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Autore: IMmatura    09/04/2016    1 recensioni
Un matrimonio è sempre un giorno felice... ma cos'è davvero la felicità?
Per Yugo Hachiken è un tesoro inaspettato, trovato alla fine di una lunga strada dentro se stesso, alla ricerca del proprio sogno o, più semplicemente di se stesso. E ormai mancano solo pochi passi per raggiungere la serenità della propria fiaba personale.
[partecipa al contest "La rivincita dei piccoli fandom" indetto da Nuel2 sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aki Mikage, Altri, Yugo Hachiken
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hiromu Arakawa. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

Quando a cavallo arrivò la principessa

C’erano voluti mesi dalla fatidica proposta per tirarle fuori di bocca quel desiderio, e ora che era stato realizzato, Yugo non si pentiva di nulla: Aki era semplicemente bellissima, quel giorno, in groppa al loro galeotto equino Maron, col suo abito candido a metà coscia, una coroncina di fiori tra i capelli e gli stivali da cavallerizza. Era arrivata al trotto, alla amazzone, tra lo stupore e il battimani caloroso di amici e mezzo parentado, mentre lui si sforzava inutilmente di non piangere. E per una volta non aveva permesso alle preoccupazioni di rovinare quel momento, cercando solo di far tornare nitida l’immagine della sua futura moglie sfregandosi in fretta gli occhi lucidi e ritrovandosi le mani bagnate fino ai polsi. Neppure la madre di Mikage aveva pianto così tanto. Aki aveva il sorriso di chi non potrebbe più chiedere nulla alla vita, mentre gli teneva una mano sulla spalla e lo incoraggiava a pronunciare i voti sotto quel portico all’aperto. E il fatidico “si” uscì dalla gola di Yugo, soffocato dall’emozione, solo con l’incoraggiamento di un nitrito stizzito in fondo alla fine del tappeto di petali di fiori.

Di sicuro non era stato un matrimonio tradizionale, quello tenuto di fronte all’allevamento Mikage quel giorno di primavera. Così come quel che parte degli invitanti, tra ex-compagni e professori, stava allestendo non era affatto il tipico pranzo di nozze. C’era il cielo azzurro, il profumo appetitoso della carne e delle verdure arrostite, Aki che rideva imbarazzata aggrappandosi al suo braccio, ma adesso aveva qualcosa di davvero importante da fare. Qualcosa che stava gradualmente riemergendo nella sua coscienza, assieme a tanti dubbi e tante riflessioni che era riuscito ad accantonare solo per amore di lei.

-Io dovrei proprio...-

-Ok.- Disse semplicemente la ragazza, abbracciandolo stretto stretto per fargli coraggio. Sapeva che doveva andare, che non avrebbe mai potuto far finta di niente. Non sarebbe stato Yugo, il serio, responsabile, adorabile Yugo Hachiken di cui si era innamorata. Lui adesso aveva tre cose da fare, tre tasselli da sistemare per rendere quella felicità completa. I tre tasselli della famiglia Hachiken. Ed Aki incrociò le dita sperando che finalmente suo marito potesse trovare un po’ di serenità.

 

 


Prima di tutto suo fratello. Lo trovò sul ciglio della strada, già in sella alla sua moto, pronto a rinfilarsi il casco, ma con i piedi e il cavalletto ancora ben piantati al suolo. Annusava l’aria socchiudendo gli occhi e, probabilmente, immaginandosi con la bocca piena di arrosto. Era combattuto, ed è su quello che Yugo contava per raggiungerlo in tempo.

-Dovresti rimanere.-

Sobbalzò, non avendolo sentito arrivare. Il rumore della marmitta aveva coperto il rumore di passi, attutito già dall’erba.

-Almeno per la mamma, dovresti restare. E poi forse impareresti finalmente qualcosa su come si cucina decentemente...-

Il maggiore sospirò grattandosi la nuca.

-Sono tentato, ma qui non c’è più bisogno del mio aiuto. Hai già fatto da solo un capolavoro!- scoppiò in una grassa risata che però non contagiò il neo-sposo.

