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Autore: Black Swallowtail    07/04/2016    1 recensioni
(...)Perché tu sapevi che, nonostante tutto, eri la cosa che più amavo. Eri la mia bambina.
Eppure, è come se ad un certo punto, tu avessi dimenticato la cosa più importante – che io non ero il tuo nemico. Che sotto questa maschera, c'era ancora quell'uomo che ti stringeva tra le braccia, ti leggeva le storie.
Hai dimenticato… che io ero tuo padre.
(...)
“Ho ferito il mio angelo. Il mio piccolo, dolce angelo. Era così innocente, così piccola, ed io l'ho ferita. Lei – lei mi odiava, vero? Mi odiava...”
“Jack—”
“Ma tutto quel che ho fatto, l'ho fatto per lei. Tutte le persone che ho ucciso, che ho manipolato – erano per lei, solo per lei.”
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My precious, little Angel

 

Perché?

Dove ho sbagliato?

Mi odiavi fino a questo punto? Davvero mi hai odiato così tanto, nonostante tutto? Ho davvero commesso un errore talmente grande da non poter più essere riparato, abbastanza grande da meritarmi il tuo disprezzo? Eppure, io ho tentato solo di fare quel che ho potuto. Ho provato con tutto me stesso a proteggerti. A proteggerti da te stessa. A proteggere le persone attorno a te. Eri come una principessa in un castello di vetro, lontana da tutto e da tutti, perché troppo fragile – perché altrimenti non avresti potuto controllarti. E se fosse accaduto qualcosa, non te lo saresti mai perdonato; se fosse accaduto qualcosa, ti saresti sicuramente spezzata. Ed è per questo, pur di proteggerti, per proteggere te che eri l'ultima cosa rimastami, l'unica che ancora mi teneva ancorato a quell'uomo che un tempo ero, tu che eri il mio angelo, che ho fatto tutto questo, che ho preso sulle spalle il ruolo del malvagio, che mi sono demonizzato ai tuoi occhi, sperando che tu capissi, che comprendessi cosa stessi facendo. Perché lo stessi facendo.

Il tuo potere era troppo grande. Fin da bambina, in te pulsava una potenza mai vista prima, capace di distruggere qualunque cosa, se non l'avessi tenuta sotto controllo, e nonostante questo, tentammo di fare di tutto perché tu potessi vivere una vita normale. Feci qualunque cosa in mio potere perché potessi vivere felicemente. Pensai di aver preso tutte le precauzioni necessarie, ero convinto potessi controllare quella distruttività insita nella tua natura… perdonami, piccola mia. Avevo sbagliato. Non sono riuscito nemmeno in questo, non sono riuscito a proteggere te, o a salvare lei; sono stato incauto. Ho creduto di essere capace, da solo, di poterti dare una vita che potessi vivere appieno. Ho creduto che, nonostante tutto, potessi vivere felicemente, come una persona qualunque. E proprio perché eri la persona che più amavo al mondo, proprio perché eri la cosa che più mi stava a cuore, ho commesso un errore imperdonabile. È tutta colpa mia, solo colpa mia, se lei è morta, se il tuo potere ti è sfuggito dalle mani e l'hai uccisa, di fronte ai miei occhi, senza nemmeno accorgetene, senza nemmeno saperlo. Quella era l'unica preghiera che è stata esaudita, tra le tante che ho rivolto silenziosamente, che non venissi mai a conoscenza della realtà dei fatti; che tu non sapessi della morte di tua madre causata dalla tua perdita di controllo. Per te, la mamma non sarebbe mai tornata. Non avrebbe mai fatto ritorno.

Ero spaventato da quel potere, disgustato dal mio stesso errore provocato dal mio attaccamento insaziabile a te, dal desiderio di poterti donare qualunque cosa. Se avessi potuto, se fossi stato capace di liberarti da quella maledizione, avrei distrutto Pandora pur di farlo; ma, per quanto potessi provarci, per quanto tentassi di scalare i ranghi Hyperion e per quanto potere acquistassi di giorno in giorno, non c'era nulla che mi avrebbe permesso di liberarti dalle tue catene. Era la tua condanna, così come la mia. Quella maledizione che era venuta a te sotto la forma di quei tatuaggi blu pulsanti incisi sulla tua pelle, era il mio incubo. Eri così piccola, ed ignara di quel che scorreva in te, di quanta distruzione fossi capace; eri solo una bambina, la mia bambina, la stessa di cui avevo una foto sulla scrivania, che mi veniva incontro quando tornavo a casa, che veniva a dormire nel mio letto perché era spaventata dagli incubi, la stessa a cui leggevo libri di ogni genere.

