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Autore: foodporv    08/04/2016    0 recensioni
"Where we're from there's no sun
our hometown's in the dark.
Where we're from we're no one
our hometown's in the dark"
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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 Hømetøwn – Prologue 



Patrick Wells uscì dal suo ufficio, situato al piano superiore del Gloucester Police Department, e il suo sguardo finì sulle figure dei componenti dell'Intelligence Unit, di cui lui stesso era capo. In mano aveva alcune foto che aveva fatto stampare da Nina, la diciannovenne che da poco era entrata nella sua unità in qualità di segretaria. Le appese sulla lavagna che quella mattina era vuota e pulita - probabile che anche quello fosse merito di Nina.
«Viktor Qosaj, 39 anni, sospettato per l'omicidio del cugino per una questione di spaccio. Come precedenti abbiamo una rapina a mano armata, possesso di cocaina e accuse di violenza domestica» comunicò Patrick, con tono di voce imponente e autorevole da leader quale era. Tutti quanti alzarono lo sguardo, chi osservava il sergente Wells e chi scrutava attentamente le foto del ricercato.
«Il cellulare risulta non rintracciabile da più di dodici ore e non possiamo accedere a nessun tipo di dato, chiamata o messaggio, nulla» parlò il detective Joe Coletti, diventato membro di quella ciurma da poco ed esperto di tecnologia. Era in grado di smanettare un pc e di insinuarsi negli androni più remoti di un dispositivo elettronico nel giro di qualche secondo e con estrema facilità.
«Coletti cerca il suo indirizzo, Malik e Tomlinson frugate nell'archivio dell'ultimo mese e trovate qualunque pezzo di carta che ci permetta di entrare a casa sua. Una multa non pagata, una gomma buttata a terra, qualsiasi cosa. Voglio il resoconto fra non più di tre quarti d'ora» ordinò, spiegando le direttive da mettere in atto. Detto ciò, tornò nel suo ufficio, dove lo attendeva un ormai non più fumante tazza di caffè.
Louis Tomlinson e Zayn Malik si misero al lavoro, sbuffando di tanto in tanto perché avere a che fare con le scartoffie era la parte del loro mestiere che più odiavano; preferivano agire direttamente sul campo. La loro attenzione venne catturata dalla figura minuta di Nina, la quale era affiancata da una ragazza non molto più alta di lei, che muoveva lo sguardo da una parte all'altra della stanza, mentre, accompagnata dalla giovane, si dirigeva verso l'ufficio di Wells.
Una volta che la ragazza si chiuse la porta alle spalle,
«Cristo santo!» esclamò Louis, causando la nascita di un accenno di sorriso sul volto del moro accanto a lui. Zayn e Louis si erano conosciuti alla scuola di polizia, avevano fatto la gavetta insieme ed ora erano nell'unità più temuta di tutta Gloucester.
Zayn dovette ammettere che l'amico non aveva tutti i torti perché, cazzo, chiunque avrebbe potuto affermare che quella ragazza fosse uno schianto!

