mai sentito parlare di scienziati onesti? - replicò il biondino, agitando le mani nervoso e scrutandolo avverso. - E poi a che diamine servirebbe la città totalmente vuota? E a chi?
- E io che ne so! - dopo essere esploso in una fragorosa risata - rideva in una situazione del genere? Ma era fuori di testa, quel tipo? - , lo sconosciuto gli porse la mano. - Comunque, sono Natsu.
Sting esitò qualche attimo prima di afferrare la sua mano, per poi guardarlo con sufficienza. - Io mi chiamo Sting.
- Piacere, biondino.
- Piacere mio, Rosellina.
Il ragazzo maggiore lo scrutò palesemente divertito, prima di sorridere sghembo.
- Sei vispo, eh, biondino?
-Baka. - lo ammonì con un'occhiataccia. - Che facciamo qui, comunque?
L'altro esitò qualche istante, poi sospirò. - Devo andare alla stazione e prima hai detto che devi andarci anche tu, no?
- Ma quando mi hai portato via non potevi sapere che devo andare alla stazione. - arricciò le labbra, guardandolo con occhi serrati.
- Te l'ho già spiegato: mi sembravi smarrito e quindi ti ho detto di seguirmi. In realtà ti ho pescato a caso perché mi seccava stare da solo, ma sono solo dettagli. - replicò il ragazzo con naturalezza, afferrando il cappuccio e abbassandolo, rivelando la folta chioma ribelle. E rosa. - Devo andare lì perché ci sono alcuni miei compagni. Quando ci sono questi tipi di allarmi, la stazione principale è il ritrovo della mia scuola ed evidentemente anche della tua.
Sting annuì; stranamente gli sembrava di potersi fidare di quel personaggio particolarmente ambiguo.
- E teoricamente non dovevi essere a scuola, quando hanno dato l'allarme? - inclinò il capo di lato.
- La stavo marinando. - asserì Natsu, infossando le mani nelle tasche. - E te lo dovrei chiedere io, lo sai? Alla tua età è importante andare a scuola. Quanti anni avrai? Undici?
- Ne ho quattordici. - sibilò il biondo, stringendo i pugni. L'altro l'osservò curioso, prima di sorridere leggermente.
- Tre anni più, tre anni meno... Non importa. Ora andiamocene.
Solo quando sentì i passi rumorosi dell'altro risuonare nel vicolo vuoto, Sting si irrigidì. Scrutò la schiena del nuovo conoscente allontanarsi lentamente. Improvvisamente le sue pupille si erano dilatate e tremavano, mentre la mani avevano cominciato a sudare.
- Ehi, che-?
- Come faccio ad essere sicuro del fatto che tu sia un tipo affidabile? Potresti essere un maniaco.
Vide gli occhi di Natsu sgranarsi visibilmente, mentre le sue labbra tremavano andando a formare un perfetto broncio.
"Sono io quello che dimostra undici anni, comunque!" ironizzò Sting, ma non diede voce ai suoi pensieri, tentando di apparire ancora esitante e nervoso.
- Se non ti fidi, non seguirmi. - replicò solamente il giovane dai capelli rosati, tranquillo. - Però qui da solo non puoi stare. Capirei se avessi i genitori, ma... - si bloccò, sorridendo lievemente. - Tra orfani ci si aiuta, no?
Come se fosse stato una calamita, Sting si ritrovò a camminare a passo spedito verso quella benedettissima stazione e con un perfetto sconosciuto accanto.
 