La stessa che abbandonavo, che lasciavo da sola, per iniziare a costruire il mio impero.

La stessa che progettavo di isolare dal mondo, per il suo stesso bene, per evitare che accadesse di nuovo qualcosa di irreparabile.

Ogni volta che pensavo a quella notte, non potevo che sentirmi mancare, non potevo che provare paura, perché era solo questione di tempo prima che accadesse di nuovo; un altro errore imperdonabile, e cosa sarebbe potuto accadere? Chi avresti ucciso? Di quali morti ti saresti macchiata? No, non potevo permettere che il mio angelo, il mio prezioso angelo, si riducesse così. Non potevo permettere che ti insozzassi ancora. Una meravigliosa creatura come te, l'unica cosa che ancora mi ricordasse l'uomo che un tempo era stato semplicemente Jack, e non la maschera che copre lo sfregiato e devastato volto del potentissimo presidente Hyperion dal pugno di ferro chiamato Jack il Bello. Il mio ultimo, flebile, contatto con il passato.

Avrei voluto essere un eroe, per te. Avrei voluto darti l'amore che io non ho ricevuto. Non avrei voluto che tu mi odiassi. Perché… perché non hai capito che tutto quello che stavo facendo, era solo per te? Perché vedo ancora tutto il disgusto, tutto l'odio, tutta quella ripugnanza nel tuo ultimo sguardo, prima di morire, che mi ha trafitto come nessuna lama, nessun proiettile ha mai fatto?

Le tue ultime parole rimbombano ancora nelle mie orecchie. Le ultime parole di spregio che mi hai vomitato addosso, tutto il rancore che serbavi per me.

“Papà, c'è qualcosa che devo dirti...”

No, non di nuovo. Non voglio sentirlo di nuovo, non voglio ricordarlo di nuovo. Non voglio dover vedere ancora i tuoi occhi, non voglio vederti di nuovo morire. Non voglio che tu, ancora una volta—

“...sei uno stronzo.”

Fin dall'inizio, è stata solo colpa mia. Avevo paura, una paura terribile, di quel che avresti potuto fare. Volevo creare un mondo in cui tu potessi vivere. Volevo donarti la felicità che non avresti potuto avere in altro modo. Ma per farlo, per ottenere qualcosa di così grande, un pianeta di perfetto ordine dove tu potessi finalmente mettere piede, ho dovuto sacrificare tutto quel che avevo. Ho perso per sempre il me stesso di un tempo, ora. Ho perso… perfino te.

Mi dispiace, Angel. Mi dispiace. Vorrei che tu mi perdonassi. Vorrei che tu fossi ancora qui. Vorrei poter tornare da te. Ti ho fatto cose orribili, ti ho recluso, ti ho tolto tutto. Ma ho dovuto farlo. Ho dovuto farlo per te. Ero convinto che tu capissi… perché tu sapevi che, nonostante tutto, eri la cosa che più amavo. Eri la mia bambina.

Eppure, è come se ad un certo punto, tu avessi dimenticato la cosa più importante – che io non ero il tuo nemico. Io non ero un tuo superiore. Che sotto questa maschera, sotto i miei scatti d'ira, sotto le mie azioni, c'era ancora Jack. C'era ancora quell'uomo che ti stringeva tra le braccia, ti leggeva le storie, e che ha dovuto combattere contro se stesso, contro la sua stessa anima, la sua stessa coscienza, per riuscire a trovare la risoluzione di impiegare i tuoi poteri come ultima risorsa.

Hai dimenticato… che io ero tuo padre.

 

L'oscurità che avvolge il mio ufficio è quasi totale. L'unica luce che filtra in questo buio, è quella traslucida ed esitante del riflesso di Elpis, che fluttua pigramente alla periferia di Pandora, che campeggia scura nel centro dell'ampio squarcio di spazio che riesco ad intravedere attraverso la mia finestra. Quando sono tornato dall'Angel Core, non ho potuto far altro se non lasciare tutto il resto agli altri, ed ordinare di non venire disturbato, per nessuna ragione. Ho chiuso la porta con il codice d'attivazione di sicurezza, in modo che nessuno possa entrare, e senza nemmeno accendere la luce, mi sono trascinato fino alla scrivania. Mi sono lasciato cadere come una marionetta rotta sulla poltrona, ed il mio sguardo si è perso nel vuoto per un lungo istante, mentre la mia mente lentamente accoglieva del tutto quel che è accaduto. Angel non c'è più. Angel è morta. Angel… mi ha tradito, perché mi odiava.

