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Autore: Calya_16    08/04/2016    1 recensioni
La breve storia di un ragazzo che è divenuto zombie, che ha deciso di raccontarsi nei suoi ultimi momenti.
Una storia tra tante, un giorno che può capitare durante un'apocalisse zombie.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Glenn, Maggie Greeneunn, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutto si sta offuscando, lentamente.
Mi appoggio al bancone, i gomiti piegati e il capo ciondolante in avanti. Ho gli occhi chiusi, benché da una piccola fessura mi entri un po’ di luce a ricordarmi che sono ancora qua.
Mi sembra di svenire, forse così mi spiego meglio. E’ quella sensazione di collasso prima del crollo a terra.
Fuori dal negozio sento i corpi sbattere contro la vetrina, contro la porta serrata.
Io e il capo abbiamo messo dello scotch alle finestre, alle vetrine, per poi ricoprire il tutto di cartone spesso.
Lo sapevo che non dovevo accettare questo lavoro, me lo sentivo fin dal primo giorno, una settimana fa. Lo avevo percepito dall’odore di muffa che regna qua, di farmaci andati a male e di malattia perenne.
Stupida farmacia di paese.
Ecco la mia morte. E’ assurdo, non trovate? La gente pagherebbe per far scorta di medicinali, ed io sto morendo in una farmacia. Non vi è niente qua che possa aiutarmi.
Riesco a trovare un po’ di forze e sollevo il capo quanto basta per vedere il morso al mio polpaccio destro. Uno di quelli stronzi là fuori mi ha morso prima che potessi entrare del tutto in negozio.
Le provviste che avevo tra le braccia per fortuna sono cadute all’interno del locale. Abbiamo cercato, io e il capo, di combattere, ma lui è stato presto.
Ora sono qui da solo, con cibo che non mi salverà la vita, con medicine che non me la salveranno, nessuno con cui parlare, vivere i miei ultimi istanti, ed una gamba fatta a pezzi.
Che vita di merda.
Mi accascio a terra, dietro al bancone e allungo la mano per prendere una merendina. Cioccolata contro la depressione, eh? Almeno morirò mangiando qualcosa che mi piace, e non piagnucolando disperato.
Mentre l’addento inizio a pensare di avere in mano un braccio, o una gamba, e che quella che mi si sta sciogliendo in bocca sia carne umana. Smetto subito di mangiare.
Incredibile, se mai ritroveranno il mio corpo e lo faranno a pezzi, quello che troveranno nel mio stomaco sarà cioccolata e carne, tendini, sangue.
Non vi è nulla qua con cui possa farmi fuori, smettere di pensare e soffrire. E chissà, salvare vite future.
Forse non ne avrei neanche il coraggio: per me è meglio rimanere qua, su questo freddo pavimento e aspettare.
Sarà doloroso? Urlerò? E poi, una volta che il mio corpo tornerà in vita da solo, cosa farà? Si metterà a girare per queste quattro mura in eterno o tenterà di uscire?
Basta, devo smetterla con questi pensieri, non posso passare gli ultimi momenti della mia vita a pensare alla morte.
Mi alzo con fatica, per poi dirigermi verso uno scaffale: adorate medicine, allungo il braccio e prendo degli ansiolitici e qualche antidolorifico, per poi tornare al mio posto, dietro al bancone.
So che dovrei lasciare queste cose a chi mai verrà a cercare qualcosa, ma non ho la sicurezza che questo accadrà, e poi perché devo soffrire per degli stronzi che mi faranno fuori del tutto?
Prendo la poca acqua che mi è rimasta e mando giù una manciata di pillole.
Oh, adesso tutto ha più senso: tra poco morirò, ma mi basterà chiudere gli occhi e tutto andrà per il meglio. Fino ad allora sono al sicuro qua dentro, non mi può succedere altro. Ah, vita, morte, niente ha più importanza adesso.
Quasi quasi mi metto a scrivere le mie ultime parole, anche se con fatica.
Poi chiudo gli occhi e con un leggero sorriso mi lascio trascinare nel sonno, per non svegliarmi mai più.
 