-Su, su, non avrai già dei ripensamenti, eh?- lo stuzzicò, inclinandosi verso la sua faccia seriosa con un sorrisetto asimmetrico ed allusivo. -Non sei felice?-

-Non lo sono mai stato così tanto nella mia vita. Volevo dirtelo. Non sono mai stato così felice come adesso. Ho fatto esattamente tutto come volevo: la cerimonia all’aperto, i miei amici, Aki... è meglio di tutto ciò che avrei mai potuto sognare.- sentì il rumore del cavalletto che scattava e afferrò il fratello per il braccio, stringendo la pelle del suo giubbotto fino a farla scricchiolare. Sapeva che era fatto così. Sarebbe fuggito, lasciando dietro di se una nuvola di fumo e l’eco di una falsa risata, se non l’avesse trattenuto. E stavolta aveva intenzione di farlo. Non avrebbe mollato la briglia, a costo di farsi trascinare e spaccare la testa...

-Hai detto che ho fatto un capolavoro, vero? A cosa ti riferivi?-

-Alla tua bella a cavallo, un vero tocco di classe!- rispose lui. -Pensavo che avrei visto scatenarsi l’Apocalisse, quando è arrivata. Cioè, era meravigliosa, davvero, ma... non me l’aspettavo. Una cosa strana, no?-

-Mai quanto sposarsi senza preavviso con una donna russa appena conosciuta, no?- ribattè il minore, sforzandosi di sorridere, ma senza allentare la presa.

-Ahahah... in effetti hai ragione...-

-il punto è...- deglutì, oscillando sulle gambe. Non avrebbe dovuto essere il suo ruolo quello. Era l’altro il fratello maggiore. Che titolo aveva Yugo per fargli il discorso che si era preparato?

Eppure continuò a parlare. Sapeva che si sarebbe sentito molto peggio, se non l’avesse fatto.

-Il punto è che... non ti ho superato. Non ho mandato nostro padre più in bestia di te, per il semplice motivo che questa non è una gara. Ci siamo sposati qui perché io ed Aki abbiamo tanti ricordi legati a questo posto, e volevamo attorno a noi le persone che ne hanno fatto parte. Aki è arrivata a cavallo perché i cavalli sono la cosa che la rende più felice al mondo, ed io volevo che oggi fosse felice. Se lei è felice io sono felice. Se lei si sente a suo agio, libera di essere se stessa, io sono felice e non c’è nulla di più importante, nessun secondo fine. Volevo che la mia famiglia vedesse chi è la donna che amo, che mi ha reso e, spero, continuerà a rendermi felice...-

Shingo inclinò la testa, facendosi ricadere davanti agli occhi una ciocca dei suoi arruffati capelli castani. Non la spostò. Sorrise.

-Sei diventato davvero un ometto, Yugo.-

-Allora parliamo da uomo a uomo, e lascia stare quel casco.-

Finalmente il maggiore capì che non poteva sottrarsi, non stavolta, non senza ferirlo. e l’ultima cosa che voleva era ferirlo il giorno del suo matrimonio.

-Tu dici che tutta questa cerimonia, in cui niente era “come dovrebbe” è stata un capolavoro. Forse è davvero così, ma non per il motivo che pensi, non perché ha deluso e irritato nostro padre. Perché è quello che volevo io. Tu... tu hai mollato la Todai, dopo aver fatto finta di volerlo accontentare. Hai completamente mollato ciò che saresti dovuto essere, ed ogni volta che puoi fai l’esatto contrario di quello che “dovresti”... e va bene. Non mi da più fastidio. Vorrei essere felice per te, davvero, ma... tu sei felice? Davvero? Prima hai fatto quel che voleva papà per prenderlo in giro, poi il contrario per mandarlo su tutte le furie... hai mai fatto qualcosa solo per te e per come ti fa sentire?-

Finalmente allentò la stretta, ed il fratello distolse lo sguardo con un lungo sospiro. Si preparò a ripartire.