«Se non fossi impegnato ci farei un pensierino, assolutamente» aggiunse borbottando il castano, dopodiché, «Bingo!» esclamò, scrutando attentamente il foglio di carta che aveva trovato. Era una denuncia contro quel Qosaj per violazione di domicilio che  risaliva a tre settimane prima.
Zayn gli tolse il foglio dalle mani per leggere anche lui e, una volta fatto, si alzò deciso a comunicare della denuncia a Wells, che in seguito avrebbe detto loro come muoversi. Fece per bussare, ma Louis lo interruppe:
«Lo sai ce non gli piace essere interrotto» mormorò, ricordando quanto fosse facile che Wells si infastidisse.
«E tu sai quanto me ne frega?» gli chiese retorico il moro alzando le sopracciglia folte. Non aveva niente contro Wells, ma essendo entrambi due teste calde, succedeva spesso che si scontrassero. Zayn faceva fatica a controllare la sua impulsività, forse non ci provava nemmeno, cosa che il carattere autoritario di Wells non poteva accettare.
Alla risposta dell'amico, Louis, abituato ai suoi modi burberi, sbuffò e alzò le spalle, come ad intimare al moro di comportarsi come gli pareva - sapendo che, comunque, Zayn lo avrebbe fatto in ogni caso, con o senza la sua approvazione.
Il moro bussò alla porta dell'ufficio di Wells e dopo qualche secondo vi entrò.
Vide la ragazza di poco prima girare il capo nella sua direzione, incatenando il proprio sguardo col suo. Zayn avrebbe potuto affermare di non aver mai visto un colore degli occhi così particolare. Erano di un verde tendente all'azzurro, molto chiaro ed intenso, contornato da lunghe ciglia scure. Non poté fare a meno di notare il contrasto che questi facevano con i capelli lunghi e scuri, quasi color pece, sui quali la ragazza aveva passato una mano. 
Zayn si diede mentalmente dello stupido: non doveva pensare a quelle cose, non poteva permetterselo.
Accortosi di quello scambio di sguardi, Wells si schiarì la voce di proposito con l'intento di attirare l'attenzione su di sé:
«Hai bisogno, Malik?» gli chiese retorico con espressione impassibile.
«Sì! Abbiamo una denuncia per violazione di domicilio» gli spiegò, facendo saettare gli occhi scuri dal foglio che aveva consegnato a Wells alla mora lì seduta.
«Perfetto, tu e Tomlinson fate un giretto a casa sua. Se non lo trovate mettete la casa sottosopra, dovete fargli capire che ormai non ha più scampo. Se invece lo prendete, lo voglio qua. Vivo, possibilmente» spiegò, fissando Zayn dritto negli occhi, cosa che però non intimidì il ragazzo. Lo rispettava, sì, ma non aveva paura di lui.
«Ad ogni modo, lei è Beatriz Garcia, nuovo membro dell'Intelligence» Wells presentò la ragazza seduta di fronte a lui. Beatriz si alzò in piedi e, con appena un filo di nervosismo, tese la mano a Zayn, il quale l'afferrò saldamente, ricambiando la stretta di mano ricevuta. Fece un segno col capo, annuendo, e «Malik. Zayn Malik», si presentò.
«Avrete modo di conoscervi dopo, ora va'» asserì Wells, accompagnando quelle parole con un gesto della testa. Zayn lasciò la mano di Beatriz e alzò gli occhi al cielo, si voltò verso la porta e in battito di ciglia uscì da quell'ufficio.
Al di fuori, trovò Louis il quale, come se già sapesse, passò all'amico il giubbotto antiproiettile e la sua arma da fuoco.

«Solito modus operandi, Tommo» disse, sapendo che ormai Louis era a conoscenza di come avrebbe dovuto agire.
«Coletti, mandami un messaggio con su scritto l'indirizzo» disse alla new entry e, tempo neanche cinque secondi, sentì il telefono vibrargli nella tasca, segno che, appunto, il messaggio gli era arrivato. «Wow, sei davvero un mostro!» esclamò sinceramente sorpreso, facendo un sorriso fiero e dando una pacca sulla spalla a Joe. 
Louis e Zayn percorsero velocemente la rampa di scale, arrivando al piano terra.
«Malik, Tomlinson!» li salutò la sergente Law. Il castano le regalò un sorriso, alzando poi il braccio nella sua direzione, mentre Zayn le fece un gesto del capo, stirando le labbra in quello che sarebbe dovuto sembrare un sorriso.
Uscirono fuori e
«Guido io», affermò Zayn, sfilando dalle mani dell'amico le chiavi del SUV nero parcheggiato davanti a loro, «Vorrei arrivare a casa con le ossa integre» aggiunse, facendo una smorfia di chi la sapeva lunga.
Louis sbuffò arrendevole, e aprì la portiera dalla parte del passeggero. Quando anche Zayn entrò nell'auto,
«È abbastanza paradossale, dato che sei un poliziotto» aggiunse il castano, guadagnandosi un'occhiataccia dall'amico.
«Comunque non mi sorprende che uno che fa di cognome "Qosaj" sia diventato un criminale, devono essere stati tempi duri per lui a scuola» commentò ridacchiando Louis, grattandosi velocemente il capo. Zayn lo guardò aggrottando la fronte, non capendo cosa ci fosse di tanto divertente e infatti, vedendolo, «Ciao Viktor, mi spieghi Qosaj? Dai, pensavo fossi più sveglio» disse il castano, serrando le labbra per evitare di ridere in modo sguaiato. Come risposta, uno sguardo sconcertato e uno scappellotto ben assestato dritto sulla nuca di Louis: «Sta' zitto, idiota!»