Perché ho sbagliato. Perché l'ho ferita. Perché ho avuto terrore di lei.

Improvvisamente, la maschera di Jack il Bello mi è apparsa soffocante. Lo afferrata con le mani, l'ho strappata via dal volto senza sganciarla, lacerando i lacci con un secco rumore di qualcosa che si strappa, ed è stato come togliersi di dosso un peso, un peso insopportabile. Mi sono preso il volto tra le mani, avvertendo la carne al di sotto del mio tocco dopo tanto tempo.

La foto di Angel, della mia bambina, stava lì, e mi guardava sorridente, una foto scattata quando aveva dieci anni. Preso da un impeto di rabbia, l'ho colpita con un secco colpo, mandandola ad infrangersi contro il pavimento. Un pezzo di vetro mi ha ferito un polpastrello, ma non importa. Ora non mi importa di nulla.

Ora, voglio solo rimanere da solo, a marcire, a pensare a come tutto questo sia potuto accadere.

A colpevolizzarmi per tutto quello che avrei potuto fare – per tutto quello che non ho fatto.

La porta alle mie spalle si apre con un leggero rumore elettronico, mentre scorre lateralmente a lasciare uno spiraglio appena sufficiente a fare entrare uno spiraglio di luce nell'ufficio buio. Voltato di spalle, con la schiena poggiata contro la poltrona ad osservare Pandora sotto di me attraverso la grande vetrata, non ho nemmeno la forza di voltarmi a guardare chi sta entrando camminando con passo leggero ma deciso verso la mia scrivania, un passo familiare, il rumore ritmico di uno stivale che batte contro la pavimentazione.

Il rumore dell'acqua che scorre nelle due fontane è l'unico che rimane a rompere l'altrimenti perfetto silenzio, con un basso mormorio del flusso che scivola nelle vasche, quando l'individuo sconosciuto si ferma appena dietro la scrivania. Solo una persona ha il codice per entrare qui, oltre a me. Solo una persona ignorerebbe un mio ordine in questo modo. Ma ora, non voglio nessuno. Ora voglio restare da solo.

La sento che si piega a raccogliere la foto che ho scagliato a terra con rabbia, e nel farlo schiaccia qualche scheggia di vetro sparsa a terra, producendo un sinistro scricchiolio che riecheggia lievemente, mentre si passa tra le mani quel vecchio scatto, lasciandosi sfuggire un basso sospiro. L'uscio si chiude nuovamente con un tonfo, e torna a sigillarsi, quando spinge il pulsante di chiusura. Si siede sul bordo della scrivania, esattamente alle mie spalle, ma senza pronunciare una singola parola, rimanendo semplicemente in contemplazione, esattamente come me, come una statua il cui leggero respiro ritmico che conosco terribilmente bene mi carezza l'orecchio. Poggia cautamente la cornice infranta sull'angolo a cui apparteneva, con una cautela estrema, come se temesse di poterla rompere anche solo stringendola troppo forte, prima di prendere la maschera che è poggiata lì a fianco, carezzandone delicatamente i tratti con le dita, quasi come se la stesse accarezzando.

Lì fuori, sul fianco di Pandora, il colore violaceo della vena di eredite pulsa appena, emettendo un bagliore fatuo che si mescola alla luce pallida riflessa da Elpis, gettando quella soffusa aria spettrale, che non scaccia il buio ma lo carezza, in cui siamo immersi, due figure silenziose, una accanto all'altra, entrambe immerse nei propri pensieri.

Da una parte, vorrei che ne andasse. Vorrei che mi lasciasse solo. Non voglio che qualcuno mi veda così. Non voglio che qualcuno veda la mia debolezza. Non voglio che pensi che Jack il Bello sia una persona incapace di combattere contro i suoi stessi sentimenti.

Ma dall'altra, non m'importa – come non m'importa di nient'altro. L'unica cosa che posso fare, è annegare nel mio stesso pentimento e nel senso di colpa, nella bassa disperazione che si è insinuata in me nel momento in cui Angel è morta davanti ai miei occhi, spirando con, sulla bocca, tutta la repulsione e l'odio che provava per me. Perfino la rabbia che mi ha portato ad uccidere Roland ed imprigionare Lilith è sparita del tutto, lasciandomi solo terribilmente svuotato, come se un buco nero senza fondo stesse minacciando di inghiottirmi e divorarmi, facendomi annegare per sempre in questa disperazione. Non riesco a fare altro, se non rimanere qui, immobile, in una vuota contemplazione, nell'oscurità che riporta alla mente ricordi terribilmente dolorosi, in una sorta di orrido masochismo – una punizione per me stesso, per tutti quegli errori che ho compiuto, per la mia incapacità di adempire al mio compito, per il mio fallimento. Per la mia colpa. Per la mia perdita.