-Se sei felice, se sei davvero felice come lo sono io in questo momento, perché stai scappando come se volessi essere in qualsiasi altro posto nel mondo? Se sei felice come lo sono io con Aki, perché sei venuto da solo a questo matrimonio?-

-Mi fai delle domande davvero difficili, lo sai...-

-Non devi rispondermi per forza.- disse, lasciandolo libero e facendo anche un passo indietro per permettergli la manovra. -Ma dovevo dirti queste cose ed essere sicuro che ascoltassi fino alla fine, per una volta, altrimenti... io non...-

-Lo so. Sei ancora troppo serio, fratellino, ma apprezzo che ti preoccupi per me. Sii fiero della persona che sei diventata.-

Scandì bene quelle parole, prima di dare gas e sparire, per una volta, nel silenzio.

 

 

 


Il secondo passo era sua madre. Se avesse affrontato prima suo padre, lui avrebbe preteso di ripartire senza dargli neppure la possibilità di salutarla. Doveva essere già irritato a morte. Per fortuna non li trovò assieme, tornando a grandi passi dalla stradina sterrata. La vide parlare con sua moglie e sua suocera. Si avvicinò regalando ad Aki un sorriso di riconoscenza. Una singola occhiata e la ragazza e sua madre si congedarono.

-Che ne dici?-

-Di cosa?-

-Di tutto questo?-

-Io, sono... ecco... un po’ sorpresa.-

-Mi spiace se ti ho deluso in qualche modo, ma Aki ci teneva tanto ad avere tutti qui, e... al cavallo. Un po’ ci tenevo anch’io, lo ammetto. Cioè, a questa cerimonia, non a Maron...-

La donna ridacchiò appena, con le lacrime agli occhi. -Anche se fosse, non avrei nulla da ridire. All’inizio ero sotto shock, ma tua moglie era ed è semplicemente incantevole.-

-Ti sei commossa.- notò, porgendole il fazzoletto che aveva nel taschino della giacca.

-No, non sciuparlo, non sta bene...-

-Non sta bene ma voglio farlo.- disse lui, mettendoglielo in mano. -Sono davvero contento...-

-Ti credo.-

-Sono contento soprattutto che tu ti senta libera di commuoverti, di essere felice per me.-

-Yugo, non fare questi discorsi. Goditi il tuo matrimonio.-

-Lo farò, ma sappi che non ci sarei riuscito se non avessi saputo di avere, nonostante tutto, la tua approvazione. Questo posto, questa vita, tutte queste persone meravigliose che erano qui per noi e persino Aki sono merito tuo. Ogni cosa. Sei tu che mi hai insegnato ad apprezzare le cose buone, e questo mi ha aiutato tantissimo a capire meglio le persone che avevo attorno. E sei sempre tu, solo tu, che mi hai insegnato cosa vuol dire preoccuparsi per il bene e la felicità delle persone che si amano, dandomi sempre affetto per due anche quando mi comportavo da ingrato, non facendomi sentire... hai visto come sorrideva, a cavallo, mia moglie? La cosa che volevo di più, oggi, era vederla sorridere così. Mi hai insegnato tu quanto valgono cose come questa, e non potrei desiderare altro. Grazie di tutto, mamma. E perdonami se ti ho fatta preoccupare così tanto.-

Forse era stata la dolcezza dell’accento che Yugo aveva messo nella parola “mia moglie”, oppure tutto quel discorso, quel suo ringraziarla per cose che si era abituata a considerare insignificante. Fatto sta che un groppo le salì alla gola e, pur continuando a sorridere, non riuscì a non abbracciarlo scoppiando in singhiozzi. anche il suo bambino più piccolo era diventato grande. Un meraviglioso uomo, non una vita serena e, a modo suo, meravigliosa davanti a se. Avrebbe voluto dirgli di non parlare in quel modo, che anche suo padre doveva volergli bene, in fondo, ma non riusciva a trovare il fiato. Era solo felice e, per quanto la riguardava, orgogliosa del suo Yugo: non aveva mai desiderato per lui qualcosa di più che la serenità che trasmetteva adesso. Forse era arrivato per lei quel tempo della vita in cui sono gli adulti a ripiegarsi su se stessi, e i bambini, o meglio, gli ex-bambini, a sostenerli, ma non rivoleva indietro un solo giorno della propria vita, ne voleva scuse per qualche comportamento un po’ stupido del passato... era semplicemente soddisfatta del risultato dei suoi sforzi. Sapeva che erano stati apprezzati.