«Squadra 7, ambulanza 33, incendio per fuga di gas, 5708 Forsten Avenue» la voce dell'altoparlante riecheggiò per tutta la caserma 42, facendo sì che tutti interrompessero le loro attività e si dirigessero verso i camion. I membri della squadra 7 entrarono con prontezza nel veicolo e, una volta in movimento, subito partirono le sirene.
«Perché ogni volta che c'è la pizza calda non riusciamo mai a mangiarla?» chiese retorico Benjamin Miller, il più giovane del gruppo, aveva appena vent'anni. Si era immatricolato da poco: quello di fare il vigile del fuoco era il suo sogno da quando aveva sei anni. Suo padre lo era stato e dopo la morte di quest'ultimo, la grinta che il figlio aveva impiegato per raggiungere il suo obiettivo si era moltiplicata.
«È nel protocollo, Miller, da noi la pizza non si mangia mai calda» gli comunicò il tenente Payne, infilandosi il casco tipico dei pompieri, poiché erano quasi arrivati a destinazione.
Una volta sostati davanti alla casa in fiamme scesero con grande velocità, trovandosi intorno al vicinato in preda al panico.
Il tenente Liam Payne si avvicinò all'edificio, notando che il tetto avrebbe ceduto di lì a poco:
«Miller e Watson mettetevi le maschere, proviamo ad entrare dalla porta d'ingresso, il tetto sta per venire giù!» disse a gran voce, prendendo la sua maschera e una bombola d'ossigeno dal camion.
Benjamin aprì la porta con un colpo della gamba sinistra, facendo uscire una quantità di fumo che se non avesse indossato la maschera lo avrebbe fatto tossire sommessamente. Liam, dietro di lui si introdusse nella casa con rapidità:
«Vigili del fuoco! C'è qualcuno? Potete rispondere?» gridò, facendo segno a Melanie Watson di controllare il piano inferiore, mentre lui e Miller percorrevano la rampa di scale per andare di sopra. Fatto un check-up, Melanie, tramite un walkie-talkie «Piano di sotto libero, salgo su» gli comunicò mentre nel contempo si muoveva.
«Vigili del fuoco, mi sentite?» gridò ancora Liam, ricevendo questa volta in risposta dei secchi colpi di tosse. Ne seguì la direzione ed entrò in una stanza da letto, trovandovi una coppia di anziani accovacciati: l'uomo sembrava essere svenuto, non mostrava nessun accenno di movimento. Dal canto suo, la moglie respirava visibilmente a fatica, perciò Liam le si avvicinò e si tolse la maschera per metterla a lei, affinché potesse respirare un po' meglio - per quanto possibile. Non potendo parlare a causa del fumo, intimò Miller e Watson di portare l'anziano fuori da lì, lui stesso si sarebbe occupato della donna. Rimasti solo loro due, si affrettò ad avvicinarsi meglio a lei così da poterla caricare sulla spalle, ma fu abbastanza attento da notare una trave che le stava per cadere addosso: di slancio si precipitò sul suo corpo, facendole da scudo. «Cazzo!» esclamò facendo una smorfia di dolore perché, sì, un mobile che era lì di fianco aveva impedito che il peso fosse totalmente su di lui, ma aveva comunque preso una bella botta. Non aveva comunque tempo per lamentarsi, infatti si rimise subito in posizione e sistemò il corpo della signora su una spalla; assottigliò gli occhi perché avendo ceduto la mascherina alla donna che aveva addosso ed essendoci un'abbondante quantità di fumo, risultava piuttosto difficile vedere chiaramente.
Fuori dall'edificio, il signore anziano era assistito dai membri dell'ambulanza 33, nonostante la sua preoccupazione più grande fosse il fatto che sua moglie non era ancora uscita. Si era spaventato ulteriormente, vedendo una parte del tetto cadere verso l'interno, nonostante le operazioni per lo spegnimento dell'incendio fossero già in corso, e infatti stava rifiutando di farsi controllare:
«Claire! Dov'è Claire?», chiedeva agitato.
Miller gli si avvicinò e gli strinse una mano:
«Signore, sua moglie sta arrivando. È dentro col migliore vigile della nostra squadra, si tratta soltanto di qualche attimo» tentò di rassicurarlo, guardandolo dritto negli occhi, che in quel momenti erano colmi di panico ma allo stesso tempo speranza. Questi cambiarono direzione, quando videro Liam uscire dalla porta d'ingresso: i lineamenti del suo volto si rilassarono, vedendo  la figura della moglie tra le braccia del vigile. Si alzò dalla barella sulla quale era seduto e subito corse, per quanto glielo permettessero l'età e il suo stato, verso Liam. Quest'ultimo tolse la maschera alla signora che teneva ancora saldamente e posò il suo corpo sulla barella su cui prima c'era il marito: «Signora, tutto bene? Posso lasciarla qui con questi paramedici?» le chiese con tono di voce deciso ma al contempo dolce. La donna annuì e una volta ripresa abbracciò il marito, mormorando quanto le dispiacesse e quanto quella fosse colpa sua. Spiegò infatti di non essersi accorta di aver lasciato il gas acceso e che l'incendio era scoppiato perché il telefono di casa stava squillando. Suo marito tentò di rassicurarla, accogliendola fra le sue braccia e sussurrandole che non avrebbe dovuto più pensarci. Dopodiché la lasciò nelle mani dei paramedici e andò da Liam, il quale si stava versando in testa una bottiglietta d'acqua: aveva caldo - comprensibile come cosa.
«Grazie, grazie, grazie per avermela riportata viva» andò da lui l'uomo anziano, stringendogli la mano e abbracciandolo poi. A Liam tremò un attimo il cuore: sapere di essere riuscito a salvare la vita di qualcuno era per lui la cosa più gratificante del mondo e in quel momento quell'uomo glielo stava ricordando. In quel mestiere bisognava saper mantenere i nervi saldi, non lasciarsi trasportare troppo dalle emozioni - "perché altrimenti sei fottuto" - , ma di fronte ad una scena del genere non poté fare a meno di sorridere intenerito. L'uomo scoppiò a piangere sopra la sua spalla e Liam gli passò una mano sulla schiena, come a confortarlo. «Va tutto bene, signore, non si preoccupi» gli disse, facendogli un sorriso. Quel momento fu interrotto dall'intromissione di Sarah, una dei paramedici, che gentilmente accompagnò l'uomo verso l'ambulanza, così che insieme alla moglie andassero a farsi controllare all'ospedale. Ricevette una pacca sulla spalla dal comandante Davies, che, «Bel lavoro, Payne», si congratulò sinceramente.
Liam si tolse la parte superiore della divisa, non riuscendo a sopportarne il peso, dato che aveva un caldo pazzesco. Si stiracchiò per bene e si tastò la schiena nella parte in cui aveva preso la botta: gli dava fastidio ma "Ne ho prese di peggio", pensò.
Una volta placato definitivamente l'incendio e messa a posto l'attrezzatura, sebbene non ci fosse stato il bisogno di usufruirne a pieno,
«Andiamo a mangiarci questa pizza, tenente?» gli chiese retorico Miller col viso un po' sporco per via del fumo, ma con un grande sorriso che lo illuminava.
«E mangiamoci 'sta pizza!» acconsentì Liam, lasciandosi contagiare dall'umore della matricola.





