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Autore: vereor cruz    07/04/2016    1 recensioni
Una volta ballava. Poi è successo quello che è successo. Non è stato piacevole. Ora è qui. Inizia a piangere senza rendersene conto, ginocchia al petto, occhi sulla finestra che si affaccia sulla città in penombra. Qualcuno le aveva detto che l'amore fa male. Non ha mai smesso di dargli ragione. Ma poi...
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La casa presa in affitto fa schifo, ma non le importa.

Kendra si rifa la coda alta sulla testa per la decima volta in un'ora, e spera di ricordarsi di rubare ad Ivaine uno dei suoi elastici. Questo è palesemente rotto, e non tiene più un accidente; i capelli, lunghi e pesanti, le cadono sulle spalle e sulla nuca con la frequenza di sempre, quando quel benedetto elastico smette di fare il proprio dovere, e lei, al lavoro, fa la figura della sciatta. Non che le importi.

Ora è a casa, nessuno fa caso a come è vestita o alle condizioni dei suoi capelli. Cioè, per la verità c'è anche troppa gente che fa caso eccome, a come è vestita, anzi, più che altro, a come è sotto ai vestiti. È lo svantaggio di vivere in un appartamento condiviso con altre due ragazze e tre ragazzi. L'affitto costa poco, per il bagno c'è la fila, e c'è sempre un paio di occhi che cerca le sue mutande.

Fosse chissà quale esempio di bellezza, potrebbe capire, ma è una ragazza normale, soprattutto se paragonata ad Erika, la mora coscialunga supertatuata modella steampunk, l'unica con i soldi per accaparrarsi la singola tutta per sé, e una scorta di acidi che pare non finire mai. Quella che guadagna con la sola fatica di doversi truccare, tenersi pancia piatta e muscoli tonici, e mettersi in pose sexy per le quali è più pagata di una modella di intimo regolare.

Perché resti in quell'appartamento schifoso, quando di sicuro potrebbe prendere casa da sola, Kendra proprio non ci arriva.

Ivaine, l'unica altra donna in casa oltre a Kendra ed Erika, è la bionda sovrappeso compagna di stanza di Kendra, che generalmente sopporta, qualche volta le va addirittura a genio; lavora come cameriera in una tavola calda vicino al loro condominio, si sposta solo con i mezzi pubblici anche quando le basterebbe fare semplicemente due rampe di scale, ed è la prova che i capelli biondi e gli occhi azzurri non ti salvano, se hai un fisico di merda e i lineamenti da scialba cicciona dei sobborghi di periferia. O forse è solo l'aria da vittima di cui si ammanta giorno e notte a farla sembrare così insopportabile e brutta.

Kendra ha imparato a sopportarla, ma per lo più la sua tecnica è evitarla. Ivaine spesso si trasforma da persona semplicemente un po' troppo vittimista ad impicciona tremenda, comincia a chiederle cosa ha mangiato, dove è stata la notte quando torna alle sei del mattino, e fa la predica ad Erika dandole della immorale scostumata.

Mai furono parole più dettate dall'invidia. Mai fu altrettanto palese, soprattutto.

Se Erika non si sente al centro dell'attenzione, muore, quindi, certo non fa caso al mucchietto di ossa e capelli in cui è infilata Kendra. Ivaine, al contrario, la fissa anche troppo, quasi quanto Ahen il turco, un ragazzo che studia ingegneria e non può stare in un dormitorio per qualche motivo che le hanno spiegato ma Kendra non ha capito. O quasi quanto Richard, trentenne aiuto-cuoco in un ristorante italiano di un certo livello e fama. Due morti di sesso che nessuna, da sobria, si porterebbe a letto, Ahen non tanto per il colore della pelle, quanto per la timidezza abissale che gli impedisce di fare altro che guardarle le mutande, il culo, le tette, qualsiasi cosa. Richard, perché è inguardabile, e, se fosse magro, senza pancia alcolica che solo un fervido attaccamento alla birra può dare, cambierebbe poco. Gli occhi neri e lucidi di uno e quelli bovini dell'altro la mettono a disagio, spingendola a tenersi più vestiti addosso possibile, anche in casa. Non che si senta a suo agio a fare il contrario. Non che si senta a suo agio quando quegli occhi, compresi quelli di Ivaine, si posano sul suo corpo.