***

- Lluvia-chan!
- Giù le mani, Lyon! La metti in imbarazzo!
- Sei geloso, otouto?
- Come mi hai chiamato, bast-?! Ehi, schifosa fiammella, vieni subito qui! - Gray spalancò gli occhi alla vista della zazzera rosa di quel cretino del suo compagno di classe. Quella volta gliele avrebbe date di santa ragione e solo i kami sapevano quanto dolore avrebbe provato quella dannata testa calda morire dissanguata per mano sua.
- Il ritrovo con la scuola era qui più di un'ora fa! Ma dove cazzo eri finito?!
Natsu lo scrutò con gli occhi sgranati e velati d'ingenuità.
- "Schifosa fiammella"? - fece eco Sting, scrutando intorno. Gray l'osservò per qualche attimo, in procinto di fare qualcosa, ma poi storse le labbra. - E' un piromane.
- Oh.
Calò qualche attimo il silenzio, prima che il ragazzo dai capelli color ciliegio prendesse parola.
- Ho trovato lui e mi ha fatto pena. - lanciò un'occhiata al ragazzino biondo, il quale continuava ad osservare con diffidenza i presenti. - Se non fosse stato per me, sarebbe svenuto in mezzo alla strada.
- Oh, sentito? Dragneel è un eroe nazionale!
Fullbuster sobbalzò udendo quella voce; si voltò lentamente e incontrò uno sguardo cremisi e a dir poco terrificante.
- Tu sei quello nuovo? Gajeel Redfox, giusto? - azzardò, ma il ghigno che fece il nuovo interlocutore gli fece storcere il naso. - Come fai a conoscerlo? - sibilò poco dopo il giovane dagli occhi blu, alludendo a Natsu, che aveva preso a parlottare del più e del meno con gente che probabilmente nemmeno conosceva. Era un tipo espansivo, quel ragazzo.
- Compagni all'elementari. - spiegò Gajeel, scrollando le spalle. - Di certo non poteva andare meglio questo primo giorno di scuola. - e si lasciò andare ad una risata roca.
Gray lo squadrò per un attimo, in procinto di dire qualcosa, ma preferì rimanere in silenzio. Fu distratto da Lyon, il quale gli si appese al braccio, mentre con occhi luccicanti fissava la figura turchina a qualche metro da loro.
- Non è adorabile? - farfugliò; il volto rosso d'imbarazzo ma la voce più maliziosa del suo repertorio. - E' così delicata che sembra quasi fatta di... acqua!
- Tu non ci stai con la testa. - replicò il giovane dagli occhi scuri, per poi liberarsi della presa dell'albino, lasciandolo alle sue stupide fantasie irrealizzabili, e dirigersi verso Natsu.
- Che facciamo con quel ragazzino? - gli chiese, incrociando le braccia al petto. - La polizia ha detto che il terremoto avverrà in questi giorni. Dobbiamo prendere il treno per andare a Naha, dove non si sono verificate scosse eclatanti. Da lì dovremmo andare a Shikoku, alla stazione di Tokushima. Lì pare tutto tranquillo. - spiegò, guardando impassibile il ragazzo che era sempre stato presente nella sua infanzia.
L'altro sospirò, mordendosi le labbra. - E' orfano.
Gray rimase in religioso silenzio, poi semplicemente annuì comprensivo.
- Ragazzi! Venite subito qui! - la voce severa di una loro compagna li fece sobbalzare. Nemmeno si erano accorti di essersi allontanati dal resto del gruppo.
Eseguirono l'ordine, avvicinandosi ai compagni. L'agitazione era palpabile e ad entrambi venne un nodo alla gola.
- C'è un problema. - asserì meccanica una giovane dai capelli scarlatti. - Il treno non partirà. Non ora, almeno. Ha compiuto solo il viaggio di andata verso Naha e non è ancora tornato.
Natsu si voltò verso Gray, che aveva sgranato gli opali scuri, con un sorriso ironico in viso. - E meno male che fino a poco fa eri pronto alla prospettiva della partenza immediata! Porti proprio sfiga, tu!
- Taci, forno umano!
Ma la loro lite fu bloccata sul nascere, dato che la giovane dai capelli scarlatti riprese parole, lanciandogli un'occhiata furente.
- Non ci sono altri treni. Dobbiamo aspettare qui. - asserì, facendo crescere la tensione generale.
- E se magari ce ne andassimo con la nostra famiglia? - ipotizzò qualcuno, con tono seccato ma velato di preoccupazione.
- Le strade sono bloccate per il traffico. O si va sul treno, o si rimane qua a schiattare.
-  Schietta come sempre, Erza. - sibilò Natsu, ridacchiando lievemente, ma venendo bellamente ignorato.
- La situazione è seria. - la ragazza lo fulminò con gli occhi castani. - Il terremoto avverrà entro questa settimana; il treno arriverà tra due settimane e non ne partiranno altri fin quando questa faccenda non finirà. - continuò.
Fullbuster incrociò le braccia al petto e la scrutò indifferente. - Sostanzialmente?
Erza gli scoccò un'occhiata perplessa. - Sostanzialmente, dici? - inclinò il capo di lato. - Sostanzialmente siamo fottuti.
Dall'altro lato dell'ingresso della stazione, Sting si poggiò contro il muro sporco e si lasciò scivolare lentamente contro esso, finendo seduto per terra.
Guardava con occhi vitrei quei ragazzi più grandi di lui confabulare, magari proprio su di lui.
Era inadeguato, lì. Che diamine ci faceva, poi? Orga dov'era finito?
Sentì un miagolio e solo allora parve ricordarsi di avere Lector in braccio. Lo scrutò e sorrise lievemente, carezzando con il polso latteo il pelo castano del gatto.
Improvvisamente il suo sguardo s'incupì.
E se quel Natsu avesse avuto ragione? Se fosse stata tutta una balla? Magari erano davvero corrotti, quegli scienziati o geologi che fossero. Non voleva rivivere il trauma del sisma. Ricordava fin troppo bene cosa si provava a sentire il soffitto della propria casa cadere in testa, a sentire le urla agonizzanti della propria madre che invocava stupidamente l'aiuto del marito, che, da vigliacco, era scappato lasciando soli la moglie e il figlio.
"Bastardo"; chinò il capo in avanti, congiungendolo con la schiena del micio. Respirò profondamente, ancora aveva il fiatone.
Magari si sbagliava, quella 'Rosellina'. Magari era tutto vero. Magari sarebbe crollato tutto di nuovo e di nuovo sarebbe stato abbandonato da tutti.
Sorrise amaramente, non accorgendosi della figura che gli si era presentata davanti, e continuando a pensare tristemente imperterrito.
"Certo che la vita fa proprio schifo."
Da un'altra parte della prefettura, lontana chilometri da loro, la terra cominciò a tremare.