          °°°°°°°°°°
 
Scossa. Braccio.
Scossa. Gamba.
Scossa. Tremito.
Scossa. Collo.
Scossa. Occhi.
Verso, lento e profondo nel locale.
Tutto è buio, i vaganti ogni tanto sbattono contro le vetrine della farmacia, ignari che al suo interno si nasconde uno di loro, si sta risvegliando proprio in questo momento.
Il corpo del commesso striscia a terra, cercando per prima cosa di tirarsi su, di capire come comandare quegli arti esageratamente lunghi.
Sembra quasi che vi metta forza in quel fa, ma ad un occhio più attento ed allenato si rivelerà solo un corpo comandato dalla fame, che reagisce ai rumori e che vorrebbe sbranare qualcosa.
L’ormai ex commesso si dirige verso la porta, quasi in ginocchio eppure con la forza di tener quasi dritta una gamba: una posa che nessun essere umano assumerebbe né di proprio volontà ne in altre condizioni.
Sbatte una mano insanguinata contro il vetro della porta, lanciando un verso gutturale per richiamare i suoi simili. Le dita della mano battono disordinatamente sul vetro, in un ritmo per niente armonioso e che fa pensare a un ubriaco.
Lo zombie continua questa sua attività senza fermarsi, senza capire cosa sta facendo o perché lo stia facendo, senza sentire il freddo del vetro o altro.
Improvvisamente i rumori esterni cessano, ma lui non se ne accorge: cosa mai gliene potrebbe importare? La porta della farmacia viene spalancata in fretta e l’ex commesso cade all’indietro, ritrovandosi dondolante sulla schiena come una tartaruga scoordinata.
Glenn gli si tuffa sopra colpendolo alla testa con un unico movimento deciso, e così il corpo del commesso cessa di muoversi del tutto. Per sempre.
“Glenn, vieni a vedere” lo chiama Maggie da dietro il bancone.
Il coreano raggiunge la figlia del fattore, osservando la sua figura alzarsi con un foglio in mano. Allunga a sua volta la mano e lo prende, scorrendo le parole prima con gli occhi e poi leggendo il tutto sussurrando, quasi a sé stesso.
“Non so chi siete. So chi sono, o meglio ero, io: facevo il commesso in questo piccolo posto di paese, e se qualcuno che mi conosceva in vita trovasse il mio corpo lo prego di dire una parola gentile e di seppellirmi. Non volevo trasformarmi ma non siamo noi a decidere, giusto? Ho cercato di lasciare più medicinali possibili, mi perdonerete per l’aver preso qualcosa. Ma ehi, in punto di morte penso che sia tutto concesso, no? Quindi prendete e andate, spero che quello che troverete qui vi sia utile e servirà a salvare della gente. Sempre che ve ne sia ancora.
P.s. volevo concludere con una frase ad effetto, ma non importa più: fateli fuori tutti quelli stronzi!
Firmato Charlie”
Glenn solleva gli occhi su Maggie, per poi girare il capo ed osservare il corpo steso a terra.
“E’ lui, no? Dovremmo seppellirlo, anche se non lo conoscevamo”
“Io lo conoscevo”
Maggie si avvicina al corpo e lo guarda dall’alto.
“Non bene, ma aveva iniziato a lavorare qui da poco quando tutto iniziò. E’ stato tutto questo tempo qui, da solo”
Glenn le si avvicina e le posa una mano sulla spalla.
“Prendiamo quello che ci serve e poi lo portiamo vicino alla fattoria. Penso sia anche più sicuro lavorare lì, che non qua”
Maggie annuisce alle sue parole e così i due iniziano a cercare le medicine richieste.
 
          °°°°°°°°°°
 
Glenn finisce di scavare e aiutato da Maggie butta il corpo nella fossa. Inizia poi a ricoprire la buca, mentre Maggie si appresta a dire due parole su quel ragazzo, qualcosa di vago e scontato, qualcosa che comunque si sente in dovere di dire poiché in quella lettera erano espresse le ultime volontà di Charlie.
Quando finiscono è quasi il tramonto e si apprestano così a tornare alla fattoria alle loro spalle.
Il corpo di Charlie inizia finalmente a riposare sotto terra, benché non vi sia neanche un telo a coprirlo, direttamente a contatto con la terra umida e appena smossa.
Chissà cosa ne penserebbe, se solo fosse qui a vedere la sua fine. Si metterebbe a ridere, per poi sbuffare infastidito alla dimenticanza dei due giovani di segnare il suo nome.
Ma l’apocalisse zombie è proprio questo: lotti, ti prepari, combatti con tutte le tue forze e a volte vinci, e altre perdi. Oppure perdi subito, come Charlie, e cerchi di darti una morte decente, lasciando poche e semplici volontà.
I sogni di Charlie vengono persi in quel campo, lontano da zombie e da umani, lontano da casa e lontano dal suo paese. Lontani da quel bancone, dove ha consumato gli ultimi respiri e ha lasciato semplici parole che i due giovani non hanno visto: “Charlie è stato qui”.
E come lui, molti altri in negozi e case, lontani o adiacenti, han segnato la stessa cosa con il proprio nome.
Per non esser persi, per non esser ricordati come solo zombie.
Chissà quante sono le storie che sono andate perse, che non conosciamo.





Nota dell'autrice: questa ff è saltata fuori per caso, un'idea mattutina di come mi capitano ogni tanto (chi ha letto la breve Katana può capire!) e mi sa che a breve arriverà anche un altro di questi "deliri mattutini". Spero vi sia piaciuta nella sua stranezza!
Ah, passate sulla mia pagina autrice di facebook per rimaere sempre aggiornati!
   
 
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