Istintivamente, tocco i tratti devastati del mio viso, ma non trovo alcuna lacrima. Nemmeno ora, nemmeno in questa situazione, riesco a piangere. Nemmeno ora i miei occhi vogliono riprendere a lacrimare – non dopo aver perso tutte le lacrime tanto, troppo tempo fa. Invece, al posto delle lacrime, seguo la linea della cicatrice che solca il mio viso, bruciandolo, e mi sembra quasi di sentire ancora il calore divorante del manufatto eridiano che mi ha marchiato a vita, mi sembra di provare nuovamente tutto il suo dolore. L'ennesimo regalo di quei Cacciatori della Cripta, di quei banditi che mi hanno portato via tutto, che hanno portato via anche lei. L'hanno uccisa…

E lei è morta odiandomi. È qualcosa che non riuscirò mai a perdonarmi, mai. Se solo avessi potuto fare qualcosa. Se solo fossi stato in grado di aiutarla davvero. Se solo… se solo—

“Jack… come stai?”

La sua voce è morbida, poco più di un lieve sussurro, poco più forte dell'acqua che scorre dietro di noi, ed esita, nel pormi quella domanda. Sento le sue mani poggiarsi sulle mie spalle, stringendole appena, mentre mi pone questa stupida domanda. Questa dannata, stupida domanda.

Come posso stare? Come devo stare? È una domanda inutile. È una domanda talmente idiota da farmi incazzare. Una domanda… talmente inutile…

Quante volte le ho urlato addosso, senza pensarci? Quante volte l'ho ripresa, per i suoi errori, con tutta la rabbia che avevo in corpo? Quante volte ho sbagliato, con la mia piccola bambina?

Quella volta, quando mi chiese dove fosse la mamma, perché le ho risposto in quel modo brusco? Avrei dovuto dirle gentilmente che non l'avrebbe più rivista. Avrei dovuto tentare di farle capire. Invece l'ho sollevata di peso, ignorando le sue tremolanti parole di bambina spaventata, e l'ho messa su quella sedia che l'avrebbe costretta per tutti gli anni a venire. L'ho chiusa in quella prigione, preso dalla disperazione, lottando contro me stesso in quella decisione, contro la mia paura e contro tutto il mio amore per lei.

La mia… la mia…

“Vattene via,” rispondo secco, la gola che mi fa male anche solo nel pronunciare queste parole, doloranti. Voglio rimanere solo – vattene. Sparisci. Perché sei qui? Pensi di potermi consolare, forse? Pensi davvero che io abbia bisogno di questo..?

Vattene, dannazione. Lasciami solo, come ho chiesto. Lasciami solo, come io ho lasciato sola lei, come ho abbandonato il mio piccolo angelo alla solitudine di quella stanza, riempendo il suo corpo di eridium con l'illusione di starlo facendo per lei. Eppure era così – era davvero così. Lo stavo solo facendo per lei e per nessun altro. Per nessun altro…

“Posso fare qualcosa per te?”

Le sue mani sfiorano il mio volto. Puzzano di polvere da sparo e morte, e il loro tocco, che solitamente è così confortante… Senza scrollarmela di dosso, mi stringo le tempie con le dita, come a voler infrangere la mia stessa testa, come a volermi strappare via questa dannata faccia orribile di Jack il Bello. L'unica che mi rimane, ormai. Jack è morto. Morto del tutto.

“No… non puoi...” la rabbia che sale nel mio corpo è bruciante. È così forte, così divorante, come l'ho sentita solo un'altra volta, quando sono stato pugnalato alle spalle dalle persone di cui mi fidavo. Una rabbia moltiplicata dalla disperazione, dal senso di colpa. Ira talmente potente da farmi ribollire il sangue nelle vene e spingermi a voltarmi di colpo verso la mia interlocutrice per guardarla negli occhi, per urlare addosso tutta la mia frustrazione.