Naru's corner:
Yep, ecco il primo capitolo.
Allora, fa schifo, lo so.
Ma sono impegnata con compiti e roba varia... quindi tutto ciò che scrivo fa schifo...
[...]
Weee, suspanse (?)!
Finalmente è stato introdotto il mio meraviglioso Ryos/Rogue/come cavolo si chiama <3
Partendo proprio da lui, ho deciso di dargli quest'aspetto abbastanza infantile perché... Perché, beh, io penso che da ragazzino sia stato anche lui un po' scemo, su.
Inoltre, quando si parla di Frosh, è sempre su di giri perciò chi lo sa, potrebbe essere stato davvero così - io non ci spero, ma vabbè.
Ed è stata anche introdotta Lucy. L'ho fatta passare per una psicopatica, penso.
Era tanto per far capire che il palazzo in cui vive Gray è pieno di persone matte. E, tadan, si chiama Fairy Tail. Coincidenze? Io non credo.
Beh, ho fatto passare Gajeel per uno str*nzo, chiedo venia. Ma momentaneamente mi serve così, si.
Ma ora parliamo dello svolgersi... Diciamo che questo è un capitolo di mezzo, in quanto mi serviva per introdurre qualche personaggio. Si, diciamo che le prime parti - escluso il flash back - le ho scritte 'di contorno', ma è tanto per rendere l'idea caratteriale.
E quel 'siamo fottuti' desideravo inserirlo sin dal prologo C:
Comunque... Ho descritto Natsu in maniera un po' troppo ambigua, vero? Ma io ho messo OOC negli avvertimenti, quindi sono giustificata-
Dato che ho trovato un'immagine in cui Natsu tiene sulle spalle Sting da bambino, dovevo scrivere qualcosa su di loro. Secondo me sono adorabili insieme - come allievo e maestro, s'intende - <3
E boh... Mi scuso per eventuali errori, ma mi secca correggere tutto.
So che il capitolo è indecente e mi scuso infinitamente con chi ha recensito e chi ha inserito la fiction tra le seguite/ricordate/preferite, perché queste persone non si meritano tale scempio- e scusate se appare corto, il capitolo. Ho scritto tutto a cavolo e non sapevo che aggiungere-

-Naru


  
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