 

 

 


Proprio in quel momento li raggiunse il signor Hachiken. Silenzioso e con l’espressione imperscrutabile di sempre. La bocca lievemente contrita in una smorfia di scontentezza, o di disgusto. Yugo si sciolse dall’abbraccio di sua madre. Si schiarì la gola e si tirò su gli occhiali, oscillando di nuovo sulle gambe nonostante i suoi migliori propositi di sfida.

-Padre...-

Silenzio.

-... ti ringrazio per essere venuto.-

-Non avrei potuto fare altrimenti.- rispose onestamente l’uomo, allentandosi appena il colletto e lanciando un’occhiata alla macchina. -Sai già che io e tua madre dobbiamo rientrare a Sapporo in serata, perciò, se non c’è altro preferirei che ci lasciassi ripartire.-

-In realtà, una cosa ci sarebbe.-

-Yugo!- intervenne la madre, prendendolo per un braccio.

-Va tutto bene, mamma, non vi ruberò più che un altro paio di minuti.- la tranquillizzò lui, parlando in realtà all’uomo rigido di fronte a lui, che aggrottava leggermente le sopracciglia per l’irritazione.

-C’è qualcosa che vorrei... anzi, voglio davvero dire, ed ho intenzione di farlo. Ho sempre avuto paura di parlare in tua presenza. Sei sempre stato capace di dire esattamente la cosa che riusciva a distruggere completamente le mie convinzioni, di muovermi proprio quella critica che più avrebbe potuto farmi male. Non so se la cosa fosse voluta o meno, e non mi interessa, ma sappi che stavolta non ho intenzione di farmi bloccare da questa paura. Del resto, per una volta, so benissimo cosa vorresti criticare più di tutto di questo matrimonio. Sfortunatamente, però, è proprio la decisione di cui più sono soddisfatto, e nulla di ciò che potresti dire in proposito mi farebbe cambiare idea.-

-Dunque, non vedo perché ne stiamo discutendo...- borbottò l’uomo, facendo cenno alla moglie di andare alla macchina. La donna si allontanò da Yugo, rimanendo però vicino ai due uomini, esattamente a metà strada fra loro.

-Perché so che sei arrabbiato per questo matrimonio... e per la storia del cavallo... e per chissà quante altre cose. Lo capisco, lo accetto, è perfettamente giusto. Anche io mi arrabbio e sono deluso, quando le cose non vanno come vorrei. Tutti lo fanno. Però, c’è qualcos’altro che proprio non mi va giù. Guardi questo posto, storci la bocca, pensando probabilmente che potevo fare di meglio, che ho buttato la mia vita, ma vedi... questo è il mio meglio. Non è quello che ti aspettavi, che speravi per me, ma è quel che voglio. Una volta mi hai detto che eri convinto che studiare mi piacesse, e non avevi torto. Ma questo non significa che non mi costasse fatica. Non significa che non impiegassi ogni briciolo del mio tempo sui libri nella speranza di renderti orgoglioso, fino a dimenticarmi cosa diavolo mi piacesse nello studio, cosa diavolo ci fosse oltre a quel posto in graduatoria che doveva essere sempre il più alto. E la cosa più assurda è che spesso e volentieri lo era, e la cosa ti ha sempre lasciato, semplicemente, indifferente! Le cose andavano come dovevano andare, e tu lo davi per scontato. Non hai mai dato il minimo valore, la minima soddisfazione ai miei sforzi! Questo davvero mi fa rabbia e non riesco a capire: perché? Perché ti arrabbi tanto per un fallimento, se quando invece arriva un successo non te ne importa niente? E se invece ti importa, perché non dici mai niente? Ogni sera ti sedevi a tavola dando per scontato che il cibo sarebbe stato buono, che mamma mi avrebbe chiesto com’era andato il compito ed io avrei risposto “bene, ho preso cento”. Non ti ho mai sentito dire a mamma che era una brava cuoca, anche se lei si preoccupava di continuamente di chiederti se era buono. Non c’era niente che non andava, quindi non valeva la pena sprecare fiato. E lo stesso valeva per me. Non mi sono mai sentito dire “bravo”, neanche quando ero solo un bambino delle elementari, neanche quando ero ancora davvero felice dei miei risultati. Sai, sarebbe bastato un apprezzamento di tanto in tanto, forse anche una volta sola, e forse le cose sarebbero andate molto diversamente... ma non sarei “scappato”, come dici tu, alla O-Ezo, non avrei incontrato i miei amici, non avrei incontrato Aki, probabilmente non sarei mai riuscito ad essere felice come adesso. Per questo, anche se forse non approvi, o semplicemente non ti importa...- si inchinò e alzando la voce concluse quel che aveva da dire. -... ti ringrazio, padre, per tutto ciò che hai fatto per me, e per la persona che non sarei mai diventata altrimenti.-