“Non puoi! La mia… la mia bambina è morta, Nisha! Puoi riportarla indietro? PUOI RIPORTARLA INDIETRO?!” ruggisco, afferrandola per le spalle e specchiandomi nei suoi occhi dorati, brillanti non di paura, né di disgusto, ma solo di comprensione e malinconia. Compassione. La lascio andare di scatto, ed apro un cassetto, tirandole in mano al volo una pistola, un revolver Hyperion di vecchio modello, una delle prime armi che ho prodotto quando sono divenuto presidente di questa gigantesca compagnia.

“Oppure puoi uccidermi. Puoi premere il grilletto e farla finita. Ammazzarmi. Faresti felici tutti. Avresti fatto felice… anche lei.”

Crollo esausto sulla sedia, senza aspettare alcuna risposta, senza sperare in una. Rimango semplicemente abbandonato nella poltrona, con le braccia lasciate a penzolare dai braccioli e la testa poggiata sullo schienale, di nuovo sovrastato dallo spettacolo della sagoma di Pandora incombente su di me. Un mondo in cui avesse potuto vivere…

“Mi dispiace, Jack. Se solo avesse potuto capire...” le braccia di Nisha si stringono attorno al mio collo, “forse sarebbe andata diversamente.”

Nessuno di noi si muove. Nessuna parola esce dalle nostre bocche, mentre rimaniamo immobili così, sprofondando ancora nel totale silenzio, nell'immobilità di questa stanza buia, affacciata sull'infinito e su quel pianeta sul quale devo portare ordine. Sul quale avrei voluto che lei potesse vivere. Il pianeta per cui l'ho sfruttata, per il quale ho scarificato tutto quel che ho – perché è questo che deve fare un eroe. Sacrificare se stesso. Ma se io sono l'eroe, perché tutti mi vanno contro? Perché non capiscono? Perché inneggiano a quegli psicopatici? Perché Angel li ha aiutati, quei folli, quei dannati senza legge assetati di sangue? Loro, che portano il chaos nel mondo, loro che si definiscono eroi di questa piccola avventura sono i primi assassini, sono i peggiori tra i peggiori. Eppure, nonostante questo, lei ha preferito loro a me. Lei ha preferito quei pazzi deviati a… suo padre.

“Ho ferito il mio angelo. Il mio piccolo, dolce angelo. Era così innocente, così piccola, ed io l'ho ferita. Lei – lei mi odiava, vero? Mi odiava...”

“Jack—”

“Ma tutto quel che ho fatto, l'ho fatto per lei. Tutte le persone che ho ucciso, che ho manipolato – erano per lei, solo per lei. Io la amavo… ma avevo paura… avevo paura… ed ora, non potrò più vederla. Non potrò più sentire la sua voce.”

Ho fallito anche in questo. Ho fallito in ogni cosa. La cosa più importante che avevo, è scivolata via dalle mie mani. Ed ora, cosa mi rimane?

“Cosa mi rimane...” stringo il braccio di Nisha che mi stringe da dietro, con tutta la mia forza, emettendo un basso sospiro di rassegnazione, “Se non ucciderli tutti?”

Purgherò Pandora nel fuoco, e tutti moriranno, tutti pagheranno per quel che hanno fatto alla mia bambina. Perché l'hanno uccisa. Perché lei si è fatta uccidere, pur di sfuggire da me.

È ora che Jack esca definitivamente di scena. È ora che anche questo capitolo della mia vita si chiuda definitivamente. Ormai, non ho più nulla da perdere; ormai, è il momento di gettarsi nell'ultimo, estremo atto di eroismo. Sconfiggerò quei dannati, ripugnanti bastardi che hanno causato tutto questo. Non posso fare nient'altro.

Ho sbagliato, Angel. Non potrai mai perdonarmi, vero? Mi odiavi fino a tal punto, nonostante tutto. Ho commesso tanti errori, e solo ora me ne rendo conto. Solo ora che, per causa mia, sei scomparsa per sempre, mi rendo conto di tutto quello che avrei voluto fare. Un tempo, volevo divenire un eroe. Ogni cosa che era in mio potere, per seguire questo sogno, ho tentato di realizzarla; e mi hanno sputato in faccia, dicendomi che ho un complesso dell'eroe. Ma io… sono io l'eroe, no? Allora, perché hai scelto loro? Avrei voluto che capissi.

Avrei voluto che capissi come, fino all'ultimo istante, ho sempre tentato di proteggerti. Come ogni cosa che ho fatto, fosse rivolta a te. Eri il mio tesoro… il mio tesoro più prezioso. L'unica cosa che avrei voluto difendere.

Angel, mi dispiace.

Mi dispiace… di non essere riuscito a proteggerti.

 

My precious, little Angel – End.

 

   
 
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