Girare mezza nuda e sentirsene orgogliosa è prerogativa di Erika, tonica, bellissima, atletica, la schiena ed il bacino tatuati sempre in mostra. A Kendra piace tenere nascoste le sue quattro ossa, e continuare con il suo progetto di dimagrire, dimagrire, dimagrire, fino a sparire.

Del resto, è anche un investimento finanziario: se non compri da mangiare, non hai idea di quanto risparmi. Ivaine blatera di non venire pagata abbastanza perché, a differenza di Kendra, è sempre alle strette. Kendra guadagna di meno, e non spende praticamente nulla in cibo. Ivaine guadagna di più, ma mangia tremendamente tanto anche a detta di una persona con un approccio più normale di quello malsano che Kendra sa di avere con il cibo.

Richie ed Ahen, comunque, oltre a darle i brividi quando i loro sguardi arrapati si spostano anche su di lei, le sono simpatici più di Ivaine. La bionda tira fuori tutta la cattiveria di cui Kendra è ancora capace, quando la guarda e sembra misurarle le cosce per assicurarsi che non sia così tanto più magra di lei ("sì, Ivaine, lo sono, e non me ne vergogno, vista la fatica che ho fatto per arrivare a questo punto. E non sono che a metà strada") , e allo stesso tempo negli occhi le passano in successione invidia, disprezzo, sana e altruista preoccupazione per la compagna di stanza che si lascia morire di fame, di nuovo invidia, gelosia, e prego, quella è la fila, mettetevi in coda, Signora e Signor Sentimenti Piacevoli.

Probabilmente anche Erika le sta più simpatica di Ivaine. Difficile dirlo, considerato quanto poco interagiscono.

Kendra finisce di piegare i pochi vestiti che ha e li mette ordinatamente nel cassetto dell'unico mobile che le spetta, in una camera che altrimenti si è interamente accaparrata Ivaine, fra armadio a tre ante, letto ad una piazza e mezza, comodino e cassettiera grande. A Kendra va bene così, le piace avere poche cose, è più facile rifare le valige ed andarsene quando deve.

In realtà, pensa, sedendosi sul letto e guardando fuori dalla finestra, avrebbe dovuto trasferirsi altrove già da un pezzo, almeno dall'inizio del mese. Lasciare il lavoro, avvertire il proprietario di casa (cosa facile, visto che anche questa volta non ha un contratto di affitto), salutare le ragazze al ristorante per assicurarsi che a nessuna salti in mente di venire a cercarla, salutare i coinquilini.

Non è mai rimasta più di sei mesi in uno stesso posto, perché dopo sei mesi inizia a sentirsi a casa, e non vuole averne una.

Sì, è una di quelle che a ventiquattro anni hanno una serie molto lunga di problemi in testa, ma questo, arrivati a questo punto, si è capito.

Il fatto è che due mesi fa il compagno di stanza di Ahen e Richie, un russo che lavorava come guardiano notturno in una biblioteca e che condivideva con loro un letto nella tripla, se ne è andato, e Ahen ha presentato loro un tizio, amico di amici, che lavora in un bar alternativo vicino alla galleria di arte moderna. Il tizio, che studia disegno ai corsi serali, è un ragazzo alto, sparuto quasi quanto Kendra, occhi enormi azzurri e piercing al sopracciglio, lunghi capelli biondo scuro rasta, dall'aria insolitamente morbida e pulita. Una bella voce profonda, l'aria più tranquilla e in pace con il mondo che si siano mai viste, taciturno come Ahen; non c'è da stupirsi che lui e il forse-in-futuro ingegnere si trovino bene, e che una delle cose che fanno di più insieme è fumare marijuana ad ogni ora.