Le dita affilate sfioravano le corde della chitarra in quelli che erano gli ultimi accordi di What goes around comes around, canzone originale di Justin Timberlake. Niall Horan alzò la testa verso il suo pubblico, che, terminata la musica, lo applaudì con veemenza, facendolo arrossire un poco. Si alzò in piedi e riavvicinandosi al microfono mormorò un piccolo «Grazie», dopodiché fece un inchino goffo. Il biondo (tinto) notò il suo piccolo fan club composto di ragazzine - probabilmente frequentavano ancora il liceo e probabilmente i loro genitori non sapevano fossero al Globe, bar al mattino e pub di sera.
Lasciò la chitarra sul palchetto e si diresse al tavolo dove i suoi amici erano al secondo giro di shot.
«Ti mangiano con gli occhi, Horan» lo salutò così Louis, battendogli il pugno e indicandogli col capo le ragazze che lui stesso aveva notato prima. Niall girò la testa nella loro direzione, alzando una mano per salutarle e le vide ridacchiare imbarazzate e borbottare qualcosa tra loro. A quella visione scosse la testa e riportò la sua attenzione ai suoi amici. «Che si dice?» domandò, prendendo un sorso dal bicchierone di birra che si era fatto portare.
«Lo sapevi che Qosaj è un cognome?» chiese Louis, ridacchiando sommessamente. Non era l'alcool, era idiota di natura.
«Oh Gesù Cristo, è la milionesima volta oggi che sento questa pseudo-battuta» borbottò Zayn, alzando gli occhi al cielo. Il castano lo ignorò, trovando consenso in Niall che stava ridendo in modo sguaiato con la sua risata inconfondibile. 
Ben presto si aggiunsero al tavolo Liam e Harry Styles, suo amico e collega - lavoravano in squadre diverse, la caserma era la stessa.