Rialzandosi in piedi, Yugo vide che il padre gli aveva voltato le spalle e se ne stava andando, seguito dalla madre, che si voltava di tanto in tanto con gli occhi lucidi. Sorrise, per farle capire che, nonostante tutto, stava bene. Quell’atteggiamento non l’avrebbe più ferito. La serietà del padre, bene o male, faceva parte di lui e lo rendeva la persona che era, capace di capire cose come la responsabilità, il sacrificio e il valore dei risultati. Erano delle basi su cui poteva solo migliorare se stesso, cercando di essere una persona con le stesse doti, ma sensibilità ed intenzioni migliori. Una persona che poteva guardare la propria famiglia fuggire dal suo matrimonio senza crollare, senza paura di aver sbagliato tutto, augurandosi semplicemente che prima o poi, anche quei suoi cari potessero provare almeno qualche istante di gioia nella vita. Compreso suo padre... gli augurava con tutto il cuore, prima che fosse troppo tardi, di scoprire com’è essere felici e grati di qualcosa in questa vita.

 

 


Felice e grato Yugo lo sarebbe stato tante volte. Per esempio sfogliando l’album di nozze e guardando le foto della sua bellissima amazzone con gli occhi lucidi di commozione, mostrare all’obiettivo la fede al dito. O semplicemente stringendo Aki a se nelle sere d’inverno, avvolti nelle coperte profumate di lavanda che poco a poco curavano col loro calore la stanchezza della giornata per lasciare il posto alla soddisfazione per ciò che avevano fatto.

-Mi hai salvato la vita.- le avrebbe sussurrato all’orecchio, facendola arrossire e ridere d’imbarazzo.

-Guarda che anche tu hai fatto tanto per aiutarmi con la mia... e poi è il principe che dovrebbe salvare la principessa.- avrebbe risposto ei nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla.

-Se è per questo...- avrebbe ribattuto a sua volta, piccato -... è anche il principe quello che dovrebbe arrivare a cavallo!-

Avrebbe ricevuto un pizzicotto da sua moglie, non proprio entusiasta di essere considerata l’uomo della loro favola personale, assieme ad un commento sarcastico sul fatto che Maron, probabilmente, l’avrebbe disarcionato, sentendo tutto il suo nervosismo. Poi si sarebbero abbracciati più forte e, forse, avrebbero fatto l’amore.

 

 


Note dell’autrice:

Per la prima volta (ma sicuramente non ultima) scrivo su Silver Spoon. Inizialmente la storia era stata pensata per essere molto più incentrata sull’aspetto romantico tra Yugo e Aki (stiamo parlando del matrimonio di una ship che fangirlo dal primo istante in cui l’ho vista, dopotutto...), ma in corso d’opera si è trasformata nella personale resa dei conti con la famiglia di Hachiken. Mi sono trovata da subito ad empatizzare moltissimo con questo personaggio, con le sue insicurezze e i suoi dubbi sul futuro, e spero davvero di averlo reso al meglio.

In questa fic faccio riferimento principalmente al canon dell’anime, così come si è concluso nella seconda stagione, con solo qualche dettaglio aggiunto dal manga (ad esempio, la moglie di Shingo).

Spero che la storia sia stata di vostro gradimento e vi invito a recensire, se avete suggerimenti da darmi per migliorare.

Saluti

IMmatura

  
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