Markus.

Kendra si scioglie i capelli e li sposta di lato, intrecciandoli.

Ivaine non fa che prenderlo in giro, dandogli dell'effeminato, della checca, dello sfigato, sia di fronte a lui, sia alle spalle; Erika probabilmente è indifferente, purché le venga dimostrata la venerazione che le serve più dell'aria per vivere, ma sembra che andarle a genio. Kendra...

Kendra è semplicemente innamorata di lui.

Lei, con le sue ossa ricucite male e la carne che nasconde cicatrici di quando, con un fisico come quello di Erika, si arrampicava sui pali, prima che la sua famiglia la scoprisse e le insegnasse il buoncostume.

Lei che non riesce a mangiare perché il cibo le farà tornare il corpo che era stato desiderato un tempo, e punito e ferito per questo.

Lei che aveva avuto un sogno e, a quanto pare, era stato osare troppo.

Lei che non riesce a tenere insieme il macello delle emozioni quando si abbraccia le gambe, ginocchia al petto.

Kendra è innamorata di Markus e non osa parlagli, non osa tornare a casa se c'è lui, ha imparato a memoria gli orari dei suoi corsi serali e dei turni che fa al bar per evitarlo. Pur di non incontrarlo. Persino sentire la sua voce provenire dalla camera con la porta chiusa, come ogni volta che lui e Ahen fumano, le fa mancare il respiro.

Eppure, non può lasciare la casa dove vivono insieme, la città, il quartiere. Non può andarsene, perché Markus è una sirena, una musa, un angelo, qualcosa di perfetto che non può essere contaminato con la vista di Kendra, con tutti i suoi segreti, il passato, le cicatrici.

Inizia a piangere senza rendersene conto, ginocchia al petto, occhi sulla finestra che si affaccia sulla città in penombra.

Qualcuno le aveva detto che l'amore fa male. Non ha mai smesso di dargli ragione.


 


 

Prima di Markus, il suo unico amore era stato ballare.

Ballare con un body e una gonna vaporosa su un palco con scarpette strette con la base rigida che le stritolava le dita dei piedi.

Ballare in scaldamuscoli, leggins e croptop e piedi nudi.

Ballare in pantaloncini e reggiseno sportivi con il paleo della palestra, o ballare con il palo del club e il costume che le veniva proposto ogni serata, a seconda del tema.

Prima delle cicatrici.

Prima delle botte, delle urla, dei capelli tirati e quasi strappati, dei lividi, prima dei 'vergognati', degli insulti, dei pianti isterici e dei 'ti prego' e del coltello che cala implacabile per fermare quello che stava facendo.

Prima che quasi le rompessero un ginocchio.

Prima che la sua famiglia si disgregasse, e suo fratello la salvasse dal coltello che suo zio aveva puntato più in alto della pancia perfetta che esibiva ballando, con suo padre a tenerla ferma, mentre cercava di divincolarsi.

Subito dopo quel macello, non aveva avuto certo il tempo di innamorarsi una seconda volta, di cose o persone; dopo l'ospedale, dopo le due settimane a guarire nella camera cadente in cui suo fratello l'aveva ospitata, aveva preso tutto quello che le era rimasto (e che stava fin troppo comodamente nella borsa), e se ne era andata.

Trova un lavoro, cerca un tetto e un letto, guadagna per sei mesi, riparti da capi, senza mai restare troppo a lungo nello stesso posto, perché, sai mai, zuo padre e suo zio non sono mica morti. Per quanto ne sa, sono ancora in giro a cercarla, e chissà che ne è stato di suo fratello.

E poi è arrivato Markus.

Kendra si asciuga le lacrime con il dorso delle mani, e con la punta delle dita si sfrega piano gli occhi e le guance. I ragazzi, Ahen e Richie, sono fuori e non torneranno prima di un'ora. Ivaine è in cucina, intenta a divorare tutto quello che si è preparata, mentre Erika non è ancora rientrata dal suo appuntamento pomeridiano con un fotografo piuttosto famoso. Markus, grazie a dio, è al lavoro.