«Ciao ragazzi, ho adocchiato una tipa niente male, perciò ciao di nuovo» detto ciò Harry lanciò la giacca quasi in faccia a Louis e si allontanò da loro, nel tentativo di rimorchiare.
Zayn si alzò e
«Mi faccio una sigaretta» annunciò, indossando la sua giacca di pelle. «Ti seguo» disse Liam, alzandosi a sua volta.
Una volta fuori ci furono alcuni attimi di silenzio, Zayn si accese la sigaretta e ne inalò il fumo, buttandolo poi fuori dal naso. Liam lo osservava attentamente, cercava di studiarlo, sebbene sapesse che il moro era un soggetto difficile da analizzare.
«Come stai, Zayn?» gli chiese, non distogliendo lo sguardo.
Il moro sospirò e alzò le spalle:
«Sono vivo» rispose, subito dopo si riportò la cicca alle labbra.
«Stai prendendo le medicine?» domandò ancora e Zayn stava già iniziando ad irritarsi per quelle domande. Infatti annuì e basta.
«Zayn, sai che mi dispiace un botto. So che non ti piace parlare di come ti senti però se hai bisogno io ci sono, insomma non vorrei mai essere nei tuoi panni e-»
«Liam, frena. Grazie dell'interesse ma ce l'ho già lo psicologo» il moro lo interruppe con tono brusco, l'intento di non farlo fiatare ancora. Serrò la mascella e fissò Liam negli occhi, i tratti del viso impassibili, come se non fosse in grado di provare emozioni.
Liam non se la prese per il tono con cui gli aveva parlato: non poteva capirlo e mai avrebbe voluto farlo, ma non lo biasimava:
«Lo so, ma nel caso...» non concluse la frase, Liam, alzò le spalle, tanto Zayn aveva capito. Quest'ultimo fece un ultimo tiro, dopodiché gettò la sigaretta a terra e la calpestò.
«Io e Jenna ci siamo lasciati» parlò Zayn, mordendosi il labbro inferiore. Liam non sapeva se chiedergli il motivo o rimanere in silenzio, il moro decise per lui: «Non aveva più senso cercare di stare di stare insieme a tutti i costi, soprattutto non dopo... Non dopo quello che è successo» gli spiegò con gli occhi scuri a terra. «Meglio così» aggiunse infine, anche se sembrava stesse parlando più a se stesso che a Liam.
Dopo alcuni attimi di silenzio, 
«Inizia a far fresco» mormorò Liam, intimandogli di rientrare, dandogli una pacca sulla spalla. Quella pacca nascondeva conforto, come se con quel gesto il castano volesse dire all'amico «Ci sono per te, sempre» e questo lo sapeva lui e anche Zayn, che lo accettasse o meno.
 
Hey, wassup it's been a while!
Sono qua con l'ennesima storia (come se non ne avessi già altre da completare, ovvio), questa però è completamente diversa da ogni altra, o almeno lo sfondo lo è. L'ispirazione mi è venuta ascoltando una canzone dei Twenty One Pilots (che secondo me oltre ad avere un buon ritmo, ha anche delle parole molto belle - ma come tutte le loro canzoni, d'altronde), di cui ho spudoratamente rubato il titolo,  e in più in questo periodo sono veramente in fissa con Chicago Fire e PD, che sono delle serie tv che amo un sacco, perciò è stato tutto un mix di idee e pensieri che mi frullavano in mente e tadaaa!
Non voglio dilungarmi troppo perché, stranamente, non ho molto altro da dire. Piuttosto sono curiosa di sapere cosa ne pensate, quindi lemme know!
Un abbraccio grande grande, love y'all
Enrica :)


 
 
  
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