Lo stomaco le fa male, ha una nausea violenta che le stringe i muscoli e le fa venire i brividi; non sa che fare, non ci vuole molto a rendersene conto. Dovrebbe andarsene ma non può, non ce la fa, non può lasciare la casa dove, anche se cerca di sfuggirlo come la peste, vive e dorme e parla e respira la sua musa, la sua sirena. Non può andarsene, ma non può avvicinarlo, non ce la fa, le fa ancora più male dell'idea di non vederlo mai più.

Non può vivere con, non può vivere senza.

Fuori piove, anzi, diluvia; l'odore della pioggia passa attraverso la finestra a ghigliottina chiusa, con le tende rosa pallido che ha messo Ivaine a coprire il vetro sporco e rendere la città fuori una vaga silhouette non ben definita. Ivaine si è già lamentata dell'acqua, e lo stesso ha fatto Erika, quando è uscita in abitino di seta viola, soprabito di vinile nero, stivaloni neri, ombrello nero e bianco, a strisce. Erika è perfetta, sempre, qualunque siano le condizioni atmosferiche, più o meno come Ivaine è sempre un disastro e Kendra ha sempre comunque troppa carne addosso. Ne tiene quanto basta a mantenere il ciclo regolare, dopo i primi sei mesi in cui era sparito per lo stress dell'aggressione, non riempirsi di peli e non perdere i capelli. Ciò non toglie che odia anche quella 'necessaria', quella che le permette di sopravvivere e svegliarsi la mattina e lavorare e trascinarsi a casa a fine turno.

Markus è uscito con i capelli in una coda bassa laterale, sotto al cappuccio della felpa scura, e chissà se è riuscito a raggiungere il bar dove lavora prima di infradiciarsi. I jeans scuri pendono sempre dai suoi fianchi stretti, anche con la cintura chiusa fino all'ultimo buco, e chissà quanto sono magre le sue gambe. La T-shirt grigio scuro dei Radiohead e la felpa nera sono già taglie piccole, ma a lui riescono a cadere come fossero XL. Come a Kendra, che nelle S sta una volta e mezza.

Si prende i capelli in una mano e li liscia con le dita; quello che una volta avrebbe interpretato come fame, ora è solo un fastidio da placare con una bella tisana fumante. La tazza è ancora bollente sulla cassettiera dove l'ha appoggiata, e il profumo di mela e cannella è inebriante e rilassante, ma non basta. Ha ancora i crampi così forti da non potere neppure raddrizzare la schiena, seduta sul letto. Allunga le mani e porta la tazza calda al petto, la ceramica che trasmette calore alla maglietta scura.

Ti prego, ti prego, ti prego.

Ti prego, passami.

Non riesco a respirare, così.

Ti prego.

Beve lentamente un sorso, dondolando su sé stessa ad occhi chiusi, contando nel tentativo di rilassarsi. Non ci riesce molto. Beve un altro sorso, e un altro ancora. Sente Ivaine muoversi in cucina, fare rumore mentre lava piatti e padelle, e poi spostarsi nel salotto con i due divani vecchi e stinti. Accende la tivù, e kendra riconosce la sigla della solita serie che di recente segue.

Sia lode alle serie televisive.

Una volta, anche a lei piaceva guardarne; ne vedeva stagioni intere in tre giorni, cercando gli episodi in streaming, e chiacchierava poi con le amiche, le compagne di scuola, di danza, le ragazze del club.

Tutti quegli sguardi attoniti, sgomenti, angosciati e scioccati, mentre suo zio e suo padre la trascinano via per i capelli...

Riapre gli occhi e beve ancora.

Nessuno ha fatto niente.

Nessuno l'ha cercata.

Chissà, forse hanno avuto paura di fare la sua stessa fine.

Con una mano sposta i capelli su una spalla; sono ancora lunghi, lisci e neri, un bel nero lucido che le altre le invidiavano soprattutto perché era naturale. Appena è scappata, li ha tagliati quasi a zero, e, appena sono ricresciuti, li ha tinti di biondo. Ora li ha lasciati tornare al loro colore naturale, sperando di essere abbastanza lontana da casa perché qualcuno possa riconoscerla.

Si infila sotto alle coperte e finisce di bere, appallottolata al muro e con il cuscino in grembo. Si addormenta e, quando si sveglia, è notte fonda, Ivaine russa leggermente e lei ha di nuovo i crampi. Lentamente, si alza e striscia in cucina, a scaldarsi dell'altra acqua per una nuova tisana. Nel lavello c'è un numero spropositato di piatti, pentole, padelle, ma ne trova comunque una per la sua tisana. Il casino dimostra che Ahen e Richie sono tornati e hanno cenato. Devono essere a letto: l'orologio dice che sono le tre, e la casa è avvolta nel silenzio.

Quando la tisana è pronta, si muove silenziosamente fino al divano e si siede nell'angolo più vicino alla finestra. La tenda chiara lascia entrare la luce dei lampioni distanti, e lei vede che fuori dalla porta della stanza di Erika non ci sono le scarpe con cui è uscita. Non è tornata, evidentemente. Oh, beh.

Kendra beve, respirando il buon profumo di mela e menta. Chi lo avrebbe mai detto, che come mix sarebbe stato così buono?

Nel buio, sussulta quando una chiave fa scattare la serratura e la porta si apre, e la silhouette che avanza è troppo alta per essere la modella steampunk, e non si sente il rumore dei tacchi delle sue cuissardes.

Le dita di Kendra stringono convulsamente la tazza, gli occhi che non possono smettere di fissare ogni movimento di Markus, che, invece, non la nota, si toglie felpa, sciarpa, scarpe e maglietta.

Rimanendo a petto nudo.

Un fisico efebico, assolutamente perfetto.

Kendra deglutisce, e Markus proprio in quel momento la nota e trasecola: -Cristo!- sibila.

Kendra sorride: -Scusa-

Parlargli è facile.

Cadere in tentazione non è mai difficile.

Anche Markus sorride: -No, figurati. È che non ti avevo proprio visto. Come mai non dormi?-

La tua voce è troppo bella.

Continua a sorridere: -Crampi allo stomaco-

Tu sei troppo bello.

Non mi preoccupo per la mia anima, una come me, me lo hanno già detto i miei, non ce l'ha più, un'anima. Tu, invece... tu sei perfetto. La tua anima risplende di luce dorata. Nei tuoi occhi c'è lo scintillio sfolgorante del cielo e del mare.

Sei perfetto.

Markus fa una smorfia, come se sapesse di cosa Kendra stia parlando per esperienza personale, e le si siede accanto.

Accanto a lei.

Le cicatrici, le botte, le urla.

Markus è lì.

Markus si piega verso la tazza e inspira; il suo buon profumo, pelle, shampoo, deodorante, sudore, investe Kendra e l'avvolge in una nube in cui le sue cicatrici non esistono. I capelli sciolti sono sparpagliati sulle spalle e sulla schiena. Gli occhi scintillano e il suo sorriso è dolce, mentre si risolleva con le spalle: -Buono. Sa di... mela?-

Kendra annuisce: -E menta-

-Posso rubartene un sorso?-

Kendra gli porge la tazza.

Sorride tranquilla, ma la sua testa sta urlando.

Lo contaminerai.

Vergognati.

Muori, puttana, guarda cosa stai facendo, guarda l'angelo che stai deturpando.

Vergognati.

Lui sorride: -Buono. Ti aiuta con i crampi?-

Averti qui mi aiuta di più.

Il sorriso di Kendra si apre.

Tu non hai un'anima, puttana. Sei un demone infernale che sta attentando alla purezza di un angelo.

Annuisce.

Lui sorride di più: -Mi dispiace che tu stia male, però, devo ammettere che sono contento che tu sia qui. Avevo proprio voglia di parlare con te-

La bolla in cui è di nuovo tutto magicamente giusto l'avvolge di nuovo, e il sorriso di Kendra è uno dei più veri che abbia mai fatto: -Anche io- ammette, e Markus, Markus...

Markus arrossisce, abbassa gli occhi, li rialza.

Dentro alla bolla, sicura in quest'oasi di purezza e pace e nessun peccato a rovinarle l'esistenza, Kendra appoggia la tazza sul tavolino basso di fronte a loro, una mano su una guancia perfetta di Markus, l'altra sulla nuca, le dita nei suoi capelli morbidissimi, Kendra si lascia andare. In un attimo è lì, sulla bocca di Markus, angelo, musa, sirena, che divora i suoi peccati strappandoglieli fuori dalla bocca in un bacio lungo che diventano molti di più, e gemiti e sesso e il corpo perfetto di Markus che restituisce senso al corpo martoriato di Kendra. Le labbra di Markus le risoffiano dentro un'anima, bocca sulle cicatrici e poi più giù, ed eccola, la bolla scoppia, Kendra è pulita, ha una seconda occasione.

Si addormentano, rivestiti, sul divano, Kendra fra le braccia di un angelo, la tisana, fredda, ancora sul tavolino.


 


 


 

Markus è qualcosa di meraviglioso.

Kendra continua a perdersi nei suoi occhi, ogni volta che li guarda, adesso che non si vergogna più di fissarli. La tratta con la stessa venerazione con cui gli uomini di solito si comportano e guardano Erika, con il vantaggio che la carica erotica tra lor è spesso in secondo piano, superata dallo sguardo quasi reverenziale. Come se Kendra fosse qualcosa di sacro, oltre che di buono, bello, moralmente pulito.

Lei che fino a pochi giorni fa era consapevole di essere più un demone che un angelo, una creatura infernale, abbietta e tentatrice, e invece...

Ora, Markus l'ha salvata.

L'amore che prova per lei ha ripulito la sua anima, e il desiderio che nutre per il suo corpo ha restituito un senso alle sue ossa e alla sua carne. Per la prima volta da tempo, ha di nuovo voglia di vestirsi, senza bisogno di nascondersi. Non le importa se mangiando mette peso, e il suo corpo torna morbido, le curve piene e seducenti. Di più, per la prima volta da anni, per sè stessa e per Markus, Kendra ha di nuovo voglia di ballare.

Quando se ne rende conto, le vengono le lacrime agli occhi.

Da lì a fare effettivamente il primo passo di danza, dopo tutti quegli anni, però, è ancora lunga. Ci vuole tempo, per quello, ci vuole pazienza.

Le cicatrici che solo sotto alle belle mani di Markus stanno finendo di formarsi, solo ora, dovrebbero essere riassorbite, prima che lei possa, effettivamente, muovere il primo passo dopo una vita. Quelle dell'anima, quanto meno, se proprio quelle fisiche sullo stomaco e sulle gambe è destinata a tenersele per sempre.

Raccontare a Markus come se le fosse procurata è stata dura, ma è stato così bello capire che l'orrore che gli riempiva gli occhi non era per lei. Vederlo piangere, di rabbia contro alla famiglia di Kendra, e di sofferenza per quello che ha patito lei, è stato un balsamo per la sua anima mutilata, tanto quanto il sesso dolce e attento che le ha fatto subito dopo, quello per dirle, "va tutto bene, sei bellissima, non sei affatto un demonio tentatore, ma un essere umano dotato di un dono, ed è tuo diritto esercitarlo".

Markus è davvero la sua seconda occasione, quello che è destinato a riportarla al mondo dei vivi. Kendra si stupisce di non vederlo brillare della luce angelica di cui è fatta la sua anima. È così felice che vorrebbe ballare sulle note della melodia che ha dentro, ogni volta che lo guarda. Ma nonostante tutta quella felicità, serve ancora tempo. Tempo... e il suo angelo, musa, sirena.


 



E niente, ditemi cosa ne pensate, se vi capita di leggerlo.
VQA

   
 
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